domenica 23 marzo 2008

Critico o fotografo?

In una mail arrivata qualche tempo fa in redazione per vie traverse, un lettore affermava «[...] Ora come direttore di un giornale, viste le sue foto, ho molto più profondo rispetto in quanto ritengo che possa permettersi di dire ciò che vuole». Il lettore si riferiva al fatto di aver scovato in internet delle immagini scattate dal sottoscritto. Da quel che posso capire, il senso delle sue parole è che potrei permettermi di sottoporre a critica le foto dei lettori perché, facendola breve, me la caverei, a suo giudizio, abbastanza bene quando prendo in mano una macchina fotografica. Bene, una cosa che ho sentito e letto spesso, e non solo in riferimento a me, sono frasi del tipo ma come si permette quello di criticare le foto altrui? Vorrei vedere come le fa lui! So già che scatenerò parecchi malumori, ma lasciatemi dire che affermazioni come queste mi ricordano il proverbiale mettere insieme capre e cavoli. Il mestiere (o la professione se preferite) di fotografo e quello (quella) di critico sono due cose completamente separate e la seconda non implica affatto un impegno in prima persona nella produzione di fotografie. Anzi, a mio avviso, meno punti di contatto esistono in uno stesso profilo professionale tra le due identità e maggiore è la serietà presumibile del personaggio che lo possiede. È chiaro che questo non significa che non si debbano conoscere una serie di cose che sono alla base della produzione di un’immagine fotografica, ma fare il critico (che non significa solo esprimere dei giudizi, ma essere anche in grado di comprendere innanzitutto e poi indirizzare il lavoro di un fotografo, eventualmente selezionarlo e curarne l’edizione) è ben altra cosa dal produrre immagini ossia essere fotografo. Parecchi anni fa mi sono trovato come molti al bivio tra tentare di diventare fotografo professionista (ossia ricavare dalla vendite delle mie fotografie uno stipendio che consentisse quantomeno la sopravvivenza) e fare altro. Avevo ed ho tuttora troppo considerazione della fotografia per sentirmi in grado di farne una professione e quindi scelsi di fare il giornalista che si occupa di fotografia invece di produrla. E ritengo che sia proprio questo a permettermi di poter esprimere delle valutazioni con un minimo di credibilità evitando che si confonda il mio ruolo. Che poi nel tempo libero, come moltissimi, faccia anche fotografie sono in sostanza fatti miei, che con la mia professione e professionalità nulla hanno a che vedere. Se oggi forse mi posso permettere di dire qualcosa sulle fotografie altrui, non è certo perché faccio anche io qualche scatto per diletto, ma perché negli anni mi sono sforzato di studiare quelle altrui e le metodologie che ne permettono l’analisi. Questa è la mia visione, ma chi preferisce essere poco originale (e so già che non saranno in pochi) può anche credere che la mia non sia stata una scelta, ma che sia solo l’ennesimo fotografo fallito che ripiega su territori limitrofi.

Sandro Iovine

n.192 - aprile 2008




Compatibilmente con i tempi redazionali, i commenti più interessanti a questo post potranno essere pubblicati all'interno della rubrica FOTOGRAFIA: PARLIAMONE! nel numero di aprile de IL FOTOGRAFO.



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22 commenti:

Simone ha detto...

Anche secondo me il lavoro del critico (letterario, cinematografico o fotografico che sia) è completamente diverso dal lavoro dell'autore. È anzi difficile che un bravo autore sia anche un buon critico, per il semplice fatto che si rischia di giudicare gli altri secondo i propri canoni piuttosto che da un punto di vista più generale e sopra le parti.

Forse il problema nel rapporto con i critici è che non sempre si è certi della bontà di tanti giudizi: molto spesso si ricevono valutazioni e consigli da persone che magari sono solo cattivi autori e che non hanno una conoscenza approfondita della materia. Come è facile realizzare fotografie e sentirsi dei fotografi di alto livello pur non essendolo affato, è facile giudicare gli altri secondo una presupposta "esperienza" che invece non si possiede.

