venerdì 9 ottobre 2009

La stampa online sulla scomparsa di Irving Penn


«È morto a 92 anni nella sua casa di Manhattan Irving Penn, assieme a Henri Cartier Bresson, il fotografo e artista visuale più importante del ventesimo secolo» (Repubblica.it).
«PITTORE MANCATO - Inizialmente Penn voleva fare l'artista. A 25 anni partì per il Messico dove iniziò a dipingere, ma dopo un anno si convinse che non sarebbe mai diventato un grande pittore e, tornato a New York, divenne assistente di Alexander Liberman, art director di Vogue. Nel 1948 realizzò alcuni servizi per la rivista in Perù, mentre le diverse campagne fotografiche legate al mondo della moda realizzate nel corso degli anni cinquanta gli conferirono la prima fama internazionale» (Corriere della sera).
È naturale che sia triste prendere atto della dipartita di chi ha lasciato una traccia indelebile con il proprio operato. Ma a mio avviso è ancor più triste prendere atto della sciatta incuria, al limite dell'indifferenza da impiego massivo di luoghi comuni e note di agenzia, con cui il giornalismo comunica queste informazioni.
Ieri le principali tesate on-line hanno dato la notizia della scomparsa, al'età di 92 anni, di Irving Penn. Repubblica.it lo accomuna a Cartier Bresson, autore di tutt'altro genere, e se la cava per il rotto della cuffia ponendo i due su un analogo parametro di popolarità: ovvero non importa che la gente sappia che Bresson e Penn facessero lavori diversissimi in ambito fotografico, quel che conta è che si capisca che pure Penn era uno tosto se il suo nome è stato messo vicino a quello dell'unico fotografo conosciuto anche dalle pietre.
Per fortuna che il Corriere della sera rialza il tono ricordandoci che il defunto fotografo altro non era che un pittore fallito (si lo so che hanno scritto mancato, ma mi pare ci sia poco da equivocare sul reale senso del termine). C'è da dire che se non altro l'ennesimo luogo comune è stato confermato. Del resto si sa che anche in ambito musicale tutti i bassisti sono chitarristi falliti, che non ci sono più le mezze stagioni e che i neri hanno il ritmo nel sangue. Per cui perché sconvolgere le regole... strano semmai abbiano omesso che anche Cartier Bresson potrebbe essere fatto rientrare, senza troppi sforzi, nella categoria dei pittori falliti, pardon mancati.
Ah, se il concetto non fosse stato chiaro ecco titolo occhiello e sommarietto sempre da il Corriere della sera:

«All'inizio della carriera sognava di fare il pittore. Poi la passione per i clic»

«Morto Irving Penn, il fotografo di Vogue»

«Il ritrattista è deceduto a 92 anni nella sua casa di Manhattan. Le sue foto hanno fatto il giro del mondo»

In cui gli impliciti presenti nel concetto di sognava di fare il pittore e passione per il click sono a dir poco riduttivi, per poi passare al luogo comune del fotografo di Vogue e al quasi stupore per il fatto che delle foto possano acquisire notorietà mondiale. Infine va sottolineata l'originalità del titolo che si evince anche dal confronto con quello de Il sole 24Ore:
«È morto Irving Penn, il fotografo di Vogue»
Per fortuna a Repubblica.it hanno cercato di rendere sia pur genericamente, merito alla grandezza dello scomparso:
«Addio a Irving Penn, genio dell'immagine»
In ogni caso non è giusto parlar male aprioristicamente dei giornalisti che scrivono per le nostre due maggiori testate. In entrambi i casi l'indubbia competenza professionale dei colleghi emerge dal fatto che è stato fedelmente riportato l'elemento fondante dell'intera notizia, quello che da tutto il senso profondo di quanto accaduto con la scomparsa di Irving Penn, quello senza il quale non avremmo potuto comprendere l'importanza dell'avvenimento:
«La morte di Penn è stata annunciata da Peter MacGill, amico e rappresentante» (Corriere della sera)
«La morte di Penn è stata annunciata da Peter MacGill, amico e rappresentante» (Repubblica.it)
E quanta incredibile originalità nell'enunciare questa imperdibile informazione.

