Uno dei vantaggi derivanti da determinate posizioni frutto di un impegno lavorativo, e di osservazione privilegiati su determinati parti di mondo. Nel mio caso specifico questo si concretizza nel poter osservare il pianeta della fotografia. Un territorio potenzialmente immenso, anche a volersi semplicemente limitare alla realtà italiana, ma che alla fin fine si esaurisce in un numero abbastanza limitato di protagonisti realmente attivi. Si tratta del risultato, ce lo siamo raccontato già troppe volte per insistere sull’argomento, di una diffusa non conoscenza della fotografia autoriale e della passiva reiterazione di modelli culturali statici e privi di capacità di rinnovamento. Se si guarda all’utenza definita amatoriale permane una confusione fondamentale tra fine e mezzo che finiscono per divenire un elemento unico che si dibatte all’interno di ripetizioni che si autoalimentano. Lo strumento che per definizione dovrebbe essere solamente un mezzo attraverso il quale si manifesta una volontà di espressione, finisce nei più accalorati per essere l’unico obiettivo da raggiungere. Di fronte a queste considerazioni più volte ripetute il sommesso invito che vorrei fare a chi avesse la bontà di leggere queste righe è quello di fermarsi per un attimo a riflettere su quali siano le motivazioni che lo inducono a compiere un gesto fotografico. Perché fotografiamo? Cosa ci spinge a definire porzioni di mondo all’interno di un’inquadratura? Si tratta di una domanda elementare, ma forse come tutte le cose apparentemente semplici permette di scoprire verità interessanti, e forse perfino di dare un senso alle azioni che compiamo. Vogliamo rappresentare il mondo come lo vediamo? Oppure cercare di bloccare il trascorrere del tempo lenendo l’ansia che deriva dalla coscienza di una dimensione terrena transitoria? Spesso non ce ne rendiamo conto, ma proprio quest’ultima è una delle motivazioni più diffuse per premere il pulsante di scatto da parte di chi non nutra particolari velleità e/o profondi interessi nei confronti dell’immagine fotografica. Scattiamo per fermare un momento, bloccare il tempo, ancorare il nostro ricordo ad un’immagine, per fermare il volto di qualcuno nel tempo arrestandone l’invecchiamento su un rettangolo di carta. E quale trasformazione ha portato l’impiego di una fotografia immediata, impalpabile, che compare su uno schermo a cristalli liquidi e sempre meno spesso viene stampata? Come vivono i nostri figli l’immagine fotografica di cui sono accaniti consumatori, ma apparentemente solo per una condivisione di pochi istanti, prima che l’immagine scompaia nel buio delle memorie di cellulari o nei miasmi di qualche raccoglitore di immagini in rete? Quante domande si possono fare sulla fotografia che consumiamo tutti i giorni... eppure nonostante le trasformazioni tecnologiche le domande che continuo a sentire più spesso suonano sempre allo stesso modo. Se prima si chiedeva che pellicola era stata usata ora si chiede quanti megapixel offre il sensore della macchina. Insomma la tecnologia sarà anche cambiata, ma in pratica tutto il resto è rimasto uguale: lo strumento continua a essere un fine per la maggioranza e quasi nessuno si chiede perché sta facendo qualcosa.
n.187 - novembre 2007
65 commenti:
Lo strumento è strumento e basta. Lo ripeto da tempo in tutti i corsi e le iniziative che promuovo, nei discorsi ufficiali e nelle chiacchiere con gli amici, ma le orecchie, che sentono e non ascoltano, sono sempre orecchie di mercante. Certo, proprio così, si tratta di mercanti di strumenti, autodefinentisi fotoamatori, ma che in realtà sono feticisti dediti all'adorazione dei propri strumenti. Quando poi questi mezzi non danno il risultato voluto si vendono. Ecco dove si vedono i mercanti, in questa piazza strapiena di gente che parla di questa o quella macchina, l'obiettivo migliore (migliore di che?), ma neanche uno che mi dica "guarda, qui ho voluto rappresentare un sentimento".
Così si va avanti all'infinito senza produrre nulla, conosco persone che provano da trent'anni oggi questa macchina, domani quell'obiettivo; una vita da cavia, un eterno test senza risultati. Quando poi gli chiedi di farti vedere qualche foto non è mai il momento, "non ho avuto tempo di stamparle... in questo periodo non ho molto tempo... poi ti faccio vedere...".
Scrivi bene e sottolinei il concetto anche tu Sandro, voce che grida nel deserto, la risposta si perde nel vento.
Quando leggo le tue esortazioni, a pensare a quello che si fa, mi viene in mente che il principio guida del fotografo è "avere qualcosa da dire" e che questo qualcosa non deve essere necessariamente ermetico.
Personalmente odio le elucubrazioni dietro alle immagini, sono per una forma espressiva semplice, naturale, guardo il mondo in cui vivo e cerco di dire quello che sento attraverso le fotografie.
Non mi interessa nulla dei commenti che se ne possono fare, non m'interessa nulla di sentir dire "bella questa!", non è questo lo scopo. Se riprendo un tramonto rosso fuoco - come quello che ho visto stasera dalla finestra di casa - sorge in me un sentimento di gratitudine e serenità verso l'equilibrio universale. E basta. Che poi lo voglia fotografare con due o dodici megapixel sono fatti miei, l'importante è che l'immagine, quel rettangolo di tempo fermato in una frazione di secondo, possa farmi assaporare lo stesso sentimento ogni volta che la guardo, la osservo, la vivo.
Perchè fotografiamo?E' una domanda difficilissima...l'unica cosa che mi viene da dire è che rivedere infinite volte l’istante che ho scelto mi aiuta a capire meglio chi sono.
Quando ero una ragazzina mi piacevano le pistole, mi piacevano come oggetti, lucidi freddi inanimati eppure potenti, pericolosi... ma poi mi sono detta, con le pistole puoi solo uccidere, o alla meno peggio spaventare qualcuno, ma per lo più metterti in pericolo... eppoi le pistole sono illegali, a meno di non avere un porto d'armi naturalmente.
Allora ho scoperto le macchine fotografiche, oggetti lucidi freddi inanimati eppure potenti, pericolosi ... per i soggetti "a rischio" (spacciatori appostati dietro i muretti delle scuole, per esempio).
Questo per spiegare la mia passione per lo strumento, ebbene sì amo la fotografia e AMO anche le macchine fotografiche, il lavoro che c'è dietro, la precisione dei componenti, l'accuratezza della meccanica e la fantasia del digitale (o viceversa, che tanto è lo stesso).
E amo fotografare per osservare meglio, con più cura, attenzione ai particolari; selezionare visioni e visuali, cogliere attimi irripetibili. E poi per documentare: situazioni sociali, luoghi della memoria e della bellezza, incontri, amici, idee di possibili futuri. E allora, quando c'è un'idea, quello strumento diventa un compagno che sa quello che vuoi e te lo dà, sempre.
sarà un grande passo per la fotografia il giorno in cui nei forum di fotografia sarà proibito per regolamento inserire la propria attrezzatura come presentazione!
nel corso di fotografia che sto tenendo faccio fotografare solamente con l'usa e getta. qualcuno si lamenta che senza lo zoommone non riesce a fotografare, qualcun altro si lamenta che non conosce la macchina. una ragazza mi sta facendo un lavoro incredibile di reportage sull'ospedale dove lavora.
su venti una ha capito.
personalmente mi ritengo soddisfatto.
gioVanni
Perchè fotografo? Si, questa domanda io me la pongo spesso e se non ho pronta una risposta ripongo immediatamente il mezzo nella scatola. Una domanda la cui risposta può essere la più disparata e sempre assolutamente coerente. Il termine "fotografare" ha assunto nel tempo così tanti significati che è imprescindibile dalla singola, individuale personalità . Fotografo per gioco, potrei dire in un momento felice. Fotografo per rabbia, potrei dire in un altro momento cupo della mia vita; fotografo per ricordarmi di questo istante, potrei ripetere. Ecco, tante situazioni, tanti istanti diversi ed ognuno con le sue motivazioni sul perchè "fermare quel momento". Il risultato? Non ha importanza. Lo potrà avere in seguito, quando decontestualizzando le immagini prodotte, riconosceremo la motivazione originale; ci ricorderemo del perchè e, se siamo bravi, lo faremo ricordare anche agli altri.
Perchè fotografo? Sarebbe un bel test da fare tra i lettori della tua rivista, o perlomeno di questo blog. Vediamo quante e quali risposte usciranno fuori.
Ciao
Ezio Turus
http://ezioturus.altervista.org
si', ma si presume che noi partecipanti al blog di Sandro bene o male siamo forse in sintonia. certo e' interessante sentire le pulsioni fotografiche di ognuno di noi come dice Ezio, sempre puntuale nelle osservazioni e preciso.
Ma perche' invece non chiedere a quelli che non ragionano come noi, perche' non cercare di farli parlare, del loro rapporto con l'atto del fotografare e poi con gli oggetti materiali che sono le fotografie.
Indubbiamente risulterebbe che per una buona fetta di gentechefotografa l'oggetto del contendere e' l'immagine virtuale, sul monitor o sul display del cellulare, una cosa diversa rispetto a chi e' per ragioni anagrafiche ancora legato alla materialita' della "stampa" cartacea.
chissa' che ascoltando quelli dalle orecchie sorde e dalle menti ottenebrate dai pixel non spuntino fuori motivazioni che ci possano far riflettere.
per conto mio io sono un fotoamatore, nel senso che mi interessano i messaggi trasmessi da chi fotografa in un certo modo, quqndo mi fanno capire un punto di vista e di visuale altrui, e quando mi forniscono suggestione.
fotoamatore in quanto colpito da sempre dalla passione per la fotografia, perche' per il resto io non fotografo quasi piu', e accarezzo ogni tanto le mie bambine-fotocamere perche' il contatto visivo e manuale con i mezzi di una attivita' che piace, e che prima praticavo, mi fa riandare alle possibilita' che IO, non lo strumento, ho-avevo per esprimere qualcosa. e poi, essendo un collezionista nato, ho si' molte fotocamere, perche' le usavo tutte, ed ognuna mi consentiva cose diverse, ( 35 mm, 6x6, a foro steno, polaroid, toycameras ecc. ) ma colleziono fotografie.
