martedì 1 maggio 2007

Photoshow 2007


Ci occupiamo pur sempre di fotografia e allora cerchiamo di usarlo questo linguaggio. Per una volta invece delle solite tre o quattrocento parole, vorrei provare a raccontarvi il Photoshow come l’ho visto attraverso le immagini. Poche perché tante non ne servivano davvero a mio avviso.
È stato uno spettacolo triste secondo me: stand senza vera novità intorno ai quali comunque si accalcavano sbavando dietro alla ragazzotta di turno migliaia di persone, mentre contemporaneamente in un angolo una mostra dell'Archivio Storico Fratelli Alinari era completamente deserta.




Niente di nuovo in realtà, ma io continuo a rattristarmi di fronte a questi spettacoli di gente che ignora gli aspetti anche minimamente rapportabili alla cultura della fotografia. Ma ognuno la vede a modo suo. A parte le considerazioni anche commerciali più volte espresse altrove sull'opportunità di perpretrare manifestazioni come il Photoshow, mi viene spontaneo chiedermi perché continuiamo a ostinarci a proporre, o tentare di farlo, una cultura fotografica in un ambiente che non dimostra il minimo interesse a questo tipo di cose. Certo in un altro padiglione le mostre sponsorizzate da una casa fotografica erano più frequentate, ma viene da chiedersi se non fosse per via del logo di una nota azienda di settore...
Gli interventi più interesanti relativi a questo post potranno essere pubblicati sul numero di giugno de IL FOTOGRAFO.
n.181 - giugno 2007





Dall'alto:
Sabato 31 marzo 2007, ore 9,39: La folla all’ingresso del Photoshow.
Sabato 31 marzo 2007, ore 9,35: Lo stand Canon.
Sabato 31 marzo 2007, ore 9,28: La mostra dell'Archivio Storico Fratelli Alinari all'interno del quinto padiglione.
Sabato 31 marzo 2007, ore 9,29: Il mercato dell’usato.



54 commenti:

Anonimo ha detto...

argh!
cultura!
ma sei matto parlare di queste cose?!? e come le venderebbero altrimenti tutte quelle reflex che escono a scadenza ormai mensile??
cultura significa capire che si può far fotografia con la usa-e-getta comprata dal tabaccaio.
cultura significa andar per mostre e comprare libri su libri di fotografia, e magari anche qualcosa sulla fotografia e affaticare quel neurone ormai atrofizzato che portiamo a spasso.
cultura significa anche saper leggere le riviste e capire che un giudizio è direttamente proporzionale al numero di pagine pubblicitarie vendute.
cultura forse significa anche capire che una determinata macchina offre quello di cui abbiamo realmente bisogno senza che il [b]marketting[/b] ce lo suggerisca.
cultura...
pensavo l'avessero già tolta dal dizionario.

gioVanni

Anonimo ha detto...

Ciao Sandro,
ho letto il tuo "amaro" post e non mi meraviglia molto ciò che hai descritto in merito al photoshow; questo è un discorso che si lega strettamente a quello già intrapreso qualche mese fa a proposito dell'allestimento delle mostre di fotografia.
Molti fotografi o pseudo fotografi o ormai nn "rincorrono" più lo scatto migliore, l'inquadratura, la composizione, ma solo l'ultima nata della loro marca preferita che sia Canon, Nikon, etc.
Non di rado mi è capitato di bazzicare sul web su dei forum di fotografi e molti di loro (nn tutti per fortuna)anzichè preoccuparsi di leggere un bel libro di Fotografia, di affinare la propria tecnica, di cercare un perchè nel proprio Io fotografico si preoccupano solo di sostituire periodicamente il loro corpo macchina con l'ultimo proposto dalla loro marca preferita, per nn parlare poi di molti Leicisti (non tutti per fortuna) che portano al collo i loro cimeli solo per bella mostra e per pavoneggiarsi.
E per forza che poi nessuno visita le mostre, no?

Anonimo ha detto...

allora siamo tutti d'accordo, si puo' chiudere questo argomento del blog senza che si ripeta all'infinito lo stesso concetto, piagnisteo su piagnisteo.
infatti arriva oratore, the voice, per sgretolare la costruzione di un discorso, come direbbe haku, e per mostrare la via illuminata. quindi cosi' parla oratore:
A oratore non pare strano che il photoshow sia cosi' : e' una manifestazione commerciale, e anche se mi scoccia ripeterlo ancora, ripeto che si colloca perfettamente nel circolo vizioso tra domanda e offerta. E' sbagliato che entro tale manifestazione si allestisca una mostra fotogafica, e' assolutamente fuori luogo. E' una ipocrisia degli organizzatori che vogliono vestire gli abiti dell'educatore di masse.
I luoghi per le mostre, quindi per la cultura, sono altri; altri i modi e i tempi, nonche' il tipo di pubblico.
oratore conclude affermando che la cultura e' una scelta, non puo' essere imposta oltre i limiti della isruzione obbligatoria necessaria al vivere civile ( leggasi saper leggere scrivere e far di conto), quindi si chiede perche' il pubblico accorso in massa ad una manifestazione di tal genere debba essere afflitto obbligatoriamente dal contributo "culturale" di una esposizione di cimeli storici .
In particolare,oratore e' contrario all'imposizione della cultura fotografica alle masse
( si badi bene, non dell'educazione all'immagine che invece dovrebbe essere materia di studio obbligatoria sin dalle elementari, e ben diversamente da come in certe scuole si fa attualmente).
La domanda : che cosa e' la fotografia? deve nascere spontaneamente in un individuo, allorche' egli si scopra interessato alla fotografia come mezzo espressivo e comunicativo del proprio pensiero e del proprio sentire. e allora non bastano cento photoshow e mille mostre per capire .

Unknown ha detto...

Ciao Sandro, leggo il tuo articolo e non posso far altro che essere d'accordo; anzi, al Photoshow non mi sognerei d'andare, in mezzo a quella confusione, per vedere cosa? Poi ho pure mal di schiena e mi farei solo del male!
Parli di cultura, fai molto bene, anche se oggi chi ne parla si sente come (mi si perdoni il prestito letterario) "voce che grida nel deserto.....".
Fa lo stesso, l'importante è essere coerenti e non demordere, il grande pubblico è massa, è "popolo bue", meglio prediligere la qualità.
Questa qualità si concretizza anche stampando riviste di livello culturalmente elevato, non doppioni dei cataloghi di apparecchi ed accessori. Piccolo dettaglio: che chi te la compra? Quelli che sbavano davanti alle modelle al Photoshow (cito il tuo articolo) no di certo, neppure quelli che vanno in giro con costosi apparecchi al collo (cito il commento di Alfonso). E' il mercato, è per la quantità e la massa, la qualità è troppo impegnativa.
Poi succede che qualcuno si può permettere una Leica M8 da migliaia di euro, partecipa al workshop di Reichman in Antartide, spende 19.000 dollari per l'iscrizione (più tutte le altre spese) e poi non porta a casa nemmeno una foto perchè la sua preziosissima attrezzatura fatta a mano si blocca già appena arriva all'aeroporto.....
Questo è il primo post che mi permetto di scriverti, se non altro perché credo nella buona volontà e rispetto chi lavora seriamente.
A proposito, m'interesso di diffusione della cultura fotografica anch'io, si fa un po' di fatica, ma la qualità comunque premia sempre.
Cordiali saluti
Marco Baracco

http://marco.baracco.net
http://www.progettophoto.com

Viviana ha detto...

