martedì 20 maggio 2008

La paideia in repubblica(.it)

Credo di esserne certo ormai: non sono altro che uno sciocco idealista che da adolescente si è bevuto tutte le sciocchezza ascoltate sui banchi di scuola. Con in più l’aggravante di essere invecchiato continuando a non capire come gira il mondo. Sui banchi del liceo si faceva un gran parlare di paideia, un letteralmente platonico concetto di educazione. Come tutti gli adolescenti si pensava di cambiare il mondo e ci illudevamo di attualizzare Platone in un'utopica società del presente-futuro a metà strada tra la Repubblica e La città del Sole. Credevamo che tutto potesse educare perfino i giornali. Che sciocchezze… Ma, dove va a parare questa tirata a sfondo nostalgico (preciso che il termine sarebbe da intendere in senso apolitico)? Va a parare alle pagine di repubblica.it, dedicate ad una mostra fotografica sulle nuove forme del ritratto fotografico. Dopo aver presentato il contenuto della mostra omettendo qualsiasi informazione su indirizzo dello spazio espositivo, orari e date e perfino un link al sito dello spazio, gli estensori di repubblica.it, saltando, come si suol dire, di palo in frasca, scrivono, «E la tua? Come è la tua faccia? Invia il tuo ritratto ritoccato al computer per mostrare agli altri cosa non vedono quando ti guardano, quello che nasconde il tuo aspetto, il tuo viso. Repubblica Milano mette a disposizione dei lettori questo spazio espositivo virtuale dove appendere le vostre opere. Potete inviare foto, commenti ed esprimere il vostro giudizio».
Mi chiedo che senso abbia (oltre a quello evidente di movimentare il traffico del sito) un’operazione del genere, soprattutto se condotta nel modo in cui le pagine pubblicate dimostrano che sia stata gestita. Potenzialmente un’operazione come questa avrebbe senso se gestita per un pubblico di bambini e adolescenti all’interno di un laboratorio realizzato nello spazio espositivo dopo la visione della mostra. Permetterebbe di approfondire e frequentare le tematiche proposte in mostre facendole proprie sotto la guida di un docente (magari non improvvisato se possibile). Ma in rete a cosa serve? A far vedere la propria bella faccia più o meno pastrugnata con un programma di fotoritocco e niente di più, si potrebbe rispondere credendo di essere sufficientemente critici. La mia sensazione è che invece sia molto peggio. In assenza di una guida che indirizzi il lavoro e la pubblicazione (la redazione si riserva di selezionare i materiali ricevuti, ma a giudicare da quel l’unica supposizione che si può fare circa il lavoro svolto dalla redazione è che il filtro sia rivolto solo ad evitare le reazioni di qualche benpensante di fronte a un nudo o simili) un’operazione del genere contribuisce solo a diffondere confusione e ignoranza. Veicolando immagini dei lettori senza un lavoro critico a monte, si finisce per mettere sullo stesso piano il lavoro svolto dagli autori in mostra e quello di persone che senza alcuna coscienza e progettualità giocano con i filtri di Photoshop o simili. Si finisce per svilire il pensiero che fa la differenza e far credere che tutti siano in grado di fare qualunque cosa senza nemmeno doverci pensare. Ma se anche io posso farlo perché dovrei andare a vedere una mostra? Perché dovrei comprare un libro? Me lo faccio da solo e ci finisco pure su internet, che non sarà come andare in televisione, ma è sempre meglio di un calcio nelle gengive. È così che diffondiamo la cultura dell’immagine? O meglio ancora come nel sommarietto del’articolo («Ritratti non convenzionali. Cento visi trasformati dal digitale in mostra al Centro Forma. Invia il tuo. Ritoccalo, elaboralo, esponilo qui»)?
Un’occasione per tentare di educare un po’ (maledetta paideia!) buttata alle ortiche. Un’occasione per diffondere ignoranza straordinariamente sfruttata, come dimostrano anche alcune note (che riporto in didascalia) scritte dagli autori. E con il minimo sforzo: basta limitarsi a non commentare quelle emerite insulsaggini che oscillano tra la banalità e il vuoto mentale ammantato di presunzione artisticheggiante.
Del resto nella rete che differenza ci può essere tra una mostra fotografica, una ricerca sul prezzo migliore di una fotocamera e un sito di condivisione delle immagini?
Per fortuna siamo in Italia, dove cose del genere non possono generare danni, vista la profonda cultura dell’immagine che ci distingue.




