lunedì 29 gennaio 2007

Che belle le mostre… ma sarà vero?

La settimana scorsa sono finalmente riuscito a vedere un paio di mostre di fotografia di quelle che comunque non si possono perdere se si fa il mio lavoro: quella dedicata ad Henri Cartier Bresson presso lo spazio Forma di Milano e quella sul fotogiornalismo italiano presso il Museo di Storia Contemporanea sempre a Milano. Beh la prima considerazione è stata quella relativa al consistente afflusso di pubblico in entrambi i casi personalmente constatata. Bene, fine delle note liete. Ammesso che vista la situazione si possano considerare liete. Per quanto riguarda la mostra di Cartier Bresson, a parte la facile speculazione su un autore che per ovvi motivi conosciamo più o meno tutti a memoria (quando ci sarebbero tanti fotografi poco conosciuti in Italia e di valore non certo inferiore), ho avuto la sensazione che la mostra, con la sua sezione dedicata alle stampe vintage, volesse tirare la volata a un inesistente mercato del collezionismo che nel nostro paese non vuole saperne di decollare. Per il resto un discutibile criterio espositivo e parecchie stampe già viste nella sezione vintage (ma questo potrebbe essere interessante) e la chicca di quattro disegni di HCB appesi lungo la scala che portava ad un’altra mostra collettiva!!! La mostra sul fotogiornalismo invece l’ho vista nel suo ultimo giorno. Cosa che però non giustifica minimamente particolari tipo le scritte con le lettere semistaccate dalle pareti o del tutto assenti in mezzo a qualche parola. Né spiega didascalie con datazione 1975 nella sezione dedicata ai reporter degli anni Cinquanta. Tanto meno si comprende l’assenza di nomi come Riccardo Venturi, Paolo Pellegrin, Alex Majoli per non parlare di un Francesco Zizola presente solo con la copertina del suo ultimo libro. E taciamo delle riproduzioni illeggibili di quotidiani piene di macchie giallo-aranciate modello fotocopia laser fatta all’ultimo momento e ovviamente molto male. E ancora le introduzioni che non esiterei a definire faziose, affermazione che non posso non fare nonostante ne condivida buona parte dei contenuti. Dulcis in fundo uscendo dalla mostra ho avuto la conferma telefonica da uno degli autori esposti circa l’erratezza di alcune didascalie. Ecco perché mi sono chiesto quanto fosse positivo tutto quell'afflusso di pubblico. Di fronte a tanto spettacolo di sciattume intellettuale, rimane solo una profonda mancanza di professionalità supplita forse con i giusti contatti politici. Ma tutto questo non fa bene alla fotografia e diseduca un pubblico che di tutto ha bisogno meno che di questo.
n.178 - febbraio 2007

43 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Sandro, hai ragione riferendo la scarsa qualità dell'allestimento. Secondo me dovuta ad una forte richiesta da un crescente pubblico di appassionati di fotografia a cui non corrisponde una serietà di chi organizza e allestisce queste mostre. A volte, come per l'arte in generale, ho la netta impressione che siano organizzate ed approntate mostre al solo scopo di far "cassetta". Credo che il sistemamigliore sia comunque quello di frequetare queste mostre e far sentire la propria voce. Se chi organizza ha un pò di amor proprio non potrà rimanere indifferente.
Ciao e complimenti per l'iniziativa.
Valter

Andrea Pimpinelli ha detto...

Come non essere in accordo!

Ma io che sono abituato a non vedere neanche il bicchiere, ho deciso di cominciare ad immaginarmelo mezzo pieno. Quì a Bologna, e non solo, stò notando un fiorire di mostre più o meno grandi, deidicate alla fotografia. OK, con tutti i loro limiti, ma pur sempre manifestazioni di una realtà crescente. E chissà che tutta questa convulsione fotografica tramite cellulari e compatte digitali non porti finalmente gli italiani a considerare la fotografia un mezzo espressivo e non solo rappresentativo?
Certo non che basti questa novità tecnologica indotta da Nikon Nokia Nec (mi ricorda tanto il Ku Kux Klan), ma può essere pur sempre un seme; poi, e soprattutto, sperando in qualche altra scuola e corso universitario....
Quindi OK analisi e critica, è fondamentale, ma è ancora più essenziale l'azione e la concretezza, come Sandro ci stà dimostrando con questa importante iniziativa.
Grazie della tua energia e del tuo tempo.
Andrea Pimpinelli

Anonimo ha detto...

Aspetta, non vorrei dire cavolate, ma se non sbaglio la mostra su HCB è la versione itinerante di quella allestita in suo onore a Parigi. Intendo: la sezione "vintage" non è stata aggiunta appositamente per Milano, ma faceva parte già dell'allestimento originale. Devo ammettere però di non averne la certezza. Al piano superiore dello Spazio Forma, poi, perlomeno nella giornata di ieri, erano esposti altri disegni e dipinti suoi (bellissimi quelli realizzati all'interno del Museo di Storia Naturale di Parigi).
In ogni caso, ho visitato la mostra ieri nel primissimo pomeriggio e ho avuto la fortuna di riuscire ad osservare in pace tutte le stampe. Attorno alle quattro del pomeriggio, quando sono uscito, c'era la coda fino in strada per fare il biglietto...
S.

Anonimo ha detto...

Sul pericolo di una "brutta Mostra"

Sandro,
finalmente una presa di posizione forte e coraggiosa di fronte allo "sciattume intellettuale" cui troppo spesso siamo sottoposti. E grazie perchè le affermazioni non vengono da un "semplice" fruitore, ma da qualcuno che al sistema appartiene, da qualcuno che come Lei per scrivere ha opportunità, capacità e talento. Credo che il suo intervento abbia centrato il problema che affligge il "fare cultura" nel nostro paese, dove si tende a confondere la quantità di mostre, manifestazioni, eventi con la qualità dei contenuti che offrono. O ancora, quando non ci si interroga sul "perchè" si allestisca una mostra: mostrare l'opera dell'ingegno di un autore che abbia qualcosa da dire in modo universale, ossia EDUCARE. Ogni volta che ci si dimentica il "perchè" si rischia di sbagliare il "come" realizzare l'allestimento, si rischia di non avere cura del lavoro dell'autore e ancora una volta ad una scarsa professionalità è affidata la formazione della coscienza civile di chi cerca in quell'autore un nuovo sguardo sul mondo e si ritrova a contemplare lo sforzo approssimativo di un'organizzazione che ha perseguito un suo "particulare". Chi si occupa di allestire una mostra dovrebbe sentirsi responsabile di perseguire il "bello" come categoria etica, senza dimenticare mai che proprio quella "messa in scena" può essere l'occasione per spiegare ad alcune anime fragili cresciute a Big Brother e simili che esiste l'essere e non solo l'apparire.