Io non ci sono mai stata al Photoshow, perchè non amo gli ambienti chiusi e affollati (agorafobia latente) ma mi permetto lo stesso di esprimere la mia opinione a riguardo. Concordo su tutto quello che è stato espresso fino ad ora, in particolare sul fatto che manca, nelle strutture didattiche, una educazione all'immagine e al suo linguaggio. Come sottolinea Oratore la cultura non può essere imposta e se qualcuno sceglie, più o meno consapevolmente, di seguire la massa è libero di farlo.
Il Photoshow è sicuramente una manifestazione commerciale e, come tale, punta a richiamare un grande pubblico,anche non strettamente legato alla Cultura Fotografica. Non condivido invece l'affermazione di Oratore riguardo ai luoghi per le mostre. In linea di principio ogni luogo è idoneo per fare una mostra, a maggior ragione quelli che tradizionalmente non lo sarebbero. Perchè dovremmo relegare la "cultura" solo nei luoghi per i colti? Ci autoghettiziamo? Ci crogioliamo nel vittimismo del "solo io posso capire"? Preferisco le contaminazioni, anche se a volte non hanno successo. A questo proposito vorrei segnalare una mostra di Francesco Cocco che si è tenuta al Festival de L'Unità di Modena lo scorso anno. Ad alcuni potrà sembrare eretico, ma l'allestimento era veramente accattivante. Molto meglio di tanti musei.
Segnalo inoltre che in questi giorni si sta svolgendo a Reggio Emilia le settimana della fotografia europea, con sedi espositive sparse per tutta la città. Anche così si contribuisce ad elevare lo spirito...fotografico!

nicola ha detto...

ciao, scusa il "tu" ma ti sento amico dopo molti editoriali che hai pubblicato e che condivido pienamente.
poche parole solo per dire che secondo me non è la mancanza di cultura ma la poca voglia o inclinazione a guardarsi dentro che fà la differenza.
il cuore, l' emozione, la presenza a se stessi, la coscienza, la maturità emotiva... boh... ne vedo tanto poca in giro, penso sia proprio questo il punto.
ciao, una calorosa pacca sulla spalla, grazie :-)
nicola zanettin

Ezio Turus ha detto...

Ciao Sandro,
Non so perchè, ma le tue impressioni sul Photoshow non mi stupiscono affatto. In fin dei conti è una fiera e come tale ci vanno quanti sono interessati agli argomenti della fiera stessa. Mi vengono in mente le varie “fiere” di fotografia che annualmente si svolgono in Italia, Fotopadova, per esempio (l'unica realtà del nostro nord'est, che proprio per la “poca” affluenza di pubblico è stata rimossa dagli appuntamenti padovani), o Fotoincontri di S.Felice sul Panaro o altre manifestazioni simili; credo che il pubblico di queste fiere vada diviso in due categorie, di solito non intercambiabili: gli interessati alla fotografia, fatta di mostre, di incontri con altri autori, con critici e gli interessati alle macchine fotografiche, fatte di corpi macchina, obiettivi, accessori.
Penso che far vedere agli appassionati di “hardware” anche “cosa” si può fare con questi oggetti, una volta acquistati e lucidati, sia fondamentale, visto che difficilmente costoro si azzardano ad entrare in una galleria, in un museo o in una libreria.
Una ventina d'anni fa, quando gli ormoni, la nuova passione fotografica e gli esempi delle foto da concorso erano le basi della mia fotografia, anch'io ero attratto dalle bellezze femminili e fotografarle poteva essere un surrogato di ben altre intenzioni. Fortunatamente le cose cambiano con il tempo. Sono cambiate anche all'interno di molti circoli, dove dalle amene disquisizioni sull'ultimo acquisto del socio danaroso si è passati a importanti discussioni sul vero linguaggio dell'immagine (e qui devo ringraziare il lungimirante presidente del mio circolo, che ha saputo/voluto far capire ai fotografi cosa sia veramente la fotografia).
Da alcuni anni mi dedico sia all'attività espositiva, sia a quella divulgativa, beh, per fortuna mi sto rendendo conto che la fotografia è molto maturata dappertutto.
Forse il Photoshow non se ne è ancora reso conto oppure, se lo farà, succederà come a Fotopadova... la cultura non paga, la merce (non solo fotografica) si.
Ciao a tutti.
Ezio Turus

Anonimo ha detto...

Viviana centra il bersaglio quando parla di contaminazioni, io vado pazzo per le contaminazioni : ma purche' abbiano un senso. Una mostra "culturale" in seno ad una manifestazione commerciale e' solo una ipocrisia, se non viene sostenuta come si deve: ed infatti il risultato e' stato il vuoto del salone Alinari come mostrato da Iovine, quindi che risultato e'? Rimando allora al mio concetto che anche il Museo e' inutile, quando serve solo come contenitore-custode di beni artistici, attorno ai quali non si costruisca fervore di attivita' culturali ed educative invece di mostre silenziose.
Certo una bella contaminazione l'abbiamo vissuta qui a Palermo, quando era possibile realizzare il Palermofoto : c'era di tutto, anche se in scala ridotta : l'editoria di settore, il collezionismo fotografico, l'usato, le modelle in pasto agli sbavanti fotografi, il settore espositivo, e c'era Sandro Iovine a parlare di Fotografia, e, anche se in pochi, lontano dai set affollati dagli sbavanti, senza prosopopea e senza paludamenti, c'era sempre un gruppetto di gente interessata, preventivamente informata del programma "culturale". La contaminazione dava i suoi frutti.
Non e' questione di "solo io posso capire", bensi' di " se si fa una cosa bisogna farla al meglio delle proprie possibilita', e se non si sa come fare si chiede consiglio e collaborazione a chi sa".

Ezio Turus ha detto...

Eugenio dice: "se si fa una cosa bisogna farla al meglio delle proprie possibilita', e se non si sa come fare si chiede consiglio e collaborazione a chi sa"
scusami, ma ho un'idiosincrasia per i nickname (per cui non ti chiamerò "oratore").
sono assolutamente d'accordo sulla prima parte di questa frase (e probabilmente chi ha organizzato Photoshow è della stessa idea), sulla seconda parte, poi, chi può stabilire "chi sà" e chi "non sà"?
Forte del modo di pensare delle istituzioni (pubbliche e private) trovo complesso far combaciare interessi personali e trasparenza di giudizio sulle competenze del caso.
Prendiamo atto di quello che c'è, di quanto viene fatto, di cosa si trova in giro e di cosa ci piacerebbe trovare... quello è solo il nostro personale giudizio su una manifestazione.
Chissà poi quanti "collezionisti di pezzi di vetro", magari, si sono lamentati di "quanto spazio sprecato da quelle inutili vecchie foto" (eresia provocatoria, lo so).
Rendiamoci anche conto che qui, tra di noi, siamo una strettissima eletta schiera di pochi interessati rispetto alla grande comunità fotografica esistente e, bene o male, abbiamo visioni abbastanza simili. Forse abbiamo la forza, almeno tra di noi, di darci una mano a raffinare il nostro senso fotografico comune.
Proviamo a vedere quello che c'è di buono in giro e promuoviamo quello (a lamentarci delle schifezze facciamo sempre in tempo dopo).
Ciao

Ezio Turus

Anonimo ha detto...

