domenica 27 gennaio 2008

L’energia della luce


«Secondo la tua esperienza, la luce, oltre a trasportare l’informazione relativa a ciò che illumina, ne conserva anche l’energia? [...] In tal senso mi sembra che più che ricordare possiamo parlare di presentare, cioè rendere l’accadimento presente e non necessariamente stabilizzato, ma potenzialmente mobile dinamico instabile, mi verrebbe da dire. A questo punto interviene lo sguardo esterno di chi fruisce della fotografia, e si apre un’altra relazione. Ma la potenza del primo sguardo, di quello del fotografo, gioca con quella de (come si dice!? Il corrispondente dello spettatore?)… Ciò mi fa pensare al judo... Ma anche al teatro, alla relazione psicoanalitica…». Questo è ciò che ho letto in un’e-mail che ho appena ricevuto. Una riflessione scevra di quei tecnicismi che spesso riducono il campo di visione, ma al tempo stesso portatrice di un certo senso poetico insito nell’idea che la luce possa essere vettore dell’energia del soggetto oltre che delle informazioni che lo descrivono esteriormente. Non credo che la luce sia in se stessa una sorta di automatico vettore dell’energia del soggetto. Credo che possa esserlo in funzione del rapporto duplice che si crea intorno all’immagine, quello che si instaura tra la visione di chi riprende e quella di chi osserva. La semiotica insegna che non esiste nessuna forma di comunicazione, sia che si prenda in esame la significazione, sia la comunicazione vera e propria, se non esiste un destinatario che svolge il ruolo di interprete del testo dell’emittente. Dinamicità e instabilità sussistono certamente all’interno di un’immagine fotografica in quanto frutto della struttura stessa processo comunicativo. In questo senso il paragone con il teatro, o almeno con alcune forme di teatro contemporaneo, è parzialmente possibile tenendo presenti differenze derivanti dal continuo essere dinamicamente in divenire dell’espressione teatrale stessa, cosa che rende impossibile ad esempio la potenziale perfetta ripetibilità di un’immagine fotografica. Di solito si dice poi che la fotografia sia legata al ricordo. Forse sarebbe più corretto dire che l’atto del ricordare è la pulsione alla base della sua produzione. Credo che in definitiva un’immagine consista nella capacità di evocare emozione e riflessione sul soggetto, grazie alla volizione in questo senso del suo autore e alla disponibilità dell’osservatore, intesa sia come capacità e conoscenza degli strumenti necessari alla lettura, sia come apertura mentale, di farsi penetrare da quanto espresso nell’immagine stessa. Ma, se tutto questo è possibile indubbiamente dobbiamo ringraziare la luce.
n.190 - febbraio 2008



Compatibilmente con i tempi redazionali, i commenti più interessanti a questo post potranno essere pubblicati all'interno della rubrica FOTOGRAFIA: PARLIAMONE! nel numero di marzo de IL FOTOGRAFO.



AddThis Social Bookmark Button



Puoi contribuire alla diffusione di questo post votandolo su FAI.INFORMAZIONE. Il reale numero di voti ricevuti è visibile solo nella pagina del post (clicca sul titolo o vai sui commenti).




Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille!

Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.

25 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma, se tutto questo è possibile indubbiamente dobbiamo ringraziare la luce.

Io, da tecnico, pratico, sarei più propenso a dire: "dobbiamo ringraziare chi ha inventato e perfezionato la fotografia", assieme a coloro che hanno saputo creare un linguaggio con le immagini.
La visione di quel lettore è certamente molto poetica, ma non riesco a concepire una forma di energia vitale trasportata dalla luce. Non riesco nemmeno a concepire un flusso di informazioni che la luce fa giungere ai nostri occhi.
Concepisco il fotografare, ovvero l'uso di un apparecchio che sfrutta la luce per registrare informazioni visive. Concepisco il complesso linguaggio del fotografo che sa cosa fotografare e cosa non fotografare per veicolare le sue idee. Ma nulla più. Potremmo stare giorni e giorni a discutere sull'energia della luce (il sole potrebbe venirci d'aiuto), ma dovremmo sempre e solo parlare di realtà oggettive.
Le idee e il linguaggio (ovvero, il modo di veicolarle) si stacca completamente da queste realtà.
Per questo, forse, la Fotografia è molto più interessante di qualunque fotografia.

Ezio Turus

Unknown ha detto...