L'articolo pubblicato da repubblica.it e dedicato alla mostra Faccia a Faccia.

Alcune delle fotografie inviate dai lettori in risposta all'iniziativa di repubblica.it.

Fotoritocco dettato da un vortice di pensieri commenta
liquidaurora autrice (?) di questa immagine.

Un omaggio a Andy Warhol commenta falco66 autore di questa immagine.

Come sono o come vorrei essere? La risposta è dentro di me, e però è sbagliata (cit.) commenta theungod autore di questa immagine.

Omaggio a Roy Linchtesteinn commenta falco66 autore di questa immagine.








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18 commenti:

Andrea il "Fuso" ha detto...

Sono stato molto tentato di pubblicare la mia faccia sul bellissimo sito di repubblica....... Nessuno mi ha insegnato qualcosa (sono presuntuoso) molti mi hanno educato e tuttora continuano a farlo o forse era viceversa? ( nessuno mi ha educato etc etc )In ogni caso la capacità di distinguere una boiata ops ho scritto boiata scusate non volevo offendere la sensibilità di qualcuno (ho scritto che ero mal educato)mi perdo via e non finisco le frasi... dunque dicevo la capacità di discernimento si crea con lavoro duro, studio, sudore della fronte umiltà (forse) e confronto serrato, e soprattutto sana curiosità. in ogni caso Siamo italiani popolo di navigatori poeti ed artisti.....
infatti qualcuno era convinto di andare nelle indie ed ha scoperto l'america..... ( Manon solo chi è italiano...... pensa che il povero Platone o chi per lui mentre cucinava un piatto tipico della penisola iberica modificando solo qualche lettera invece per caso , così dicono i più maligni, pare abbia scoperto la paideia)

Chissa che qualcuno che ha pensieri confusi o vuole omaggiare famosi artisti del fine secolo scorso non scopra altri continenti... e universi artistici
E dopotutto non sarebbe neanche grave che non se ne accorgesse (anche l'ironia aiuta l'autocritica è vitale).
ma queste sono solo supposizioni!

Anche un certo Dante non si era per caso perso in una selva oscura?

Anche io ho provato a postare più volte questo messaggio (lo so sono impedito) magari con l'aiuto della fisica quantistica questa volta ci riesco)

Anonimo ha detto...

Sandro, io la trovo divertente questa iniziativa "culturale" promossa da LaRepubblica; tant'è che ho deciso d'iscrivermi e di postare il mio lato espressivo migliore. Attendo approvazione da parte della redazione, mica è così semplice passare alla pubblicazione bisogna essere esaminati e vagliati da una giuria ... e poi ... VOTATEMI!!!

Che emozione ...

TrecceNere ha detto...

Mi piace la tua amarezza, è onesta. E ragionata, anche.
Il web ora come ora, mi sembra vorace. C'è un accumulo di immagini, si conserva tutto, e non si sceglie... si rimanda il giudizio...se non (come scrivi tu) una scelta per l'etica comune, in rispetto ai ben pensanti.
Niente d'aggiungere. Non mi sento neanche di giudicare chi partecipa, perchè spesso c'è l'ingenuità,
c'è chi è all'inizio e vede le cose nel loro aspetto più semplice e ludico, c'è chi ancora non ha i mezzi per fare le differenze. Dispiace che chi dovrebbe in teoria avere questi mezzi, non indirizzi...non faccia paideia, appunto.