Ezio sei un saggio, e vai al sodo invece di elucubrare, e' giusto quello che dici, secondo me, che bisogna lodare quel poco di buono che si trova. Ma allora rischiamo di offendere il nostro anfitrione Iovine, che in ogni "editoriale-proposta di blog" si lamenta apertamente dello stato delle cose separando il bene dal male, ed esprimendo a priori un giudizio negativo su quello di cui ci porta a conoscenza. L'impronta del blog e' questa, altrimenti diventerebbe una rubrica rosa tipo : " diteci quello di bello che avete visto e incontrato" Io ritengo che Iovine lo faccia non perche' e' un piagnone, ma a ragion veduta cerca provocatoriaente di sollecitare la riflessione e non per forza il piagnisteo.
Aveva ragione magicopiffero a lamentarsi dei piagnistei, ( molti commenti di questo blog mi paiono piagnistei isterici ) e mi ha contagiato, io rispetto a te eturus sono piu' attaccabrighe e guerrigliero, e bollo come deficienti gli organizzatori della mostra alinari al photoshow . Perche' per es. andare a scegliere proprio gli alinari, che ce li hanno somministrati in tutte le salse, pure il giornaledisicilia di palermo tempo fa ne regalava le riproduzioni.
Qualche altro deficiente leggendo queste parole mi rimproverebbe esaltando l'importanza degli alinari ecc ecc ecc ma il intendo dire che si possono realizzare tante cose con la fotografia storica capaci di interessare ed attrarre pubblico.
Circa la scelta di chi sa, d'accordo sul fatto che il potere istituzionale per primo e' quello piu' becero e piu' ostinato nella difesa del giardinetto personale, e allora al diavolo i deficienti e abbiamo tutti il coraggio di dirglielo che sono incapaci e deficienti. questo non e' piagnisteo ma difesa personale. Quando si vuole, quelli capaci si trovano.

luis@ ha detto...

sandro,sandro,non considerando nemmeno la manifestazione mi congratulo con te per aver usato le foto più che le parole,per una volta vedo usato un linguaggio a me familiare e sono d'accordo con te ...per centrare il bersaglio bisogna farsi freccia...a buon intenditor...;)

Viviana ha detto...

Il problema di fondo è che siamo tutti d'accordo! Si può discutere dei dettagli, se e come sia opportuno realizzare una manifestazione commerciale che sottolinei anche aspetti culturali, sebbene detta così sembra una contraddizione. Ma qui c'è un ristretto gruppo di persone che la pensa più o meno nello stesso modo. Ci manca un reale contraddittorio!

Anonimo ha detto...

mi congratulo con te per aver usato le foto più che le parole ( parole di Luisa )
ALT
io non dubito del racconto di Sandro, perche' lo conosco, ma la fede aprioristica nell'immagine la condanno.
chi mi dice che la foto del salone alinari non sia stata scattata dopo la chiusura al pubblico, prima di spengere le luci, e che la didascalia che accompagna l'immagine non voglia perpetrare un plagio?
siamo sempre la'.

luis@ ha detto...

io mi chiderei più che altro scattando quella foto in quel momento,prima o dopo la chiusura che sia,cosa vuole comunicare???? cosa cambia il momento in cui è scattata se trasmette un messaggio?secondo me bene spiega lo stato emotivo di chi assistendo a tali spettacoli si rammarica e una galleria illuminata e deserta secondo me spiega più di molte parole
un pò più di elasticità secondo me è d'obbligo quando si parla con le immagini...questo senza sminuire affatto il tuo pensiero caro oratore

Viviana ha detto...

Oratore solleva un argomento determinante nella storia della fotografia. La rappresentazione oggettiva del reale non esiste, perchè nel momento in cui decido di tagliare l'immagine in certo modo fornisco la mia interpretazione. In questo caso Sandro veicola le sue idee tramite le immagini e non importa quando sia stata scattata la foto della mostra. Importa invece il significato, cioè il fatto che, all'interno di una manifestazione come il Photoshow, una mostra sicuramente di rilievo è stata snobbata rispetto ad altre iniziative più commerciali. E' possibile che in realtà la mostra sia stata visitata da 500 persone (sparo a caso!) ma, a fronte di 5000 visitatori al Photoshow, la percentuale è molto ridotta.
Quindi Sandro ci da le sue sensazioni. Poi sul fatto che la didascalia corrisponda al reale, io mi baso sulla fiducia nell'autore. Comunque continuo a sostenere che è più importante cosa di vuole dire...con le immagini.

Anonimo ha detto...

Ho letto tutti vostri commenti e la riflessione sollevata è importante, ma mi domando se l'intervento di Iovine si fosse limitato al verbo scritto senza immagini ci porremmo le stesse domande?

Anonimo ha detto...

allora mi dispiace devo essere antipatico come solo io so fare quando ci vuole:
dicendo anch'io che la fiducia nel fotoreporte o giornalista ,o testimone e' fondamentale, vedo che gli sforzi di Iovine sono stati finora inutili nel mostrarvi che l'associazione didascalia-immagine PUO essere plagiante. Non solo in malafede, per partito preso, ma perche' ognuno trae conclusioni secondo parametri diversi.
Se Iovine ragiona come Viviana, 500 visitatori al salone alinari sono niente rispetto i 5.000 del photoshow; e per es. riporta che e' andato deserto.
Sono punti di vista, perche' non si possono paragonare con lo stesso metro i visitatori di due sezioni assolutamente diverse. e' chiaro che in una grande manifestazione quelli attratti dalla tecnologia e beni di consumo oggi sono la maggioranza, e gli altri la minoranza, lo scopriamo ora?
e poi : se anche i visitatori del salone alinari fossero stati 10.000 contro i 5.000 della sezione moderna, che significa? si dovrebbe andare a vedere con un exit poll le ragioni della loro visita, se sono 10.000 interessati alla cultura oppure 10.000 vagabondi che entrano pure lì perche' hanno pagato il biglietto per esempio e gli spetta entrare pure lì.
come vi ha mostrato Sandro col discorso delle torri gemelle l'immagine con o senza testo di accompagnamento puo' essere ingannevole, o innocentemente di parte, o francamente in malafede.
Se non avesse pubblicato queste foto, e avesse parlato solo di assenteismo al salone alinari , il discorso sulla cultura fotografica dovremmo farlo lo stesso in quanto persone vogliose di capire e di cambiare le cose piano piano.
se ci lasciamo ancora plagiare dalle immagini e' inutile insistere
Insomma il problema e' :
se prendiamo il pezzo di Sandro come pezzo giornalistico a se stante, allora il testo e' quello che e' e potrebbe benissimo essere sostituito dalle sole immagini, che funzionano come sentimento dell'autore : egli ci sta trasmettendo la sua costernazione nel vedere deserto quell'allestimento.
Se assumiamo il pezzo come documento dimostrativo di una situazione, allora voglio le prove scientifiche, attendibili ( computo delle presenze per fascia oraria per es.)
riproducibili ( nelle altre manifestazioni dello stesso tipo succede sempre cosi'? )
e cosi' via
e' pignoleria provocatoria, per far capire che nel giudizio di qualsiasi tipo la fede cieca e' un sentimentalismo, e che invece ci vuole metodo

rawnef ha detto...