La luce è energia, ma soprattuto è vita. Immaginare un mondo senza luce o energia si potrebbe paragonarlo ad un mondo praticamente morto, poi se vogliamo restringerlo in ambito fotografico la cosa si fa molto più difficile ed interessante. Si la luce ci porta le informazioni, ma allo stesso tempo ce le puo anche nascondere, energia.... forse con quanta intensità si propaga, ecco cosa potrebbe essere l'energia in ambito fotografico.

Anonimo ha detto...

Non so se fisicamente la luce conservi la sua energia quando viene trasportata e trasferita su un supporto fotografico, però credo proprio che una sorta di energia rimanga. Perchè, se così non fosse, le immagini ci trasmettono spesso un'emozione o ci evocano dei ricordi? Voglio dire che l'emozione che nasce dentro di noi non è stata forse "prodotta" da un'energia che rimane magari un po' latente, ma che per il solo fatto che ci muove dei nueroni vuol dire che una causa scatenante c'è stata e quindi un po' d'energia è stata prodotta.
Aggiungo che il segno iconico della fotografia, con il suo essere fisso, fermo, immutabile, è per noi osservatori come un sospiro che tratteniamo per prendere fiato, che ci serve per riflettere e per assimilare momentaneamente la forza che ci serve per andare avanti, quindi appunto il solo atto del guardare un'immagine presuppone un trasferimento d'energia dall'immagine verso di noi.
Andrea

Unknown ha detto...

Energia, Luce, Vita.
Personalmente ho un rapporto energetico con la Luce ed ogni volta che fotografo mi faccio Luce, cerco di sentirla, di percepirne l'energia e vivere il momento dove lo scatto porterà con sè per l'avvenire anche il sentimento vissuto. La Luce tocca l'anima e più ci s'immedesima nell'energia luminosa più si intensifica il significato della fotografia che portiamo con noi.
Questo tipo di visione della fotografia è sì poetico, ma lo ritengo anche molto realistico e formante un legame profondo con il fotografo. Osservando le immagini di grandi fotografi si ha già una prima impressione ed una percezione energetica che poi è possibile approfondire conoscendo la persona che sta dietro la macchina fotografica, quando possibile ovviamente. Mi è capitato di conoscere autori che mi hanno trasmesso emozioni e poi dialogando con loro il tutto si è completato attraverso quello che l'anima trasmette automaticamente a chi è disposto a percepire di più.
La citazione del teatro poi mi è piaciuta molto, mi ricorda come fotografando in teatro abbia imparato a seguire tutto, dalle macchie di luce alla sceneggiatura, alla personalità di attori e personaggi, a comprendere la compenetrazione tra personaggio ed interprete.
Il mio pensiero fotografico è così, questa è la mia realtà, molto energetica e poco materiale.
Spero di riuscire a trasmettere qualcosa attraverso le mie foto e d'imparare sempre di più a comunicare.

Marco

Anonimo ha detto...

Si ma se riducessimo tutto a luce o solo alla sua energia...allora non faremmo altro che foto di tramonti ed albe spesso stucchevoli e insignificanti.. La luce è una componente, conditio sine qua non; ma la luce ,bella che sia, non può passare tutta la sua energia ad un brutto soggetto; lo può ingentilire ma chi fa la foto è il soggetto stesso che anche nella condizione peggiore di luce può passarmi qualcosa, comunicare . Sta al fotografo gestire la luce che ha in quel momento per dare valore al soggetto che, a prescindere dalla luce deve essere interessante.

Anonimo ha detto...

A parte la buona educazione di firmarsi, più volte garbatamente sottolineata in passato da molti tra cui Ezio, non hai l'impressione che una lettura del mondo come questa, possa essere un po' troppo rigida? Il rischio è di non capire quello che si sta leggendo e forse nemmeno quello che si sta scrivendo. Se poi cerchi giustificazioni per fotografare i tramonti, allora è un'altra storia.

Anonimo ha detto...

Caro il mio speer sono accorto dopo di non essermi firmato.. Ma viste le tue cattiverie gratuite forse ho fatto anche bene.... Io fotografo i tramonti godo solo così sto prendendo della pastiglie apposta ma non passa....

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
TrecceNere ha detto...