Ancora interessante la garbata imprecisione nella didascalia di Adnkronos che ci informa che la copertina di Vogue posta ad illustrare il pezzo è Irving Penn:
«New York, 8 ott. - (Adnkronos) - Il fotografo statunitense Irving Penn (nella foto)»
Ovviamente senza dimenticare l'aspetto fondamentale in cui però si dimostra maggior approfondimento, anche se presumibilmente con una svista di battitura:
«L'annuncio della scomparsa è stato dato congiuntamente dall'amico Peter MacGill, che era anche il suo agente, e dal fratello, il regista Arthru Penn» (Adnkronos)
Mi viene un dubbio... e se tutto quello che ci raccontano, ben oltre la fotografia quindi, avesse lo stesso spessore giornalistico?

Spunti per un confronto che ognuno può arricchire a piacere:


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23 commenti:

Danx ha detto...

Clic.
Che tristezza.
Dovrebbero leggere la biografia di Meyerowitz per capire cosa spinge un pittore (o anche solo aspirante tale) alla fotografia.

Unknown ha detto...

Se mi è concessa un'amarissima battuta, forse sarebbe sufficiente che si limitassero a leggere...

Danx ha detto...

Già.
Poi sarebbe bello se i nostri giornali parlassero di casi assurdi come questo:
http://www.thestar.com/news/world/china/article/707868--olympics-take-aim-at-flickr

Unknown ha detto...

«È morto a 92 anni nella sua casa di Manhattan Irving Penn, assieme a Henri Cartier Bresson, il fotografo e artista visuale più importante del ventesimo secolo».

Se vogliamo essere pignoli i nostri cari giornalisti dovrebbero urgentemente frequentare un corso di lingua italiana e, soprattutto, di uso della punteggiatura.
Cioè: "È morto a 92 anni nella sua casa di Manhattan Irving Penn" - abbiamo capito che è morto, dove e come si chiamava - virgola - "assieme a Henri Cartier Bresson" - sono morti insieme? nello stesso momento? erano conviventi? - virgola -"il fotografo e artista visuale più importante del ventesimo secolo" - chi dei due era il più importante?
Se poi vogliamo cavillare ulteriormente l'aggettivo corretto è "visivo", visuale vuol dire tutt'altro (Zingarelli).
Se è concesso pure a me, scusatemi per lo sfogo, ho avuto una settimana terribile e sono molto stanco :-)

nylonoir ha detto...

@ Marco Baracco: E' la prima cosa che ho notato anch'io!

Ma comunque... io michiedo, solitamente i giornalisti non sono selettivi? Nel senso, si occupano di un settore?Mi chiedo, non c'era mica un giornalista d'arte che poteva scrivere un pezzo sulla morte di Penn? O chiunque può scrivere di qualsiasi cosa?
Cosa leggo un giornale a fare se poi non sono sicura che la fonte sia informata?
Come la sciatteria può offuscare il talento.

Unknown ha detto...

Sicuramente la forma è perfettibile, ma davvero non mi sembra la cosa più grave sulla quale soffermarsi. Il problema sono i contenuti, impliciti e non, non tanto il modo in cui il pezzo è stato scritto. Fermo restando, ovviamente, che maggiore accuratezza in questo senso sarebbe come minimo doverosa.

Giancarlo Parisi ha detto...

Personalmente sono così ignorante da non conoscere altro che il nome di Penn... Ma in tutto ciò che ho letto sulla fotografia il suo nome è uscito varie volte. Avrei voluto sapere di più su di lui e da un pezzo di commiato alla sua morte mi sarei aspettato più rispetto e maggiori informazioni: solo facendo una mia ricerca ho constatato come il binomio Penn-Bresson fosse posticcio.
Ma cos'è questo se non un esempio di come il giornalismo e l'informazione stiano andando a rotoli?

Unknown ha detto...

Hai decisamente colto in pieno il senso di ciò che volevo dire citando un caso a mio avviso grave, ma di sicuro non il più grave che ci può offrire il panorama attuale.

francesco peluso ha detto...