Certo che parlare di cultura al Photoshow e come parlare di "eccesso di velocità alle gare di Indianapolis". Malgrado gli archivi Alinari abbiano avuto nel corso degli anni quello che in gergo televisivo chiamano super esposizione mediatica(sono onnipresenti in libreria, come gadget ai quotidiani o periodici, come premio di concorsi vari), restano sempre una fetta rilevante della storia fotografica d'italia. Il problema è che manifestazioni del genere vengono fatte unicamente per vendere prodotti. Se ascoltando le parole garbate e amichevoli degli addetti agli stand pensiamo che alle aziende interessa solo informare il professionista o il fotoamatore sui loro prodotti, ci dobbiamo ricredere. Piani, budget e benefit trasformano gli addetti in venditori di enciclopedie porta a porta. A queste pressioni aggiungeteci i costi rilevanti degli stand. In questo circo i visitatori vengono rapiti da tante maghe Circe in stivali e calze a rete e push-up, altro che cultura. Personalmente preferisco godermi una mostra in strutture adeguate piuttosto che vederla frastornato in una babele di musica e luci

Viviana ha detto...

Oratore si diverte a movimentare il dibattito, che altrimenti si affloscerebbe subito su una line comune.
Sandro ha dimostrato in un precedente articolo come l'associazione didascalie-immagini può influenzare le idee di un lettore. Questa strategia, utilizzata da sempre dai media, è ben nota e si basa sul fatto che nell'immaginario comune si ritiene una fotografia esatta rappresentazione del reale, al contrario della parola scritta. Ciò non è vero! La fotografia non è OGGETTIVA come non lo è la parola, e ancor meno l'uso che se ne fa.
In questo caso Sandro usa le immagini per rafforzare e sostenere il testo, che esprime le sue idee. Se le immagini non ci fossero state,in questo caso specifico, sarebbe stato lo stesso, perchè non è importante la notizia in sè (cioè la scarsa affluenza al salone Alinari) ma il concetto che, secondo l'autore, manca una cultura fotografica di base. Questa idea è stata ribadita da Sandro in innumerevoli circostanze e probabilmente gli deriva da una assidua frequentazione con addetti ai lavori, appassionati, studenti, fotoamatori ecc.ecc. e non solo dalla visita al Photoshow.
La domanda da porsi adesso è: condividiamo questa idea? e se sì, cosa si può fare per migliorare la situazione? Io non lo so.

Anonimo ha detto...

ci sono stata e sono perplessissima. che l'aspetto business prevalga, ci sta pure, è una fiera, non una manifestazione culturale.
però.
però il pubblico dei non addetti ai lavori, i cosiddetti appassionati, mi ha inquietato.
di passione per le foto ne ho vista pochina.
ho orecchiato discorsi di semplici visitatori: nessuna dichiarazione d'amore per la fotografia. solo strumento come fine, non come mezzo.
toni di voce enfatici, accenti puntati su confronti sulle attrezzature (il numero di megapixel sostituirà in futuro la cilindrata nei discorsi da bar?) e tecniche di photoshop (post-produzione, quindi, salvifica e miracolante, cosa non si può fare, signori miei!!!), come garanzia della realizzazione di capolavori certi.
chi aveva inventato il claim "voi scattate, noi pensiamo al resto"? .
il concetto aleggia ovunque. minaccioso.
mi sono rianimata nell'angolo Alinari. aria familiare.
e un attacco di panico.
quanto bisogna studiare e quanto senso della misura ci vuole per "rendersi conto" ( dei mezzi, della necessità di cultura, dei limiti e delle attitudini proprie), per non diventare così?

rawnef ha detto...

La passione per le foto esiste ancora, certo non ha più i numeri da anni '70, ma penso che sia viva e vegeta. Le giovani generazioni hanno hobby differenti da quelli in voga in un recente passato. Se la fotografia non è molto praticata e perchè utilizzano altre forme di espressione. Basti pensare al fenomeno dei corti. Vedo spesso "Screensaver" è mi sorprende sempre di più la passione che tanti giovani mettrono nelle loro realizzazioni. Piuttosto interroghiamoci sullo spazio che viene dato ai giovani fotografi. In giro si vedono solo mostre di "Maestri della fotografia" viste e riviste.

Anonimo ha detto...

Pienamente d'accordo su tutto, ma un piccolo "merito" lo hanno anche tutti quelli che lavorano nella stampa di settore. In Italia esistono SOLO riviste di recensioni di apparecchiature, stelle e asterischi da dare ai vari prodotti appena usciti sul mercato. Per il resto nulla. Negli altri paesi esistono riviste del genere ma anche quelle che fanno cultura fotografica. Il messaggio trasmesso dalle riviste è unico: una buona apparecchiatura fa fare una bella foto! NON E' COSì !!! Lo sappiamo in molti eppure a leggere le riviste italiane è quello che traspare.
Sogno di vedere prima o poi pubblicizzato un bel corso di fotografia dove NON si usano apparecchiature e luci, ma si leggono libri di fotografia con un valido aiuto che faccia capire agli studenti perchè Cartier- Bresson, Robert Frank, Giacomelli hanno influenzato l'arte contemporanea.
Capisco le dure leggi del mercato per far vivere una rivista di fotografia che è già un progetto importante e coraggioso, ma non lamentiamoci se poi l'interesse delle masse si rivolge unicamente alla qualità dei prodotti.
Insomma credo che se si vuole parlare di fotografia bisogna anche dare il giusto peso a cosa contribuisce alla realizzazione di una bella fotografia. Progetti editoriali belli ed interessanti ce ne sono in Italia e ce ne sono stati, ma rimangono per una ristretta cerchia di appassionati perchè comunque le riviste di settore danno troppa rilevanza alle nuove uscite, alla qualità degli obiettivi....servono sicuramente, ma da soli non bastano. Questo è quello che dovrebbero dire.
In America è impressionante il numero di riviste dedicate alla cultura fotografica: B&W, .jpg, Focus, Professional Photography (una rivista che indirizza sul mercato dei professionisti i giovani !!! In Italia sarebbe impensabile una rivista che aiuti ad entrare nel mercato !!!) Black & White Photography...e chissà quante altre che non conosco.
Scusa lo sfogo e saluti

Anonimo ha detto...

Caro Umberto,
hai proprio ragione e, grazie a Dio, è così!!! A cosa servono sproloqui pseudo letterari abbinati a foto discutibili spacciati per "lezioni di fotografia". Il Dot. Iovine ne sa qualcosa! Dalla mia credo che l'attrezzatura non sia tutto ma quasi, sapere cosa si ha in mano, esercitarsi ed esercitarsi, essere aggiornati vale più di vedere quattro foto di perfetti sconosciuti o quasi come accade, ahimè, su alcune, ma direi solo una rivista, italiana. Quanto spreco di carta per gratificare l'ego di una redazione di perfetti sconosciuti... E perché dovremmo poi rifarci al modello americano, cosa avrebbero loro da insegnarci??? In fin dei conti i più grandi nomi, i più premiati, sono quasi sempre europei e, certamente non grazie a riviste come Il Fotografo, italiani. Scusate lo sfogo di un ex lettore, ma dopo tanto che leggo ho sentito di dover dire la mia a favore dell'intera e tanto dileggiata categoria dei fotoamatori evoluti.
Luca

Ezio Turus ha detto...