Penso che quelle "realtà oggettive" spesso non bastino. Certo non si puo' prescindere dal dato, di ciò che è lì e in quel momento, ma per me la fotog. non puo' essere semplicemente descrizione...ci deve essere anche una connotazione, e credo che in questo aiuti molto la luce.
La luce è il primo veicolo delle informazioni visive non solo perchè essa ci permette la visione, ma, cosa più importante, perchè ci sono diversi tipi di luce (con connotazioni diverse) e ognuna di loro può modellare un medesimo soggetto in modi completamente differenti, fornendo quindi all'osservatore suggestioni diverse. Anche un semplice fascio di luce esterna che cade nel pavimento di una stanza chiusa (magari col pulviscolo che si alza) porta con sè un suo carico di significato. Non a caso i pittori sceglievano attentamente la luce e non a caso ci sono fotografi più affezionati a un tipo di luce piuttosto che a un altro: é nel mondo esteriore che ci formiamo, e con esso ci esprimiamo.
A volte mi pare che la luce sia un accidente che mette in essere una qualità intrinseca del soggetto (se mi perdonate il filosofeggiare!)...quando ne rivela i colori (magari spargendo una tonalità tutt'attorno), le forme, i riflessi, la consistenza delle cose...opaco, lucido, trasparente...
Forse la luce conserva una sua memoria, d'altronde mi pare che per le leggi quantistiche esista anche il viaggio dei fotoni nel tempo... :)

Anonimo ha detto...

L'accenno ai tramonti ( e provo sin-patia per Speer che evidentemente, come me, non sopporta le foto di tramonti, io in piu' ci metto i campi di girasoli e le gondole di venezia) dicevo questo riferimento che casualmente e' spuntato nella discussione mi fa dire : restiamo tutti sempre colpiti da un tramonto che non sia insipido, sbiadito dalla foschia, quando cioe' l'atmosfera e' piena di luce e di colori inconsueti. proprio perche' l'influsso che i colori (che sono luce) esercitano sulla nostra sfera emotiva puo' cambiare il nostro stato d'animo. Quando lo stato d'animo di VanGogh era quello che era all'inizio, dipingeva tutto marro'brunogiallastro, quando scopri' i colori di Arles la cosa cambio'.
Ma :
una cosa e' emozionarsi di fronte ad un tramonto, altra invece fotografarlo come se quei colori fossero un documento unico e irripetibile, sappiamo che se abbiamo tempo e occasioni ad iosa di tramonti unici ne troviamo quanti ne vogliamo. Credo cioe' che fotografare significa conservare e perpetuare una memoria, e una fotografia non ci restituira' mai "la luce" che avevamo trovato in un tramonto, ci ricordera' tuttalpiu' l'occasione, il luogo, la circostanza in cui eravamo noi presenti in un dato momento. Sara' allora solo una cosa nostra, personale, quel tramonto fotografato non trasmettera' niente agli altri, con quella foto di tramonto possiamo illustrare una guida turistica, ma non dire qualcosa di noi stessi agli altri, e se la fotografia vuole essere espressione e comunicazione allora qualcosa non quadra.
Pongo, a mio modo di vedere, su un altro piano la ripresa fotografica di persone oppure "oggetti" , resi interessanti dalla luce che li colpisce, che li fa vivi, che ce li fa vedere, non solo guardare : negli atteggiamenti, nelle forme, nella tridimensionalita' scaturente dal contrasto di illuminazione, e proprio dalla lotta fra luce ed ombre. Perche' le forme e il volume della cosa fotografata varia a seconda del nostro punto di vista, del nostro essere vicini o lontani, del nostro interesse ( e quindi in base alle modalita' tecniche con cui scattiamo la foto ) che ci fa prendere in considerazione tutto l'insieme isolato dal resto, o compreso nel contesto, nell'ambiente in cui la luce opera, oppure dei dettagli. Allora la cosa o persona fotografata, se si e' capaci di vedere e di trasfondere in immagine, portera' con se', sulla stampa, o sul monitor, quell'aura di luce, direi quell'informazione emotiva, che e' partita da noi e tingendosi sempre diversamente all'infinito quanti infiniti saranno i fruitori si trasmettera' ad altri, sempre grazie alla luce. Dalla nostra testa alla pellicola o al ccd.
Quindi senza luce non si definirebbe il mondo sensibile, saremmo diversi, e diverso il nostro modo di sentire, quindi luce e' sinonimo di modo di sentire, percepire. Non per niente il non vedente usa altro tipo di percezioni nella sua vita intima e di relazione, il tatto, l'odorato, la sensibilita' della pelle ad ogni spostamento d'aria che corrisponda ai movimenti degli altri attorno a lui.
Lo si puo' scoprire privandosi della luce, girando ad occhi bendati per casa, la casa che e' nostra e che conosciamo, e immaginare di fotografare tutto indovinando la posizione degli oggetti o mobili che ricordiamo aver sempre visto alla luce. lo scopriamo calandoci ad occhi aperti sotto un tavolo, in una stanza inondata di luce, e guardando come e' fatto il tavolo di sotto, cosa che normalmente ci farebbe prendere per scemi, invece e' un esercizio che ci rende conto di cosa ci perdiamo, newl senso di cosa escludiamo, quando guardiamo correndo per strada, sul lavoro, pensando e rincorrendo immagini mentali piu' opprimenti di quelle per es. che il traffico ci propina.
Forse quando una certa luce e' imprigionata sulla pellicola o sul ccd e poi riesce a prorompere sulla carta da stampa o sul desktop, significa che quella luce si porta dietro tutto quello che ha illuminato la mente e l'animo del fotografo, e' questa forse l'energia da attribuire alla luce.