E come il calviniano Antonino le mie ultime foto sono foto di foto.
una sera una persona molto acuta, dai giudizi acuminati ed inflessibili disse rivolgendosi ad altri che vedo meglio guardando attraverso un grandangolo.
io non lo sapevo, o perlomeno non ci avevo mai pensato in questi termini, ma avevo trovato toccante e molto vicina a me quella descrizione e conclusi che dovesse aver ragione.
credo di fotografare per vedere qualcosa che ad occhio nudo non vedo completamente, ma che mi attrae come una presenza facendomi intuire un esserci diverso da quello che mi pare di vedere solo guardando.
non sono in grado di fare foto di reportage, forse cerco allucinazioni o rappresentazioni più vicine a quanto mi investe in un luogo e in un tempo, ma non so far conoscere agli altri la realtà di quel luogo e di quel tempo.
per questo non sono un "fotografo".
ciononostante spesso non posso non fotografare perché non posso non cercare di capire di più delle percezioni o delle sensazioni che mi investono in quel luogo e in quel tempo.
credo che fotografare così sia un modo per avvicinarsi a se stessi e cercare di dirsi e comunicare, se possibile, o almeno un modo per vedersi e cercare di conoscersi attraverso i propri sensi di quel momento e attraverso gli stessi sensi in un momento diverso e distante quando rivedremo l'immagine. si scoprono permanenze e si hanno insospettabili sorprese.
Come ho già avuto modo di dire in questo blog, io non fotografo, quindi non posso rispondere all'invito di Ezio, io fruisco delle immagini altrui, insomma sono una sorta di vampiro della fotografia lo confesso, d’altra parte la mia posizione mi fornisce un buon punto di osservazione sui fotografi e senza pretendere di raccontare qualcosa di originale ho da tempo capito che i fotografi raccontano attraverso altre vite, altre storie, altri mondi se stessi, le loro emozioni, espongono il loro particolare sguardo. Se un fotografo, sia pure amatoriale, rinuncia a questa prerogativa, ossia a raccontare e raccontarsi e mette il “mezzo” al centro della sua speculazione fotografica temo che in fondo qualcosa di sé ce la dica comunque. Negli ultimi anni diverse sono state le occasioni in cui ho sentito chiedere a professionisti “con cosa” fosse stata scattata una foto, invece che “perché” o come direbbe Qualcuno (a voi indovinare chi) “cosa volevi raccontarci” con questa immagine. Come se il conoscere lo strumento fornisse una soluzione magica, una sorta di “deus ex machina”: se uso la sua attrezzatura farò le sue foto, sempre che interessi realmente scattare. Certo anche io ho sempre pensato che con il pianoforte di Rubinstein avrei suonato come lui, ops non so suonare, ma immagino sia un dettaglio.
Il mezzo è un alibi accessibile a tutti: è più facile imparare il necessario su obiettivi e diaframmi che mettersi in gioco come uomini, riuscire a raccontare e fermare la vita, rendendo immortali storie ed istanti e noi con loro. Così questi tapini esauriscono se stessi in infinite diatribe tecniche che non richiedono per essere discusse di avere un’anima, cosa di cui la fotografia invece, come esito dell’ingegno umano, non può proprio fare a meno.
Perchè fotografiamo...? perchè ci va di farlo, perchè dobbiamo lavorare, perchè non abbiamo altro da fare, perchè è l'unico modo per "congelare" gli avvenimenti, gli eventi, le persone, le cose, tutto.
chissà quante risposte si possono dare, forse infinite...io in parte ti ho risposto, ma essenzialmente fotografo perchè amo quello che creo, indipendentemente dall'attrezzatura che uso, la foto nasce dentro di me, e quando guardo l'immagine che ho pensato, vedo gli errori che ho fatto e penso continuamente a fare scatti migliori, naturalmente è impossibile raggiungere la perfezione fermare la realtà, ed è proprio per questo che non finirò mai di fotografare,si per questo io fotografo!
ringrazio sempre di avere la possibilità di continuare a farlo....
saluti e stima
E' passato circa un anno da quando ho iniziato ad appassionarmi alla fotografia.
O a fotografare.
O al mezzo tecnico che mi permette di fotografare.
Fatto sta che, partito da una compatta superzoom, dopo il primo mese ho perso interesse per il mezzo ed ho cercato il modo di esprimermi. Questo mi ha portato ad acquistare una reflex digitale (usata e d'occasione), badando che non avesse limitazioni intrinseche che mi avrebbero portato a dare la colpa di questo o quell'errore alla macchina, a cui ho aggiunto nel tempo una serie di obiettivi cercati nel mercato dell'usato od economici di nascita. Logicamente dovevo appassionarmi alla fotografia naturalistica, dove effettivamente l'attrezzatura FA, ad un certo punto, la differenza, ma sono conscio che il limite non é nell'attrezzatura - é in me. Frequentando alcuni siti e forum sono rimasto basito dalle motivazioni con cui le foto venivano stroncate (e non parlo solo delle mie): si nota del rumore, la punta dell'antenna della coccinella é bruciata, troppa saturazione, troppo poca saturazione...... Mai una volta che qualcuno abbia provato a chiedere il PERCHE' di una foto. Rimanendo in ambito naturalistico, perché fotografo - diciamo - un airone?
Inizialmente non mi ponevo il problema - cercavo di prendere confidenza con i mezzi a mia disposizione e questo assorbiva la maggior parte del mio tempo - fino a che, qualche tempo addietro, mi é capitato di vedere una scena atipica, una mosca scorpione caduta nella tela di un ragno minuscolo (la mosca scorpione, normalmente, non rimante invischiata nelle ragnatele). Improvvisamente ho sentito di dover fotografare quel momento, e ne ho capito il motivo. In quel momento si stava consumando un dramma, due esseri viventi stavano combattendo per la sopravvivenza. In quei corpi minuscoli erano racchiuse una potenza ed una disperazione ben più grandi di quanto le dimensioni avrebbero fatto supporre. Di lì ho cercato di dare un significato alle mie foto, fosse soltanto la ricerca di una immagine graficamente interessante a prescindere dalla rappresentazione della realtà. Questa ricerca mi ha portato a ritenere riuscite (a torto o a ragione per gli altri, ma sicuramente riguardo questa mia "visione", passatemi il termine) le foto che ho scattato qualche sera dopo con il 50/1.8 a dei bruchi che stavano mangiando le foglie delle rose in giardino. Beh, riguardate qualche tempo dopo (per vari motivi non avevo più avuto occasione di metterci mano) sono rimasto stupito dalla bellezza grafica di quegli scatti. Forse varranno una cicca sia dal punto di vista fotografico che naturalistico, ma la mia ricerca di un "quadro naturale" ha in queste foto un buon punto di passaggio, ed io sento di avere imparato qualcosa.
Infine, benché non mi interessi di fotografia di reportàge più che altro per mie limitazioni nel fotografare soggetti umani, nelle ultime settimane ho iniziato a comprare una serie di libri allegati a "La Nazione" su Firenze, la mia città. Si tratta di fotolibri che partono (almeno in questi primi tre volumi) dalla fine dell'800 per passare al ventennio fascista ed alla seconda Guerra Mondiale. Beh, sono libri che guardo volentieri perché mi permettono di vedere la città dove sono cresciuto (almeno in alcune sue parti) in modo diverso. Soprattutto nell'ultimo volume, quello sulla seconda guerra mondiale, in alcune foto sembra che la città gridi di dolore per lo scempio che sta subendo. Tenterò di fare tesoro di queste immagini per tentare in futuro di esprimere con le mie foto non solo una rappresentazione più o meno veritiera della realtà ma le sensazioni del momento.
Non é un caso se ultimamente mi sono allontanato dai forum dove la gente si dichiara pronta a vendere tutta la sua attrezzatura Canon per acquistare la D300 che - SULLA CARTA - promette miracoli... Tutto sommato preferisco fotografare mio figlio di 20 giorni per poter, domani, ricordarmi di quanto era piccolo. E chi se ne importa se tecnicamente sono foto che valgono zero.
Ah, già, in macchina ho sempre la compattona, mi capitasse un momento da immortalare.
Saluti
Samuele
PS: Scusatemi se vi ho annoiato a morte...
Salve direttore,l'argomento e le argomentazioni da Lei intavolate sono senza dubbio focali, purtuttavia come in tutti i fenomeni umani la realtà tende ad essere più complessa di come appare, ed è facile così cadere in considerazioni che hanno il profumo di una posizione estrema, che non considera le varie debolezze umane sulle quali, guarda caso, fanno leva e buon gioco le aziende produttrici di attrezzature fotografiche, inclusi zaini, abbigliamento, gadgets. ecc.; purtuttavia è proprio questo mercato che, in maniera più o meno inconscia,e senza necessariamente biasimarlo, indirizza verso un consumismo che idolatra l'"oggetto del desiderio", che poi questo sia una fotocamera, un abbigliamento od una racchetta da tennis firmati, questo poco importa.
A questo punto mi domando se chi, appassionato fotografo, nel porre sul piedistallo l'"oggetto del desiderio" sia vittima oppure carnefice, e spesso ci si può imbattere contemporaneamente in entrambe le tipologie: ecco perchè non si può generalizzare nel criticare chi non vede oltre la propria fotocamera (e questo in tutte le rappresentazioni dell'essere umano). C'è chi vede nella propria attrezzatura fotografica, psicoanaliticamente parlando, il proprio prolungamento virile, come a dire...io ce l'ho più grosso (scusate, non voglio essere scurrile, ma inconsciamente è proprio questo quello che accadrebbe), ma questa è una forma di esibizione che è presente in aspetti della società simili tra loro, dall'esibire la moto di grossa cilindrata all'esibire le piume più colorate dai componenti delle varie tribù ancora esistenti. Questa mancanza di maturità può essere dovuta all'inculcamento di certi modelli educativi ricevuti fin dall'infanzia, ma anche in questo caso mi domando se chi li persegue sia una vittima od un carnefice. Ecco allora l'importanza degli Educatori, alla quale categoria appartiene Lei, direttore, con la possibilità che ha di aprire dibattiti sull'argomento, scrivere articoli, esporre le proprie idee dall'alto della Sua maturità, non solo fotografica, senza purtuttavia bacchettare severamente chi, suo malgrado, è miope: costui è condizionato, ha subito il tam tam pubblicitario si da perdere la"retta via", o invece vuol "condizionare", mi domanderei prima.
Sono perfettamente daccordo con "anonimo" quando dice che vieterebbe nei forum l'esposizione-esibizione della propria attrezzatura (in questi casi ho sempre l'impressione che coloro che ne fanno sfoggio facciano un mero esercizio di esibizionismo della propria virilità, quasi come quei tizi che vanno in giro coi ..Loden e sotto...niente), purtuttavia mi domando anche se tra costoro ci siano coloro che, pur di appartenere al gruppo, abbiano subito una tale moda, e quindi si siano accodati, più o meno inconsciamente, a tale sfoggio, pur di non essere out. Va da se che questo forum è già di per se uno dei fini educativi, lodevoli, di cui ho espresso il mio pensiero sopra. Saluti a tutta la comunità del blog.
Fotografo cercando di esprimere la mia personalità, la mia interpretazione degli eventi.