Anonimo ha detto...

mi sono più volte chiesto perchè in tali " concorsi " non ci fosse una vera e propria selezione, anche solo per un fatto numerico. ricordo l'infinita serie di foto, spesso davvero brutte, per il precedente concorso "la finestra di fronte" . guardare la galleria diventava diventava faticoso e noioso.
certo, i meno bravi saranno stati felici nel vedere la propria foto su repubblica.it .Ma quanti utenti saranno fuggiiti da interminabili foto inutili?

del web( mi riferisco anche ai forum) è bella la "democrazia" : tutti postano, tutti hanno gli stessi mezzi. In un forum chi ha comprato la fotocamera 10 minuti prima e il fotografo magnum hanno identico spazio.
mi domandavo se col tempo non spariranno le riviste o comunque non spariranno le redazioni. Trovo che la selezione, su carta o sul web di una persona preparata sia importante. troppo spesso sui forum ho visto moderatori che diventavano esperti più per le loro abilità nel chattare che per le loro conoscenze.
Se mi fossi attenuto ai click dei forum forse molte delle mie foto migliori, fatte in contatto con giornalisti delle varie riviste, le avrei dimenticate nell'hard disk...

la mia speranza che le due opzioni continuino a vivere. forum anarchici, dove la libertà ti permette di trovare di tutto, a tutii i livelli e riviste( o quantomeno siti) con redazioni di gente competente che si occupi di una selezione dei lavori. servono entrambi

ale

Andrea il "Fuso" ha detto...

Caro anonimo (ops Ale Scusa)
penso che presto una selezione fatta in base ad un analisi del DNA decreterà chi potrà comprare una nikon D3 e chi si dovrà accontentare solo di una "D40"
e su un principio di eugenetica verrà reso obbligatorio l'ingresso ad una mostra.
Nel frattempo possiamo liberamente disgustarci di chi non può collaborare con giornalisti delle varie riviste.
grazie per aver espresso un parere positivo sul fatto che tutti possano liberamente convivere anche se in ghetti separati.
Chissà se per il futuro geneticamente modificato saremo pronti ad avere un minimo di giudizio, almeno per non trovarci dalla parte sbagliata del muro.

Anonimo ha detto...

Che tristezza... è il primo pensiero che mi viene in mente guardando quegl'infelici pseudoritratti.
Tristezza perchè siamo nel 2008, l'arte, la fotografia, i linguaggi si sono evoluti moltissimo, specie in questi ultimi anni e le immagini che mi ritrovo li sono quanto di più piatto e vuoto si possa trovare sul web.
Ma chi sono io che mi permetto di commentare in maniera così malevola questi "artisti"?
In fondo proprio Warhol riteneva che chiunque avesse diritto a 15 minuti di celebrità.
Nostalgicamente, come il direttore di questo blog, ricordo nella verde età degli entusiasmi e delle sperimentazioni con pochi mezzi, le fatiche informatiche per inseguire risultati inediti, meditati e puerilmente raggiunti dai primi pionieri.
Certo se avessero avuto a disposizione solo una minima parte delle tecnologie disponibili ora... se avessero avuto un background culturale fatto di video, di musica elettronica, di realtà virtuale, di videogames, di pubblicità, di spot ... chissà cosa ci avrebbero fatto vedere i vari Whitney, i Paik, i Noll... o semplicemente i primi sperimentatori casalinghi nati con il commodore 64.
Invece eccoci qui, con "giurie" che spesso ne sanno molto meno dei concorrenti, con l'ennesimo posto dove esporre la propria carrellata di plug-in gratuiti scaricati da web.
Beh, quelli si, i loro creatori, i programmatori, sono dei veri artisti; sanno come manipolare le istruzioni affinchè la scimmietta addestrata a cliccare su un menù, faccia comparire l'opera (effetto) da loro immaginato.
Forse la vera forma d'arte digitale è proprio questa. I nuovi geni dell'arte sono proprio loro...
Michael Noll riteneva quella la sua vera arte: le migliaia di righe d'istruzioni che facevano compiere al suo plotter i movimenti necessari affinchè disegnasse le linee dell'opera.
Alla fine esponeva "il risultato", tenendo "la vera arte" per se.
Ma era il 1965.
Nel 2008 mi aspetto qualcosa di diverso, di più profondo, di più "pensato".

Ciao

ezio turus

Anonimo ha detto...

scusa, andrea ho postato la mia esperienza. ho parlato di forum dove si trova di tutto (nel ben e nel male) e ho detto che sarebbe necessario che redazioni dei gente esperta potessero continuare a fare una selezione.sono 2 cose diverse che spero continuino a convivere
non vedo dove nel mio discorso possa leggersi la minima arroganza.
Spero che che tu concluda l'inutile discussione

ale

Anonimo ha detto...

