lunedì 24 gennaio 2011

La pistola di Berlusconi

Schermata della galleria de L'espresso dedicata alle foto dell'Onorevole Silvio Berlusconi scattate da Alberto Roveri nel 1977. (clicca per ingrandire)
Qualche giorno fa, esattamente lunedì scorso, il 17 gennaio, uno dei contatti  che ho su Facebook, ha pubblicato sulla mia bacheca un link ad una galleria de L'Espresso. Ironia dei numeri, anche questa galleria porta la data di un 17, di settembre del 2010 stavolta.
Il centro d'interesse di questa pubblicazione è reativo al ritrovamento, in fase di digitalizzazione del proprio archivio da parte del fotografo Alberto Roveri, di una fotografia dell'Onorevole Silvio Berlusconi nel suo ufficio di Foro Bonaparte, scattata nel 1977, anno in gli fu conferita la nomina a Cavaliere del Lavoro. Sullo sfondo, posata sulla scrivania si intravede una pistola  che, in base alle riflessioni di alcuni esegeti, dovrebbe essere una 357 Magnum, che in base a quanto scrive L'espresso avrebbe dovuto servire al neo Cavaliere per difendersi da possibili tentativi di rapimento.
Schermata della galleria de L'Espresso con il dettagio della fotograifa di Alberto Roverii (clicca per ingrandire)

Fin troppo facile assoggettare un'immagine del genere, grazie anche all'uso di testi sincretici facilmente abbordabili, al rafforzamento delle posizioni di quanti si oppongono alla politica dell'Onorevole Berlusconi. Chi gli siete avversi troverete nella pistola dietro di lui una prova evidente della sua natura maligna. Se ha (aveva) una pistola sulla scrivania, conferma di essere al di fuori della legge, figuriamoci se non ha fatto anche questo o quello ecc. ecc.
Il corpo del capo
di Marco Belpoliti
(clicca per ingrandire)
Se invece siete favorevoli all'Onorevole Berlusconi provereste immediatamente una forte empatia per la condizione disgraziata che lo vide costretto a tutelare l'incolumità propria e della propria famiglia con metodi da Far West.
A chi fosse interessato ad approfondire le metodologie di utilizzo dell'immagine da parte dell'Onorevole Silvio Berlusconi, consiglio, per gli interessanti spunti di analisi, presentati da Marco Belpoliti in Il corpo del capo (Guanda-Le fenici rosse, 2009).
Devo essere sincero, rivedere le immagini con i cerchiolini e la freccia rossa a prova di imbecille e nello stesso tempo molto  naif, mi ha fatto sorridere per l'ingenuità dell'operazione nel suo complesso. Mi chiedo come si possa pensare di scalfire, sia pur minimamente, la figura del Cavaliere con un'operazione giornalistica da doposcuola dell'oratorio, a fronte di capolavori comunicativi come lo straordinario show-intervista a Karima El Mahroug, durante il quale Alfonso Signorini ha accelerato le procedure di beatificazione della futura Santa Ruby vergine e martire.
Smith fu testimone diretto degli avvenimenti dentro e fuori il castello di Duvalier, Papa Doc. Giunse alla considerazione che il presidente governasse i suoi compatrioti come fossero suoi pazienti. A proposito del quartier generale di Duvalier, Smith annotò che tra le cose a portata di mano oltre a una Bibbia c'era «accanto alla fondina, una pistola lucida e sistemata in modo da poter essere afferrata nel più breve tempo possibile»*
© William Eugene Smith, 1958.
Avremmo dovuto scandalizzarci perché il Capo di Governo tiene, o meglio teneva, una pistola sulla scrivania? E perché avremmo dovuto? Se conoscessimo un pochino di storia dell'immagine sapremo bene che si tratta di un'icona consolidata. Fotografie di analogo stampo fan parte della storia di dittatori caraibici, gentaccia tipo François Duvalier, meglio noto come Papa Doc, e di fotografi come William Eugene  Smith. Foto che hanno voluto denunciare la natura di chi era capace di affiancare la Bibbia al una pistola pronta per essere impugnata. Foto potenti, che però non hanno cambiato una virgola  il corso della storia. Hanno solo lasciato traccia per i posteri. Traccia rigorosamente ignorata.

Se proprio dovessimo riflettere sull'argomento, forse è sull'inquietante analogia iconografica  che sottende e accomuna formalmente le immagini di W. Eugene Smith e  Alberto Roveri, che dovremmo porci delle domande.

* Didascalia e immagine tratte da Usate la verità come pregiudizio, William Eugene Smith a cura di Ben Maddow, Jaka Books, 1981.

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8 commenti:

Anonimo ha detto...

...una pistola su una scrivania può anche nn esser quello che sembra. Esistono fermacarte o accendi sigari dalle fogge più disparate.