La fotografia per me è un hobby (sono un informatico), ma non l'unico; periodicamente mi immergo in un tipo privilegiato di espressione: la poesia, la musica, la fotografia. Queste passioni le coltivo da quando avevo 17 anni (ora ne ho 39), con pause e riflessioni. La fotografia può esprimere varie cose, come la musica, come la scrittura, come in genere ogni espressione artistica. Possiamo creare romanzi di genere o biografie, musiche rock o sinfonie, poesie intimiste od evocate e quasi generate dagli eventi; esistono vari gradi di avvicinamento all'arte, che dipendono anche da come noi riusciamo a recepire gli stimoli che il mondo esterno ci invia. Uno dei maggiori pericoli è quello di perdersi in un continuo giocare e sperimentare, che perda di vista cosa alla fine si voglia comunicare. Quindi il problema è assolutamente generale, non riguarda solamente la fotografia.
Quello che mi fa pensare è che, spesso, anche i "tradizionalisti" cadono nell'errore di ragionare quasi esclusivamente in termini di pellicola usata o carta baritata: è chiaro che un violino non accordato crei disastri, ma, superato il dettaglio dell'accordatura, il pezzo va suonato ed interpretato...
Io uso molto la pellicola, ho comprato una Canon AE-1 usata, corredandola con i vecchi obiettivi FD, semplicemente perché ho tante cose che ritengo essenziali per il mio modo di accostarmi alla fotografia e delle tante altre cose che le mancano mi accorgo che proprio non ne sento il bisogno... Non posso fare tutte le foto, ma quelle che mi interessano certamente si... Conoscere poi la tecnica aiuta, ma solo se davvero la si metta al servizio dell'idea artistica che si ha in mente di portare a termine...
Si, in effetti è un semplice discorso di volontà e di conoscenza dei limiti. Come in tutte le cose. Consapevoli che anche i limiti possono essere stimolo per l'Arte. Immaginiamo ad esempio di avere una piccola tela, o un sonetto di 14 versi, o un racconto di una pagina, od addirittura un haiku: in quello spazio si deve operare e riuscire ad esprimere tutto.
Un'ultima cosa: credo fermamente che ogni forma d'arte possa essere identificata da un unico fattore, un unico elemento caratteristico: una volta generato qualcosa che sia "vivo" non lo si può più controllare, ma diviene davvero un qualcosa di diverso da noi, che iniziamo a guardare con un senso di apprensione e mano a mano di parziale distacco... Non esistono più titoli delle poesie, significati dei racconti che solo l'autore davvero conosca, quadri che vadano visti sotto una particolare "luce"... Esiste solo qualcosa di diverso da noi...
Egregio sig. Iovine, lo scorso 2006 ho compiuto trent'anni di fotografia. Nella ricorrenza
mi vennero in mente due pensieri, il primo, banalissimo: " Quanto sono vecchio!". Il secondo: "Visto che in trent'anni non ho guadagnato una lira, anzi ho speso milioni, considerato che non ho mai pubblicato nulla e neppure fatto una mostra al circolo del quartiere, perché fotografo?".
Sinceramente, la risposta, il primo pensiero fu: "Perché mi piace!".
Banale? Forse. Vero? Certamente!
Ancora oggi, l'atto di premere il pulsante di scatto è il gesto conclusivo di una preparazione, un'attenzione, un pensiero che, per il tempo che precede lo scatto, mi porta divertimento e gioia.
Di sicuro, negli anni, tutto quanto è corollario al momento che scandisce l'apertura e chiusura dell'otturatore, è cambiato. Sono mutate le conoscenze, la profondità del ragionamento esposimetrico, l'attenzione all'inquadratura e, soprattutto, l'attenzione al cosa. Se prima la pellicola non bastava mai, oggi, grazie anche all'esperienza fatta col banco ottico, lo sguardo è al servizio di una mente più attenta, più selettiva nelle considerazioni che fanno dell'inquadratura, un soggetto da fotografare.
Per quanto riguarda la sua, non tanto, velata allusione alla vacuità dell'attenzione che si dimostra nei confronti dei contenuti tecnici
dello strumento, non ho molto da dire oltre al fatto che, in Italia, le riviste periodiche che trattano esclusivamente dell'immagine fotografica, sono, nella maggioranza, distribuite su abbonamento e non in edicola.
Anche la sua, perlopiù, tratta di macchine, processori, obbiettivi, test MTF, ecc. ecc.! Ritengo che sia lo scotto da pagare per rimanere nel mercato: non è una bella cosa, ma, sapendolo, se ne può dare il giusto peso e valutare gli altri contenuti per quello che realmente valgono in sforzo editoriale e coraggio di pubblicare. Cordiali saluti.
Prima di tutto cercherò di rispondere alla domanda:
Io FOTOGRAFO PER RACCONTARE L’UOMO! O almeno credo che sia per questo (a meno che non vi siano ragioni inconsce a me sconosciute che mi abbiano fatto ammalare di fotocuriosità).
Cerco quindi di cogliere (di rubare) un pezzetto di anima di chi fotografo, di raccontarne l’umanità, i suoi problemi, le sue aspirazioni, ciò che ha perduto, ciò che è adesso o che vuole essere (ambizioso eh? Infatti non ci riesco quasi per niente, MA CI PROVO SEMPRE!).
Poi l’argomento “feticismi e affini”:
è vero che il musicista ha un debito d’onore con il suo strumento musicale e che gli strumenti non sono tutti uguali; alcuni sono unici, si dice abbiano “un’anima” e realmente è così (Stradivari, Ramirez, stainway, Guarnirei…) e ci sono gli strumenti assolutamente anonimi che (anche questo è altrettanto vero) non regalano nessuna emozione ne a chi li suona ne a chi li ascolta.
Penso che in parte ciò è rapportabile anche alla fotografia, quindi è naturale che molti “desiderino” questi “oggetti del desiderio” ed è altrettanto scontato che magari, scoprendo di non possedere le capacità per “creare” con quello strumento, finiscano per fare di esso il principio ed il fine dei propri sforzi.
Non è necessario insomma non parlare di tecnica, aborrire tutto ciò che riguarda le attrezzature o cosa, è importante invece creare più luoghi di incontro come questo (BRAVO IOVINE!!), scambiare idee e soprattutto parlare di foto e di fotografi (ce ne sono tanti, bravi e giovani!), di verità da raccontare, del coraggio di raccontarle, di raccontarci i nostri “perché”, insomma VEICOLARE CULTURA, cultura fotografica, ambientalista, politica, umanitaria, tutte cose di cui il fotografo è sempre interprete prediletto e (speriamo) anche sincero!
Un saluto a tutti.
Daniele Alamia
PS: Vorrei ricordare la fotografa Alexandra Boulat, morta di aneurisma lo scorso 5 Ottobre;
secondo me è stata una straordinaria testimone del mondo, in particolare di quello femminile, con grande coraggio e chiarezza espressiva.
Ho amato molto le sue foto e credo sia una grande perdita per il giornalismo mondiale.
Perchè fotografiamo? Forse perchè vogliamo cambiare il mondo. La fotografia è anche impegno, "condivisione" di sentimenti, riflessione. Ma è soprattutto denuncia. Ecco perchè fotografiamo.
Ciao a tutti! Vi chiedo anticipatamente scusa per lo spazio che vado ad occupare in modo incongruo ma vorrei approffitare delle ottime frequentazioni che il blog può vantare. Sono un ragazzo di torino che ha appena acquistato la sua prima macchina fotografica (eos 350d) e che vorrebe ricevere da gente esperta coma voi qualche "dritta" per iniziare con il giusto passo e la giusta metodolagia a muovere i primi passi in questo mondo che mi affascina tantissimo. In conreto vorrei insomma qualche titolo di manuale, qualche sito e quant'altro voi riteniate possa essere di aiuto ad un principiante.
Grazie a tutti!
snackgeneration@hotmail.it
... è perlomeno curioso come pur sostenendo che lo strumento non conti nulla, per raccontare la nostra storia di appassionati di fotografia/fotografi... anche qui... pare DOBBIAMO quasi inevitabilmente scrivere quali fotocamere abbiamo o abbiamo avuto. sembra inestirpabile... perlomeno contraddittorio, non vi pare? non voglio criticare, piuttosto lo trovo molto interessante, per questo vi rigiro l'osservazione che mi è risultata spontanea leggendo. è facile appioppare aggettivi, giudicare, pare più difficile essere lucidi su se stessi.
forse prima di poter dimenticare la macchina fotografica dobbiamo trovare il nostro soggetto e sentirci travasare in esso tanto da non distinguerci più. la sensazione più vicina che conosciamo credo in occidente sia chiamata comunemente amore (ahimé, quale ambiguità)... se sapessimo identificarci con il nostro soggetto, diventare il nostro soggetto, essere il nostro soggetto... dimenticheremmo la macchina fotografica, e finalmente anche noi stessi e sapremmo forse infine finalmente... fotografare.
PS: per correttezza non voglio ritrarmi dal rispondere alla domanda posta. per quanto mi riguarda non è interessante il motivo per cui uso la macchina fotografica, poiché è solo un comodo surrogato ad altro che non ho fatto per pusillanimità e ignoranza. così per me fare fotografie è semplicemente terapeutico. se poi qualcosa di sostanziale arriva oltre, ad altri, allora è uno stupefatto incanto. ed è inestimabile avere la sensazione di poter condividere.
Sono all’inizio della mia esperienza fotografica, ancora molto impacciata.
Perché fotografo? Perché mi piacciono le fotografie in quanto oggetto, perché mi da soddisfazione produrre una bella immagine, o meglio, mi emoziona realizzare una foto che mi piace.
Sono a disagio con le immagini digitali, stampo tutto, ho bisogno di maneggiare le foto, confrontarle toccarle.
Soprattutto ho bisogno di tempo per riguardarle, ho bisogno della distanza che impone lo sviluppo.
Non mi riesce bene la foto ricordo (di persone) anche se considero le foto un ottimo strumento su cui articolare i ricordi. Come se avessimo vissuto ciò che abbiamo fotografato… fortunato chi ha delle foto-ricordo di qualità.
Portando all’estremo questo ragionamento però la foto sembra quasi sostituirsi all’esperienza. Mi è capitato di partecipare a feste noiosissime dove tutti concorrevano a scattarsi fotografie dove sembravano divertirsi molto… anche se non era vero.
Invece io mi sento attratta dagli oggetti, dalle cose, forse sono loro che vogliono essere fotografate, di sicuro non posso fare a meno di farlo…
www.standalone.it
dedicata a Standalone :-)
«La fotografia è diventata uno dei principali meccanismi per provare qualcosa, per dare una sembianza di partecipazione». Susan Sontag, Sulla fotografia, 1973.
meccanismi - provare - sembianza - partecipazione - 1973
Vorrei rispondere a "snackgeneration@hotmail.it", postato come Anonimo.