è normale che i presuntuosi vedano negli altri arroganza, Ale... (del resto lo dice da sé di essere presuntuoso).
chi ti vuole capire, Ale, ti ha capito benissimo e potrà obiettare sui tuoi argomenti anziché cercare pretesto di discussione da quanto gli procuri invidia.

Andrea il "Fuso" ha detto...

Sono presuntuoso ed arrogante la mamma mi ha fatto male, e scusate quindi se cerco di essere più esplicito ora:
Pensiamo ( e mi includo in quanto arrogante ) di essere tenutari di supremi saperi quando basterebbe solo fare scelte lasciando ad altri il compito di autocelebrare la propria "arte" non tutti sono Adams o chiunque voi vogliate ma non per questo non si può negare il diritto ad esprimere più o meno goffamente il l'essere con i mezzi ed i modi che si ritengono più opportuni rendendosi perchè no ridicoli in alcuni casi...il bello del web è che tutti possono avere uno spazio (cosa che non accade in altre realtà più o meno virtuali) il modo di impiegare questo spazio è frutto dell'intelligenza o meno e del gusto o meno di chi lo usa. questo forum è libero o così penso fino ad ora e la discussione non dovrebbere essere sulla mia presunta o reale - reale ve lo garantisco-arroganza.
Ale il mio non era un attacco diretto a te e se così hai inteso ingoiando in parte la mia invidia me ne scuso ma ad un certo modo di pensare che vuole divisi in questa realtà virtuale modi ed espressioni della proipia personalità che grazie a Dio possono invece vivere affiancati, e questo è un bene perchè qualcuno si chiederà ( se ne non sarà pigro) il perchè di tante differenze o il perchè di modi più o meno riusciti per esprimere un idea. io in questo vedo uno stimolo fantastico. Grave è invece che i signori del citao sito abbiano riportato in maniera incompleta delle informazioni ( dovrebbe essere il loro lavoro)

francesco peluso ha detto...

Sicuramente dietro la creazione del progetto secondo me non c’è nessuna idea di ampliare gli orizzonti della gente, ma come giustamente ha puntualizzato nel post il direttore, solo quello di incrementare il traffico con un giochetto facile facile alla portata di tutti.
Ma il punto secondo me è questo, è un bene o un male?
Secondo me il rischio principale è quello, pur di essere pubblicato nella mostra, di preparare un prodotto quanto più appetibile possibile agli occhi di un potenziale pubblico perdendo di vista l’interessante obiettivo (nascosto?) dell’iniziativa , quello di mostrare all’esterno, agli altri, il viso invisibile, la faccia nascosta, l' avatar, visibile e presente solo nell'immaginario dell’autore.
Il rischio è quello di contribuire ad incrementare il pericolo più attuale, più drammaticamente attuale, quello che è importante apparire invece di essere.
E questo rischio è tanto maggiore quanto è maggiore l’inesperienza dell’autore.
Ma questo è il rischio di tutti i concorsi. Ho uno stream su flickr e mi sono reso conto che ad un certo punto stavo fotografando solo per acquisire FAV, per compiacermi nei commenti sterili altrui.
Avevo perso la voglia di fotografare egoisticamente solo per me, avevo smarrito la strada.
Ma resistere alle sirene come ben sapeva il saggio Ulisse è molto difficile.

Anonimo ha detto...

Caro Sandro,
ti ringrazio molto per gli stimoli sempre interessanti che mi fai arrivare tramite il tuo blog.

Nel caso specifico mi pare però che la tua riflessione non tenga conto della ormai grande diffusione dei "modi" messi in circolazione proprio dalla conoscenza di quanto è stato fin qui fatto dagli autori storici e riconosciuti.

Mi spiego meglio.