:: haku :: ha detto...

«Presentare» scrive l'interlocutore di Sandro Iovine. Non sono certa di comprendere il significato di questo termine, usato qui. Mi verrebbe spontaneo sostituirlo con porgere. Porgere una Visione, non un «accadimento». Porgere è offrire una cosa in sé, Presentare è spiegare una cosa che si mostra. Porgere è un atto silenzioso, molti possono essere i linguaggi del porgere, ma non la parola. Presentare è un atto esplicativo, che si serve per tradizione della parola.
L'uomo che ha il dono della Visione e quello più raro di saperla trattenere nell'apparecchio fotografico, può saper raccontare di quale energia sia parsa impregnarsi la luce toccando e plasmando la scena della Visione. Saper trasmettere la Visione è forse in molta parte questo: saper far credere che la luce sia pregna di un accaduto e che questo la renda differente da quella che si è posata su altro; che la luce si sia intrisa della scena o del soggetto e li porti con sé. Ma la sua velocità e la sua neutralità sono tali che se anche così fosse essa probabilmente non potrebbe conservare traccia di ciò che ha incontrato, essendo immediatamente mutata; una fotografia invece potrà non semplicemente conservare la memoria della luce o della scena, ma semmai potrà porgere la traccia della Visione di chi ha scattato.
Porgere significa anche sospendere tra due un offrire che può essere colto o meno. Quando la Visione è ritrovata e raccolta dal destinatario si può credere che un istante dell'energia della luce del momento originario sia rievocato e fatto virtualmente presente, ma nella cifra che il fotografo ha "sensibilmente" impresso nel depositarsi visibile della sua Visione.

Anonimo ha detto...

Strano questo è un periodo in cui il “potere della luce” si manifesta spesso in quello che leggo, guardo e studio, strano perché l’ho vissuto come una presenza scontata per tanti anni. Forte è la suggestione che mi provoca questo intervento di Iovine perché l’ho letto mentre ancora riflettevo su un libello di Merleau-Ponty che descrive la luce come il luogo in cui la nostra anima incontra il mondo esterno, attraverso la visione, luogo in cui la realtà si svela e quindi può essere raccontata, svelata. Nella visione che la luce sola rende possibile si costituisce il nostro senso del mondo, l’uomo è strappato dal rapporto tautologico con se stesso e viene iniziato al mistero dell’altro da sé: “al regno delle cose dove il dio è il sole”.
Insomma non solo la descrizione della realtà attraverso la pittura o la fotografia, ma la ricerca stessa della verità è attraversata dalla presenza della luce investendo il pensiero occidentale dal platonismo al Rinascimento.

Insomma la luce che proviene dall’esterno, che è concreta e misurabile come solo una realtà fisica può essere, ha la peculiarità di consentire al pensiero di fondersi con la vita in modo più intenso che attraverso le sole parole, perché mette in gioco sensazioni ed espressione. La fotografia ruba alla luce un istante strappandolo alla morte e raccontandolo in eterno.

Anonimo ha detto...

Egregi signori, è da tanto che non frequento questo blog per una forma di silenziosa protesta che sto mettendo in atto verso il Dott. Iovine e la sua combricola di visionari. Ho detto visionari ma non, come molti di voi potrebbero pensare, nella senso mistico-positivista del termina, ma perché presi da visioni come dei tossicodipendenti sotto gli effetti delle sostanze di cui sono schiavi. In questo caso si parla di discorsi, elocubrazioni e filosofia da romanzo Harmony che porta a svalutare la nobile arte di cui mi nutro ormai da anni. Onestamente ho letto e riletto lo scritto del Dott. Iovine senza riuscire a trovare in esso un seppur minimo senso e ancora meno utilità per chi, e la gente che scrive qua dovrebbe rispondere a questi requisiti, ama fare belle foto, belle da vedere e da mostrare in cui la luce è solo uno degli elementi di cui tenere conto per una corretta esposizione e nulla più di questo. Distinti saluti
Ing. Salvati Luca

Anonimo ha detto...