Anonimo ha detto...

Signori miei, in questa Italia che ormai pensa alla propria arte solo in termini di patrimonio vendibile e solo in quanto a ciò che abbiamo ereditato da generazioni molto lontane da noi, non si può non pensare all'aspetto economico della questione "esposizione". Certo sarebbe bello avere enti pubblici che, presi da "insano" spirito mecenatesco, decidano di finanziare operazioni al puro fine culturale ma anche questo ormai è molto difficile da vedere, interviene sempre uno sponsor che vuole il suo nome in bella vista, che vuole mettere il becco sui materiali, che vuole, alla fin della fiera, un ritorno e quindi non se ne esce. Ma sopprattutto che vuole il tale curatore di grido che spesso fa solo gridare allo scandalo, gente che non rischia, da nessun punto di vista: che non vuole fare nulla che vada al di là del minimo indispensabile e che comunque non rischia stroncature in questa italia di Baroni... BASTA!!! Ci hanno rotto, vorremmo vedere qualcosa di nuovo e fatto col cuore e col cervello invece che per la panza e il portafoglio... vorremmo sentire il brivido del rischio entrando ad una mostra, il rischio di restarne "scottati", disturbati, segnati per sempre, cambiati e magari sconvolti... non per la sua banalità e approssimazione.

Anonimo ha detto...

Bigg,
scusa, per capire (e senza polemica): la mostra di Serrano al PAC (lo scorso autunno) in quale categoria rientra?

:: haku :: ha detto...

rispondendo a Simone... e anzitutto ringraziandolo dello spunto che colgo, approfittando di questo spazio, per dire che penso di quella mostra, di cui non so definire la categoria, ma che di spunti credo ne desse davvero non pochi. e sarebbe bello parlarne qui, se Iovine è d'accordo...
Ricordo che le cornici scricchiolavano, era inquietante sotto quegli enormi volti che ti circondavano nelle sale... e ricordo che il fuoco nei grandi ritratti non era mai sul volto, ma su un particolare della... divisa, quasi a suggerire una sorta di catalogazione che non ci rendiamo conto di fare ogni volta che incontriamo una persona. Come a dire che cominciamo a voler conoscere dal suo abito chi sia, anziché dal suo volto... ma è stata un'impressione molto soggettiva, immagino. Mi piacerebbe però sapere se possa essere condivisa. Per me era come sentirsi giudicati dai fantocci dei propri pregiudizi... Molto interessante. Specie in una città come Milano.
Un testimone sfrontato, mi è parso, Serrano, che ha fatto delle persone vive dei manichini che identificano i nostri stereotipi di giudizio e ha fatto dei cadaveri (e della loro nudità) dei veri ritratti, in una sorta di paradossale ribaltamento e di sfacciata compassione che mostra come la forma possa trasformarsi in un modo non vuoto di rappresentare il terribile come osservabile, quasi a trovare la cifra per accettarlo e rispettarlo anziché voltarci e far finta di non vedere.
Ma forse è troppo ingenua questa mia visione... anche perché in effetti si dichiarava che la serie The Morgue non è stata ideata per essere esposta... allora perché la si espone, ci si chiede? Onestamente però avevo trovato ben più ambigue e pericolose ideologicamente le proiezioni della mostra precedente... qui Serrano avrà pure avuto dei ritorni con l'ennesimo scandalo calcolato ad hoc, ma almeno ci ha posti davanti a questioni umane e universali più che a presuntuose operazioni mal collocate tra pseudoarte e manipolazione mediatica.

Anonimo ha detto...

Buongiorno Sandro...
Non sono stato alle mostre di cui parli, nel caso di quella su HCB per il semplice fatto che, come sottolinei, molti sono scatti che si conoscono ormai a memoria...
Mi viene in mente un parallelismo con il mondo della musica, in cui ancora si trova "vincente" un pezzo degli anni '70, e intanto le nuove leve non emergono, pur essendo al livello dei predecessori...
tutto qui...


Manuel

Anonimo ha detto...

Manuel,
vorrei davvero capire, e spero si noti il tono polemico al limite del sarcastico, quali sarebbero questi illuminati autori emergenti che non trovano spazio a causa di vecchi e inutili musicisti anni '70. Se la tua invettiva si inidirizza nel campo della musica italiana posso anche, in piccola parte, essere d'accordo con te, se parliamo del panorama musicale globale forse sarà il caso che riascolti un po' della, da te tanto odiata, vecchia musica per capire dove sta la merda e dove la cioccolata.

Anonimo ha detto...

Bigg,

non vorrei, e confesso di non avere gli strumenti per farlo, introdurmi in questa polemica con Manuel, ma probabilmente lui, come Sandro prima, aveva intenzione solo di sottolineare un diffuso malcostume che tende a promuovere e difendere con insistenza tutto ciò che è già noto, che ha risonanza universale e sulla cui presa sul pubblico non esistono dubbi... insomma è un modo per non rischiare, come sottolineavi tu stesso in un precedente post. Forse anche per la musica, come per la fotografia, gli homines novi sono nascosti da qualche parte e hanno qualcosa da dire, ma nessuno ha il coraggio di investire su di loro e si continua a dare spazio non solo al passato, ma anche a "cantanti" cloni in grado solo di promuovere i soliti stanchi cliche. E se in giro c'è il nuovo HCB probabilmente oggi lavora in un call center...

Anonimo ha detto...