Ecco perché vedersi criticati da qualcuno che comunque è un bravo scrittore o un bravo fotografo molto spesso rende più disponibili ad accettare le critiche: ci si rende conto che chi ci giudica è in grado di capire e mettere in pratica ciò che lui stesso dice, e il giudizio appare più autorevole e per questo accettabile.

Certo è che questo ad alti livelli non dovrebbe accadere: ci sono autori affermati, critici di alto livello e tra i due gruppi dovrebbe nascere una discussione seria e utile a entrambi. Ovviamente il condizionale è d'obbligo ^^.

Un saluto cordiale e auguri di buona Pasqua!

Simone

Anonimo ha detto...

Anche a mio avviso meno punti di contatto esistono meglio è. Una galleria d'arte della mia città mi ha chiesto più volte di collaborare sul fronte dell'ufficio stampa, ma ho sempre desisitito. Nell'organigramma c'è il presidente e fondatore che è un pittore, il vicepresidente che è il figlio ed è anche esso un pittore e il segretario che è il nipote che è anche critico d'arte. E' il classico caso di conflitto d'interessi, non si può curare un artista se si devono curare anche i propri interessi artistici. Comunque mi fa piacere sentire che un fotografo professionista deve ricavare dalle vendite delle foto uno stipendio per vivere. Gli interventi di alcune persone in questo blog mi hanno fatto pensare che il fotografo sia una missione per unti dal Signore senza alcun scopo di lucro. Per quanto riguarda il suo fine argomentare, caro direttore, è chiaro che da un critico come Lei che riesce anche a fare delle belle foto, si accettano ancora più volentieri i consigli e le osservazioni. E visto che ci siamo, (sto addentando una ottima fetta di pastiera di grano, un dolce pasquale tipico napoletano), auguro a tutti gli amici del blog una felice Pasqua.

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

La critica, onesta e impietosa (Iovine - style), non ha nulla a che vedere con il sapere fare ciò che si critica. Vorrei vedere se a un critico di musica classica ogni volta si rinfacciasse di non sapere suonare il violino come Uto Ughi. Si tratta di due attività diverse, sia concettualmente che economicamente e socialmente.
Poi, è ovvio che il conoscere determinati meccanismi (detesto questa parola in ambito fotografico, ma 'sto giro va usata) è la base per un critico. Ma il conoscerli non implica il saperli mettere in pratica. Il conoscere un linguaggio o un sistema non implica necessariamente il saperli compulsare.
Il fatto vero è che chi dice "vorrei vedere le foto che fa questo criticone" spesso vuole soltanto consolarsi. Fa delle foto cattive, e allora si autoconvince che almeno lui ha una conoscenza che il criticone non ha. E' il tipico meccanismo per cui una lei dice "lui rispetto a te è più bello, colto, ricco" e la vittima di turno risponde "si, ma almeno io so ordinare la pizza" :-D
E su questo delirio, buona pasqua a tutti...

TrecceNere ha detto...

Sicuramente l'email voleva essere un complimento, poco accorto però nel svelare quel pre-giudizio che molti hanno pensando che per criticare bisogna avere un gran portfolio, o almeno il coraggio di mostrare le proprie foto. E' come se si chiedesse a Sgarbi di prendere in mano un pennello, o di tacere. Le cose son diverse, non so se possano coincidere o meno. Spererei di sì. Quando ho iniziato a fotografare ho pensato che dovessi imparare non solo dai manuali tecnici...così mi misi a studiare manuali di storia della fotografia, a conoscere l'evoluzione delle tecniche ma anche quella del linguaggio. Ricordo che lessi una passo (non mi ricordo di chi, perdonate) che diceva di "non mescolare le riflessioni sulla fotografia col "fare", perchè questo in un certo senso indebolisce il fotografo...essendoci un tempo per "produrre" e uno per "pensare". Ricordo che mi spaventò davvero, mi chiesi se stessi sbagliando strada...forse dovevo lasciare sul tavolo Barthes, Zannier e le interviste ai fotografi più famosi, prendere semplicemente la macchina fotografica e girare per strada. Ma credo che quelle letture mi abbiano fatto bene, e se non diventerò una fotografa ma capirò di voler essere un critico non lo vivrei come un compromesso, perchè sarei riuscita a "vivere" della cosa che più mi piace, semplicemente facendo una scelta.
Sono curiosa circa una frase: "Avevo ed ho tuttora troppo considerazione della fotografia per sentirmi in grado di farne una professione"...Mi chiedo se abbia più peso la considerazione verso la fotografia (tanto da non farla diventare volgare? professione), o quel "sentirsi in grado" di fare il fotografo. Mi viene in mente Mario Giacomelli che restò e volle restare sempre un tipografo, o altri fotografi che non hanno fatto della fotografia un mestiere e sono entrati nella storia. E penso anche a Berengo Gardin che l'altra sera al tg1 rideva di chi lo chiamava artista. Quanti modi ci sono per vivere di fotografia...

