Quando ho la fortuna di incontrare i lettori o inizio un corso ho sempre la sensazione di fare un tuffo nel passato, quando anche io mi cullavo nell’illusione che la fotografia riuscisse a creare una sorta di mondo perfetto in cui tutto funziona e tutto è bello. Credo ripensandoci a distanza di anni credo fosse naturale impreziosire con la fantasia una meta agognata. E credo sia giusto per tutti che tuttora sia così. La realtà però è bene saperlo prima di scontrarcisi violentemente, non è così. La fotografia, come qualunque altra attività, può essere meravigliosa finché non la si pratica professionalmente. Ma uno degli scogli maggiori da superare psicologicamente è quello della considerazione che questa, e chi la pratica, gode nel nostro paese. Il fotografo in Italia è colui la cui professionalità non è riconosciuta né legalmente, né di fatto dall’opinione comune. In una quotidiano o in un settimanale la foto serve spesso solo per chiudere un buco creato nell’impaginazione da uno scritto troppo corto. Quando va meglio viene messa lì per dimostrare la veridicità di quanto ha scritto il giornalista di penna. Nella moda e nello still-life, fatte salve poche e lodevoli eccezioni di strafamosi e strapagati professionisti, il fotografo è solo un esecutore di layout. Senza contare quanti onesti fotografi si sono visti cancellare il lavoro da piccoli imprenditori che han deciso di far da sé le foto, tanto le può fare chiunque, mica serve una laurea. Quando poi la cronaca porta alla ribalta la fotografia è un po’ come per il meridione d’Italia che assurge agli onori delle cronache solo quando ci sono delitti di mafia o simili. Salvo poi scoprire che a Milano si ammazza più gente di quanta non se ne ammazzi nella famigerata Napoli. E dopo l’accusa ai fotografi che inseguivano Lady Diana di essere responsabili dell’incidente, ora ecco che i fotografi tornano sulle prime pagine per lo scandalo dei paparazzi ricattatori… Insomma tutti noi stiamo per diventare finalmente soggetti socialmente pericolosi, in grado di rubare l’anima di chi fotografiamo, violare in qualsiasi momento la privacy altrui. Poi siamo pure un po’ maniaci, potenziali killer di VIP e dulcis in fundo ora siamo pure ricattatori. Beh, se non altro abbiamo un sacco di cose da fare.
n.177 - gennaio 2007
8 commenti:
Chi è senza peccato...
Leggendo quanto scrive ne sento la forza, ed insieme l'amarezza per come viene giudicato il mondo di cui lei fa parte e che io da qualche anno osservo senza avere il coraggio o la passione sufficiente per abbracciare con decisione. Però sa cosa mi ha stupito dopo le sue parole? Beh nemmeno un commento da parte di qualche rappresentante di quel mondo che lei difende... Insomma i fotografi che nonostante tutto questa professione la praticano dove sono, quanto e come si indignano... mi è capitato più volte di sentire bravi autori lamentarsi di come vanno le cose, professionisti capaci ancora di coltivare sogni e ideali, che hanno fatto una scelta di libertà intellettuale quando hanno deciso di mettersi dietro e dentro un obiettivo, che hanno scelto la fotografia per raccontare, a volte per denunciare, comunque per dare il loro contributo... Bene dove sono? Quanti hanno abbandonato i loro ideali "romantici" e tradito se stessi? Perchè i più non urlano, avendo mezzi e idee e profondi convincimenti? Non dico in astratto, ma qui ed ora! Forse perchè anche per loro è stato sufficiente ritagliarsi uno spazio, crearsi un orticello in cui accontentarsi di essere riconosciuti dalla stretta enclave di colleghi, riconoscibili e omologati in un piccolo gruppo che che accetta di piegarsi alle esigenze editoriali del "è il pubblico che lo vuole così" disposti a tutto pur di non essere esclusi dal giro che conta a scapito della libertà e di se stessi, come grigi impiegati della fotografia, per poi lamentarsi la sera di quel mondo che di giorno aiutano a costruire...
si io pensavo di andare a fare la gelataia,
così son più tranuilla.
...e sarebbe veramente un peccato se congelassi i tuoi sogni, o aspirazioni soffocandoli tra il pistacchio e l'amarena, per poter stare tranquilla, il talento, se ne hai o ritieni di averne, esige il coraggio di essere coltivato.