Claudia M.,
concordo pienamente con te che probabilmente HCB oggi cuocerebbe patatine in un Mac Donald a Chanteloup e tutti i Led Zeppelin farebbero cover degli Oasis in qualche pub della periferia di Londra. Quello che vorrei che fosse chiaro è che non è necessario affossare ciò che è stato per innalzare ciò che c'è, sempre che ci sia, ma il sistema porta a queste due posizioni antitetiche. Ho stai con la vecchia guardia e fai cose "sicure e tranquille, nonché già viste, oppure rinneghi tutto ciò che è stato e ti butti sul nuovo a tutti i costi con una forma di "avanguardia" , usando un termine di altri tempi, a cui poi manca la sostanza e la cultura.

Anonimo ha detto...

Bigg,
Sto per dire qualcosa che su un blog non è stato mai detto... sono assolutamente d'accordo con te. Eppure coltivo ancora qualche speranza, perchè questo sistema teso solo al profitto e a pochi interessi particolari non è ancora riuscito ad ingannare tutti e il fatto di essere qui a parlarne lo dimostra. L'articolo all'origine di questo blog e i commenti, tutti, dimostrano che non basta ergersi a dispensatori di verità per essere universalmente riconosciuti come sapienti perchè almeno qui l’illusione viene svelata, la parvenza e l'intellettualismo fini a se stessi
stracciati come il "velo di Maya" e soprattutto che una mostra non ha valore in quanto tale, ma che alla fine qualcosa la deve raccontare e deve anche farlo bene.

Ezio Turus ha detto...

So di dire un'eresia, ma a me HCB non è mai piaciuto.
Dirò di peggio: l'unica volta che volevo andare a vedere una sua mostra allestita a Trieste, all'ingresso della sala espositiva, un operaio imbecille ha appoggiato chissà come una porta d'acciaio fuori dai suoi cardini e le è caduta addosso alla figlia della mia compagna, all'epoca di 7 anni, con conseguenze che si porterà addosso per tutta la vita.
Potete a questo punto immaginare il mio punto di vista su questo "esageratamente blasonato" autore.
ezio

:: haku :: ha detto...

semplicemente... credo che la fotografia sia arrivata in Italia come una specie di folata di vento fresco a cui molti hanno dato la poppa per riprendersi da un'apatia che dilagava.
la fotografia sembra facile, sembra comprensibile a tutti, se ne guarda una e si passa alla prossima, non serve capire, dunque non serve conoscere la storia, o il linguaggio simbolico... così si crede.
la fotografia è ideale per attrarre la gente alle mostre facendole credere di capire cosa vede e di essersi acculturata con quel breve impegno. le mostre di fotografia hanno persino meno diadascalie delle altre...
Ma
nessuno pare essersi accorto che la fotografia È un linguaggio. e che noi siamo analfabeti. o meglio, siamo analfabeti di ritorno di fronte ad una fotografia.
frequentare mostre nella consapevolezza di questo linguaggio credo che ci farebbe uscire con un'attenzione differente al mondo intorno.

Sandro? sai che ho il sospetto tu sia l'unico in italia a conoscere davvero questo linguaggio?! Parlaci ancora...

:: haku :: ha detto...

non arriverei magari all'invocazione, kimi,
ma in effetti, devo ammettere -ma può essere mia ignoranza ovviamente- di non aver sentito finora altre voci e di aver trovato sull'argomento solo rari libri stranieri tradotti.
anzi se qualcuno avesse segnalazioni da fare...

Anonimo ha detto...

Io a casa ho un libro che si intitola "Lettura fotografica". L'autore è italiano, non ricordo il nome, devo controllare.

Anonimo ha detto...

baciolemaniatutti, ma che bella cosa questo blog sulla fotografia che ho scoperto sulla rete. argomento ricco micificco.
Mostre di fotografia e cultura fotografica : una bella sfida, ve lo garantisce un terrone che assiste continuamente alla mortificazione della fotografia perpetrata qui in terronia nel corso di mostre fotografiche, ( sì, sono numerose e dimoda anche qui ormai). Mi consolo constatando che in polentonia non e' diverso, me lo confermate con i vostri giudizi.
Ho visto la mostra di HCB a Milano, ho passato il Natale in quella citta' per sfuggire alle grandi mangiate familiari e alla routine: 4 gg, fino al 26 dicembre, a girare per mostre d'arte e fotografia.
Ho visto Lempicka, Miro' e Chagall, Boccioni, la pinacoteca di Brera ahime' priva dei Mantegna spediti altrove, il Cenacolo vinciano, ho visto HCB, Tina Modotti, un bel po' di vintage tra cui alcuni ManRay, e concordo sul pressapochismo di certi organizzatori che evidentemente contano piu' sui contributi che sul significato dell'educazione all'immagine. Proprio come succede in Sicilia, tranne che per poche eccezioni ( in particolare mi riferisco ad alcune mostre del recente passato curate dal prof. Paolo Morello).
Certo, anche se conosciamo a memoria parecchie immagini, vedere dal vivo i vintages dei grandi e' un'emozione imperdibile. Spiace però, per esempio, che un biglietto d'ingresso sia cosi' esoso rispetto la precarietà dell'allestimento.
Ho visto anche la mostra dedicata a un contemporaneo, giovanissimo, David (+ un altro nome proprio che non ricordo) CRAMER, tedesco, ricordo ancora il titolo della sua mostra: trilogy, alla galleria Carla Sozzani. Una meraviglia di immagini e in fin dei conti anche di allestimento.
Anche qui a Palermo pochi mesi fa una misconosciuta galleria d'arte, neonata, ha esposte le foto in grandissimo formato di una giovane fotografa ed artista cinese. Mostra pochissimo pubblicizzata, di fatto destinata ad una nicchia di curiosi amatori.Peccato, perche' la tematica affrontata meritava approfondimenti culturali suscettibili di costituire un avvio di attività educativa e culturale fuori dai paludati e freddi schemi istituzionali .
Ma ora vi pongo un quesito a cui non so trovare la soluzione: le foto di un autore ancora poco conosciuto, che ancora non ha sfondato come si suol dire, non appena approdate in una galleria, vengono subito quotate dai mille euro a salire: un eventuale acquirente, se vuole portarsi a casa una foto facilmente riproducibile in milioni di esemplari, deve sborsare una cifra considerevole.
La foto e' buona per se stessa, anche se la possediamo in migliaia, o solo se abbiamo speso molto per appropiarcene? specialmente se quella immagine e' stata pompata dal critico di turno, che in combutta col gallerista vuol fare carriera di scopritore di talenti? Scervellatevi se vi va ed elucubrateci sopra se vi piace.
Io mi compiaccio ricordando le parole del vecchio Ando Gilardi, secondo il cui parere chi fa veramente una foto non e' l'autore, ma il gallerista ed il critico. Oltre, aggiungo io, alla dabbenaggine del pubblico.
l'oratore

Anonimo ha detto...

si si ci piace la fotografia e la curiamo si si,
poi siamo anche permalosi e pure super acculturati.

mi spiace sandro,
ma non resisto.