Ma caro Ing. Salvati Luca!
Vuole esprimersi su visionari e... "fumati"?
Non le sarà sfuggita la presentazione alle... "nebbie" nell'ultimo post del direttore?! Non se la perda per nulla al mondo! Distinti saluti a lei IngSL

Anonimo ha detto...

Mi ritrovo a scrivere per la seconda volta in un giorno su questo blog d iinvasati solo per rispondere ad una provocazione: 
" oneshotaday ha detto...
Ma caro Ing. Salvati Luca! 
Vuole esprimersi su visionari e... "fumati"? 
Non le sarà sfuggita la presentazione alle... "nebbie" nell'ultimo post del direttore?! Non se la perda per nulla al mondo! Distinti saluti a lei IngSL


8 febbraio 2008 15.55"



E allora eccomi pronto a rispondere anche a lei che evidente, nella sua tossicodipendenza, è all'utlimo stadio tanto da trovare in senso in quello che il Dott. Iovine ha scritto in questo messaggio. E poi chi sarebbe questo Kikugawa, perché parliamo di judo, santo iddio qua si dovrebbe parlare di fotografia e quello ceh non capite è che ci sono solo persone che si riempiono la bocca di tante parole inutili e concetti di seconda mano solo per nascondere la loro inettitudine dietro un obiettivo. Cosa avete vinto voi che scrivete in questo blog, quali concorsi? Italiani? Locali? Europei? Allora lasciate scrivere chi ha il credito e le credenziali per spiegare come si scatta una buona foto e smettetela di riempire la testa della gente con farneticanti discorsi pseudo filosofici degni più di una setta, di un collettivo o di una loggia massonica, come se solo voi adepti abbiate la risposta...
Secondo me non avete neppure la domanda.

Ing. Salvati Luca

Anonimo ha detto...

Caro Ing. Salvati Luca, e' con vivo piacere e piacevole sorpresa che ho trovato i suoi due interventi aprendo il blog. meno male che costantemente controllo tutti i post anche piu' vecchi, nella speranza di trovare nuovi stimoli e spunti di riflessione. E poi quando c'e' una contestazione, una provocazione, io che sono guerrafondaio tragediatore e "sciarriero" cioe' bisticciatore, mi ci tuffo subito. Perche' quando uno o piu' contestano e' sempre utile andare a vedere i motivi del dissenso, ci potrebbe essere qualcosa di vero e interessante.
Ma : questo e' il punto, caro amico, Lei contesta Iovine ma non ci spiega perche' con la dovuta ricchezza di particolari. Certo, io pretendo di saperlo il perche', dal momento che Lei ha fatto una pubblica affermazione quando, stante il disinteresse per i problemi che invece "noi" ci poniamo, avrebbe forse fatto meglio a starsene buonino per conto suo. Ma tant'e'...
Vede, una conversazione a piu' voci, anche un blog, ci pone in una situazione di incontro-scontro con altre individualita', e non sempre tutti la possono pensare come noi, e allora e' giusto esprimere le proprie convinzioni, senza pretendere di prevaricare o plagiare gli altri: ognuno puo' restare sulle proprie posizioni, che tuttavia sono state rafforzate dal confronto.
Lei a quanto pare sa cosa sia la fotografia artistica, e mi duole pensare che a leggere tale definizione la nostra amica "claudia m." avra' notti piene di incubi, perche' Claudia non ha ancora capito, come non capisco nemmeno io, cosa significhi fotografia artistica.
Forse Lei e' un sostenitore delle foto di paesaggio accademiche, con tramontini colorati, campi di girasoli, e gondole di Venezia? AhiAhiAhi!!!
Allora certo che non si trova in affinita' con gli argomenti che Iovine ci propone, perche' " fumosi" come le nebbie.
Le diro', anche io nel mio piccolissimo, essendo appunto un contestatore per principio e per vocazione, non sono sempre d'accordo con le scelte di Iovine, e mi lamento per es. che lui proponga delle immagini facendo trasparire il livello di gradimento che attribuisce loro : cio' e' seguito spesso da un coro unanime da parte di molti, a plaudire la scelta o a condannare le immagini considerate equivoche ; ma invece spessissimo c'e' sul blog una serie di ragionamenti che rendono piu' interessante il discorso sulla fotografia. Non piacerebbe a nessuno di "noi", credo per quel che ho potuto constatare finora, bisticciare per partito preso come i senatori giorni fa, a sputi e offese personali. Lei interviene ma non si confronta.
Perche' a quanto pare per "noi" fumosi e fumati, la fotografia e' il pretesto per una riflessione di volta in volta diversa sui valori della esistenza umana, cosi' serenamente e pacatamente, senza patemi e tragedie, senza retorica, perche' forse per molti di "noi" la fotografia e' uno stimolo alla crescita esistenziale, culturale e spirituale.
E le diro' di piu' : per fare discorsi sulla fotografia non occorre essere artisti come Lei si professa, certo bisogna conoscerne un po' la storia, avere coscienza dell'intreccio tra automatismi, tecnicismi, e --capacita' di visione-- cioe' a dire quell'"idea" che biascica nel cervello prima di scattare, quelle intenzioni espressive che stimolano le nostre emozioni, quelle stesse che ha qualsiasi produttore di immagini che sia pittore disegnatore ecc.
Si' la visione e' importante, sia dal punto di vista tecnico-compositivo, come professato da Cartier bresson, sia dal punto di vista teorico razionele-emotivo, e avere delle visioni, cioe' la capacita' di vedere nel mondo circostante la espressione di un'idea, non equivale sicuramente alla perdita di controllo della coscienza che lei ci attribuisce paragonandoci a drogati.
Serenamente, pacatamente ( e mi sforzo perche' mi prudono le mani) Le chiedo perche' continua a leggere il blog, se non Le piacciono i contenuti....
ho capito! come noi siamo visionari, Lei e' un masochista, e gode rattristandosi e inviperendosi per le nostre ciance!
Eureka! ecco la soluzione.
Ma serenamente, pacatamente, le consiglio :
Si faccia sentire piu' spesso, ma sopratrutto si faccia vedere....ma da uno bravo eh?
con osservanza.