Ripendo quanto affermato da Umberto Mancini "Sogno di vedere prima o poi pubblicizzato un bel corso di fotografia dove NON si usano apparecchiature e luci, ma si leggono libri di fotografia....."
... è esattamente il corso che noi, da oramai 9 anni, facciamo nel nostro circolo a Trieste.
Come ho già affermato in un precedente post, dobbiamo ringraziare la lungimiranza del nostro presidente (che casualmente è anche il presidente della FIAF) se abbiamo abbandonato da anni fotocamere e megapixel, per conoscere storia dell'arte e autori importanti.
Non servono lamentele sulle riviste, serve solo interesse personale a conoscere e informarsi.
"I libri costano" era la scusa che spesso sentivo reclamare tra gli ignoranti fotoamatori dei circoli ("ignoranti" nel senso che non sanno). Oggi c'è l'immenso calderone genericamente chiamato "internet", che tra truffe telematiche, pedofilia e scaricamento illegale di musica, i media dovrebbero anche ricordare che permette a tutti di avere un accesso smisurato a informazioni e cultura.
Noi qui ne siamo la prova.

Ezio Turus

Anonimo ha detto...

Basta parlare! Uscite a fare qualche foto! :-)

Anonimo ha detto...

Ecco il mio commento sulle fiere commerciali: sono fiere commerciali, punto. Io vorrei sottolineare un possibile aspetto positivo: più fiere ci sono, più informazioni tecniche raggiungono il pubblico, più in fretta il pubblico si stuferà di tali informazioni sempre uguali e prima si concentrerà sul fare foto piuttosto che andare alle fiere. Bisogna dare un po' di tempo alla gente di autoeducarsi, ci vuole un processo di maturazione: considerate che un mucchio di gente si è avvicinata da poco alla fotografia, è naturale che all'inizio , da novizi, si consideri una reflex digitale come se fosse un processore da computer.

Unknown ha detto...

Siamo sempre alle prese con il fenomeno del post-modernismo. Quello per il quale il nuovo è già vecchio perchè contiene dentro di sè la sua propria sostituzione. Se è così perchè impegnarsi verso l'eccellenza che richiede tanto impegno se poi il suo conseguimento apporta gli stessi risultati di qualcosa di mediocre?
Così se nel mondo della fotografia il livello di comprensione dell'immagine fotografica è probabilmente stato sempre inadeguato e di valore certamente inferiore a tutte le altre arti visive forse proprio in virtù della sua supposta semplicità espressiva, ora con l'avvento della fotografia per tutti il cerchio si chiude: mediocrità nella realizzazione delle fotografie, mediocrità nel loro apprezzamento. Il fenomeno è naturalmente globale ed ora sembra eterno - come Microsoft - ma la legge dell'impermanenza offre un'ipotesi di speranza.

Grillo Parlante ha detto...

L'unico motivo per andare ancora a queste mostre è per toccare con mano materiale altrimenti difficile da trovare, per vedere novità dell'ora (perchè quelle del giorno sono visibili ampiamente su internet e anzi se ne sanno anche di più), per trovare un'occasione al mercatino e non in ultimo per fotografare qualche "gnocca" agli stand. Principalmente è un "momento" commerciale, di sicuro non si esce arricchiti tecnicamente :-) , forse tra i tanti, a qualcuno scatterà la molla o il desiserio assopito di fare due scatti chenesò con una lomo, con una scatola stenopeica oppure due rulli di vero b&w ma saranno in pochi (che comunque per fortuna fanno la differenza!).
Parere mio.... saluti e buona luce a tutti!

Anonimo ha detto...

caro, Sandro Iovine, io ci sono stata al photoshow, ma piu' che guardare in giro (troppa calca), mi sono soffermata nello stand olympus perche' invitata ed ho fatto un giro al mercatino per vedere se trovavo un'ottica.
in fin dei conti mi interessa solo lo sviluppo di questo marchio, e trovo normale per l'epoca in cui viviamo pubblicizzare una nuova new entry (sia corpo macchina che accessori) con passerelle di ragazze seminude e ragazzini e non che gli sbavano dietro.
purtroppo fa parte del gioco tutto cio', anche se con la fotografia non c'entra proprio nulla.

Anonimo ha detto...

Argh! Ma perchè in tanti giustificate quanto è accaduto in fiera, proprio non capisco, le macchine fotografiche, gli obiettivi e tutti gli aggeggi che ruotano attorno al corpo macchina sono solo un mezzo, chi si interessa alla fotografia non può ignorare l'immagine, l'atto creativo e se lo fa non è un "fotoamatore evoluto" caro Is, ma al massimo un feticista male indirizzato che si diletta con giocattoli pensati per altro scopo. Vorrei spendere una parola per l'intervento di Umberto Mancini, so che le rispondo tardi ma ho dovuto contare prima... a lungo... scusi lei parla di TUTTE le riviste in Italia?!!! Beh questo è inaccettabile e almeno su una posso contraddirla prove alla mano (Is passa al prossimo intervento perchè quello che sto per dire non ti piacerà), ops rivista alla mano. Non citerò la testata, ma propongo un indovinello vediamo se qualcuno indovina: parlo di una rivista capace di rinnovarsi di anno in anno, senza ripetere se stessa all'infinito, agendo su grafica e contenuti e rubriche, inserendo voci e nomi nuovi. Che una pagina dopo il sommario pubblica, udite udite, immagini e non schede tecniche, cover story di autori italiani e stranieri, volti nuovi e sconosciuti al fianco di professionisti affermati, dando voce a istanze quanto mai diverse. Tutto questo non viene relegato a due paginette a fine numero, ma è il modo in cui tutto inizia, ora che lo scrivo mi fa pensare ad una sorta di manifesto che dice a noi lettori: NOI SIAMO QUESTO. Condivido tutto quanto viene pubblicato? No, confesso di non capirle nemmeno alcune cover story, ma sono un'amatrice, senza foto, che vuole imparare a guardare e questo e uno strumento. Che poi in Italia ci siano solo editori "involuti" che il coraggio di finanziare una rivista di sole immagini ancora non l'hanno è un fatto, ma non accorgersi che almeno una voce fuori dal coro esista e provi a tracciare altre rotte mi pare francamente ingeneroso.

Lo so sono andata fuori tema...

Anonimo ha detto...

sono d'accordo con claudia.
però.
però io che sto cercando di imparare a capire (e imparare a fare bene, ma è molto più difficile e assolutamente non certo), ho a disposizione non solo la rivista di cui, ma anche librerie, biblioteche, e questa incredibile ed estesissima risorsa che è internet, e da tutte sto attingendo in abbondanza, che sono davvero una principiante e anche se lo resterò a lungo, mi piace progredire nello smantellamento della mia ignoranza.
non vorrei che la mancanza di cultura fotografica sia sempre colpa delle carenze di qualcun altro. che forse il mezzo accessibile ci fa presuntuosi, ed sono l'accettazione della propria modestia espressiva e la voglia di imparare che mancano. forse, eh.

Anonimo ha detto...

tt, condivido per carità buoni libri, belle mostre e anche internet sono strumenti imprescindibili, non solo per chi come te aspira a fare bene, anche per chi come me gode della mera fruizione delle opere dell'ingegno altrui, cerco il talento, la bellezza e l'emozione e possiamo rivolgerci a mezzi diversi. Ho risposto ad una critica specifica ed immeritata a mio avviso, perchè anche una rivista fatta con cuore e testa rappresenta uno strumento agevole per scoprire a approfondire e in cui mi aspetto di trovare squarci "che mondi possa aprirmi"...

Anonimo ha detto...