"Del resto si sa che anche in ambito musicale tutti i bassisti sono chitarristi falliti" e per te che sei un bassista....
Ne abbiamo già parlato altre volte sulla superficialità dei mondo dell'informazione, forse semplicemente non hanno la consapevolezza in ambito global di quante persone leggeranno quanto da loro scritto.
Ma forse è vero l'esempio dell'amico restautore che ripreso da me sulla superficialità di talune operazioni mi rispose con le seguenti testuali parole;
"Ma secondo te, oggi qualcuno capisce ancora la differenza tra gommalacca e vernicetta trasparente sintetica?"
Forse per il mondo dell'informazione è più importante di essere tempestivi, veloci che essere precisi.
Per essere precisi occorre prima di tutto rileggere, poi documentarsi, poi verificare.
Occorre tempo.
E poi c'è sempre l'alibi dell'amico restauratore, tanto la maggior parte della gente non sa distinguere, discernere.
Il lettore da una veloce e spesso distratta scorsa alle informazioni e quindi è inutile stare a inciderele famose testoline d'angelo.
Le informazioni devono prima di tutto attirare l'attenzione del distratto lettore (leggi titoli a sensazione che spesso si contraddicono con il contenuto dell'articolo)
Ma la cosa singolare ed interessante che tutti noi facciamo incetta di informazioni, internet, gionali, tv, blog, feed.
Tanti canali TV, centinaia, digitale, analogico, satellitare..
Un'abbuffata pantagruelica di informazioni, che ci porta a disperdere le nostre energie mentali in numerose attività contemporanee, ma senza che nessuna riesca a sedimentare nella nostra testa.
Leggere (vedere) tutto per non leggere (vedere) niente.

Comunque va via un grande il suo concetto estetico e compositivo ''less is more'', cioè più si sottrae da un'immagine più essa può risaltare efficace è per me un concetto bellissimo.
Il ritratto attraverso la bottiglia di vetro è di una forza, eleganza compositiva ed originalità (per me) veramente unica.
Ciao Irving

Unknown ha detto...

Condivido Francesco. Meno condivido l'alibi del tanto la gente non distingue la differenza che spesso nasconde solo una scusa per il proprio mancato impegno. Credo che se noi riusciamo a distinguere qualcosa da altro abbiamo il dovere etico di mettere a disposizione degli altri la nostra conoscenza e aiutare anche gli altri a capire il valore della gommalacca rispetto a quello della vernicetta trasparente sintetica.
Detto questo per stemperare la serietà chiudo con una battuta: io bassista, ahimè, non lo sono... al massimo mi posso considerare possessore di bassi... ma per la gioia del tuo restauratore il mio preferito non ha la verniciatura sintentica, ma un'arcaica, costosa e maledettamente delicata verniciatura alla cellulosa... e, per inciso, non ho mai toccato una chitarra in vita mia prima di prendere in mano un basso ;-)

marom ha detto...

Concordo pienamente con Iovine, la forma (nel caso specifico davvero imperfetta) è impotante, ma le maggiori perplessità derivano dalla sostanza culturale molto approssimativa che ha guidato i redattori dei media che si sono "dati la pena" di dare la notizia

Giancarlo Parisi ha detto...

Piacerebbe a tutti...ma non capisco cosa centri...

TrecceNere ha detto...

Oltre al PITTORE MANCATO metterei in grassetto anche la frase "ma dopo un anno si convinse che non sarebbe mai diventato un grande pittore"... poveraccio.
Magari mi sbaglio, ma è una cosa che ho notato anche per i vari tg regionali quando c'è da presentare una mostra.Secondo me quando arriva in redazione una notizia sulla fotografia i giornalisti entrano in panico.
-E ora che scriviamo?
-Eh era famoso, ma la gente mica lo sa.
Io per esempio non l'ho mai sentito. Ma bisogna far capire che era importante, se no non fa notizia.
-E tu scrivici che era come Bresson, che quello lo conoscono tutti.
-Ma che ha fatto di toco?
-Beh ci sarebbe quella cosa di Vogue.
-Ah, allora fa una cosa, scaricami una sua foto per Vogue che io ci metto queste 4 cose e il pezzo è pronto.
Per quanto riguarda l'uso di espressioni come "la passione per i clic" (sentite anche voi questo brivido nella schiena?) temo che tra 2o anni si parlerà di FOTINE, o si useranno espressioni come "il mago dei megapixels", o altra roba del genere che serve solo a far capire che ANCHE IL GIORNALISTA è UNO TOCO! :)

Unknown ha detto...

da Wikipedia,
su Penn.
"Dopo le scuole pubbliche, compiuti i diciotto anni, si iscrisse al corso di disegno pubblicitario della durata di quattro anni tenuto da Alexej Brodovitch, capo redattore di Harper's Bazar magazine presso la School of Industrial Art di Philadelphia.