PS per claudia m
bedda, se vuoi discutere sulla fotografia artistica con me, e spiegarmi cosa pensi che sia, fatti dare da Sandro la mia email, scrivimi e senza invadere il blog e sopratutto senza disturbare l'Ing. facciamo 4 chiacchiere.

Anonimo ha detto...

Certo che farsi offendere da uno che si firma "ingegnere" (evidentemente non possiede altre credenziali con cui presentarsi) non può lasciare indifferenti, tutti noi "tossicodipendenti".
Si, Ing. Salvati Luca, è a lei che mi rivolgo.
Potrei risponderLe per le rime dicendo che nella mia lunga carriera professionale ho potuto statisticamente catalogare gli ingegneri, proprio in base al tipo di affermazioni semplicistiche che lei ha espresso in questa sede... ma non lo farò. Mi limiterò a sottolineare l'importanza che un "tossico" come me dà alla lettura e interpretazione dell'immagine, molto di più di quanto certi beoti pensano di ottenere dalle loro costose e tecnicissime macchine fotografiche.
Ecco che Iovine (non sapevo fosse "dottore" e, a onor del vero, non l'ha mai detto... semprechè faccia differenza) con il suo blog e la sua rivista riesce a dare gli spunti necessari a "elucubrare" proprio su questi aspetti "secondari" della Fotografia.
Ovvio che una visione da paraocchi non porterà mai oltre la "foto bella", "foto brutta", per cui per la sua "protesta" si astenga pure dal leggere gli sfoghi di questi drogati, di cui purtroppo per lei, anch'io ne faccio parte.
Magari su altri blog o newsgroup troverà i giusti interlocutori che sapranno valutare digitalmente (0 o 1 - meglio spiegare i termini, che con gli ingegneri ho sempre avuto difficoltà ad essere capito) le proprie e altrui fotografie.
Con vero piacere molti, moltissimi fotografi in questi anni hanno rivalutato l'importante ruolo della fotografia nella comunicazione. Ovviamente c'è sempre qualcuno che si ferma all'apparenza e non è in grado di leggere sotto la scorza superficiale. E' a questi che il ruolo di Iovine e delle centinaia di altri appassionati dovrebbe giovare di più,
Noi "tossicodipenenti" da ultimo stadio siamo oramai compromessi. Magari anche fotografiamo, ma forse passiamo più tempo a discutere su cosa volevamo dire e su come, piuttosto che valutare i premi vinti.
Ognuno ha le sue droghe.
Ezio Turus

Anonimo ha detto...