Chiedi "a noi esperti" un consiglio...
Potrei ribaltare la domanda e chiederti come mai reputi che "siamo esperti?"
Seconda cosa ... è un'osservazione personale, me ne rendo conto, ma non posso fare a meno di sottolinearla: Perchè non ti firmi? Chi cavolo sei? Ce l'hai un nome e un cognome come tutti? So benissimo che in un ambiente "asettico" come questo può risultare semplice e naturale non firmarsi o identificarsi con un nickname anonimo ... ma se vuoi fotografare (indifferente la macchina che usi, non mi interessa e non lo voglio sapere) cercherai di mettere la tua impronta? Cercherai di farti riconoscere in qualche modo? Lo stesso vale per quello che scrivi.
Non so che "manuali" consigliarti, se non quello in dotazione della tua macchina, posso però consigliarti la frequentazione di gruppi di persone con gli stessi interessi (leggi circoli fotografici). Li a Torino non manca certo la cultura dell'immagine. Conosco personalmente almeno due realtà assolutamente di primissimo livello e sono il circolo C.R.D.C. e la Società Subalpina (con i quali ho avuto personalmente una splendida esperienza).
Per il resto posso solo dirti che a Torino ho visto le più belle mostre fotografiche degli ultimi anni, senza contare il sempre presente museo del cinema, la GAM e tutto il resto. Il "fotografare" viene da se, dopo.
Ciao
Ezio Turus
http://ezioturus.altervista.org/
Caro Snackgeneration, presumo tu sia molto giovane, e mi dispiace per l'accoglienza. Puoi iniziare leggendo la rivista Il Fotografo, che oltre ad articoli di tecnica e novità di mercato, ha un'ottima sezione dedicata alle immagini. La visione di foto di altri ti può aiutare a sviluppare un tuo gusto personale.
se posso dire... snackgeneration è un nickname sufficientemente autoironico da essere apprezzabile, e più simpatico di un nome falso che sembra vero: almeno i nickname dicono qualcosa di chi se li sceglie, i nomi falsi molto meno, i nomi veri ben poco, visto che li scelgono altri per noi. aldilà di questo appunto che non vuole essere polemico ma solo oggettivo... devo dire però che in tutta onestà trovo per nulla pertinente al post di Iovine la richiesta di snackgeneration, d'altra parte trovo invece molto sensato l'invito di rawnef... e mi permetto di aggiungere: snackgeneration, se ti interessano LIBRI non trascurare mai la rubrica Le Vostre Foto (ne IL FOTOGRAFO) e non farai fatica ad aver da leggere almeno un libro al mese. e segui le generose e non scontate segnalazioni di Ezio, che lascia saggiamente intendere che interessarsi alla fotografia vuol dire molto più che interessarsi al fare fotografie...
in secondo luogo, visto che sei intervenuto, ci farebbe piacere partecipassi con un contributo più personale anche tu, raccontandoci: perché fotografi? perché questo vorremmo capire di noi stessi e degli altri, almeno in questa pagina...
Che la magica scatola nera sia utilizzata per congelare ricordi, su carta o monitor che sia, è ovvio! Non è forse lo stesso primus movens che ne ha permesso la nascita e lo sviluppo nel tempo? Chi di noi non ha fotografato almeno una volta un preciso istante per farne memoria? Carta o monitor che sia, questo utilizzo rimane sempre lo stesso, e personalmente credo, pur riconoscendo l’assoluta bellezza dell’immagine stampata che questo virare verso supporti sempre più lontani della cellulosa non alteri il senso primario della fotografia, pardon, di questa fotografia di memorie, e che dunque, in fin dei conti l’impatto e il senso dell’immagine sull’utente finale non varia molto nel tempo…credo.
E l’altra fotografia? E, soprattutto, gli altri fotografi? Quelli che vanno oltre la “semplice” fotografia dell’evento? Quelli che passano ore a discutere di foto e a leggere milioni di riviste? Sempre più si perde di vista il senso stesso di quella fotografia “ragionata” che questa rivista ha il merito di privilegiare… il perché si fotografa anziché come e con che mezzo tecnico!
Perché fotografiamo noi amanti del mezzo fotografico, noi che spesso, senza nessuna cultura fotografica ci auto proclamiamo fotografi, vantando bravure senza conoscere o conoscendo in minima parte il senso stesso dell‘immagine? Credo, Direttore, che il problema sia esattamente questo! Non sappiamo perché fotografiamo perché spesso non ci interessa… e non vogliamo ammetterlo! La pubblicità parla di pixel non di espressione… i forum discutono di obiettivi, non di storia della fotografia… possiamo postare foto su internet e ritrovarle su google come se fossimo chissà quale quotato artista; e ci riduciamo a vivere la macchina fotografica come massima espressione di fotografia! Non abbiamo tempo o voglia di capire che questo è un mondo che necessita di uno studio al pari di qualunque altra forma espressiva, di qualunque altra scienza.
Fotografiamo e ci dichiariamo fotografi perché la magica scatola nera ci permette di avere un risultato più o meno immediato senza dover essere bravi come un pittore o un musicista. Ecco perché fotografiamo, che importa poi quale è il risultato? In fondo neanche noi sappiamo effettivamente se quello che i nostri osannati 10mp hanno registrato ha un senso… basta trovare un cielo azzurro o uno scorcio interessante ed ecco che da artisti quali siamo abbiamo fatto foto splendide… più belle di quelle del nostro amico che ancora non ha capito che la sua canon compatta non può competere con la nostra reflex nikon!
Spesso ci comportiamo e ragioniamo come se, comprato un fonendoscopio, un camice ed un bisturi diventassimo tutti “dottor House”!
In mezzo a tante pure considerazioni, sulla tecnologia, sul perchè e sulle ideeeeee.. non ho comunque ancora visto una risposta concreta... eccezion fatta di qualche segnalazione a una rubrica di giornale, ma niente di consistente.....
Possibile che l'illuminazione debba essere sempre a pagamento.. ho imparato più in poche ore di un corso (che ho pagato...caramente) che navigando e leggendo riviste per anni.....
Questa non è un'accusa.. è una richiesta onesta e sincera di informazioni, informazioni relative non tanto alla tecnica ma più specificamente rivolte all'approccio concettuale delle immagini.. non tutti provengono dal dams o dall'accademia di belle arti o da chissaquale master in comunicazione o fotografia, indipercui... non lamentatevi troppo se l'approccio e più sulla libidine del possesso che sul potenziale espressivo..
Iniziate "Sapienti" a distribuire perle.. quali titoli di testi accademici e non (monografie escluse), non sempre conoscibili alla plebe (me compreso)e quasi mai recensiti nelle "massmediatiche pubblicazioni" a tema, diversamente l'apporto di questo "blog" e i suoi relativi interventi si pone sterilmente quale antagonista ai blog prettamente e troppospesso tecnici che si trovano online.... mi scuso sin da ora per l'atteggiamento apparentemente polemico e per la deviazione dal tema originale "PERCHE FOTOGRAFIAMO"... ma questo penso e questo scrivo....
fotografo perché ho sete di immagini.
sono "cieco", e dietro ad un obiettivo trovo connessioni con il mondo che sto lentamente imparando a cercare anche senza l'ausilio tecnico .
lo stato mentale del fotografare mi è congenito, mi fa sentire per un attimo nulla e tutto.
...quali titoli di testi accademici e non...
Rispondo ad anonimo (ma è lo stesso di prima???... e poi dicono che non serve il nome mah!)
Titoli importanti ce ne sarebbero a centinaia, basterebbe entrare in una fornita biblioteca pubblica e con un po' di pazienza iniziare a cercare.
Posso subito darti due titoli stracitati e scontati, quali "la camera chiara" di Roland Barthes http://it.wikipedia.org/wiki/La_camera_chiara
e "Sulla fotografia" di Susan Sontag http://it.wikipedia.org/wiki/Susan_Sontag
Poi dici giustamente che hai imparato più da poche ore di corso che da anni di riviste... beh, scopri l'acqua calda. E' normale che sentendo le nozioni da chi le sa dare si riesca a recepirle meglio.
A tal proposito, proprio per sfatare il luogo comune dei corsi che parlano solo di obiettivi e diaframmi, ti posso citare questo: http://cffw.altervista.org/corsofoto/corsofoto.htm
Altri testi e altre occasioni vengono da se, frequentando questi ambienti.
Ezio Turus
http://ezioturus.altervista.org
certo a me viene da ridere o da piangere, non so, devo ancora decidere quanto farmi coinvolgere...
la Sontag, quella ossessionata donna con qualche buona idea, l'avevano pure già citata poco sopra, caro Anonimo... no, lo faccio notare perché se vuoi fotografare ti tocca anche diventare un filino attento e prima imparare a guardare e poi magari a Vedere come diceva il buon Rainer Maria Rilke, che pur non era proprio un fotografo...
anche un altro signore di nome Josef Albers, usava un motto nelle sue lezioni da esule in Carolina del Nord... riferendosi a Ruskin e Paul Klee: Dissigillare gli occhi...
però anche questi 3 signori non erano fotografi, sono tanto spiacente, Anonimo.
non è per allontanarti, ma non abbiamo ricette semipronte per frettolosi aspiranti fotografi. qualcuno qui ha una busta di 4scatti in padella?
ma... perché fotografi tu, Anonimo?
io solo perché una foto al giorno toglie il medico di torno, come dice il mio screenname...
à bientôt
ah, dimenticavo, a Torino (se sei snackgeneration) c'era una libreria in cui perdersi che sta chiudendo (o forse ha già chiuso, a te scoprirlo), ma forse sopravviverà online, visto che pubblica sue edizioni: libreria agorà
Ma che ci fai con i titoli dei libri? Tanto delle due due una: o non sai leggere o anche se te lo fai leggere da qualcuno non capisci un beato, altrimenti ti saresti già reso conto da solo che il tuo intervento qui oltre che inutile è attintente quello che si dice quanto andare a comprare l'aspirina dal macellaio. Sai io al tuo posto prima di lamentarmi che si deve pagare tutto (pensa pure le informazioni) mi farei una domandina semplice semplice: Ma negli anni di acquisti di precedenti (cui dedichi il tuo piagnisteo) sono mai riuscito a capire la differenza tra il titolo, l'autore e la casa editrice (sai quella roba inutile in copertina...)?Certo che se tu fossi così onesto e intellettualmente dotato da trovare la risposta giusta, potrei ritrovarmi una bella incriminazione per istigazione al suicidio dopo questo intervento... Quasi quasi mi firmo ANONIMO pure io...