Ciao Sandro,
ho letto il commento sul photoshow e mi trova d'accordo, però con dei distinguo.Il primo è che sicuramente le mostre fotografiche si possono vedere e guardare attraverso. Mi spiego meglio si possono vedere delle foto senza trovare emozioni e questo giustifica la mancanta affluenza o interesse a certe mostre; mentre guardare attraverso la foto significa percepire per quello che è possibile quello che c'è dietro allo scatto l'emozione e l'attesa di fare lo scatto giusto e l'intenzione del fotografo di trasmettere emozioni attraverso la foto.Tornando alla mostra c'è una cosa da dire che è un po i lgatto che si morde la coda.
Mi spiego meglio, è vero che per fare una bella foto non serve sempre l'ultimo modello di fotocamera ma serve l'emozione di fotografare, sapere aspettare il momento delllo scatto giusto ( un po come il pescatore ), metterci la vera passione, non quella del momento che passa subito;ma per mantenere la parte più nobile della fotografia serve anche la parte commerciale che ci piaccia o no e non se ne può fare a meno.
Concludo dicendo che un'opera di sensibilizzazione alla nobile arte della fotografia indirizzata a chi recepisce questi concetti è l'unica alternativa.
Massimiliano detto Conte Max da Civitanova Marche

Anonimo ha detto...

Per giudicare una manifestazione bisogna mettere sul piatto della bilancia le aspettative da un lato e le impressioni ricevute dall'altro. Io ho caricato pochissimo il piatto delle aspettative per cui il bilancio non è negativo: ho visitato la mostra degli archivi Alinari (toh, guarda uno c'era), ho girato il perimetro (quello con qualche immagine da vedere), ho dato un'occhiata a qualche chicca del mercatino dell'usato, sono passato molto rapidamente per gli stand superilluminati e sono uscito; tempo un'ora. Ne ho avanzate altre pe la cultura...

Sono d'accordo con chi non vorrebbe neppure vedere qualche parvenza di cultura fotografica in quest'occasione, c'è un luogo e un momento per ogni cosa, il Photoshow può essere un incontro "tecnico" per produttori, distributori e operatori del settore. Com'è possibile pensare che la cultura fotografica, anche se per porzioni infinitesimali, riesca a permeare per osmosi i techno-addicts della fotgrafia?

Anonimo ha detto...

claudia, il "però" non era indirizzato a te specificamente, anzi, lo intendevo generico, una riflessione sorta dopo aver letto un buon numero di commenti (il cui tema centrale si ripropone ad ogni post, ma a me pare il gatto che si morde la coda).

Anonimo ha detto...

ragazzi che ne pensate dei "fotografi certificati"?
rawnef

Anonimo ha detto...

Caro Sandro leggendo alcuni commenti sembra che "l'aria si fa tetra e dura...". A parte qualcuno che sputa veleno su una rivista, che presumo sia Il Fotografo, molti evidentemente si prendono troppo sul serio. Cari amici Sandro ci ha dato un'occasione di parlare di una cosa che si presume interessi tutti, e questo lo si può fare divertendosi e non facendosi il fegato amaro. Professione o passione per me la fotografia deve soprattutto divertire.
P.S. si usano ancora espressioni come "fotoamatore evoluto"?

Anonimo ha detto...

Wow...direi che questo post ha liberato un po tutte le bestie imprigionate dentro gli amanti della fotografia (bada bene non Fotoamatori) quella è una razza a parte, il piu delle volte interessata a forme di emulazione estrema gia'...mi ha sempre fatto sorridere la supposizione che si possa copiare un'immagine, ma mi hanno sempre fatto una grande tenerezza coloro che ci provano...ma poi perche?...ok ok sono fuori tema, ma volevo solo rendermi un po' antipatico...ho sempre creduto che le persone simpatiche durino poco nel ricordo della gente, mentre l'erba cattiva rimane sempre il parametro fisso sul quale far ruotare il mondo.
Allora tema Photoshow 2007 critiche...ma perche criticare una manifestazione commerciale da sempre priva di scopi culturali?
mhhhh...forse perche' come si dice a Roma provano a fa i simpatici ma nun ce riescono. e poi cosa centrano le fotografie con le apparecchiature fotografiche?
avete mai visto una fiera di pennelli e colori? e se la facessero, saremmo stupiti se non organizassero mostre di pittura di valore?....io non so proprio rispondermi! voi?
AlogenuroVagante

Anonimo ha detto...

Rilancio il sasso nello stagno:che ne pensate dei "fotografi certificati"? La "bravura fotografica2 secondo voi può essere certificata, e soprattutto va certificata?
Sandro a te!

P.S. per un errore nella mia scheda risulto Algerino, poco male sono solo un Vesuviano

Anonimo ha detto...

Buongiorno Sandro,

Non posso che condividere le tue osservazioni, nonché apprezzare molti dei commenti che mi precedono.
Ciò che non condivido con Te è lo stupore di come stia evolvendo l'approccio e l'interesse riguardo la fotografia nei nostri tempi.
E' sufficiente un breve momento di riflessione per rendersi conto che ad un estremo di questa interesse si trovano gli appassionati della tradizionale fotografia a pellicola, affezionati alla loro Leica, che per nulla al mondo sono disposti ad avvicinarsi alla nuova tecnologia, disprezzandola ogni volta se ne presenti l'occasione.
All'estremo opposto si collocano coloro che ritengono che una costosa macchina fotografica sia sufficiente a realizzare foto stupende, la cui bellezza e qualità dipende solo dal denaro investito, convinti dell'inutilità di qualunque studio in merito.
Ovviamente questo gruppo supera di gran lunga in numerosità il precedente.
Sebbene questa realtà sia abbastanza sconfortante, sorge un sollievo dal fatto che queste due categorie siano separate da un grande intervallo di amatori che hanno una visione completamente diversa di questa arte.
La fotografia unisce settori della nostra cultura estremamente distanti nel tempo, dallo studio delle onde elettromagnetiche (natura della luce), dell'ottica (propagazione), della fisica tecnica (caratteristiche dei materiali sensibili), fino a quello vastissimo dell'elettronica (circuiti) e della logica (software).
Solo per citarne alcuni.
Per ultimo, ma di certo non meno importante, la fotografia avvicina alla cultura dell'arte, intesa come studio per apprendere da chi ci ha preceduto e da nostri contemporanei metodi e stili di rappresentazione che ci consentano di realizzare quanto nel nostro pensiero, o ci ispirino nuovi temi.

La fotografia è cultura.
Chi ci si avvicina da persona colta e/o da persona intelligente ha solo due alternative: o ne rimane completamente coinvolto, o dopo poco, se ne allontana, non appena compresa la grandezza, vastità nonché complessità dell'argomento.

Gli amatori descritti nel primo gruppo non frequentano le fiere, poiché la loro pigrizia mentale gli impedisce di allargare i propri orizzonti culturali, il che tra l'altro implicherebbe il dovere di rimettersi a studiare, questa volta seriamente.
I dilettanti del terzo gruppo sono i più assidui partecipanti, alla continua ricerca del mezzo tecnologico che gli consenta traguardi di cui potersi vantare congiuntamente al vanto per la spesa sostenuta.
Sono ignoranti, ma soprattutto presuntuosi, convinti di poter raggiungere qualunque meta senza alcun impegno se non quello di strisciare una carta di plastica.
Gli amatori del gruppo intermedio difficilmente frequentano tali posti, sapendo in anticipo chi troveranno, sapendo in anticipo quale potrà essere il livello della conversazione.
Se hanno bisogno di aggiornarsi, sanno usare internet, o sanno dove comprare dei buoni libri.