Il lavoro dell'autore Falco66 dimostra, ai miei occhi, un'assimilazione interessante della maniera "pop".
Questo significa che conosce la lezione di Warhol e compagni. Dal punto di vista didattico non mi sembra una cattiva cosa, anzi. Il problema, semmai, è che quando un'opera diventa così riconoscibile da poter essere riprodotta da molti ha ormai esaurito il suo percorso storico. Quindi fare un Lichtenstein oggi è come dipingere un quadro impressionista o lavorare a maglia: puro diletto.

Il fatto che attorno ad una mostra si costruiscano percorsi di "edu-tainement" (così li sento chiamare...) non mi pare però un peccato mortale contro la "Cultura". Piuttosto, trovo che riducano troppo il pensiero a gioco. Questo sì. Ma i tempi sono questi. Tutto è, purtroppo, gioco o video-gioco. Quindi La Repubblica non fa altro che fare ciò che già fanno da tempo altre istituzioni ben più addentro alla questione, come per esempio i Musei e le Fondazioni.

Detto questo, vorrei concludere dicendo un'altra cosa.

Non ho visto la mostra da Forma, ma il fatto che venga usato un sistema digitale per distorcere un dato fotografico mi sembra un vezzo che definirei di "Neo Pittorialismo di ritorno". Personalmente continuo a pensare che se c'è una cosa meravigliosa del fotografare è proprio il poter trasporre su un supporto stabile bidimensionale la traccia di una percezione per acquisire nuova conoscenza. Usare invece la fotocamera come "cassetta dei colori" per esercitare la propria creatività pittorica mi appare come uno spreco insensato. Qualcosa come l'usare una Ferrari per andare a comperarsi le sigarette sotto casa.

Ciao e alla prossima.

Fulvio

:: haku :: ha detto...

Mi piacerebbe chiedere a chi dimostra entusiasmo per le gallerie di repubblica.it quanto tempo spende su ogni foto che vede in quelle gallerie. La risposta credo andrebbe ben oltre le più ciniche previsioni lo stesso Warhol sarebbe stato in grado di fare: diciamo 1,5 secondi (di notorietà).
Vorrei anche chiedere loro quante immagini ricordano di quelle viste in gallerie di repubblica.it e di quanti «autori» ricordano il nome. Perché la notorietà implica che ci si ricordi di un nome/immagine... meglio se di entrambi.
A conti fatti vorrei infine chiedere a chi commenta con tanto entusiasmo in attesa di essere selezionato, cosa gli faccia pensare che la sua immagine potrà durare più di 1,5 secondi negli occhi e nella memoria di chi navigherà nella galleria. (Aggravante: quell'esiziale tempo contribuirà a creare una tipologia di gusto, un modello formale dell'immagine nella sua testa anche se non ricorderà esattamente cosa ha visto...).
La vendita di illusioni è sempre un mercato fiorente perché di illusioni abbiamo bisogno, ma che sia così sfacciato e che ci sia chi difende queste operazioni come forme di libertà o, peggio, di democrazia, mi pare sorprendente e soprattutto preoccupante. Sentirsi valorizzati quando veniamo presi in giro non indica uno stato di lucidità né di minima capacità di lettura della realtà. Indica una sete di attenzione e di riconoscimento che rende molto deboli di fronte alla potenza dei media e del web stesso.
Sono d'accordo che sia affascinante e interessante che il web ospiti anche forme di «anarchia» in cui si proceda con il falso rapporto personale (virtuale) e il «favorire» (in gergo favare) fotografie... ma che qualcosa avvenga sotto un logo che suona come il nome di uno dei maggiori quotidiani italiani è una legittimazione che ha qualcosa di colpevole e nulla del fascino apparentemente «anarchico» di flickr, ipernity, blogger e simili.
L'autorevolezza - che tanto è oggi denigrata, come si constata dai comportamenti quotidiani - viene consapevolmente sfruttata nei punti ancora sensibili (oggi, soprattutto i loghi appaiono come i ricettacoli dell'autorevolezza... solo perché catalizzatori di attenzione), accuratamente mascherata da "democratica" apertura a tutti, anzi al singolo: E TU? ANCHE TU...
Ma questo sigillo di autorevolezza fittizia appare grave. Oltre a creare lo sfondo di una de-cultura dell'immagine già in-colta, rappresenta la somma beffa: tu - tuo - ritratto - faccia - mostra. Un banalotto assecondare il desiderio di esibizione e di cosiddetta comprensione. Uno degli aspetti più inquietanti del messaggio di invito alla partecipazione [«E la tua? Come è la tua faccia? Invia il tuo ritratto ritoccato al computer per mostrare agli altri cosa non vedono quando ti guardano, quello che nasconde il tuo aspetto, il tuo viso. Repubblica Milano mette a disposizione dei lettori questo spazio espositivo virtuale dove appendere le vostre opere. Potete inviare foto, commenti ed esprimere il vostro giudizio.»] è che si dia per scontato che chi manderà il ritratto ritoccato, per il fatto stesso di aver risposto all'appello sarà legittimato a credersi e proclamarsi (e crederà di essere creduto) un incompreso: persona non valutata per quello che è e vale. Potrà soprattutto ritenersi un incompreso dalla società e covare i conseguenti sentimenti. E questo passaggio psicologico potrà avvenire in ognuno dei partecipanti che sia selezionato o meno, poiché dopo un messaggio del genere è ben automatico poter credere di non essere stati compresi nemmeno dalla giuria... e anche questa sorta di riconoscimento indiretto di una larva di disagio è piuttosto allarmante poiché isola ulteriormente.

