tag:blogger.com,1999:blog-2677824462982247107.post2049960805230053864..comments2023-07-12T15:10:31.062+02:00Comments on FPblog | Fotografia: parliamone!: Attraverso lo specchiosandroiovinehttp://www.blogger.com/profile/01828320280473226317noreply@blogger.comBlogger3125tag:blogger.com,1999:blog-2677824462982247107.post-71075276634145078172008-05-25T13:01:00.000+02:002008-05-25T13:01:00.000+02:00Con colpevole ritardo cerco di rispondere a Gioggi...Con colpevole ritardo cerco di rispondere a Gioggi esponendo il mio punto di vista. Innanzitutto ti rimando alle osservazioni di <A HREF="http://sandroiovine.blogspot.com/2008/04/io-non-fotografo-i-morti.html" REL="nofollow">Ugo Borga</A> che chiariscono una posizione personale interessante. Secondariamente la risposta di Bruce Davidson è nata da una mia sollecitazione relativa a una discussione etica nata sulla base di questo <A HREF="http://sandroiovine.blogspot.com/2007/11/quanto-vale-un-cadavere-in-galleria.html" REL="nofollow">post</A> della successiva, e un po'... <I>autolesionista</I>, <A HREF="http://sandroiovine.blogspot.com/2007/12/le-foto-di-pellegrin-in-galleria.html " REL="nofollow">rettifica</A> richiesta da persone professionalmente vicine al fotografo interessato. Concordo con Ugo Borga quando dice che il problema non è cosa si fotografa, ma perché, Sono convinto che oggi fotografare l'orrore o la morte non servirà a fermarli, ma sono altrettanto convinto che si debba farlo. Di lì poi a portare in una galleria per vendere le stampe a suon di migliaia di dollari, mi spiace ma non riesco ad accettarlo quale che sia la motivazione la trovo una attività aberrante. Inoltre mi chiedo cosa accada se e quando una fotografia nata per fornire informazioni su una tragedia finisca per essere venduta in una galleria cambiando completamete destinazione d'uso. Mi chiedo quanto il fotografo, essendo a conoscenza della possibilità di guadagnare molto di più dalla vendita del <I>pezzo artistico</I> non sia stato influenzato al momento della ripresa. Mi chiedo insomma quanto, almeno nel breve periodo, non sia facile <I>tradire</I> la propria professione e professionalità di giornalista quando si utilizzano in questo modo immagini nate per fare informazione, Spero di essere riuscito a fornirti qualche considerazione utile a farti mettere in moto le riflessioni personali che ti condurranno a raggiungere un tuo punto di vista sull'argomento.sandroiovinehttps://www.blogger.com/profile/01828320280473226317noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2677824462982247107.post-1790562148774905202008-05-09T23:45:00.000+02:002008-05-09T23:45:00.000+02:00Personalmente non credo la risposta sia una, né si...Personalmente non credo la risposta sia una, né sia, a seconda dei casi, facile darla. Quello che forse conta molto è il ragionare sulla domanda. <BR/>Si è citata più volte Susan Sontag in questo blog e non solo in questo blog. Dopo aver riletto varie volte i post che riguardano più o meno direttamente questo tema cui si riferisce GIOGGI, quello che mi viene da ricordare delle parole di Susan Sontag è una distinzione che non dà risposte, ma credo che possa aiutare a ripensare di nuovo questo tema cominciando non dalle immagini ma dalla dinamica interna alla loro genesi: <BR/>«La fotografia è il modello di un nesso intrinsecamente equivoco tra l'io e il mondo, e la sua versione dell'ideologia realistica richiede a volte un annullamento dell'io di fronte al mondo, mentre autorizza in altre occasioni un rapporto aggressivo con il mondo a celebrazione dell'io. Entrambi gli aspetti di questo nesso vengono a turno, continuamente riscoperti ed esaltati.» <BR/>Apparentemente possono essere parole riferite ad altro, ma come si può dedurre dall'accorato commento di Ugo Borga ad un precedente <A HREF="http://sandroiovine.blogspot.com/2008/04/io-non-fotografo-i-morti.html" REL="nofollow">post</A>, questa equivocità comporta anche momenti in cui si decide di scattare o di non scattare e persino momenti in cui si decide di scattare per se stessi e non per il mondo. <BR/>Forse ciò che fa distinguere la necessità di far prevalere l'io o il mondo, lo suggerì Robert Frank in un frase così semplice da sorprendere ogni volta che la si rilegge: «C'è una cosa che la fotografia deve contenere, l'umanità del momento».Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2677824462982247107.post-5837403069481498152008-05-09T13:35:00.000+02:002008-05-09T13:35:00.000+02:00Non voglio fare della polemica ma vorrei essere ai...Non voglio fare della polemica ma vorrei essere aiutato su questa cosa...<BR/>Alexandra Boulat i morti li fotografava ; Bruce Davidson dice io non fotografo i morti... Chi ha ragione??dove sta la giusta misura? <BR/>Mi ricordo di aver visto una foto della Boulat con una mano (chiaramente di cadavere ) in mezzo a delle foglie che mi ha immediatamente ricordato la poesia di Ungaretti"Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie".GIOGGIhttps://www.blogger.com/profile/15256281360940100762noreply@blogger.com