Ciò, però, non deve essere motivo di tristezza, il gruppo assente, se anche non è il più numeroso, è destinato nel tempo a crescere: chi si avvicina alla fotografia con il giusto spirito, non l'abbandona.
Sono sufficienti pochi amatori per creare momenti di confronto e di dialogo costruttivi e divertenti.
E pochi non sono.

Il mercato ha una sua strada, che è piacevole incrociare talvolta, ma che non si può percorrere congiuntamente ad esso.

A mio parere,
Marco.

Anonimo ha detto...

... riflettevo, e mi chiedevo, cos'è che alla fine "vogliamo"? Tutti più o meno concordiamo su le linee guida di una sana Fotografia, quindi !?

Sarà brutto dirlo ma in questo grande contenitore ci siamo Noi e gl'Altri, fine. Questo è il bello di sentirsi e dell'essere diverso .. nutrendo il desiderio di "contaminare" gl'Altri ... se capiterà.

IL SENZANOME

Anonimo ha detto...

...cultura, un sostantivo caratterizzato dalle fragilità tipiche di un aggettivo......

Anonimo ha detto...

Salve a tutti
essendo come voi tutti scribani del blog appassionato e sensibile alle vicissitudini di moderna natura che affliggono con dubbi e nubi le menti aperte del popolo sensibile alla luce
mi domando se non si stia veramente esagerando con l'uso della parola (Rivoluzione) (digitale) mi sembra che non vi sia nulla di rivoluzionario è una naturale evoluzione tecnica e terminologica di una forma d'espressione ormai diffusissima sul nostro timido e piccolo pianeta, bhe...credo ci si sia accorti un po tardi delle potenzialita divulgative di un mezzo cosi invasivo ed aperto all'interpretazione ed alla manomissione Social-culturale delle masse. sono anni che veniamo sottoposti ad un incessante stress patologgico di hyper somministrazione di immagini, c'è chi ha detto che la fotografia di massa e solo trash e chi invece ne ha fatto una vera e propria bandiera. credo che sia assoluto il riconoscere a determinati fotografi la grande forza espressiva dei loro lavori, ma ritengo che non ci siano reali conflitti d'interesse tra la fotografia con la F maiuscola oppure cosi detta dei grandi maestri e la fotografia che tutti oggi possono coltivare come linguaggio e utilizzare all'interno di comunyty virtuali o meno.
il problema reale come gia piu' volte detto e quello che non ci sono piu' spazi decenti per che invece vuol fare della fotografia arma espressiva per trasmettere se stesso a tutti coloro abbiano voglia di godere delle immagini studiate o almento concettualmente piu emotivamente elaborate, parlo chiaramente di fotografia bidimensionale cartacea incendiabile e sopratutto fisica.

AlogenuroVagante
SensibileAllaLuce

Anonimo ha detto...

Ps.
sono quello del post precedente,
Non so bene in che lingua io abbia espresso il mio pensiero, ma sono il primo a riconoscere che italiano non è di certo.

Mi scuso per gli errori e mu fustigo a sangue.

Anonimo ha detto...

Stamattina ho acquistato "Il Fotografo" di Maggio, ho letto di sfuggita ad un semaforo l'editoriale ... arrivo a casa, mangio, faccio una doccia, scarico la posta e wow clicco, navigo, leggo, commento, la penso esattamente come Oratore ... ma Sandro e' il mio mentore,
nella mia mano ho un rullino pieno di belle foto ... spero ... chissene frega del Photoshow ! Corro sul mio comodo divano a leggermi la mia bella rivista ;-)

Anonimo ha detto...

Finora non avrei saputo come commentare l'articolo di Sandro, la sua "amarezza" -come dice Alfonso- non mi permetteva di aggiungere parole.
Credo che la tecnologia, con le possibilità che dà, acuisca il senso di onnipotenza dell'uomo e lo convinca della possibilità di superare dei limiti che credeva di avere (sottolineo credeva). La tecnologia costruisce intorno a noi simulacri di certezze, forme definite, gerarchie, riferimenti autorizzati da un presunto fondamento scientifico e... soprattutto ci esalta facendoci sentire in qualche modo potenti.
La cultura è, socraticamente, anzitutto sapere di non sapere, quindi per definizione suscita domande più che concedere risposte univoche, soprattutto non concede senso di onnipotenza, e dissipa molte forme di illusione.
Nessuno credo oggi abbia interesse a mettere attenzione su questa categoria di domande. Chi vende dà risposte anche quando domande non sono state formulate. Crea domande fittizie, si sa. Crea domande e risposte che con ritmo vorticoso ricacciano nell'ombra le domande più aderenti all'interiorità, all'umanità, per evitare che queste domande (culturali) diventino crepe, crepe in un ordine che a nessuno oggi interessa incrinare.
(Forse nemmeno a noi che ne parliamo, purtroppo).

Anonimo ha detto...

Triste? Per me è tristissimo! Non è nemmeno facile trovare la causa di un disinteresse nei riguardi della cultura fotografica. A pensarci è anche parecchio strano. Se ci guardiamo attorno, camminando per strada, quanta gente vediamo intenta a scattare una foto. Foto che penso resterà nella memoria della macchina fotografica o verrà utilizzata come sfondo per il computer. Ormai tantissime persone hanno a che fare con la fotografia. Non sò a quanti sia capitato di essere chiamato per scattare delle foto su commissione. Quando inizi a parlare del lavoro che devi fare spesso ti trattano come uno che fa il fotografo come secondo lavoro o come un simpatico passatempo per arrotondare lo stipendio, senza capire cosa c’è dietro ad una immagine. E non parlo solo del momento dello scatto, ma del tempo trascorso sulle immagini che hanno fatto la storia della fotografia che uno studia per capire, magari cercare di ripetere e poi evolversi trovando qualcosa di nuovo da proporre agli occhi della gente.
Alla fotografia non viene data grande importanza, e per me uno dei problemi è dovuto al fatto che una fotografia va letta e non guardata. Necessita di tempo e di voglia. Tempo fa pensavo: in teoria in Italia, dove tutti dicono che si legge poco, una rivista piena di immagini che raccontano dovrebbe essere più accattivante rispetto ad una rivista dove le foto non hanno importanza e si basa tutto sulla parola scritta. Mai fatto pensiero più errato, escludendo quelle volte quando pensavo di aver capito le donne! Ma tornando al discorso, in una società, dove si dedica poco tempo alle cose, tranne che per i telefonini e l’abbigliamento, perché siamo sempre di corsa, come si può pretendere di dare il giusto spazio ad una cosa che pretende, per essere capita, del tempo. Probabilmente al Photoshow, la mostra dei fratelli Alinari non è stata visitata perché avrebbe portato via del tempo alle persone che erano entrate per trovare l’occasione in uno stand. Sandro scrive che altre mostre sponsorizzate erano più frequentate, ma le persone che vi entravano quanto tempo passavano davanti ad una foto? Come la leggevano? La leggevano? Quando parlo di fotografia con persone che non ne capiscono nulla, mi piace stare con loro e cercare di spiegare qualcosa sul perché una foto funziona. Nel mio piccolo cerco di dare degli strumenti per far capire che la fotografia è un linguaggio, e per comprenderlo bisogna conoscerne almeno le basi della sua grammatica. Perché ritengo che una cosa sia percepire qualcosa da una foto, un ‘altra sia capire perché quella foto mi trasmette certe cose, e non intendo solo emozioni, non sono un patito della new age che vive in un mondo fatto di energia ed amore, sono più terra terra, intendo una foto che racconta. Adesso concludo, la domanda finale era perché continuiamo a ostinarci a proporre una cultura della fotografia in un ambiente che non dimostra il minimo interessa?
Per me l’interesse da parte di molti c’è, solo che, come dicevo prima, se non vengono dati gli strumenti per leggere un’ immagine ci si annoia. È come dare la Divina Commedia in mano ad uno in grado di capire solo la Gazzetta dello Sport. Con questo non voglio dire che bisogna smettere di organizzare mostre fotografiche, però non sarebbe male se parallelamente ci fosse un modo di indurre le persone a soffermarsi a pensare davanti ad una foto. Magari anche solo a pensare qualche volta.
Dopo aver scritto le mie idee, poche e confuse, mi resta solo una domanda da fare:
Che pellicola hai usato per fare le foto al photoshow?
Nigula

Anonimo ha detto...