Anonimo ha detto...

aggiungo un pensiero per lo sconosciuto ma subito apprezzato interlocutore BIGG :caro bigg, mi e' molto piaciuta la tua affermazione con la quale ti dichiari rotto, e gridi BASTA! Mi piace l'idea di proporre qualcosa di frone alla quale si rimanga scottati e disturbati: nel caso della fotografia, e' proprio questo, io penso, che dovrebbe trasmettere, per farci pensare, dopo a casa, di giorno e di notte. diverso e' bello, ma pericoloso.
Potremmo consolarci pensando che su buone riviste di fotografia, e poi sul web, abbiamo modo di perderci nelle immagini che piu' ci stimolano, ma vedere certe immagini dal vivo, in compagnia di chi la pensa come noi, o perlomeno e' disposto a discutere costruttivamente, sarebbe sicuramente un'altra cosa.
ciao bigg.

Anonimo ha detto...

rileggendo bene tutti i commenti, mi cadono gli occhi su quello di tale eturus, precedentemente accantonato nel subconscio per evitare di uscire di brutto come mi e' solito di fronte alle cose inutili : ma che c'entra con la fotografia, e con il dibattito che l'amministratore tenta di portare avanti, il caso personale di eturus, di cui ci dispiace venire a conoscenza, ma che, ripeto, con hcb non c'entra una beneamata mazza? e' cosi' che eturus ragiona sulla fotografia? a noi che ci importa? le dica al bar le sue cose personali, qui perche'?
senza astio, ovvio, ma perche' tutti i blog devono sempre scadere nel ridicolo?
e dire che su hcb ci sarebbe tanto da discutere, indipendentemente dall'efficienza di organizzatori di mostre.
de gustibus.....

:: haku :: ha detto...

... saper rischiare...
saper prima selezionare.
prima ancora saper vedere.
il sospetto è che siamo in mano a dilettanti e mi permetto di trascrivere qui una frase di V. Flusser che almeno in parte piacerà ad Andrea Pimpinelli, credo, e forse non solo a lui, specie se a questo punto la riferiamo all'appena citata allargata categoria di dilettanti:
«Il dilettante è perciò incapace di decifrare foto: egli considera le foto, un mondo riprodotto automaticamente», per questo in fondo, inconfessabilmente, crede che siano ugualmente valide le sue foto e le foto di HCB...
la differenza sta solo nel nome in calce... questo pensa il dilettante.

la contraddizione che rileviamo quindi non è un'idolatria delle immagini famose, ma l'ennesimo esempio di celebrazione dei nomi.
celebrare i nomi ci permette di non pensare, di non dover scegliere, di non dover capire e discernere.
lo permette a chi allestisce le mostre e a noi che le vediamo.
... che siamo spudoratamente programmati dai media per celebrare nomi.

ma allora infine cosa manca?
manca chi sappia distinguere qui ed ora
tra le foto di sconosciuti.

Anonimo ha detto...

condivido, saggia considerazione.
certo, celebrazione che tante volte fa rima con mercato, plagio, lavaggio del cervello, e penso anche alla vecchia abitudine di tanti che improvvisano corsi di fotografia presentando come imprescindibili certi criteri di composizione dell'immagine ( vie di fuga obbligatoriamente da sinistra a dx come il verso della lettura, condanna perentoria del mosso anche se creativo ecc.).
ma se hcb , e tanti altri altrettanto celebrati, continuano ad essere sulla cresta dell'onda, un motivo deve pur esserci.
e a questo punto, giusto imparare a selezionare le proprie e le altrui foto, ma senza bagaglio culturale, senza conoscere quello che e' gia' stato fatto, senza immagazzinare le esperienze passate, si cade nell'errore di AUTOcelebrarsi, non accettando giudizi che siano diversi dai propri.

Anonimo ha detto...

Caro Oratore,
ci troviamo a scambiarci complimenti tanto da sembrare vecchi amici ma non posso che appoggiare il tuo ultimo posto. Cultura, cultura e ancora cultura, detto da uno che, fotograficamente parlando (ma forse non solo), di cultura ne ha poca. Allora è giusto appoggiarsi alle conoscenze di altri, ma come trovare voci fuori dal coro dei pastori che guidano i beati pecoroni del gregge??? Vai a vedere mostre che ti lasciano il vuoto, leggi articoli che insultano la tua coscenza e il tuo intelletto, parli con persone che si riempiono la bocca di paroloni senza sostanza... È un vero inferno qua fuori per chi sta alla porta del mondo delle immagini e bussa per entrare, non si trova il campanello e sull'uscio c'è una serie di buttafuori molto agguerriti... A questo punto mi sento di ringraziare chi ha aperto e chi sta animando questo blog che permette anche a un ignorante come me di leggere e scrivere senza sentirsi intruso e chissà... magari di iniziare a capire qualcosa...
Grazie a tutti
BigG

Anonimo ha detto...

Tra tutti questi commenti è difficile introdursi con efficacia.
La riflessione che Sandro Iovine in modi diversi sul suo giornale ci propone di fare, secondo me è quella di far nascere una capacità critica che ci renderebbe più esigenti. Non so chi, di quelli che scrivono su questo blog, legge IL FOTOGRAFO ma spesso il direttore lancia frecciatine verso questo sistema di gestione dell'immagine che in Italia è completamente assente. E allora mi rimetto alla rabbia di Bigg, che condivido e rispetto, ma diamoci una mossa per rompere il naso a quei buttafuori che si trovano davanti alla porta del mondo delle immagini, inventiamoci qualcosa di costruttivo che possa potenziare la nostra libertà di ragionare. In un altro articolo Iovine commenta che i suoi allievi di fronte ad una immagine di un fotogiornalista (James Nachtwey) l'hanno riferita iconograficamente alla "TALPA"... famigerato realityshow! Perciò io penso che abbiamo più bisogno di formazione all'immagine. Ma tanto si sa una foto è solo una foto...