Come si usa dire tra utenti di blog "quoto", ma che dico, "straquoto" i post degli onorevoli (non in termini parlamentari ma UMANI) Oratore e Turus. Quanto al Ing. Salvati posso solo dire quanto sia bello vedere che non siamo qua a farci un sacco di paranoie e (passatemi il termine) seghe mentali perché finché ci sarà gente "illuminata" come lei ci sarà sempre bisogno di drogati come noi che cercano di mostrare l'altro lato della medaglia.
Con tutta la mia onorevole stima
BigG

GIOGGI ha detto...

Salvati!! Il mitico SALAVATI!!!Ogni tanto vado a vedere la mail che mandasti ad il Fotografo riguardo Lou Reed...Ho ancora quel numero e ogni volta che sono triste leggo il suo intervento ..da morire dal ridere.GRAZIE DI ESISTERE!

Anonimo ha detto...

Salve. Sono mie le riflessioni e le domande alle quali Sandro Iovine (che ringrazio) ha ritenuto di rispondere in questa sede.
Ha ragione Haku: ho usato il termine �presentare� in maniera impropria ma consapevolmente, perch� mi premeva distinguere la memoria che agisce sul tempo attuale dalla memoria intesa come celebrazione di ci� che � morto. La velocit� della luce, poi mi fa pensare a Cassius Clay che sosteneva di essere veloce come un battito di ciglia o come il cronometro per i centesimi di secondo: per questo i tifosi non riuscivano a vedere il colpo con cui metteva ko l�avversario� Premesso che non sono esperta di fotografia (magari qualche tossicodipendente pu� rispondermi): se il fotografo entra in sintonia con questa velocit� (e con un istante di distrazione del soggetto), pu� cogliere aspetti altrimenti invisibili (o quantomeno non palesi) della realt� e� fotografarli?
Infine, forse perch� la sua natura ondulatoria rende la luce inafferrabile, mi viene in mente una battuta di Shakespeare :
� Chi sei tu che difeso dall�ombra della notte
Entri nel mio chiuso pensiero?�
In questo caso si faceva riferimento al suono o meglio alla voce umana, ma mi sembra che anche la luce abbia questa capacit� di attraversare ci� che � chiuso, impenetrabile, filtrando attraverso sottilissime fessure.
Allora chiedo : se l�atto del ricordare � la pulsione alla base della produzione di immagini fotografiche, dove si colloca l�atto del conoscere?
Carola

Unknown ha detto...

Che tristezza! Peccato, stamani avevo cominciato bene la settimana e poi invece m'è venuto in mente di dare una scorsa ai post passati ed eccoci qui... pazienza, mi ci voleva una scossa, o meglio, quasi quasi una dose!?!?!?

Signor Salvati, sono colpito dalle sue parole... lei deve aver subito un trauma, forse nell'infanzia, poveretto. Comunque se non le va di stare qui a leggere le elucubrazioni e le visioni di altri se ne vada a far danno altrove, chi le ha chiesto qualcosa?

Saluti che "perder tempo a chi più sa più spiace".

Marco

Anonimo ha detto...

interessante la domanda. dimostra come anche chi non e' "esperto di fotografia" e non ha un curriculum di mostre e premiazioni possa interessarsi alla fotografia in quanto mezzo di espressione e conoscenza, svincolato da quei ristretti confini materialistici ed edonistici entro i quali pare che voglia confinarlo ingSalvati
Penso che la fotografia sia uno strumento : storicamente di natura fisico-chimica, nella sua evoluzione poi di natura fisico elettrica o informatica, ma che in ogni caso fornisce informazioni. I fini per cui viene usato possono essere diversi, cosi' come un tagliente e' buono per
tagliare i cibi, per aprire una busta, per confezionare un vestito, o per uccidere e sfregiare.
Distinguo il fine dell'attore principale, il fotografo, che "porta alla luce", cios' disvela, raggela un frammento del reale che coglie nell'universo del visibile. E il fine degli attori secondari, perche' solo successivamente in ordine di tempo entrano in gioco, cioe' i fruitori dell'immagine fotografica, che hanno un vantaggio : essi possono "immaginare" il non visto, il nascosto, il tralasciato, il sottinteso, dandogli luce per contrasto nella propria mente e colorandolo delle proprie emozioni, che non e' detto che siano sempre corrispondenti a quelle del fotografo.
Ma in ogni caso, se questi sono gli attori, l'immagine e' sempre elemento "agente" perche' veicolo per la luce , e stimolo alla conoscenza, anche se in termini di "dubbio" che merita approfondimento.
Per quanto riguarda il fattore tempo, mi viene subito da dire che il progresso tecnologico ha dotato lo strumento fotocamera di una funzione piu' sofisticata, sicche' il fotografo ha potuto progressivamente porsi nei confronti della luce in condizione di pensare in termini di tempo oltre che di spazio : l'oggetto in movimento congelato nell'immagine e' qualcosa di innaturale, perche' i nostri occhi non sanno cogliere il movimento per frammenti, quindi e' la valutazione dell'immagine che le attribuisce significato in quanto stimola la sfera cognitiva.
L'importante e' il codice di lettura: non quello ufficiale secondo il quale siamo destinatari forzatamente di qualsiasi messaggio per immagini, bensi' quello "interno", nostro, che impiega la razionalita' e l'intuizione.