"fotografare significa fermare un attimo della memoria" Roland Barthes
così era, pensando alle foto in bianco e nero di mio nonno in divisa con le mostrine colorate di rosso in post produzione, oppure pensando alla foto di famiglia dei miei bisnonni o all'impronta di Armstrong sulla luna.... oggi ancora una foto può dire e raccontare, ma in quanti sanno capirla? Quante fotografie ci circondano ogni giorno? Quali memorie devono fermare le fotografie che vediamo? Il problema credo sia nel fatto che non vediamo più fotografie ma immagini, ed in questo turbinio di immagini in pochi sono capaci di vedere una fotografia. E le fotografie, come ad esempio i reportages inglobati in famosi settimanali, spesso, diventano per molti lettori solo immagini, come quelle che la gente si mostra sui telefonini e purtroppo le immagini si dividono in belle o brutte!
Sarà forse il caso di insistere per restituire alla Fotografia il suo ruolo?!

Anonimo ha detto...

Prima di tutto devo continuare a congratularmi per il grande lavoro che stai facendo in internet, mi piace moltissimo il tuo sito e mi piacciono le cose che scrivi non condivido, ovviamente, tutto ma reputo il tuo lavoro uno strumento critico interessante. Alcuni commenti che circolano per il blog li trovo decisamente meno interessanti e a volte trovo imbarazzo nell'inserirmi nelle pieghe di alcuni ragionamenti che mi paiono sterili e nella migliore delle ipotesi non troppo attenti al "come" si sta evolvendo la fotografia e al "dove" si sta evolvendo. A volte ho la sfortuna di assistere a dei dibattiti referendari dove i sostenitori del Pellegrin si e quelli del Pellegrin no si contendono arrogantemente il diritto di rappresentare il la “verità” (cito una cosa che ho veramente letto), è chiaro che siamo ormai i figli di un modo di fare polemica mutuato dagli usi e costumi di una comunicazione sempre più mediocre. Prendiamo per esempio la televisione, con tutti i limiti che poteva avere quella degli anni 50 e 60 la qualità del prodotto era garantita da firme come Concetto Marchesi, Cesare Zavattini, Nanni Loi, Ugo Gregoretti. Attraverso programmi di intrattenimento o di approfondimento passavano scontri culturali polemiche, impostazioni metodologiche. Era il metodo del confronto sulla qualità e sulle belle idee. Se accendiamo a qualsiasi ora del giorno e della notte il televisore siamo costretti a finti reality show, a pessima fiction con uno spessore sociale inesistente frutto di un politicamente “s”corretto acritico, programmi di discussione pomeridiani o serali da “pollaio”: oche e gallinacci isterici si confrontano su “tu non sei più il mio amico perché non porti più l’intimo di tendenza” o “ho appena finito di lavorare all’ultimo film di Carlo Vanzina dai contenuti profondi “vacanze di natale sulla luna” è la metafora del viaggio di conoscenza, tra un rutto e un urlo intestinale dove la parolaccia assume valore liberatorio e rivoluzionario”. Anche le testate giornalistiche tergiversano molto di più sull’omicidio brutale o sulla morbosità di alcuni eventi piuttosto che affrontare tematiche internazionali; chi fa informazione non ha più da tempo l’obiettivo di farci capire dove siamo collocati nel mondo, non ha più l’obiettivo di descrivere la società in cui viviamo. La comunicazione è diventata fine a se stessa, la manifestazione culturale è diventata sinonimo di evento, e quindi anche la fotografia e le tematiche che propone diventano: “eventi”. Questo si traduce nel tuo blog nei disturbi che ti ho descritto poco sopra che hanno preso il posto di “canonista o nikonista?”. Cioè i segnali preoccupanti sono evidenti anche nel settore della fotografia e della fotografia di documentazione.

Temo che non ci sia via di scampo fino a che il tema della discussione sarà "Pellegrin si o Pellegrin no" magari senza nemmeno entrare nel merito di un lavoro che meriterebbe un pensiero critico; oppure “Canon o Nikon?”. Dovendoti consigliare la prossima mossa all’interno del concetto “la fiera delle banalità” caldeggerei l’idea di aprire un settore dal titolo “è meglio la pellicola o il digitale”. Successo garantito. Legioni di dilettanti vomiteranno le loro insicurezze difendenfo il raw contro la tmax. Quando ti deciderai “approfondire”, questi temi in questo modo, il blog avrà tanti viaggiatori, e commentatori con la stessa verve urlante di Sgarbi o di D’Agostino. Io preferisco sperare che terrai la barra salda e continuerai a rivolgere la tua attenzione su “Alvarez Bravo una vita per la fotografia” o “Eugene Smith usate la verità come pregiudizio”. Saremo sicuramente di meno a leggere le tue cose molti dei navigatori della rete eviteranno il tuo blog, ma a noi rimmarrà la speranza di costruire un mondo più attento, un mondo migliore.

Dario Coletti

Anonimo ha detto...

si coletto, ma qual'e' il tuo contributo al discorso, ripeti stancamente e in poco chiaro italiano cose gia' dette da tutti, ti piangi addosso come tanti e non contribuisci ad alcun arricchimento sostanziale del blog. non capisco la necessita' del tuo intervento.
accidenti, ma puo' essere mai che questo blog sia sempre e solo una lamentela contro qualcosa che non va?

Anonimo ha detto...

Scusa, magicopiffero, ma il tuo di contributo, lontano da lamentele e polemiche e foriero di illuminanti contenuti, sarebbe questo? Adesso sì che mi sento accresciuta, grazie a nome di tutti!

Anonimo ha detto...

grazie anche a te per quest'ultimo tuo utile contributo ed utilissimo invito sfrigolante all'accrescimento.

Anonimo ha detto...

Magico e con questo chiudo, perchè la polemica è sterile, la differenza tra noi non sta tanto nel vuoto che sappiamo esprimere, io posso abbassarmi a quasi ogni livello, ma dalla capacità di ascoltare chi ha qualcosa da dire, come Dario Coletti, senza pretendere dagli altri la verità rivelata offrendo in cambio il nulla assoluto...

Salah al-Din ha detto...

Complimenti per l'impegno e per i contenuti del blog, che seguo con interesse da qualche tempo; lo abbiamo aggiunto tra i preferiti qui http://controcopertina.blogspot.com/2007/04/blog-che-leggiamo.html