Sono gradite repliche Mario.

Anonimo ha detto...

per bigg :
non complimenti, ma constatazione che non siamo in pochi a rifiutare il plagio e a prendere le distanze dal sistema. Guarda che ignoranti siamo tutti, se ci fermiamo ad un punto e non sentiamo la necessita' di andare oltre. L'ignoranza senza presunzione e senza arroganza non mi pare un difetto, ma e' ammirevole avvertire un disagio di fronte al sistema e provare a superarlo. Diceva nicce che bisogna avere il caos dentro per far nascere una stella; e non e', capirai, gusto per la citazione erudita, io penso che gli aforismi e le citazioni servano per adattare un certo tipo di ragionamento alle situazioni, di volta in volte diverse, che ci capitano nella vita. La realta' e' diversa secondo i punti di vista. A tal proposito ti diro' , a costo di sembrare blasfemo. che a me hcb piace dal punto di vista della freschezza dello sguardo che indaga e seleziona, ma in fin dei conti la sua teoria dell'attimo decisivo, che recentemente in tv Sgarbi paragonava alla visione caravaggesca, non e' altro secondo me che uno dei tanti modi di esprimersi-comunicare con la fotografia, ce e possono essere e ce ne sono tanti altri non meno validi. Il vanto di hcb, che cioe' lui stampava tutto il negativo, perche' aveva pre-visualizzato l'immagine finale, senza tagli e modifiche in camera oscura, contrasta per es. con la maniera di scattare e di stampare di Giacomelli, e non ditemi che Giacomelli era un fesso.
L'ignoranza : e' necessaria, e' necessario secondo me mettersi di fronte alle immagini in maniera "vergine" da condizionamenti di stile e di scuola, scordando i manualetti di fotogrfia e i corsi parrocchiali di fotografia, e ascoltare la comunicazione dell'autore, se riesce a comunicare. se non percepiamo niente, non e' detto che sia nostra sordita' o ignoranza, puo' essere che non ci sia proprio niente da recepire, solo belle macchie di colore e accattivanti contrasti di forme e volumi.
scusa la mia proverbiale prolissita'.

Anonimo ha detto...

per ANONIMO ma che si firma mario :
non repliche, perche' vedo che siamo della stessa idea, ma continuazione di un discorso piacevole.
certo che leggiamo in tanti il fotografo : rivista che nove volte su dieci ( notare : non 10 su 10, altrimenti il direttore si gonfia e vola, e bisogna tenergli il laccio come al palloncino ad elio senno' scappa via) dicevo rivista che riesce ad essere un vero pugno nell'occhio, un pungolo, uno stimolo, una provocazione ad aprire la mente.
ricordo che alcuni mesi fa un lettore scriveva indignato al direttore perche' nello stesso numero c'ere pubblicato ilportfolio di un "grande" artista e poi nelle pagine seguenti quello di uno sconosciuto. Secondo me uno che ragiona cosi' non capira' mai una mazza di fotografia, perche' , oltre che cercar di capire le ragioni di una scelta editoriale coraggiosa, bisogna mettersi a leggere le immagini, e indipendentemente dalla notorieta' dell'autore, vedere se riescono ad entrare nel nostro mondo, se ci parlano.
Ma, svicolando per sdrammatizzare, tutto cio', quando succede, ingrassa il ns signor direttore, che gode delle dotte dispute, non ipocritamente come azzeccacarbugli, ma perche', novello socrate, maieuticamente sparge semi, e sta alla finestra per sentire le potentissime cazzate che noi siamo capaci di sparare con i ns commenti, e si bea, e gode, maligno pacioccone, e poi risponde mellifluamente ai suoi detrattori, e ogni sua sillaba trasuda vergognosamente sberleffo pre la chiusura mentale. Dio non ci fa tutti uguali, lui lo ha fatto cosi', e per risultato abbiamo in Italia una rivista di fotografia che sa essere provocatoria, da prendere con le pinze, che non basta sfogliare affrettatamente per dire di averla letta. ma bisogna sempre chiedersi cosa c'e' sotto e rimuginarci per giorni e giorni dopo l'uscita in edicola.
ps: ma se Dio facesse per hobby il fotografo, il direttore lo cazzierebbe di certo, vuoi per quel pelino di micromosso li', o per quell'ombra che disturba la', o per quel piattume generale di contrasto, o per il grigiume ecc.
chiedo venia se mi sono permesso affettuosamente, ma la colpa e' sua, da' lezioni anche di ironia.

Anonimo ha detto...

Che dire?
Prtroppo siamo alle solite, la Fotografia oltre ad essere bistrattata e considerata un'arte di serie B nn viene rispettata nemmeno da coloro (pochi) che dovrebbero farlo (parlo degli addetti ai lavori).
E poi questa annosa questione che dobbiamo legarci necessariamente ad una corrente politica per esporre, far vedere, parlare di fotografia.
Cambiamo!

Ezio Turus ha detto...

Riferendomi a quanto rispostomi da:
"oratore ha detto...

rileggendo bene tutti i commenti, mi cadono gli occhi su quello di tale eturus, precedentemente accantonato nel subconscio per evitare di uscire di brutto come mi e' solito di fronte alle cose inutili"

Visto che sia al bar che qui si possono dire le stesse cose, volevo semplicemente sottolineare che per me HCB non è mai andato giù (anche per i motovo psicopersonali riportati), non amo la foto di reportage anche se da molti è "l'unica fotografia possibile", non amo le mostre mal allestite.
Premesso questo, considero la fotografia alla stregua della videoarte, della pittura astratta e di qualunque "contenitore di personalità" esista al mondo.
Mi hanno tacciato d'eresia quando presentavo Polaroid deturpate dicendo che "quello è il mio concetto di reportage", ma per me "l'unica fotografia possibile" è quella che racconta "l'autore", non quella che mostra il soggetto.
Questo per dire che il modo in cui l'autore si mostra al pubblico (anche tramite un curatore di una mostra) è fondametale, spesso più del "contenuto stesso".
SI, vabbè, direte voi .... continuo con le eresie.
Ciao