Anonimo ha detto...

il piatto piange.
non capisco, Carola ha posto un interrogativo, noi abbiamo cercato di intavolare un discorso, ma tutto tace. e allora che facciamo, mi sembra di essere in uno scenario kafkiano, anzi alla antonioni : incomunicabilita'. senza xontare che ingSalvati ha buttato la pietra e tace anche lui. mistero
e Iovine? come mai non butta sul tappeto altri spunti? mai ha aspettato cosi' tanto tra un post e l'altro... si sara' perso tra le nebbie, gia' gia'.....

TrecceNere ha detto...

Il messaggio del signor Salvati mi ha lasciato delle perplessità. Oltre alla successione cognome-nome (ultimamente di moda!) e all'esigenza di fregiarsi di un titolo per autorappresentarsi e in genere per dare un valore agli altri (vedi il riferimento ai concorsi vinti...) mi ha colpito
questa sua spasmodica esigenza di "utilità' ch'egli non riesce a trovare in questi discorsi.
Mi ha colpito perchè credo che "l'inutilità" abbia dato un forte contributo all'arte, e che in genere i discorsi, i confronti "da visionari" che esulano dalla banalità di tutti i giorni e da una fotografia fatta solo di "giusta esposizione e composizione" possano giovare a chi puo' nobilitare questo mezzo espressivo o a chi sa goderne i
molteplici aspetti. Quante belle foto ho visto, strisciate, contrastate, mosse, esasperate, o anche delicate, impalpabili, sfuggenti, nebbiose fatte da visionari! Non ho risposto perchè mi è venuta in mente una certa
fase biblica sulle perle e sui porci, e perchè per quanto possa sforzarmi di spiegare... per dirla con Olsson: "quando le mie parole sono incomprensibili - cosa che alle volte, sono sicuro, capita - il motivo non è che esse sono intimamente incoerenti per me, ma che si situano al di fuori dei limiti del vostro mondo".
Accetto i mondi degli altri, anche quelli che non condivido, per questo non vedo la ragione di venire qui a fare crociate.
Per rispondere a Carola, mi hai fatto venire in mente con la citazione di Shakespeare a un'aspetto della luce che non avevo qui considerato..."difeso dall'ombra della notte Entri nel mio chiuso pensiero". Non solo la luce filtra, si piega, si divide in raggi, ovatta le cose, le trasforma, ne crea di nuove (penso al light painting), ma la luce CREA le ombre, quel magico simulacro che intere generazioni di fotografi-peter pan hanno catturato per raccontare oggetti (magari senza inquadrarli direttamente, o deformandoli) o che hanno usato per comporre
grafie surreali, creare suggestioni. Penso alla forchetta di André Kertész per esempio. Per questo Carola non sono d'accordo con te su un punto, quando dici che "l'atto del ricordare è la pulsione alla base della produzione di immagini fotografiche"...sebbene la memoria sia una parte della fotografia fondamentale non credo sia l'unica, con la fotografia (la storia ce lo insegna) si puo' anche creare. Sulla questione dei momenti congelati, sono abbastanza d'accordo con Oratore.

M.

Anonimo ha detto...

Si. Vi leggo e vi seguo con fatica in questo linguaggio così particolare. Grazie: davvero stimolante. Cercherò questa forchetta….
Comunque, per amore di precisione, l’affermazione relativa all’atto del ricordare è di Sandro Iovine. Mia solo la domanda che segue. Carola