Diverso dall'approccio dei naturalisti milesi è lo sguardo mistico religioso dei pitagorici che vedono nel numero il principio primo... Beh scusate se non c'entra, ma stavo pensando a questo. Anonimo... "questo penso e questo scrivo"???? Basterebbe questa dichiarazione d'intenti a definire che persona sei. Adesso ti spiego una cosa che nel tuo delirio di onnipotenza forse non hai compreso questo blog funziona così: un tizio non anonimo, Sandro Iovine, promuove un argomento attorno al quale si discute in modo più o meno vivace, più o meno educato o polemico, fai tu, ma esiste un tema, forse la tua maestra delle elementari non è riuscita a passarti il concetto e tu vivi di questa lacuna, beh mi spiace. Ma oggi sono buona e ti chiedo cosa vuoi? La fotografia è un percorso di conoscenza, come tutte le cose umane e deve partire da te, qui puoi trovare spunti e suggerimenti, strumenti da rielaborare, ma il cammino è tuo e costa a tanti livell: fatica in primo luogo, senza cui non c'è nulla che tu possa imparare e capacità di ascolto in cui mi sembri un pò scarso a giudicare dal tuo intervento e anche un investimento economico ahimè. Sì perchè non puoi prescindere dalla conoscenza degli autori e i libri e le riviste che possono favorire la tua crescita, mostrarti sgardi nuovi che nessuno può raccontarti, tu da solo devi farci i conti. Le opere altrui, ivi comprese le riviste, sono frutto di fatica e pensiero e lavoro. Io non credo che una mostra o un libro debbano per forza essere gratuiti, riconosco loro un valore e sono disposta ad investirci, poichè so che chi è più avanti nel cammino di me può aiutarmi, ma quel cammino e quello studio sono miei e non chiedo a nessuno di compierlo al posto mio.
Claudia
La Yashica Electro-35 GT è la macchina fotografica dell'era spaziale che piacerà alla vostra famiglia. Fa splendide foto di giorno e di notte. Automaticamente. Senza tante storie. Dovete soltanto puntare, mettere a fuoco e sparare. Il cervello elettronico e l'otturatore elettronico di GT faranno il resto.
Inserzione pubblicitaria presumibilmente dell'inizio degli Anni Settanta.
Ci sono talmente tante informazioni in questo testo da scriverci per ore. Lo si trova nel suddetto libro di Susan Sontag.
L'idea di fotografare, che forse scopi commerciali hanno contribuito a formare intercettando un desiderio (o creandolo, chissà)... parrebbe proprio questa, ma ormai il meccanismo è innescato da un bel pezzo e se ne è chiacchierato già qui. Personalmente oggi vedo diffondersi qualcosa di forse ancora più pericoloso, che non riguarda solo la fotografia, ma anche altri linguaggi. Trovo ne sia prova flagrante la differente tecnica con cui si cerca di vendere una fotocamera nonostante somigli sempre più ad un elettrodomestico (oggi una pubblicità come quella della Yashica si farebbe per un elettrodomestico...). La pubblicità per farcela comprare oggi ci racconta altro, ad esempio che noi possiamo...per fare un esempio a caso. E ancora una volta sancisce un passaggio, anzi uno scivolamento del messaggio che avviene inavvertitamente, ma si insinua in modo da diffondere sottili convinzioni che mutano concetti fondativi della cultura: lo scivolamento diventa di senso. Oggi si dice che tu puoi con quella macchina fotografica, perché oggi l'aspirazione è esprimersi. Ma perché tutti vogliamo esprimerci e perché soprattutto crediamo di aver da dire qualcosa? E a chi? Vogliamo davvero comunicare? Ci interessa davvero avere un riscontro o vogliamo solo espellere qualcosa da noi?
Sempre la Sontag a poche pagine di distanza scriveva: Negli ultimi tempi la fotografia è diventata una forma di divertimento diffusa [...], il che significa che, come quasi tutte le forme di arte di massa, non è esercitata più come arte. È soprattutto un rito sociale, una difesa dall'angoscia [...].
Lasciando da parte i passaggi logici (? perché passare dalla definizione di divertimento a quella di arte di massa???) discutibili del suo discorrere... oggi siamo arrivati ben oltre. Sembra tutto uguale ma forse non lo è: dagli atteggiamenti di chi fotografa oggi non si può dire che la fotografia non sia esercitata con pretese artistiche... almeno per quanto riguarda la convinzione di chi preme il pulsante di scatto (CiccioBa fa un accenno in proposito). Siamo in una condizione isterica per cui crediamo che tutto dipenda dalla macchina ma d'altra parte crediamo che sia nostro il merito del risultato e che esso risultato sia un'espressione di noi stessi.
Dovremmo deciderci... ma non possiamo farlo per un motivo semplice: in fondo noi oggi crediamo che utilizzare un linguaggio espressivo equivalga a produrre un'opera d'arte; e stiamo lentamente e inesorabilmente affondando nelle sabbie mobili di questo fraintendimento. La pubblicità di oggi su questo insiste: con questo apparecchio tu puoi (esprimerti), puoi (fare arte)... ed è geniale non lo dica espressamente, se lo dicesse oggi non ci crederemmo, ovviamente.
Qualcuno intuisce l'inganno pubblicitario e l'inganno del concetto che sta passando inosservato diffondendosi sllenziosamente, qualcuno subodora e si ritira nel dato tecnico sperimentando metodi complessi per riacquisire il diritto a poter pensare che sia stato lui davvero a fotografare... ma questo è un altro inganno, poiché sarebbe come dire che si compongono poesie ristudiando la sola grammatica... E la sintassi del periodo?? Persino con la retorica pochi come Raymond Queneau saprebbero fare di un esercizio di stile un capolavoro.
Manca qualcosa, insomma, è come se ci si oscurasse un'area del campo visivo e non potessimo collegare le zone in chiaro. Il passaggio che manca e continua a mancare, come si dice ogni volta in ogni nuova pagina di questo blog, è il passaggio relativo all'acquisizione culturale ed alla elaborazione personale, quello che manca è rendersi conto che non basta avere tra le mani un linguaggio per saperlo usare e saper comunicare con esso. Basta avere in mano un linguaggio per comporre frammenti disarticolati, affascinanti magari, ma senza senso... solo che il Novecento ha fatto della decostruzione della destrutturazione e soprattutto del frammento concetti su cui ha articolato strutture filosofiche e poetiche artistiche. E oggi siamo un po' spaesati, un po' orfani di strutture... E abbiamo una grande confusione in testa e negli occhi, e l'arroganza degli ignoranti nella bocca.
Avere a disposizione un linguaggio non significa sapere cosa farne, e prima ancora non significa conoscerne la potenza e... la fragilità. Utilizzare un linguaggio espressivo e automaticamente credere di esprimersi con esso è una forma di compulsione, di nevrosi, non una forma d'arte. E quel che è peggio è che mina la potenza del linguaggio stesso, lo impoverisce, lo rende sterile, lo svuota.
Io non riesco a dire che voglio fermare il tempo, che voglio cambiare il mondo, raccontare l'uomo, che ho fini etici quando faccio delle foto, perché per quanto invasivo e aggressivo, il fotografare è essenzialmente un atto di non intervento [Sontag] a meno che le immagini prodotte non siano parte di un progetto... e qui torniamo ad un punto caro a Iovine. La progettualità. La quale non può esistere, guarda caso, senza una profonda conoscenza del linguaggio.
Siamo barbari, balbettiamo strafalcioni.
[chiedo scusa a tutti, un'ennesima volta per la lunghezza...]
Io fotografo perchè non so dipingere,non so parlare, non suono nessuno strumento e non so neanche scrivere... la mia forma d'espressione è la fotografia ..comunico (male) in questo modo...Se fossi un buon oratore lo farei alla radio ..la macchina fotografica non è altro che il microfono che usa il deejay,la penna dello scrittore, il pennello del pittore... Quando guardo un quadro di picasso o morandi non ho mai visto sotto la cornice i dati relativi al pennello e alle tempere usati... Quando guardo una fotografia molto spesso lo trovo..Ce la siamo voluta noi , fotoamatori e fotografi.. E questo porta ad una cultura del mezzo usato piuttosto che del messaggio che ne esce.
Me lo chiedo spesso perchè fotografo e una volta in una lettura portfolio anche Sandro me lo chiese, o meglio mi chiese chi erano le persone che fotografavo e perchè proprio loro. In effetti sta tutto in questa semplice questione, che dovremmo sempre porci per non perdere di vista il percorso che vogliamo fare i progetti che cerchiamo di sviluppare. Non è facile, le sollecitazioni pubblicitarie spesso ci disorientano, ci indirizzano verso un modello di fotografia che fa leva sulle delle esigenze coomerciali e su dei bisogni indotti ma non per questo reali. Mi domando quanti abbiano comprato una Leica e pensavano così di essere pronti a cogliere l'attimo decisivo, solo perchè la Leica la usava Cartier-Bresson. A parte ciò ho concluso che fotografo per sapere chi sono, attraverso le mie foto vedo me stesso, quello che penso del mondo e delle persone. Quando una mia foto mi piace davvero, e non capita spesso, sono soddisfatto, anche perchè rivedo una parte di me che mi piace. Penso anche che le immagini siano degli incipit di una storia ed anche questo mi stimola molto e mi fa continuare a fotografare. Ne ho avuto un'ulteriore prova pochi giorni fà, quando nel nostro circolo fotografico abbiamo avuto l'onore di tenere una mostra di Mario Dondero, ebbene all'inaugurazione, ad ogni fotografia ci raccontava una bellissima o struggente storia, che apriva ogni volta panorami insospettabili ed emozionanti. Per ultimo consiglio a chi a voglia di leggerlo un libro preziosissimo proprio su questo argomento; "Per una filosofia della fotografia" di Vilem Flusser, uscito anni fa per le edizioni Agorà ma che oggi penso si trovi più facilmente nell'edizione Bruno Mondadori.
Mi piacerebbe avere il vostro pare in proposito, io l'ho considero la base di ogni cosa, per chi vuole fotografare sapendo perchè lo fa.
Andrea
Perchè si...ma non ne sono sicuro!
E' sempre un piacere leggere qualcono con poche idee ben confuse, soprattutto quando si sente furbo e magari anche spiritoso. Chissà perché a questa gente non gli viene mai in mente che un'occasione per star zitti potrebbero anche non perderla tutte le volte che gli capita. Ma che c... di risposta è perché sì ma non ne sono sicuro?
Io credo che pochi si chiedano il perchè, se non nessuno. Credo che molti lo facciano perchè va di moda, perché quella parola 'fotografia, fotografo' è piuttosto affascinante ed evoca in ognuno un ricordo, un'idea di qualcuno di affascinante ... E chi non vorrebbe esserlo?! Lasciare un segno che i posteri ricorderanno nel tempo ( ammesso che ne avremo ancora!?)
Poi, di lì ad avere una fotografia che FUNZIONA, una fotografia che C'E' perchè racconta ... Bè questo è un altra storia che richiede tempo, pazienza, ricerca e allenamento.