Ezio

Anonimo ha detto...

per ETURUS

per me "l'unica fotografia possibile" è quella che racconta "l'autore", non quella che mostra il soggetto.

questi s' sono ragionamenti, non superstizioni personali, finalmente si', altro che discorsi da bar.

concordo in pieno con la tua affermazione.
Molti degli scatti di bresson sono quadretti di strada colti benissimo da un occhio attento, ma che secondo me non aveva niente da dire, da esprimere, niente gli urgeva di comunicare.
era il suo modo di fare fotografia. Come Lartigue, occhio vispo, solo in un secondo momento altri hanno attribuito a Lartigue il valore di testimone di un'epoca. Ma se cerchi sulle aste on line trovi miriadi di album di famiglia contenenti quadretti di vita familiare, sociale, di storia, che visti con l'occhio di oggi non sono meno importanti ai Nostri occhi. Per questo la fotografia e' ambigua.

Per quanto riguarda le polaroid manipolate : i detrattori non sono pochi, e ce ne freghiamo altamente. Mi piacerebbe che mi facessi vedere alcune delle tue, mi piacciono le manipolazioni polaroid.
inviami per piacere, se ti va, qualche tuo file ( non piu' di 150-200 kb per file) alla mia posta :
info@palermopresente.com.
ciao Ezio
eugenio

Unknown ha detto...

Accolgo con piacere l’invito alla partecipazione a questo blog- Nonostante io ne sia una delle più accanite lettrici!!Comunque come non essere d’accordo con le parole di Sandro? È una realtà che si vive quotidianamente- in tutti i campi ( cultura compresa). Io ho la possibilità di poter fare raffronti con più fronti-(scusate il gioco di parole) Parlo dell’università e del campo della fotografia! Mai come questo momento mi sento aderente a questa semplice epigrafe: sciattume intellettuale! In Italia si opera per vie archeologiche- si pensa di dover puntare solo su nomi ormai consolidati e famosi- su pietre miliari- su nomi scolpiti nella roccia! Credo sia assolutamente diseducativo e poco professionale- creare circuiti culturali- in cui- in maniera meticolosa – che rasenta la maniacalità -si ripropone la stessa minestra- ormai troppe volte riscaldata! Non posso che chinare il capo dinanzi alla grandezza di alcuni nomi- di cui alla fine porterò anche le "stigmate sul corpo"- ma francamente i miei occhi hanno bisogno di nuove visioni! Di nuove idee- Aria Nuova! È meraviglioso sapere che alcune persone possano puntare anche su gente assolutamente sconosciuta! Accade sempre meno! Anche perché la gente che seleziona- ha sempre meno talento! I visionari- coloro che guardano oltre-sono rimasti veramente in pochi e se ci sono- non hanno vera voce in capitolo!
Che dire altro? Non rimane che attuare una rivoluzione interna- imparare a guardare da tutte le angolazioni- e non rimanere estatici e muti- dinanzi a tutto ciò che ci viene propinato! Cercare di anticipare i tempi- Come spesso Sandro ripete e suggerisce quando si è prossimi ad uno scatto particolare-pre-vedere quello che succederà!Prima di prima…… Io cerco di attuarlo anche nella vita pratica!Anche di fronte a chi ci dice questo è bello e questo non lo è!

Anonimo ha detto...

Mostre & Affini: lo sguardo si è fermato.

Ultimamente sembra che ad andare in giro per mostre di fotografia si resti con la sensazione che non si è visto esattamente ciò che si doveva vedere! All’uscita mi assale un terribile senso di insufficienza che fa pari con la rabbia e la disillusione (anche di avere pagato per qualcosa che non è stato!). Se penso alla mostra su HCB, penso che sia tutto un elogio alle capacità intellettive dello spettatore (o meglio del “lettore”). Eh si, la sua fantasia viene costantemente stimolata ad immaginare il contenuto delle foto esposte, dato che le luci dell’allestimento non permettono altrimenti! Che dire poi del fatto che non esiste un percorso di lettura chiaro (non è che in una mostra ci debba essere per forza, ma qui sembra che qualcosa abbiano pur tentato di proporre, solo male!) sembra tutto un po’ rinfuso e confuso, immagini e didascalie (quando presenti), è sempre il lettore che deve lavorare di intuito sulle possibili variazioni sul tema! E vogliamo parlare dei disegni dell’Autore in mostra confinati sui muri anonimi di una scala d’accesso ad…un’altra mostra? che senso hanno? Un’altra nota di merito agli organizzatori è doverosa, ancora hanno pensato di elogiare il lettore però rispetto alle sue caratteristiche fisiche, dato che la lettura di certe didascalie presuppone altezze da giocatori di basket NBA, è politically scorrect, vi pare? Anche l’unica cosa che poteva essere considerata interessante bisognava scovarla a suon di indagini per menti sopraffine, è la piccola rassegna di riviste originali con le foto di HCB pubblicate, peccato che questo angolino sia relegato nel book shop e sia veramente ristretto, forse che (per chissà quale misteriosa fortuna) hanno recuperato due o tre giornali d’epoca?
Ma tanto stiamo guardando (?) i lavori di HCB, tanto il Nome ci deve bastare, è il Grande Maestro, e questo (forse) giustifica l’approssimazione. Di certo giustifica la quantità di pubblico!
Però nel mio inossidabile ottimismo voglio credere che un giorno, queste persone che possono farlo (dato che detengono mezzi, spazi, contatti, ecc.ecc.), la smettano di pescare dal calderone dei ricordi le minestre riscaldate e si impegnino per mostrarci in modo efficace (quindi anche educativo) qualche occhio su questo tempo, una serie di fotografi XYZ, magari ancora vivi!