Infine (chiedo scusa per la lunghezza)... per quanto riguarda un ulteriore messaggio che viene dato in modo subliminale sulla fotografia: per far vedere quello che non è immediatamente percepibile sarebbe necessario operare pesanti «ritocchi al computer». E nemmeno ci rendiamo conto che leggendo questo e accettandolo stiamo dicendo che non è un buon uso del mezzo fotografico a permetterci di comunicare cose complesse, bensì una contraffazione posteriore operata attraverso un altro strumento, perché è evidente che qui si sollecita soltanto la contraffazione della foto non una seria e professionale postproduzione.

sandroiovine ha detto...

Fulvio, di fatto siamo sostanzialmente d'accordo, solo la mia formazione da politologo mi induce a suonare l'allarme per quanto si nasconde dietro giochi che non sono affatto innocenti come può apparire a prima vista in quanto formano una coscienza di massa. E il fatto che la Repubblica sia uno strumento di informazione non un'istituzione musueale, basterebbe a cambiare sostanzialmente la connotazione dell'operazione anche in presenza di identica modalità operativa.
Il pensiero può essere vissuto come un gioco, ma il guaio è che così si tende a formare una percezione identificativa tra gioco e pensiero, facendo perdere la distinzione e la profondità possibile del pensiero quale che esso sia. Nell'emulare passivamente quelli che ormai sono i classici dell'arte contemporanea ci vedo solo una presuntuosa ignoranza ufficialmente avallata da un organo (repubblica.it in questo caso) cui si attribuisce, o si tende ad attribuire, autorevolezza in modo incondizionato Significa cancellare il processo di pensiero che ha portato Warhol, o chi per lui, a formulare la ripetizione dell'immagine, a perdere il senso del periodo in cui la pop art è nata. Oggi basta un programmino idiota in dotazione al sistema operativo Apple per fare qualcosa che abbia l'aspetto formale di un'opera di Warhol, ma direi che cliccare sulla funzione di un software non è proprio la stessa cosa.
Quanto alle tue osservazioni finali la tentazione di essere ancora una volta d'accordo è forte, fortissima. Ma mi trattiene, a stento, il pensiero che per vari motivi ci troviamo ad attraversare una fase di trasformazione rapida che probabilmente non ha precedenti nella storia e la considerazione che probabilmente la nostra mente abbia bisogno di tempo per interpretare dei codici interpretativi. Di fronte al nuovo come esseri umani stiamo indagando. Finora abbiamo avuto a disposizione secoli per distillare delle ricerche e ipotizzare dei punti di arrivo o partenza a seconda di come li si voglia considerare. Oggi abbiamo a disposizione qualche settimana, qualche mese quando va bene. C'è confusione quindi. Ma per una volta sono ottimista e confido nietzschianamente che dal caos nasca una stella.

Anonimo ha detto...