Non credere che non abbia capito il tuo sarcasmo rispondendo seriamente ad una facezia, solo credo che l'impegno di chi decide di comunicare con le immagini o altro, sia importante e le frasi ad effetto lapidarie e provocatorie come la tua sono spesso il rifugio saccente di un animo dotato certo, ma insicuro, che si accontenta di stupire o turbare gli spiriti deboli, ma fa solo sorridere un auditorium più consapevole.
hallo sara con la h finale, h che e' una cosa bellissima come la passionalita' che metti nei tuoi ragionamenti. li condivido, e mi piace vedere che c'e' gente che ancora si incazza per difendere i propri principi, bisogna essere incazzati e non satolli per produrre pensieri, fotografie, comunicazione. incazzati nel senso buono, cioe' decisi e forti della propria buonafede.
io ormai sono sempre piu' vecchio e rincoglionito, e ripeto sempre le stesse cose : per esempio, perche' ogni anno i premi di fotogiornalismo vanno a chi ha fotografato meglio la morte, la fame, la sofferenza, ecc? forse perche' appunto "il grande pubblico" vuole proprio questo. vuole autosomministrarsi la quotidiana dose di atrocita' per rompere la monotonia del lavoro d'ufficio o di bottega. chissa'. penso alle foto col cellulare, scattate mentre si compiono violenze in classe o mentre si assiste ad una catastrofe.
forse e' meglio fotografare tramontini e campi di girasoli.
ciao
"Ma uno degli scogli maggiori da superare psicologicamente è quello della considerazione che questa, e chi la pratica, gode nel nostro paese."
l'altro giorno infatti navigavo su internet...ho sbirciato siti di studi e scuole riguardanti la fotografia. e mi son stupito di quanti fotografi italiani lavorano o insegnano all'estero. siamo costretti ad emigrare per trovare un lavoro gratificante?
la questione non è legata solo alla fotografia.
Mi piacerebbe ricordare, però, che l'Italia vanta una tradizione artistica assolutamente di primissimo ordine. La cultura di base per chiunque operi in questo campo è il "minimo sindacale" (mi piace chiamarlo così) richiesto a chi fa-organizza-produce arte.
Non esistono "amatori" (indifferente se foto... pinto... tecno... o cosa) esistono realtà più o meno profonde e a noi tutti viene chiesto di farne parte.
Anche solo scrivendo su questo blog, o facendo foto, o commentando mostre. Anche questo è arte, Ricordiamocelo.
ciao
ezio
...
«Il nostro occhio deve continuare a misurare, valutare. Modifichiamo le prospettive con un leggera flessione del ginocchio, creiamo coincidenze di linee con un semplice spostamento della testa di una frazione di millimetro,
ma questo si può fare solo alla velocità di un riflesso, evitando di provare a fare arte.»
Henri Cartier-Bresson
Fotografo o mercante?
Finalmente la trasmissione delle Iene di ieri 12 marzo ha fatto estrema chiarezza sulla faccenda che riguarda il Sig. Corona.
Non voglio entrare nel merito delle indagini e dei fatti contestati, chi mi conosce sa che sono assolutamente all’oscuro di tutto il mondo VIP e del gossip, una deficienza di informazioni fatta di molte lacune. Nonostante ciò sono un autentico divoratore di giornali, riviste e quotidiani e la faccenda in questi giorni occupa tutte le prime pagine dei quotidiani, impossibile ignorare il caso. MI riferisco all’enorme errore in cui sono occorsi il 99% di giornali, radio e televisioni, la quasi unanimità del popolo dei media nazionali ha bollato il sig. Corone come FOTOGRAFO.
Ebbene grazie all’intervista trasmessa ieri dalle Iene su Italia Uno al principale interprete di questa faccenda giudiziaria concessa proprio poche ore prima dell’arresto ha fatto chiarezza sul suo ruolo.
Non ha mai fatto fotografia ed ha dichiarato addirittura di non sapere neanche da che parte prendere in mano una macchina fotografica. Ed allora perché continuare nell’errore plateale nel chiamarlo FOTOGRAFO?
È evidente che ciò , ripetuto a dismisura, infanga comunque una professione seria e rispettabile. Rispettabile anche quando si parla di Paparazzi, benché anche questa figura spesso è stata oggetto di dure critiche senza ricordare mai personaggi del calibro di Tazio Secchiaroli, fotografo davvero e straordinario interprete del cinema di Federico Fellini che diventò anche il fotografo ufficiale di Sofia Loren, della quale ci ha lasciato opere immortali che oltrepassano elegantemente quella maschera da Diva mostrandone forse l'aspetto più bello e vero.
Tazio Secchiaroli, spesso ricordato erroneamente come il re dei paparazzi è stato in realtà uno dei più abili fotografi di scena, fu proprio Federico Fellini ad introdurlo a Cinecittà mentre giravano La dolce vita. Ed anche in questa occasione l'artista ha lasciato immagini che sono pietre miliari nel mondo della fotografia e cinematografia. Chi non si emoziona di fronte alla sequenza dedicata allo spogliarello di Aichèe Nanà al mitico Rugantino di Roma nel 1958 ? L'immagine che da sola rappresenta tutto un periodo storico, uno stile di vita.
Chi non conosce l'immagine simbolica di Fellini con la frusta sul set di 8 ½? e quella magnifica senza tempo in cui Sofia Loren è ripresa attraverso la lente dell'occhiale di Richard Avedon che a sua volta stava inquadrando la Diva attraverso il mirino della sua Hasselblad? Opere indimenticabili che elevano quello che inizialmente viene definito paparazzo al ruolo d’artista.
Sul sedicente fotografo arrestato in questi giorni dunque correggiamo il tiro e chiamiamolo mercante o come volete, ma non FOTOGRAFO.
Alberto Moioli
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