TrecceNere ha detto...

...ops! Buona Pasqua a tutti :)

Anonimo ha detto...

Oh! perbacco, ho perso il post che stavo scrivendo...allora riassumo brevemente: manifesto tutta la mia simpatia a Iovine che mi ha presa sottobraccio, metaforicamente beninteso,due o tre anni fa e mi ha accompagnata a scoprire un mondo completamente nuovo per me, anche se fotografavo da tanti anni, ma da buona anarchica.Non mi interessa sapere se lui fotografa bene o no...dove sono le foto, caro Iovine? Devo controllare se è vero...o credere sulla fiducia?;-))
Vedo con quanta attenzione segue i giovani e mi si allarga il cuore, ci fa conoscere persone straordinarie con le loro opere, ogni tanto si diletta a girare il coltello nella mia piaga ancora aperta, ma non lo sa e mi commuove.
Grazie a chi mi ha aiutato nell'acquiso di testi validi. Ne avrei bisogno almeno uno o due per la lettura delle immagini e poi...dopo...forse semiotica. Grazie e felicissima Pasquetta a tutti)
gabri

Anonimo ha detto...

Affascinante argomento, credo che la convinzione secondo cui solo chi fa qualcosa possa esserne giudice sia estremamente diffusa, quanto indebita. Il lettore di Iovine sostiene che per esprimere un giudizio su qualcosa occorre saper "fare", "costruire" quella cosa, mostrarsi "abile", ma questa è una posizione superficiale e in qualche modo semplicistica. Da un critico mi aspetto che alle conoscenze tecniche unisca una profonda conoscenza dell'estetica di riferimento dell'autore che analizza, che abbia visto centinaia di immagini e abbia affinato la sua capacità di sentire e percepire oltre il suo gusto personale, che sappia riconoscere un'immagine che funziona anche se lui non l'avrebbe mai scattata... perchè un critico sa fare un passo indietro rispetto all'opera che ha di fronte ed uno oltre se stesso fornendoci uno sguardo carico della sua esperienza e conoscenza che è meno sogettivo di quanto i più credano. La critica non deve essere una sorta di perizia nè una valutazione asettica, quanto lo svelamento di un'anima attraverso la sua opera e solo un giudice imparziale che ha votato la vita e il suo studio a questa ricerca può attribuirsi il diritto e il compito di farlo, mantenendo i ruoli distinti e per usare un'esperessione un pò inflazionata "senza conflitti di interesse".

Anonimo ha detto...

Il libro più bello che ho letto sulla fotografia è stato scritto da un autore che non aveva mai scattato una fotografia e mai aveva posseduto una fotocamera...Geoff Dyer. Essere dei critici, come già è stato detto, significa seguire il percorso fotografico compiuto, indirizzarlo, riuscire a vedere da angolature diverse da quelle del fotografo...essere sinceri nella lettura delle emozioni che le immagini trasmettono, confrontare immagini che ritornano ogni volta le stesse con occhi diversi...personalmente è questo che mi aspetto da un critico oltre ad una sua base culturale e lo stimolo continuo nel studiare affinità e stili...