Nel 1938 riuscì a lavorare come art director allo Junior League Magazine. A venticinque anni lasciò il lavoro e partì per il Messico dove iniziò a dipingere, ma dopo un anno si convinse che non sarebbe mai diventato un grande artista e, tornato a New York, nel 1943 divenne assistente di Alexander Liberman, art director della rivista Vogue. Nel 1948 realizzò alcuni servizi per la rivista in Perù, mentre le diverse campagne fotografiche legate al mondo della moda realizzate nel corso degli anni cinquanta gli conferirono la prima fama internazionale."
Se non leggo male questa é la fonte. Copiata di sana pianta. Leggo male?
Se così é, il gionalista si é rifatto ad una fonte, d'altra parte Wikipedia é un'enciclopedia, no?
E non l'hanno sempre fatto, non hanno sempre copiato di sana pianta le cose che non sapevano? La differenza è che oggi, in un minuto ho verificato da dove poteva arrivare quel pezzo. Per questo credo che il giornalismo sia anche in crisi, ma non é da oggi.
marco

Giorgio Cecca ha detto...

Marco,
dopo ciò che hai "scovato", penso non sia più neanche il caso di parlare di giornalismo.

Lorenzo Palizzolo ha detto...

Io, personalmente, credo che siano tutte osservazioni molto interessanti, ma che il punto fondamentale, dal quale per altro si era partiti, sia la sensazione che si prova quando si legge un articolo di una grossa testata, riferito magari a un argomento sul quale si ha ampia conoscenza, e lo si trova pieno di errori e soprattutto di fesserie; e quello che si pensa subito dopo: "ma le fesserie sono scritte solo sull'articolo che sto leggendo io o sono scritte mediamente in tutti gli articoli di quella testata?"

E poi, una stupida curiosità: ma perché tutti citano questo binomio Penn-Bresson, e nessuno osa parlare del binomio Penn-Avedon? Bisognerebbe considerare le fondamentali differenze stilistiche che hanno espresso e manifestato questi due nella fotografia di moda, e in riviste come Vogue, Harper's Bazar, etc.

Lorenzo Palizzolo ha detto...

Un ultima cosa, a proposito di verità e giornalismo, qualcuno di voi ha visto il documentario di Peter Joseph "ZEITGEIST" ?
Secondo me per alcune cose è molto interessante.

P.S. Ovviamente mantenendo sempre un po' di occhio critico.

Maurizio Maestri ha detto...

Forse anestetizzato dal sistema Italia, non trovo il modus talmente scandaloso da rabbrividire (forse perché ne ho lette di peggio). Certo che l’esecrabile pressapochismo col quale le testate maggiori trattano notizie non fruibili ed immediate alla maggior parte dei lettori lascia alquanto perplessi ma lo trovo solo un ulteriore conseguenza del vero sbando che attanaglia l’informazione e il modo di fare informazione. O meglio: disinformazione. Credo che la sistemica faziosità ed omissione della verità che sono all’ordine del giorno siano (in un ordine di nefandezza da condannare a priori) ben peggio di una notizia data in maniera superficiale o standardizzata da testate che non trattano di fotografia in maniera seriale ed approfondita o che non hanno la fotografia come argomento fondamentale della loro linea editoriale. Fondamentalmente il nocciolo c’è. Un grande fotografo è morto. L’ignoranza del giornalista pure e qui la condanniamo. Ma è quando l’ignoranza o il ”meccano mediatico” costringe il giornalista ad omettere o alterare una notizia pertinente al tema sul quale il giornale è “forte” che trovo il peccato imperdonabile specialmente su grandi testate che di cronaca e di politica sono il più grande amplificatore. La morte di Penn trattata in questo modo sarebbe stata imperdonabile su “Il fotografo” o su riviste similari ma (mio personalissimo parere) non su codeste testate che fanno di cronaca, economia o politica i loro cavalli di battaglia e che quindi su tali argomenti non tollero tale superficialità. Lo so, sto parlando di “disparità” di informazione in base agli argomenti principe trattati da una testata, ma capisco lo sdegno di Iovine, come capisco lo sdegno di un fan che legge: “Morto Kurt Cobain, leader del gruppo rock dei Nirvana” (vogliamo disquisire su: grunge o rock?), o di un addetto ai lavori che su una rivista di cronaca rosa legge: “Ecco l’attaccante della Juve Diego con la fidanzata” (disquisiamo su trequartista o attaccante?). Sono in totale sintonia riguardo le critiche sull’analfabeta che ha scritto il pezzo, ma tale genericità è ben poca cosa riguardo la manipolazione e l’imbrigliatura alla quale ci hanno abituato i giornalisti che reputo di gran lunga più obbrobriosa. Con profonda stima. Maurizio.