E se alla fine non arriva .. Evidentemente è ora di cambiare giochino!
che piacere leggerti, Andrea!
come già linkato più sopra... a Flusser è dedicato un intero post... Flusser il filosofo.
per quel che vale, anche io ho amato molto quel piccolo prezioso libro... e ti ringrazio di averlo ricordato. se ti va di leggere i commenti e commentare a tua volta, chi ha attivato RSS o Atom sulla pagina potrebbe scoprire che il post è stato ravvivato da tue nuove considerazioni... a presto!
@ speer:
complimenti per l'educazione, l'apertura mentale, la capacità di interpretare e non fermarsi all'apparenza di una frase, il senso dell'umorismo e, non ultimo, il tuo perfetto italiano.
Discendente del famigerato architetto tedesco?
La risposta è molto semplice da parte mia. La solitudine. La fotografia mi ha dato il modo per poter entrare in contatto con il mondo. E non mi limito a al momento dello scatto. Quella è una minima parte di ciò che io definisco fotografare. Lo scambio di idee con chi guarda una mia immagine, la possibilità di raccontare alle persone le mie idee, come io vedo il mondo. Il mio rapporto con la fotografia è un rapporto molto intimo. Nelle mie immagini ci sono io. Non è solo il mio occhio che vede e la mia testa che decide ok premiamo il pulsante. Ma sono le idee che ho dentro, il mio trascorso, ciò che mi ha portato ad essere ciò che sono in questo momento che mi spingono a scattare. Ma scattare non è fotografare. Fotografare è un modo per avere un posto nel mondo, un modo per poter dire ci sono anche io e questo è il mio modo di vedere il mondo, la società.
Ciao Francesco,
non credevo che l'avrei mai fatto, ma mi trovo a difendere speer, se non nella forma, almeno nei contenuti, certo la tua era una battuta, ma in un contesto in cui tutti stanno provando a raccontare in che modo intendono la fotografia e che ruolo abbia nella loro vita, se danno più peso al mezzo o al fine, o ancora se la considerino un feticcio che si risolve nella fotocamera migliore o piuttosto nella nostra capacità comunicativa, beh leggere la tua "battuta" è stato un pò avvilente anche per me, come decidere di non prendere posizione, come chiamarsi fuori. Ok hai giocato, ma a giudicare dai commenti arrivati prima e dopo il tuo, di ben altro spessore e partecipazione, hai giocato da solo.
Claudia
scartabellando ho ritrovato questa citazione e vorrei proporla qui, nel tentativo non solo di recuperare il tema, ma soprattutto di comprendere in modo forse più universale, come l'immagine fotografica possa influire su di noi, quale sia il suo potere di fascinazione che ci porta a produrla talvolta con misteriosa inconsapevolezza, e ad annaspare un po' nel tentativo di spiegarci perché fotografiamo: La fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell'occhio che ferma il mondo fisico, ma un linguaggio nel quale la differenza fra riproduzione e interpretazione, per quanto sottile, esiste e dà luogo a un'infinità di mondi immaginari. Luigi Ghirri, Still-life. Topografia-iconografia, 1982.
forse molti di noi percepiscono questo elemento di differenza dalla realtà vista, ma non sanno gestirne la produzione, non sappiamo utilizzare quel linguaggio per una interpretazione, che secondo Ghirri si rivela infine come una contemplazione che va oltre quella originaria.
quello che personalmente trovo straordinario della fotografia è che può essere un esercizio per aprire gli occhi (o dissigillarli come è detto sopra da oneshotaday) anche dopo che lo scatto sia già stato fatto. questo non accade sempre, ma nel momento stesso in cui si tenti di sganciarsi consapevolmente dalla riproduzione della realtà, sebbena ancora la nostra visione non sia pronta, se noi stiamo cercando quella visione, la fotografia può avere il potere di un rivelatore.
il suo mistero e ciò che per me la distingue intimamente dalle arti sta proprio nel potere maieutico che essa ha su di noi, così analogo a quello delle arti ma proveniente da un'apparente riproduzione del reale. fenomeno sconcertante.
per quanto non ne siamo magari consapevoli qualcosa in questa identità differente ci affascina, ci incanta, ci ammalia, ci porta a ripetere il gesto.
saremo poi noi a decidere quanto accontentarci, e, per questo, a procedere verso la possibilità ghirriana di una vera contemplazione che va oltre, oppure a ripetere un gesto meccanico, ignorante (nel senso che ignora) e deficiente (nel senso che gli manca qualcosa), per quanto entusiasta o entusiasmante o ansiolitico...
Non credevo che si arrivasse a cosi' tabti commenti. prosit
Con dispiacere vedo che serpeggia un ostentato rifiuto ad attribuire importanza allo strumento; certo, quello che conta e' quello che vogliamo raccontare-raccontarci.
Ma perche' negare ad oltranza il contributo della fotocamera : indubbiamente posso costruirmi una camera stenopeica tramite una scatola per scarpe, mettere sul fondo carta emulsionata o pellicola, e se la mia ricerca, il mio progetto, il mio tentativo di racconto funzionano, allora ok, alla faccia della tecnologia e della pubblicita'.
Ma se siamo esseri umani, e non filosofi alla flusser che di fotografia non capiva niente, se non vogliamo essere "concerned" a tutti i costi, con repubblica sotto il braccio, un'aria approssimativamente gay, o trans, e le ostentazioni di "uomo o donna di sinistra per partito preso" , riconosciamo che e' bello apprezzare la politezza, la precisione, l'eleganza costruttiva, estetica di una fotocamera. e' umano.
E poi : quando il nostro linguaggio fotografico si evolve, se esigenze di racconto, di progetto e diricerca lo esigono, abbiamo sicuramente bisogno di strumenti te3cnologici specifici. e allora come posso , per esempio, non trattare bene, pulire accuratamente, conservare in sicurezza, e adoperare con cautela il mio canon fd 20 mm, f:2,5, che mi permette di fare cose suggerite dalla mia curiosita' o esprimere in un certo modo prospettico certi miei modi di vedere le cose.
E perche'non dovrei essere affezionato a quello che una volta definii " scatto maturo" di una mia topcon, quel rumoreconsistente , lardoso e generoso che ogni volta mi fa sentire precisamente sull'asse occhio-cuore-cervello.
E perche' non dovrei ammirare la silenziosita' di una leica, che mi tiene su quello stesso asse con complicita' .
E perche' non dovrei ammirare il risultato dell'evoluzione tecnologica in una reflex digitale?
Faccio un esempio :
se la mia donna e'la donna della mia vita, bonazza o meno che sia, come faccio ad apprezzarne il cervello rinunciando a quell'ineffabile e sempre voluttuosa collisione di feromoni che si chiama attrazione?
Altra questione che vedo strisciare nel sottobosco : parlare di arte in fotografia necessiterebbe di altri spazi, ricordo solo che un fotografo in genere diventa artista solo quando le sue capacita' espressive e la ricchezza del suo sentire trovano adeguato sostegno da parte di galleristi, critici e mercanti. Invece fotografare lo si puo' fare anche solo per se stessi. Noi consigliamo a chi ci sta a cuore di rivedere ogni tanto la propria produzione fotografica : si scoprono tante cose su se stessi da non credere.
ps. se, oòtre che fotografare per se stessi, si riesce a fare rivivere ad altri le proprie emozioni. beninteso altri forniti di occchi per vedere e per sentire, si puo' essere ceti di contribuire all'arricchimento di questi altri.
E' quello che alla fine mi piace in Sandro quando parla di fotografia.
L'arte la lascio a quelli che fanno le presentazioni dei libri fotografici, che in genere di fotografia non hanno mai capito niente.
altro ps :
il blog e' una discussione virtuale, quello che conta non sono i nomi propri, ma le idee. Diverso sarebbe se si discutesse faccia a faccia. Capisco quello che intende Ezio Turus, sta di fatto che sono sempre sulla sua stessa linea , non critico il suo desiderio di sapere con chi parla,ma mi da' fastidio l'irrompere di certi personaggi che fanno subito riferimento al proprio sito per far vedere quanto siano bellibuoni e bravi loro.
con osservanza
@ claudia:
non ho assolutamente detto che la mia era una battuta: al massimo ho accennato al bisogno di un pizzico di senso dell'umorismo per interpretarla, ma non stavo giocando.
Il mio era solo un tentativo (evidentemente mal riuscito) di esprimere in poche parole e in maniera "accattivante" questo concetto:
è parecchio tempo che ci penso, ma proprio non sono riuscito a darmi una risposta soddisfacente.Almeno non ancora!
Tutto qui. Mi sembrava banale scrivere semplicemente "non lo so" e ho provato a dirlo in maniera "provocatoria".
E sinceramente mi riesce impossibile capire cosa possa esserci di avvilente nella mia risposta. A me non sembra meno congrua, opportuna e valida di tante altre "sciocchezze" (IMHO ovviamente) che ho letto...frasi simil-adolescenziali sulla falsa riga de "fotografo per capire chi sono, per capire il mondo, per capire cosa mi accade attorno, perchè il mondo è più bello attraverso l'obbiettivo, per salvare il mondo ecc ecc ecc".
Per me chi scrive cose del genere in realtà non sa perchè fotografa e spara una frase ad effetto che non vuol dire nulla: "fotografo per capire chi sono" secondo me non vuol dire assolutamente nulla.
Se non si sa dare una risposta, tanto vale dirlo (più o meno) chiaramente come ho fatto io.
Saluti.
x Francesco :
non ti do' torto, sulla questione di fondo che sollevi, sulle tue convinzioni, che, se leggi quanto ho prima scritto, hanno delle assonanze con le mie convinzioni.
cioe' : e' proprio necessario che se uno fotografa per passione debba assolutamente essere alla ricerca della pietra filosofale, del Messaggio , della Verita' sacrosanta? per forza per fotografare si deve essere socialmente impegnati, farsi scudo dei problemi sociali dei diseredati, dei morti di fame, rendersi paladini di Giustizia? ovvero bisogna assolutamente essere affetti da dissociazione mentale, come i personaggi di Bergman o di Antonioni, e andare cercando la propria identita?
Certo che ci vuole ordine mentale e programmatico se si vuole fare bene una cosa, ma la cosa la facciamo come piace a noi e non come piace ai concerned.
Intendo dire, se questa ironia non si capisse, che si puo' fotografare decentemente (fino a prova contraria) senza velleita' di far scoprire agli attoniti spettatori chissa' quali profonde verita'.
Se poi uno ragiona sul proprio fare fotografia, se uno ci tiene a fare i conti con se stesso ogni tanto, allora si puo' scoprire una ricerca di fondo, uno stile con significati progettuali ecc. che possono imprimere una svolta verso altri , piu' alti orizzonti,
ma senza drammi.