Giusto per continuare a ragionare insieme, nella novecentesca fiducia che la dialettica conduca a sintesi nuove e utili per i dialoganti :-)

Il fatto che un quotidiano faccia un'operazione di marketing per aumentare visibilità e, si spera, lettori, lo trovo non consono alla mia personale idea etica di cosa sia fare informazione, ma non riesce a suscitarmi sdegno o scandalo.

Forse perché dal 1978 ho smesso di sciupare denaro nell'acquisto di quotidiani. Così come evito di perdere il mio tempo seguendo trasmissioni televisive di insulso intrattenimento o vedere film d'evasione, in specie americani e italiani, nei multisala della Warner e simili.

In sostanza, oggi viviamo in un'epoca plurale. E penso sia una fortuna. Non vorrei mai trovarmi a vivere in una Repubblica di Platone invece che di Scalfari :-)

Insomma il problema va capovolto. Quando verranno a prendermi con la forza a casa per costringermi a partecipare all'iniziativa web de La Repubblica, mi darò alla macchia e inizierò una resistenza clandestina.

Fino a quando però potrò leggere un buon saggio, vedere un film di mio interesse o navigare sulla rete per scambiare idee con persone che stimo, direi che tutto va per il meglio.

In sostanza, l'unica differenza con il passato è che l'ignoranza, se tale con un po' di presunzione autoreferenziale posso chiamarla, oggi dilaga sui media invece che nelle osterie di campagna e nei cenacoli dei notabili di provincia. Il vantaggio però inestimabile è che ognuno è responsabile delle proprie azioni. Dio è morto, Marx pure e io, al contrario di Woody Allen, mi sento benissimo! :-)

Ciao e alla prossima.

Fulvio

:: haku :: ha detto...

Rimanendo sulle deliziose battute di Woody Allen, Fulvio, se permetti l'intrusione, non puoi non ammettere che (metaforicamente) ascoltando Wagner venga l'impulso di invadere "la Polonia di turno"... [«Non posso ascoltare Wagner a lungo... mi prende l’impulso di invadere la Polonia.» W. Allen]
Oggi non c'è un Albert Speer, ma il "tenore", la cifra, la forma di un messaggio ti induce a qualcosa anche più del contenuto del messaggio stesso, solo che la maggior parte di noi non ne è consapevole. Tutto è molto più sottile e soprattutto diffuso, invadente e somiglia in modo preoccupante a metodologie anticipate dalla letteratura e dal cinema...
Oggi non ti vengono a prendere a casa con la forza, ti conducono "fuori" con un sorriso, come lasciano scivolare nel silenzio le poche e rare notizie scandalose sfuggite al controllo, o forse lasciate sfuggire al controllo... Ma "fuori" significa dentro la bolla con cui ci circondano separandoci da una corretta percezione critica della realtà.
Che poi ci siano eccezioni come te è certamente un fatto, ma non puoi non ammettere che il corso del mondo non segue l'intelligenza delle eccezioni, anzi le eccezioni che dimostrano un'intelligenza autonoma tendenzialmente le isola. Qui a me pare di vedere un'operazione subliminale che mira ad irretire (normalizzando) anche chi si crede eccezione (incompresa) e qui sta la scaltrezza più preoccupante, forse...

Anonimo ha detto...

Caro :: haku ::,
gradisco senz'altro l'intrusione per quanto curioso sia il nick che ti sei scelto per nascondere la tua identità :-)

Nel tentare di capire con chi avevo a che fare ho fatto un salto sul
tuo blog. L'ho trovato interessante, anche se vedo che lo aggiorni di rado, e quindi ora è tra le New Entries della pagina dei links del mio sito.

Venendo all'argomento di questo thread, sento nel tuo pensiero una ricorrente allusione complottista a poteri non meglio identificati che ci manipolerebbero in stile Orwell.

Questa testi, seppur suggestiva, non mi trova d'accordo. La trovo deresponsabilizzante.

Se vengo manipolato, una grande parte di responsabilità è mia. L'unica attenuante possibile la troverei nella giovanissima età, fase delicata ed esposta ai plagi.

Per il resto siamo tutti adulti e quello che facciamo è nostra responsabilità diretta.