Infine, una breve nota sulla mostra sul Fotogiornalismo in Italia: è scivolata sul filo di memorie troppo personali degli organizzatori, questo ha condizionato le scelte dei lavori esposti. Troppi fotografi significativi assenti o emarginati mentre si è messo eccessivamente in rilievo il lavoro di qualcun altro (forse che tra amici si può?). Anche qui molte imprecisioni nell’allestimento, didascalie a volte casuali, molte fotocopie di giornali d’epoca potevano essere interessanti se magari fossero stati affiancati da informazioni sugli autori (a partire dai nomi!). Insomma buona l’idea ma…

Il denominatore comune per entrambe le mostre è il fatto che lo sguardo (soprattutto quello di chi dovrebbe mostrare) è fermo. Si è fermato ai Miti, che siano essi nomi di grandi fotografi, di giornali o di agenzie… D’altronde i Nomi fanno buona parte del lavoro…
Insomma va bene organizzare mostre ed eventi sul tema, ci sono soldi che vanno spesi, ci sono strutture che vanno tenute in piedi, ma meglio non impegnarsi più di tanto, di questi tempi (atmosferici) si rischia di sudare troppo! Niente di nuovo su tutti i fronti, c’è da sperare?

teresa

:: haku :: ha detto...

«Camminavo tutto il giorno con lo spirito teso, cercando per strada di cogliere sul vivo fotografie come flagranti delitti.».

«La scorciatoia del pensiero del linguaggio del fotografo ha un gran potere, cioè il giudizio su quello che vediamo e questo implica una grande responsabilità.».

Henri Cartier-Bresson

Anonimo ha detto...

I Miti stanno nell'Empireo della gloria e della memoria, ma sta a noi spolverarli per imparare dalla storia, storia di fotografia come storia dell'umanita'.
Daguerre non aveva precedenti, dovette fare da solo, ma noi oggi possiamo e dobbiamo tenere presente la fotografia del passato per potercene distinguere, per superarla, per creare un altro linguaggio se ne siamo capaci.
quindi tanto di cappello ad HCB, e fermo resta il disagio di fronte a mostre che non rispettino tali principi.
Per quanto riguarda il nuovo che avanza, d'accordo che vada privilegiato, ma ancora una volta sostengo che lo si faccia sempre alla luce di esperienze precedenti : possiamo oggi adorare la pittura e scultura moderne, Pollock Schifano tanto per dire, ma non possiamo ignorare Pierodellafrancesca Lotto Vermeer Caravaggio o chi volete, con un colpo di spugna solo a difesa del nuovo.
Forse questo tipo di contrapposizione costruttiva vorremmo da una mostra ben congegnata, per imparare e crescere.

dany ha detto...

ciao Sandro, sono pienamente d'accordo con te..purtroppo non tutte le persone hanno cuore nel lavoro che fanno..e poco capiscono quanto puo' essere importante quello che stanno facendo..bisognerebbe fargli imparare ad amare l'arte..così si rendono conto di quanta sensibilità ci vuole per svolgere quel lavoro!!!

Anonimo ha detto...

ma che vi siete ammosciati
sara' la nebbia che respirate, lo smog o la polenta che vi appesantisce .
qui le salsicce e la pastasciutta ci tengono allegrotti.
e allora scrivete, sacripante, ditemi che ne pensate della fotografia istantanea, delle polaroid, se ne avete mai fatto, se conoscete Maurizione Galimberti ecc.
scusate, e mi scusi il Direttore Iovine, ma mi ero abituato a leggere sempre nuovi commenti e contributi che ho trovato molto stimolanti.
ciao

:: haku :: ha detto...

sai, oratore,
l'impressione guardandosi un po' in giro in rete,
è che se non c'è il racconto autoreferenziale da fare o uno spunto per accapigliarsi e litigare...
i blog, purtroppo, s'ammosciano proprio...
anche questo sembrerebbe un argomento interessante da indagare...

e poi da parte mia, ho l'impressione che per parlare di fotografia ci sia anche bisogno di aver davanti delle immagini.
potremmo sì parlare di Galimberti, ma sarebbe un po' fare considerazioni che rimangono a galleggiare nel vuoto, temo... senza davanti qualcosa da cui cominciare.

cosa ne pensi?
la mia è solo un'opinione molto personale.

Anonimo ha detto...

si ma la rete serve per avere un'idea di tutto quello che esiste, di quello che e' irraggiungibile perche' non possiamo presentarci a tutte le mostre del mondo, ne' acquistare tutte le riviste e i libri fotografici del mondo, internet e' una conquista sopratutto da parte di quelli che non hanno esaltanti risorse economiche per aggiornarsi e conoscere. certo dal vivo e' tutto diverso, ma l'esplorazione virtuale ha un suo senso ormai, quindi concetti generici anche se non estremamente puntuali possiamo sempre proporceli.
comunque ti do' ragione, un blog senza scambio di offese e litigi e' fuori moda. ma in questo dovremmo distinguerci sul blog di Iovine, scremare il superfluo e migliorare il livello della ns capacita' di giudizio.
si torna come mi accorgo al discorso delle mostre, anche viste dal vivo le immagini a volte possono restare mute se oltre ad ammirarle non c'e' costruito attorno uno schema che consenta il dibasttito l'apprendimento e la crescita culturale e umana.

:: haku :: ha detto...

sono d'accordo con te, oratore
nella meravigliosa illusione circa la funzione della rete. mi piace illudermi sia così, ma ho il sospetto di illudermi comuqnue... :)
sento un certo disincanto circa il fatto che possa davvero assurgere a tanto nobile ruolo, ma sapendola usare confido sia possibile sfruttarla senza farsi troppo direzionare.
credo anche che sebbene molto utile e molto efficace e molto auspicabile, non sia strettamente indispensabile la presenza dell'oggetto foto in carta e ossa come dire... davanti agli occhi. ma che per suscitare considerazioni qui, in queste pagine sia molto utile fare riferimenti precisi (come nel caso del WPP nell'altra pagina) ad una sola foto in modo da rendere più accessibile il dibattito... ammesso se ne voglia fare uno.
se puoi esser d'accordo e se ti pare utile, proporrei... che sia tu a lasciarci lasci qui un link ad una composizione di Galimberti che ti piacerebbe in particolare sottoporci... con qualche tua nota a margine naturalmente... :)
grazie, oratore!