Diverso invece e' il problema se uno scatta all'orbigna e poi pretende di fare arte.
Comunque, Francesco, il tuo laconico intervento nascondeva tue precise idee, che hai fatto bene ora a gettare sul tavolo.
Per Francesco
Quando ti permetti di fare del sarcasmo su come scrivono in italiano gli altri prova a usarla anche tu la lingua: una locuzione tipo "@ SpEer" ti ricordo che non appartiene alla lingua italiana. Ti faccio poi notare che reagisci proprio come chi è colpito nel vivo. In un altro caso si potrebbe dire "colpito e affondato", nel tuo non ce n'è bisogno perché tu provvedi da solo ad affondarti, basta farti parlare.
E poi non giudicare con sufficienza quelli che fotografano per capire qualcosa di se stessi e del mondo: loro almeno ci provano.
Per concludere relativamente alla tua simpatica batutta sulla mia possibile parentela con l'architettetto tedesco, ti rispondo con un'altra battuta altrettanto stupida: mi psiace smentirti, non ho messuna parentale e il fatto che tu sia riuscito ad effettuare un secondo intervento te lo dimostra.
Per Claudia
Condivido la tua opinione su quanto il nostro Francesco sia avvilente nel suo proporsi, ma credimi per certi soggetti non vale la pena di sprecare tutte quelle parole, potrebbero anche credere di essere importanti e meritare attenzione e in ogni caso non hanno abbastanza sstrumenti per comprendere quello che gli si dice, come le loro sterili repliche dimostrano.
Per Iovine
Ma che aspetta a filtrare qualcun altro che non sia il sottoscritto. Alciuni miei messaggi in passato sono stati cancellati in quanto consicderati offensivi, bene, non condivido, ma lo accetto, Ma perché non vengono censurati messaggi offensivi per tutti nella loro stessa essenza come quelli di Francesco?
@ speer:
a) La corrette espressioni per comunicare in una data lingua evolvono, anche con la tecnologia: "@ qualcuno" si usa diffusamente ed è generalmente accettato; "perché a questa gente non gli viene" rimarrà sempre un (e/o)rrore grammaticale.
b) Ovvio che mi sono sentito colpito nel vivo: senza alcun motivo hai cominciato un attacco personale (esulando dal contenuto del topic) dicendo che ho poche idee confuse, che mi sento furbo, che dovrei stare zitto e che dico cose del c***o. Sei giunto a tutte queste conclusioni sulla mia persona (non sul mio essere "fotografo") solo leggendo quelle mie sette parole?
c) Io ho risposto alla domanda di Iovine: la mia riposta può essere criticabile, fraintesa, opinabile.
Sarebbe bastato chiedere ulteriori spiegazioni e ti avrei risposto. Invece hai optato per l'attacco sgarbato e fuori luogo: sei stato tu quello che ha usato toni poco civili e rovinato il tono della discussione. Io mi sono limitato a rispondere, a quel punto.
d) Non ho giudicato nessuno con sufficienza: ho solo espresso la mia opinione su alcune delle altrui risposte (non sulle persone) e, soprattutto sono rimasto in tema con la discussione.
e) Nella risposta a Claudia continui a definire "avvilente" la persona Francesco, non quello che Francesco ha scritto e metti in dubbio le mie capacità di comprensione. Illudendoti, oltretutto, di essere d'accordo con lei. Ma ti sbagli perchè Claudia non mi ha offeso; è stata gentile nel farmi notare i suoi dubbi sulla mia risposta, non su di me.
f) Le perplessità sul tuo modo di esprimerti permangono: nel tuo ultimo intervento non c'è un parola scritta in maniera corretta!
Per tutti gli altri:
perdonatemi per la sterile e inopportuna polemica con il tal speer: ma non sopporto di essere pubblicamente offeso quando non ve ne è motivo!
accidenti, e dire che a me hanno sempre appioppato lo pseudonimo di "cavallo pazzo" per la mia animosita' !!! e voi che siete allora.
ma non vi scoccia continuare con queste cretinaggini?
quando l'argomento proposto diventa interessante, e a mio parere dopo tanti editoriali proposti come tema di discussione finalmente siamo arrivati a un punto cruciale, che puo' rappresentare un presupposto di crescita per tutti ( perche' un periodico confronto e' veramente salutare per tutti, a qualsiasi eta' e per qualsiasi livello operativo), dico quando il gioco si fa duro, si cade sempre nel ridicolo.
E meno male che e' un dialogo virtuale, se fossimo faccia a faccia scorrerebbe il sangue?
che cosa ci distingue allora da quei deficienti che abbiamo visto ieri negli stadi?
Ma se continua cosi' mi scoccio subito, so che non frega nulla a nessuno, ma ad un certo punto ognuno per se' e l'imbecillita' a chi la vuole.
benedica a tutti.
sai Francesco, capisco che SpeEr possa offendere, capisco anche che ci si possa chiedere perché non partecipi al topic rispondendo alla sollecitazione di Iovine, ma si accaparri il ruolo di censore maximo, ma in tutta onestà non capisco come tu posssa difenderti scrivendo che se avesse voluto esplicitazioni avrebbe potuto chiedertele...
«Sarebbe bastato chiedere ulteriori spiegazioni e ti avrei risposto»
per la miseria, non ti pare di crederti un po' troppo interessante per pretedendere che chi non ti conosce si premuri di venirti a chiedere cosa si nasconda dietro le tue parole di mancata Sibilla?
stiamo un po' più "schisci", ché forse ci guadagnamo tutti e rischiamo pure di capirci (non sia mai!) senza intasare la pagina di infantilismi poco costruttivi.
scusate, ma io credevo si volesse parlare e scrivere di fotografia su questo blog, maledizione!!
Scusate signori/e ma mi sembrate delle CHECCHE ISTERICHE pronte a polemizzare per righe e righe... Non ci stiamo discostando un pò dalla domanda?? Ci sono dei commenti bellissimi qua dentro..e voi li state rovinando...
Ok...chiedo di nuovo scusa a tutti e soprattutto a Sandro Iovine.
Solo una doverosa risposta a mac_pico: non mi credo interessante; se (e ripeto se!) una frase interessa si chiedono spiegazioni e se ne discute, se non interessa si ignora. Semplice.
Argh! Iovine dall'alto aiutaci tu!Sta diventando un talk show da reality dove tutti si parlano addosso, polemizzano invitando ad evitare la polemica... insomma come sto facendo io adesso. Quindi resisterò alla tentazione di rispondere a Francesco e a sPeer, per volgermi verso Oratore: hai ragione, non possiamo prescindere dal mezzo, nè (purtroppo per me) da qualche nozione tecnica di base (il flash questo sconosciuto). Quando decidiamo di raccontare qualcosa e scegliamo il modulo espressivo per farlo ci volgiamo anche allo strumento migliore per il nostro proposito, sia esso una penna, un pennello, una fotocamera.
E poichè vogliamo non essere fraintesi e magari attingere a quel pizzico di infinito che c'è nello sguardo dell'uomo differenziamo anche i nostri strumenti: chi fotograferebbe il particolare di un fiore o uno scorcio del Grand Canyon nello stesso modo? (mmmh interessante!). Il problema è ridurre la fotografia al dettaglio tecnico. Il dramma è ridurre le immagini a un corollario incidentale del feticio-fotocamera. Oratore tu scegli lo strumento in base al soggetto che vuoi fotografare perchè sai pensare, ma io sono circondata (confesso anche in famiglia) da persone che vivono nella contraddizione opposta. Intanto non si stampa più o quasi e per me non è un dettaglio, adesso si scatta senza che sia necessaria un'idea a monte tanto è gratis, poi si scarica, si condivide in blog e affini e spesso si cancella, no, non sto parlando di selezione, ma dell'esigenza di fare spazio per nuove immagini usa e getta, mettendo in crisi anche tutto quel mondo che viveva per fermare nell'attimo la memoria e che oggi diventa fruizione veloce dove tutto si consuma in un istante inconsapevole.
esatto Claudia, ma mi chiedo perche' dobbiamo per forza interessarci di tutti quelli che considerano la fotografia solo per quegli aspetti che per noi sono i meno importanti : ma che siamo crociati che dobbiamo difendere il nostro concetto di fotografia a tutti i costi?! L'importante invece secondo me, dopo aver preso atto dell'esistenza di due opzioni diverse, scattare a caso per riempire la memoria del pc, ovvero scattare per un progetto, ebbene preso atto di questo si vada avanti sulla strada scelta, "gli altri" non ci interessano.
D'altro canto hanno ragione pure gli altri, questi altri, e te ne rendi conto se pensi che uno puo' anche fare reddito con la fotografia, facendo still life pubblicitari, fotografando monumenti per un comune o assessorato, o per realizzare cartoline : e in questo caso ha bisogno si' di informazioni tecniche, esclusivamente tali, per fare meglio il proprio lavoro, non ci piove, fregandosene della progettualita' e della ricerca personale perche' costretto ad accontentare la committenza.
Allora : dobbiamo continuare a frignare perche' c'e' gente che fotografa tutto il giorno col cellulare i suoi figli, i nipotini, i campi di girasole o i tramontini, o le vongoledivenezia? che male ci fanno?
Se ci urgono problemi piu' seri, che coinvolgano la sfera dei perche', dei ricordi, delle testimonianze, delle emozioni condivise e condivisibili, allora parliamo solo di quello, come si stava cominciando a fare prima che i due gallinacci cominciassero a rompere . fanno come quelle due gallinei che afferrate dalla cuoca per essere decapitati continuavano a bisticiare per un chicco di grano; ah ecco, forse e' questo il motivo per cui si dice " cervello da gallina"......
( mi piace aizzare i galli da combattimento, vediamo che succede, sono sadico eheheh )
PERO' Claudia : se tu hai carenze tecniche, come spesso hai sottolineato, sicuramente per mancanza di tempo invece dedicato ad altri interessi e studi preminenti in atto , questo non ti impedisce di capire, apprezzare il linguaggio fotografico ed entrare nel mondo della fotografia da spettatrice : se ti piace un Rubens o un Picasso, significa che devi per forza aver fatto l'Accademia di bellearti? e saper dipingere ?
quindi non confondere anche tu la tecnica con i suoi usi, il fine con il mezzo.
