Quando lo incontri l’ultima cosa che ti verrebbe in mente, se non avessi letto la sua biografia, è che Frank Horvat possa avere ottantre anni. Classe 1928, se fosse nato oggi sarebbe croato, ma per le dinamiche storiche è nato in Italia ad Abbazia, oggi Croazia con il nome di Opatija.
Il fisico non tradisce l’età, almeno a prima vista. Alto, ancora atletico, voce ferma, sguardo sicuro, nessuna esitazione quando si muove. Si vede che una carriera di sessantacinque anni dedicati interamente alla fotografia aiuta a mantenersi in forma. Quando poi inizia a parlare, con voce calma e ferma ti rendi conto che non è solo una questione di aspetto: anche la mente è agile e scattante, pronta a raccogliere nuove sfide con il gusto dei vent’anni.
L’entusiasmo che dimostra nei confronti delle possibilità espressive offerte dalle nuove tecnologie e la lucidità con cui vengono esaminate e abbracciate dovrebbe far riflettere molti giovani e giovanissimi che ritengono di padroneggiare le tecnologie informatiche più evolute, ma in realtà non controllano che i comandi delle funzioni, senza avere la minima idea di cosa farne.
Frank Horvat ha invece ben chiaro che i nuovi strumenti sono funzionali ad allargare la sua capacità di esprimersi, a portare a termine i suoi progetti. Mi ha dedicato parte della sua mattinata e gliene sono grato. Non solo per il tempo che mi ha messo a disposizione.
Gli sono grato per il modo aperto al confronto, l’entusiasmo e la voglia di mettersi di continuo in discussione, perfino con me che potrei essergli figlio e poco potrei aggiungere al suo modo attento di guardare il mondo.
Gli sono grato per avermi mostrato il suo ultimo lavoro in cui nega l'istante decisivo e di cui parla nell’intervista, ma che giustamente non mi ha permesso di riprendere essendo ancora in fieri.
Gli sono grato per avermi per avermi aperto il suo iPad e offerto la visione del modo in cui la sua mente collega le circa duemila fotografie che ritiene degne di essere mostrate con tutto il lavoro di progettazione che c'è dietro e che compiuto finito solo tra qualche mese.
Gli sono grato per la fiducia che implicitamente mi ha accordato rivelandomi tutto questo e per aver ascoltato con attenzione e pazienza i miei commenti e le mie considerazioni.
Gli sono grato per avermi dimostrato che quando si continua a guardare il mondo con curiosità e voglia di raccontare e raccontarsi, allora davvero l’età anagrafica conta davvero poco.
Anzi a volte il sostegno dell’esperienza, non è che uno stimolo in più verso il nuovo e l’inesplorato. Le battute di aperture e di chiusura dell’incontro che, attraverso il video pubblicato qui sotto, voglio condividere con voi, credo ne siano la testimonianza più vivida. Buona visione.
Il fisico non tradisce l’età, almeno a prima vista. Alto, ancora atletico, voce ferma, sguardo sicuro, nessuna esitazione quando si muove. Si vede che una carriera di sessantacinque anni dedicati interamente alla fotografia aiuta a mantenersi in forma. Quando poi inizia a parlare, con voce calma e ferma ti rendi conto che non è solo una questione di aspetto: anche la mente è agile e scattante, pronta a raccogliere nuove sfide con il gusto dei vent’anni.
L’entusiasmo che dimostra nei confronti delle possibilità espressive offerte dalle nuove tecnologie e la lucidità con cui vengono esaminate e abbracciate dovrebbe far riflettere molti giovani e giovanissimi che ritengono di padroneggiare le tecnologie informatiche più evolute, ma in realtà non controllano che i comandi delle funzioni, senza avere la minima idea di cosa farne.
Frank Horvat ha invece ben chiaro che i nuovi strumenti sono funzionali ad allargare la sua capacità di esprimersi, a portare a termine i suoi progetti. Mi ha dedicato parte della sua mattinata e gliene sono grato. Non solo per il tempo che mi ha messo a disposizione.
Gli sono grato per il modo aperto al confronto, l’entusiasmo e la voglia di mettersi di continuo in discussione, perfino con me che potrei essergli figlio e poco potrei aggiungere al suo modo attento di guardare il mondo.
Gli sono grato per avermi mostrato il suo ultimo lavoro in cui nega l'istante decisivo e di cui parla nell’intervista, ma che giustamente non mi ha permesso di riprendere essendo ancora in fieri.
Gli sono grato per avermi per avermi aperto il suo iPad e offerto la visione del modo in cui la sua mente collega le circa duemila fotografie che ritiene degne di essere mostrate con tutto il lavoro di progettazione che c'è dietro e che compiuto finito solo tra qualche mese.
Gli sono grato per la fiducia che implicitamente mi ha accordato rivelandomi tutto questo e per aver ascoltato con attenzione e pazienza i miei commenti e le mie considerazioni.
Gli sono grato per avermi dimostrato che quando si continua a guardare il mondo con curiosità e voglia di raccontare e raccontarsi, allora davvero l’età anagrafica conta davvero poco.
Anzi a volte il sostegno dell’esperienza, non è che uno stimolo in più verso il nuovo e l’inesplorato. Le battute di aperture e di chiusura dell’incontro che, attraverso il video pubblicato qui sotto, voglio condividere con voi, credo ne siano la testimonianza più vivida. Buona visione.
2 commenti:
Ciao Sandro!
Come non essere d'accordo quando dici "i nuovi strumenti sono funzionali ad allargare la sua capacità di esprimersi"
o ancora prima "padroneggiare le tecnologie informatiche più evolute, ma in realtà non controllano che i comandi delle funzioni, senza avere la minima idea di cosa farne."
Spesso (troppo spesso) si vedono fotografie fine a se stesse, prive di logica e senza alcun senso.
Non penso che tutti noi dobbiamo diventare dei "piccoli" Horvat, ma prima di mettere watermark e fare pagine Facebook "Photographer" magari farsi qualche domanda non sarebbe male!
una grande lezione di vita e di fotografia
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