Anonimo ha detto...

ok haku, ma chiediamo l'autorizzazione al Direttore perche' deve essere lui a tollerare invasioni di campo.
Note a margine, dici, ok solo note, nel senso che io sono un fotoamatore, non un critico d'arte e di fotografia, categoria che non sopporto. Io non scrivo terraterra, perche' il diploma di terza elementare ce l'ho, ma non capisco mai quello che i critici scrivono nella prefazione ai libri fotografici, non parliamo poi delle prefazioni ai cataloghi di mostre di pittura: Loro sicuramente il liceo l'hanno fatto.
E allora ho fatto una visitina al sito di Maurizione ( www.mauriziogalimberti.it ) e ho trovato un lavoro che mi pare si presti alla nostra discussione : MONDO SILENZIOSO, cliccaci sulla homepage.Leggi pure il testo di accompagnamento, MG si ispira sempre al DADA e in termini Dada spiega cosa lo ha mosso a scattare le sue serie di pola.
Questa in oggetto mi sembra significativa perche' sintetizza, come altre serie, la visione del mondo circostante, l'ispirazione a fotografare e quindi a integrare il dato sensibile, quello che cade sotto gli occhi, con il vissuto personale, con il linguaggio fotografico specifico della pellicola istantanea.
In queste pola c'e' pure una sintesi degli interventi manipolativi possibili su questo materiale.
Mi chiedo, e ti chiedo, se la condivisione dell'atmosfera che ha spinto il fotografo a scattare sia condizionata dalla matericita' fotografica del materiale manipolato, e in che misura.
Indubbiamente ogni possibile valutazione dipende da eventuali precedenti esperienze con le pola, cioe' dal fatto di averne viste dal vero ecc.
E in questo hai ragione tu, dal vivo e' tutta un'altra cosa, speriamo che Maurizione ci inviti a casa sua a farcele vedere.
Questo mondo silenzioso lo andro' a riguardare ogni giorno appena posso, per assorbirlo meglio e immaginare di avere davanti agli occhi le pola e l'autore che me ne parla.
Che il Direttore ci mandi un segno del suo parere su questa digressione: se negativo, cestini subito questo post.

:: haku :: ha detto...

grazie oratore!
molto bello tu abbia colto la proposta.
ho dato una scorsa ora.
e... beh, sono rimasta immediatamente coinvolta dagli echi che nel silenzio di queste Polaroid paiono modularsi come la luce sull'emulsione. son poche e sono dense nella loro rarefazione, sono "superfici significanti" [cito sempre Flusser, sembra lì apposta] particolarmente vive per la morbida matericità che si intuisce... sembra poterne sfiorare soltanto, i colori e l'enigma.
non ho potuto non associarle immediatamente nella mia mente a Luigi Ghirri, sia per le composizioni, sia e soprattutto per le atmosfere, e per la dignità di Presenze che gli Oggetti acquisiscono nell'inquadratura, e trasmettono allo sguardo di chi si soffermi.
per ora questo...

Anonimo ha detto...

devo una risposta ad Haku
bella, Haku, la tua sintesi tra pensieri e parole. Questo e' saper scrivere accidenti.
Quelle pola danno anche a me le tue stesse sensazioni.
Mati voglio chiedere, poiche' mi piacciono le pola manipolate e me lo chiedo sempre quando ne vedo di nuove : se queste immagini nascessero in pellicola negativa a colori, anziche' su materiale a sviluppo istantaneo, e senza manipolazione, ti racconterebbero le stesse cose? Quanto influisce la maniolazione sulla lettura?
Vai, se vuoi, a guardare, sempre sulla homepage di Maurizione, quell'altra serie : london transfers:
qui la manipolazione e' piu' pregnante, perche' il trasferimento di immagine fa interagire i pigmenti dell'emulsione con il substrato ricevente, e durante il procedimento si formano quelle perdite di sostanza cromatica -alias macchiette ciano- che vengono a far parte integrante dell'immagine; ma sono casuali, con lunga esperienza e sciupio di materiale si possono prevedere al posto giusto, ma sono casuali. Tu come interpreti queste immagini, in cui il procedimento porta ad un risultato previsualizzato dall'autore, non corrispondente al referente reale del momento dello scatto bensi' alla percezione di una atmosfera particolare?
se non hai mai visto transfers oltre a questi, e vuoi capire in che consista il procedimento, cerca sul sito della polaroid.
grazie a te per questo scambio di idee
smak

:: haku :: ha detto...

caro Oratore... non lasciarti avvilire...
visto il successone dell'argomento su questa pagina (nell'ultima pagina di commenti tutti pensano tu sia sparito davvero... fatti vivo, dai... ) tra un po' Iovine giustamente ci dirà: scambiatevi le email ché non è una chat... e avrebbe forse ragione... :)

ma... sono andata a vedermi London Transfers...
insomma non so... l'idea della non corrispondenza tra scena reale e scatto finito mi piace molto e credo sia in qualche modo essenza della fotografia che voglia portare un messaggio più interiore, e anche la matericità di questi lavori trasmette il desiderio di comunicare sensazioni più che scene reali. se posso essere molto selettiva, e non curarmi troppo della sequenza, ti dico che mi dicono particolarmente la 01, la 08 e la 13 della serie 2005, credo per motivi compositivi.
della serie 2006 invece 02, 06, 13, 19.
la manipolazione in sé mi affascina e mi affascinano i suoi risultati molto pittorici. trovo straordinario soprattutto l'esercizio alla previsualizzazione che sta dietro.
esteticamente mi arriva pienamente... non sempre, devo ammettere, specie dove la matericità tende a prevalere, ma nonostante questo mi suscita quasi la necessità di poter toccare la superficie della scena, come per accertarmi della consistenza che pare avere.
le macchie in certi casi sono per me esattamente come la sensazione dell'irripetibilità di un istante, quello che ti si impressiona nella memoria come avesse una macchia, un'imperfezione folgorante di luce o di ombra che lo distingue e lo rende più perfetto di altri. amo le macchie. sono il segno di un passaggio.
... grazie Oratore...
haku

Anonimo ha detto...

" le macchie in certi casi sono per me esattamente come la sensazione dell'irripetibilità di un istante, quello che ti si impressiona nella memoria come avesse una macchia, un'imperfezione folgorante di luce o di ombra che lo distingue e lo rende più perfetto di altri. amo le macchie. sono il segno di un passaggio. "
ok