Diro' di piu' : voglio sfatare il famoso detto che bisogna chiedersi solo perche' e non come : se capisco il messaggio, se vivo un'emozione che una foto mi trasmette, se faccio i miei ragionamenti sul "progetto", la "ricerca", il "racconto", dopo in quanto fotografo mi interessa sapere come sia stato raggiunto un certo effetto, se in ripresa, in sviluppo, in stampa ecc. Non necessariamente bisogna essere snob e buttare la propria fotocamera dopo uno sforzo creativo, tanto il mezzo e' solo uno stupido automatico strumento alla flusser- non necessariamente bisogna essere snob, e non chiedersi e non chiedere come e' stata fatta una certa foto, e cosi' via. il fine giustifica i mezzi
Ancora sul perchè fotografiamo.. io fotografo mio figlio di 10 mesi perchè mio padre ha fatto lo stesso con me ed è bello vedere le mie foto da piccolo. Fotografo i laghi della Brianza perchè in questa stagione,ad esempio, sono spettacolari e perchè stanno cambiando troppo in fretta. Fotografo ai matrimoni perchè i miei amici me lo chiedono e perchè è importante che si veda il cappello nuovo della zia Luigia. Fotografo perchè la fotografia è finzione e , un attimo dopo, crudissima realtà..Fotografo quindi sono.
Perche' fotografo? Ma perche' mi piace, ovviamente. E subito mi rendo conto che la risposta, benche' completa e definitiva, porta in se' una domanda a cui e' certo molto piu' difficile rispondere: perche mi piace fotografare?
Intanto, cos'e' la fotografia per me?
C'e' un genere di pittura che nasce dall'uso della fotocamera e della camera oscura
o chiara, alla stregua di strumenti che sostituiscono il pennello e i colori ad olio o le
tempere dei pittori. Amo spesso i risultati, cosi' come amo molti dipinti degli artisti di
ieri e di oggi. L'artista che utilizza gli strumenti fotografici puo' esprimere appieno
la propria creativita' e sensibilita' e creare opere di rara bellezza ed espressione non
inferiori a quelle di un pittore tradizionale.
Talvolta anche io mi sono appassionato a utilizzare in questo modo i mezzi
fotografici, con esiti spesso (lo ammetto) non felici ma traendo comunque da tale attivita'
una grande soddisfazione personale, cosa che poi ha la sua importanza.
La fotografia pero', come io la intendo, e' qualcosa di diverso: e' la raffigurazione della
realta' cosi' come nasce dalla fotocamera e dove il successivo intervento del fotografo, in
camera oscura o con il personal computer, non ne modifica in maniera sostanziale
il risultato.
In tal modo la fotografia diventa il mezzo magico con cui la realta' che ci circonda, cosi'
fuggevole e inafferrabile, viene catturata in un atomo del suo fluire, in un infinitesimo
punto dello spazio immenso, mutandosi in una immagine di essa che racconta qualcosa che la
realta' stessa non e' in grado di per se' di narrare.
Nella fotografia l'azione del fotografo e' essenzialmente quella di operare una scelta, nel
suo rendersi conto di dove, come, quando e perche' l'oggetto soggetto dello scatto possano
arrivare a comunicare emozioni. Ecco, nell'esercitare questa scelta, che mi spinge a
guardare con occhio critico ed emotivo allo stesso tempo il mondo che mi circonda, io
provo il massimo piacere dell'atto del fotografare.
E se chi osserva la foto da me eseguita prova quelle stesse emozioni che mi hanno spinto
a quello scatto... allora sono felice; anzi, sono felice anche quando prova semplicemente
delle emozioni, non necessariamente quelle che furono mie.
Fotografo perche' mi piace e mi piace perche' mi crea emozioni che posso condividere con
altri. Troppo semplice?
semplice perche' chiaro, sincero, perfettamente condivisibile almeno da me, senza elucubrazioni, prese di posizione, cincischiamenti filosofici, ne' atteggiamenti pseudoartistici e intellettualoidi.
Non capisco cosa si intende, dicendo che Flusser di fotografia non capiva niente. Mi sembra un'affermazione fuori luogo, sarebbe come dire che solo chi fa il fotografo di professione può speculare sulla fotografia; se così fosse sarebbero inesistenti i contributi che Walter Benjamin, Susan Sontag o Roland Barthes hanno dato alla critica fotografica, e mi pare proprio che non sia così.
Flusser, un essere umano anche
lui, come filosofo e teorico ha analizzato benissimo gli aspetti legati alla diffusione dell'immagine creata artificialmente da un apparato come la macchina fotografica. Se poi qualcuno trova stimolante fotografare senza crearsi nessun problema, seguendo le indicazioni che la macchina di prima o ultimissima generazione gli fornisce è liberissimo di farlo, però proprio facendo così si chiude il cerchio, perchè Flusser diceva proprio che il fotografo tende a diventare solo il funzionario della macchina/apparato, senza chiedersi il perchè sta agendo in quel modo.
Andrea
neanche tu capisci quello che e' scritto chiaramente : non si tratta di affermare che se uno non e' aduso a fotografare non puo' parlarne, e tanto piu' cio' e' vero per un filosofo. La prova e' l'interesse di una di noi, claudia m., che dice cose sensate e profonde pur ammettendo di avere lacune tecniche e nozionistiche, e parla dei significati della fotografia e non del meccanismo di produzione di immagini fotografiche.
flusser non capiva niente di fotografia non perche' non avesse l'abitudine e le conoscenze opportune per fotografare, non mi attribuire cose sciocche e rifletti bene prima di lasciarti andare con la tastiera : bensi' egli si riferisce allo strumento senza immaginare come un fotografo possa superare lo strumento e i suoi automatismi. Non lo salva neanche l'ultimo timido accenno ai creativi.
Invece quegli altri che tu citi non si riferirono mai solo allo strumento, ma al suo prodotto, che in quanto tale e' fruibile da tutti, sotto gli occhi di tutti, e per questo oggetto di indagine e analisi libere.
Io ho iniziato a fotografare per fare un favore ai miei genitori, che mai si sarebbero sognati di allontanrsi da casa. Volevano vedere e conoscere i posti che io visitavo e sopprattutto mio padre era disposto a sfangarsi anche centinaia di immagini purchè io spiegassi il dove, il quando ed il perchè. Non è mai stata una passione innata, ma al momento della sua morte ha cambiato il suo significato,da una dimensione domestica di testimonianza è divenuta una ossessione per quello che mi circonda, ma con un altro interlocutre, me stesso.
Io faccio le foto per me stesso belle o brutte che siano, vedo ricordo e ritorno con la mente a pensieri che mi sono appartenuti anche se per un breve momento.
Poi se qualcuno le apprezza tanto meglio...
Fotografare per me è un' esigenza, un bisogno.
È una cura che affievolisce le tensioni.
E' un ritmo, un modo di respirare.
Fotografare è essere soli, è guardarsi dentro.
Fotografare è la mia vita anche quando non fotografo per molto tempo.
..."...anche quando non fotografo per molti tempo..."
si', la passione per la fotografia puo' determinare questi stati d'animo, che esprimono la tensione fra sguardo e scatto, la tensione tra guardare e vedere, come attitudine al vedere.
la macchina fotografica la considero come una prolunga dell'occhio...è il cuore che fotografa, solo quello...certo se la macchina è poco funzionale o ha dei difetti il risultato ne risente logicamente, ma non è la cosa più importante per me, certo è che non correrò mai dietro i pixel e le novità tecnologiche come primo obiettivo...amo la fotografia perchè amo la gente e coglierne le qualità...attraverso essa riesco a comprendere anche me stesso...è uno strumento che m'insegna a guardare senza, per anni ho fotografato solo con gli occhi...molto meno anche con la fotocamera. Il cuore mi detta i temi d'affrontare, a volte resto incantato dalle forme, altre dalle luci e ombre, altre ancora dai segni e poi dai volti...ma sono allo stadio primario, non riesco ancora ad esprimere quello che vorrei o almeno nel modo che vorrei...spesso mi perdo per tante ragioni...
Lo strumento fotografico è un mezzo.
Il fine è soggettivo.
Non ho mai avuto stima di chi spende molti soldi per attrezzature che non scatteranno mai una foto ma ho fatto una riflessione più profonda e comincio a capirli e rispettarli.
Il loro fine è quello di starsene a casa contemplando gli strumenti e sognando di scattare una grande immagine, la più bella di sempre.
Non è forse quello che sognano anche tutti quelli che preparano la borsa per uscire veramente a fotografare.
La foto ideale continua ad essere tale anche se a volte è solo idealizzata.
Personalmente invece scatto fotografie per ottenere gratificazione e consenso.
L'ipocrisia della foto personale, chiusa in un cassetto che nessuno deve vedere dimostra solo incapacità, frustrazione e immaturità: si scattano foto perchè chi le vede ci dica bravo/a.
Non ci trovo nulla di imbarazzante; senza la spinta dell'ego non avremmo niente di bello da vedere.
Il pensiero di andare a fare le foto in posti più remoti per poter raccontare agli altri ciò che ho visto mi fà venire l'ansia. La rabbia per non aver il coraggio di andarci..ma l'ansia è più forte della rabbia.
Allora scatto una foto dove mi trovo, non importa se non viene bene, non importa se non racconta niente non importa niente! Ma farlo mi fà passare l'ansia.Spesso anche in una giornata di sole le foto vengono buie,cupe,drammatiche..che sia un problema legato allo stato d'animo?
Non lo sò, diventa un problema di chi le guarda.
Vivian Danilo
Per me la domanda Perchè fotografo mi sembra aggressiva. Se dovessi rispondere esigerei che non si ripresentasse la domanda con forme diverse. La risposta infatti è: perchè mi piace. Semplice, semplice. Non desidero rispondere alla controdomanda del perchè mi piace ma una domanda meno aggressiva potrebbe essere stata: cosa ti dicono le foto che tu scatti?. Vabbè iperboli a parte ritengo veramente che la domanda "perchè fotografi?" possa inibire un qualsivoglia momento creativo anche di radice non consapevole.
Discorso a parte e più delicato è quello sull'attrezzatura ma amerei un pò più di equilibrio nel dire che non conta, come mi pare aver capito dal testo dell'articolo e dai numerosi commenti ad esso (di cui qualcuno letto e altri no, confesso). Certamente non deve essere un fine ma se esiste un filtro ND non è facile non volerlo avere per determinati tipi di foto o altrimenti quelle non sono foto per te, a parte il megapixel in più o in meno.
Mi trova pienamente consapevole della essenzialità del suo quesito.
E' significativo che a proporlo sia chi avrebbe ogni scusante per essere distratto dalla varietà dei percorsi visivi che, per mestiere, occupano la sua quotidianità.
Muovendo da un profilo certamente più modesto avevo proposto altrove, su CF, quella stessa domanda, definendola “scomoda” ma essenziale: perchè fotografiamo.
La ritrovo qui, accompagnata da considerazioni estremamente interessanti e depurate da risposte “preconfezionate”.
Solo chi ha piena contezza della della complessità di questo media, dote che Lei certamente possiede, ha la capacità, nel raccontarlo, di usare il pennello del dubbio risparmiandoci la vacuità delle “verità rivelate”.
E' uno dei motivi per leggere sempre con piacere quanto scrive.
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