rawnef ha detto...

tanti commenti su un problema di punteggiatura...ma non è un blog di fotografia?
Vanity Fair ha una rubrica che si chiama servizio accuratezza, dove i lettori possono rimarcare gli errori e i redattori mettervi riparo. Ha un senso, perchè la realizzazione di un magazine ha tempi diversi rispetto a quello di un quotidiano. Ora la notizia della morte di un famoso fotografo, di un pittore o di un musicista di musica classica, arriva come dispaccio di agenzia in un mare magnum di morti, commenti politici realizioni internazionali o cronaca nera. La fretta o problemi nei flussi tra desk e tipografia può generare errori del genere. Oltretutto bisogna considerare che le brevi vengono fatte da chi si occupa della "cucina redazionale". Che non è sicuramente un esperto di fotografia, arte che è bene ricordarlo è "di nicchia". E' chiaro che se si decide di fare un articolo di approfondimento si chiama il collaboratore "specializzato" nel genere.

Unknown ha detto...

Il problema infatti non è certo la punteggiatura o l'ortografia che non sono comunque perdonabili ma non costituiscono a mio avviso il problema maggiore e tanto meno quello di cui abbia senso dissertare in questa sede.
Rimane grave il fatto che si continui a leggere con un angolo di campo ristretto che non prende in considerazione visoni più ampie o il valore esemplificativo di certi episodi. Verissimo che il problema si ripercuote quotidianamente su una miriade di campi specifici, ma non è orgoglio specialistico ferito che porta a lamentarsi dell'operato dei colleghi. Semmai è una valutazione politica (al solito in senso etimologico) del ruolo dell'informazione. Come non è grave l'opinabile utilizzo della punteggiatura, probabilmente non è grave nemmeno che si facciano affermazioni superficiali e discutibili quando non improbabili sulla morte di Penn. Quello che è grave è che troppa informazione sia trattata (e non solo per fretta o sciatteria) allo stesso modo e su ben più gravi e gravosi argomenti e che troppo pochi siano quelli che se ne rendono conto. Del resto anche in queste pagine mi pare si continui spesso a confondere il dito con la Luna.

rawnef ha detto...

...come disse Vittorio Cotone al comandante Kessler:" aderisco incondizionatamente!" (I due Marescialli 1961 regia Sergio Corbucci)
E' vero caro direttore, spesso, troppo spesso, l'informazione è trattata in modo superficiale e "uniforme" anche su argomenti importante. Qualcuno dice che evidentemente questa è l'informazione che si merita questo paese, è guardandosi in giro, forse ha ragione.

Unknown ha detto...

Di sicuro è quel che ci meritiamo... ma mi piace illudermi di non averlo ancora accettato completamente...

Lorenzo Palizzolo ha detto...

Cito una frase di cinque post precedenti a questo: "Ma è quando l’ignoranza o il ”meccano mediatico” costringe il giornalista ad omettere o alterare una notizia pertinente al tema sul quale il giornale è “forte” che trovo il peccato imperdonabile specialmente su grandi testate che di cronaca e di politica sono il più grande amplificatore". Mio caro Maurizio sono assolutamente d'accordo con te. Tale peccato è socialmente imperdonabile. Come del resto lo è l'ignoranza del singolo giornalista.

Personalmente metterei un punto a questo discorso della punteggiatura, non è di questo che si sta parlando, ma di omissione o trasformazione della verità; problema alquanto più grave.
Penso anch'io che il male causato dai pochi dipenda dalla negligenza e dal disinteresse dei tanti, in poche parole certe cose ce le meritiamo davvero; ma anche a me piace illudermi di non averlo ancora accettato.