Michele Smargiassi ha detto...

La domanda preliminare che un osservatore critico delle immagini dovrebbe necessariamente farsi in questo caso è la seguente: Roveri aveva notato la pistola prima di scattare? Se sì, come si è comportato sapendo che sarebbe diventata un aprticolare fragoroso dell'immagine? Si sarà chiesto perché c'era quella pistola sul tavolo e perché Berlusconi gliel'aveva messa o lasciata ben sapendo che sarebbe stato ritratto da un fotogiornalista, che dunque quel dettaglio sarebbe diventato pubblico? Sì è chiesto insomma chi stava davvero impostando i contenuti di quella immagine, se lui o il suo soggetto? Chi è insomma che gestiva quel messaggio, e perché?
Se se l'è chiesto e ha deciso di produrre comunque quella immagine, i casi sono due:
- ha accettato che Berlusconi comunicasse quella sua immagine di manager armato, perché è un fotogiornalista che non altera la scena (fotografo della denotazione: "ecco Berlusconi; c'è anche una pistola sul tavolo");
- ha accettato che Berlusconi proponesse quella immagine di manager armato pensando di realizzare unì'immagine che avrebbe svelato e "smontato" quel messaggio (modalità di fotografo della connotazione: "Ecco Berlusconi, è uno che tiene la pistola sul tavolo e ci tiene a farvelo sapere, pensateci bene).
Io propendo (ma non ho elementi di prova) per la seconda, che insomma abbia accettato il conflitto fra la sua lettura del personaggio e la messinscena che il personaggio voleva imporgli. A questo punto tocca a noi osservatori giudicare chi alla fine nha prevalso, in quel difficile conflitto.
Se invece non se lo è chiesto, o addirittura se non se ne è accorto, quella domanda dobbiamo farcela noi: chi ci sta davvero parlando attraverso questa immagine? Chi sta cercando di influenzare il nostro giudizio attraverso la presentazione di dettagli non casuali ma che sembrano tali?
Questa è la domanda che si deve nebessariamente fare chi voglia leggere l'immagine oltre la superficie, più e prima che la questione dei cerchietti rossi, credo io.
Michele Smargiassi
(Il Fotocrate)

francesco peluso ha detto...

C'è un bel fil rouge che collega tutti i recenti post...

Conoscendo un poco oramai Berlusconi non credo che tutto il set dietro alle sue spalle non fosse stato minuziosamente studiato ed allestito.

Non so se veramente sapesse usarla (per il suo scopo naturale) ma credo che sicuramente fosse cosciente in quel momento sull'impatto mediatico di quell'oggetto nell'immagine.

Nel prodotto della sua comunicazione.

Interessante (per me) notare che forse l'immagine nella sua eventuale falsità (set preparato, pistola chissà di chi) diceva tutta la verità.

Con il senno di poi rappresentava il ritratto di una persona disposta ad utilizzare ogni metodo (vero o falso) pur di raggiungere il suo scopo, il suo target (all'epoca il mondo economico adesso quello politico) per restare in termini di marketing.

Ancora una questione di lettura e/o di possedere gli strumenti necessari alla lettura.

Sarebbe anche interessante considerare l'effetto sull'opinione pubblica dell'attuale massive-attack mediatico... non è che da imputato si trasformi in vittima ?

Un altro uso/effetto delle immagini
in epoca digitale....

ma questa è un'altra storia.

maurizio.gagliardini ha detto...

Ma vi sembra normale che una persona che si fa fotografare in una foto del genere...governa "L'ITALIA"...
Guardando la foto quello che spaventa veramente è il linguaggio del corpo di Silvio Berlusconi.

Anonimo ha detto...

Cercando di mantenere un approccio critico e depurato dalle scorie delle polemiche politiche contemporanee, bisogna considerare che stiamo parlando di una foto scattata nel 1977 e dunque tutti gli elementi di cui è composta devono necessariamente essere ricondotti a quel contesto storico.
Silvio Berlusconi ha sempre dimostrato di curare in maniera maniacale ogni minimo dettaglio della propria immagine, così come ha sempre dimostrato di conoscere bene i meccanismi che regolano la produzione e la diffusione delle immagini, credo che lo abbia sempre fatto, anzi sono convinto che avesse questo grado di coscienza-conoscenza già nel 77, quindi non penso ci siano motivi di dubitare che quel dettaglio non fosse affatto casuale; lo stesso si può dire di un fotografo professionista che come tale non può lasciare al caso un particolare del genere.
Dunque quella rimane una foto fortemente connotata, a chi si rivolgeva la pistola? All’anonima sequestri? Alle brigate rosse? Potrebbe essere interessante scoprirlo a patto di non utilizzare quella foto per cercare di rafforzare le proprie tesi politiche alla luce di quello che succede oggi.
Questo modo di accostare allusivamente immagini a didascalie, a testi e a titoli, con l’aggravante del segno grafico indicativo, purtroppo è una pratica diffusa, e in questo Berlusconi è tanto vittima quanto carnefice, nei giornali di sua proprietà avviene quotidianamente (D’alema in barca o in cachemere, vecchi dirigenti dell’opposizione ripescati in foto del 68 etc.)e anche in maniera più sistematica ed efficace di quella dei suoi oppositori editoriali.
Una pratica diffusa di strumentalizzazione dell’immagine che non aggiunge molto al già risaputo e che non credo abbia altre finalità se non quella di fidelizzare un pubblico già molto fidelizzato, ognuno parla al suo lettore tipo cercando soprattutto di confermarlo nei propri convincimenti, senza la minima intenzione di alzare il livello dialettico, e fotografico.