Il Papa e gli Americani non c'entrano :-)

Ti saluto e alla prossima.

Fulvio

:: haku :: ha detto...

Fulvio... si comprendeva piuttosto bene tra le righe che la tua fosse una posizione che mette in risalto la responsabilità personale e in linea di principio posso essere molto d'accordo, ma mi pare inevitabile constatare cosa succeda intorno a noi: non parlo della tv, né del web, nemmeno dei giornali, parlo delle persone.
Sfogliavo giusto oggi un libriccino minutissimo di Agamben: «Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo sul suo tempo, per percepirne non le luci, ma il buio. [...] Il contemporaneo [al proprio tempo] è colui che percepisce il buio del suo tempo come qualcosa che lo riguarda, e non cessa di interpellarlo [...]».
Per carattere non mi basta non essere toccata direttamente da questo buio, e nemmeno evitarlo, per non preoccuparmene e per non continuare a pormi domande su di esso.

Per quanto riguarda l'aspetto personale del tuo post, ammetto senza difficoltà di avere una personalità sensibile al carisma, ma altrettanto allergica al carisma stesso. Qualche volta spero di essere in grado di scegliere almeno in parte da chi farmi "plagiare", o forse come molti mi illudo soltanto di scegliere.

Recentemente grazie alla rete -che anche io amo per quello che può offrire, ma che non credo sia innocua, né luogo di ingenuità- ho trovato questa conferenza di Francesco Zizola che racconta qualcosa sull'informazione vista da dentro e in relazione alla fotografia:
Internazionale - podcast:
F. Zizola, Il mondo attraverso un obiettivo - prima parte
F. Zizola, Il mondo attraverso un obiettivo - seconda parte

Infine... non avevo notato il tuo link. Appena ho aperto il sito ho riconosciuto il linguaggio della fotografia che mi si è presentata, e cercando tra i tuoi lavori ho ritrovato quello che immaginavo: Olimpia di cui vidi alcune stampe esposte alla Libreria Agorà a Torino. Devo dire che mi sorprende tanta positività nelle tue opinioni considerando i soggetti delle tue fotografie. Si vede che è possibile...

Anonimo ha detto...

Cara :: haku ::,
forse il nostro dialogo sta andando oltre l'interesse generale del blog e quindi penso che potrebbe proseguire in privato. Se sei della stessa idea, rispondi a questo post direttamente nella mia mailbox fulvio(at)bortolozzo.net.

Ti ringrazio per avermi segnalato la risorsa audio di Zizola. Nell'ascoltarla, ho subito ripensato al breve commento che avevo da poco postato sul blog di Leonardo Brogioni (è l'ultimo dei 3 fatti al suo post del 15 maggio scorso).
Lo trovi qui:
http://www.leobrogioni.it/blog/

Vedrai che con Zizola ho più di qualche identità di vedute sui problemi esistenti, anche se ci separano le risposte che diamo.

Pure con la citazione che riporti da Agamben, mi sento molto allineato. Guardare il "buio" del nostro tempo, come ben sai, è una delle mie specialità ;-)

Fuor di ironia, non vorrei essere frainteso. Il mio accento sulla responsabilità individuale non intende "nascondere" e men che meno sottovalutare il complesso sistema di condizionamento sociale operato dai media.

Quel che dico è però che non conosco altre risposte davvero risolutive che non si richiamino ai comportamenti dei singoli, di ognuno di noi.

Non esistono a mio parere soluzioni salvifiche "esterne". Quindi, se vuoi, coltivo un totale pessimismo socio-politico, ma, e tu me lo riconosci, possiedo un grande ottimismo individuale. Ritengo difatti che la radice da cui si può ripartire è sempre e solo l'esempio personale.

Alla fine è questione di numero di persone. Oggi faccio parte di una minoranza, e prevedo di farne parte fino alla fine dei miei giorni, ma il vero disastro sarebbe l'inesistenza completa di questa minoranza. Cosa che non prevedo possibile.

Diciamo che ho fiducia anche nel pur minima bio-diversità residua :-)

A te la palla!

Fulvio

P.S.- Sono molto contento che ti sia ricordata di OLIMPIA. Sei di Torino anche tu?