Lorenzo D ha detto...

Cercando di mantenere un approccio critico e depurato dalle scorie delle polemiche politiche contemporanee, bisogna considerare che stiamo parlando di una foto scattata nel 1977 e dunque tutti gli elementi di cui è composta devono necessariamente essere ricondotti a quel contesto storico.
Silvio Berlusconi ha sempre dimostrato di curare in maniera maniacale ogni minimo dettaglio della propria immagine, così come ha sempre dimostrato di conoscere bene i meccanismi che regolano la produzione e la diffusione delle immagini, credo che lo abbia sempre fatto, anzi sono convinto che avesse questo grado di coscienza-conoscenza già nel 77, quindi non penso ci siano motivi di dubitare che quel dettaglio non fosse affatto casuale; lo stesso si può dire di un fotografo professionista che come tale non può lasciare al caso un particolare del genere.
Dunque quella rimane una foto fortemente connotata, a chi si rivolgeva la pistola? All’anonima sequestri? Alle brigate rosse? Potrebbe essere interessante scoprirlo a patto di non utilizzare quella foto per cercare di rafforzare le proprie tesi politiche alla luce di quello che succede oggi.
Questo modo di accostare allusivamente immagini a didascalie, a testi e a titoli, con l’aggravante del segno grafico indicativo, purtroppo è una pratica diffusa, e in questo Berlusconi è tanto vittima quanto carnefice, nei giornali di sua proprietà avviene quotidianamente (D’alema in barca o in cachemere, vecchi dirigenti dell’opposizione ripescati in foto del 68 etc.)e anche in maniera più sistematica ed efficace di quella dei suoi oppositori editoriali.
Una pratica diffusa di strumentalizzazione dell’immagine che non aggiunge molto al già risaputo e che non credo abbia altre finalità se non quella di fidelizzare un pubblico già molto fidelizzato, ognuno parla al suo lettore tipo cercando soprattutto di confermarlo nei propri convincimenti, senza la minima intenzione di alzare il livello dialettico, e fotografico.

Lorenzo.

Anonimo ha detto...

quante storie per una pistola sulla scrivania..

Anonimo ha detto...

eugeniosinatrapalermo
Smargiassi ha detto tutto. Volendo esprimersi in termini piu' chiari nei confronti di qualsiasi livello culturale, anche di chi non conosca nemmeno i termini : denotazione-connotazione, la sostanza e' questa : le fotografie continuano a funzionare come elemento di prova nella mente e nel costume degli individui meno preparati (perche' non educati) a recepirle. Quanti mai di fronte a questa fotografia di B. con pistola si saranno chiesti se per caso si tratti di un fotomontaggio, e sopratutto come mai , guarda caso, tale foto sia stata spolverata dagli archivi proprio ora, per aggiungere carichi da undici alla precaria situazione del premier; e su questo presunto valore probatorio dell'immagine fotografica si costruiscono o si smantellano consensi ( si' perche' quelli che credono ciecamente a qualsiasi immagine gli si proponga, hanno diritto di voto ).
Posso dar adito al dubbio che io sia dalla parte di B. ? Non scherziamo : ma un governo si rovescia con mezzi costituzionali e con discorsi politici maturi, non pubblicando ogni giorno elementi di gossip come si fa dal barbiere.
Sono sicuro che dopo questo caso , B. con pistola, che suona come Dama con mazzo di rose, o Signora con ombrello, chiunque abbia a disposizione un archivio stia gia' all'impazzata cercando vecchie foto, per scovare a posteriori qualche indizio della malvagita' ab illo tempore del B. Nello specifico, non parlerei nemmeno di uso improprio delle fotografie, ma solo di esaurita capacita' generazionale a fare giornalismo ; di una vocazione da parte del giornalista a fare il poliziotto, il giudice, proponendo fotografie di pistole invece di prove.
Molti si stanno riducendo come quello che fotografava fotografie...come si chiamava...ah si', Antonino Paraggi.
eugeniosinatrapalermo