Anonimo ha detto...

eleny.shai:

Credo che questa "confusione" sia frutto di un pregiudizio verso la fotografia, come se fare foto "di qualità" fosse possibile per chiunque. Nessuno si sognerebbe mai di affermare che un critico d'arte può permettersi di analizzare l'opera di un Picasso perché egli stesso "se la cava con i pennelli"!

Anonimo ha detto...

Eccola finalmente l'ammissione che stavo aspettando, allora forse i miei precedenti commenti non sono stati vani e finalmente la verità viene a galla. Come potete pensare che saper fare foto sia inutile per poterle giudicare, come potete accettare le critiche di chi non sa fare a sua volta ciò che vorrebbe insegnarvi... Tutto questo è secondo me inacettabile quanto poi alla presunta "scelta" del Dot. Iovine di non fare il fotografo ammetta che non era all'altezza e solo per questo si è deciso a sputare fiele, come da anni fa sulle pagine della sua rivista, su chi invece ci prova e ha i mezzi per riuscire.
L'invidia è una brutta cosa Dot. Iovine, rifletta su questa cosa e consideri l'ipotesi di ricredersi e magari iindirizzare i suoi "adepti" verso la vera fotografia e non gli sproloqui pseudo intellettualoidi di cui queste pagine, come quelle della sua rivista, sono piene.
In fede
Ing. Salvati Luca

PS: qualcuno ha avuto la bella pensata di criticare anche il mio modo di firmare con attacchi a dir poco volgari e allora ricordo a tutti che il proprio patronimico è ben più importante del proprio nome proprio e ci identifica e ci da vanto e orgoglio cose probabilmente sconosciute ai suddetti criticoni.

Anonimo ha detto...

Salvati Luca, ti faccio un esempio esemplice semplice.

due persone vanno a vedere un film.
uno è laureato in ingenieria e l'altro in storia del cinema.

nessuno dei due ha mai prodotto un' opera cinematografica, o comunque nulla che sia stato mai proposto al grande pubblico.

l'ingeniere dopo la visione del film darà un suo giudizio, che sarà principalmente emotivo...in ogni caso sarà abbastanza superficiale. ma non perchè l'ingeniere sia stupido , ma perchè non ha strumenti necessari per un' analisi piu profonda.

il laureato in storia del cinema invece, pur non avendo mai prodotto film , gli strumenti per un'analisi li ha. perchè?
perchè ha visto centiania di opere di tutte le epoche, magari ha conosciuto registi, ne ha analizzato i linguaggi, le tecniche etc...quindi questa persona ha la cultura, che gli permette di giudicare ed analizzare in modo lucido e metodico. questa cultura un giorno magari gli permetterà anche di fare un bel film, se lo vorrà.
altrimenti no.

di certo l'ingeniere (che poverino ha ben altri grattacapi), a meno che non inizi a studiare un po l'arte audiovisiva, non avrà mai le capacità per giudicare in modo lucido e metodico, chi i film li produce, tantomeno chi li critica.

Guglielmo

Anonimo ha detto...

Lo sproloquio, e neppure intellettualoide, è quello presente nel suo post, caro ing. Salvati, condito da tanti (spero) errori di battitura. Si riordiniun pò le idee.
saluti
rag. Nef Raw

Anonimo ha detto...

PS: qualcuno ha avuto la bella pensata di criticare anche il mio modo di firmare con attacchi a dir poco volgari...

Egregio dottore ingegnere ls, in quanto chiamato in causa mi sento in dovere di replicare.
Vede, mi stavo riservando di riflettere l'argomento proposto dal Dott. Iovine (Sandro per gli amici), cosa che ovviamente farò e andrò a postare quando avrò maturato le giuste parole, ma dopo il suo intervento un prurito ai polpastrelli mi impone di trarre sollievo con leggere pressioni, per cui tanto vale non sprecare inutilmente quest'energia.
L'attacco lei se lo cerca proprio con queste sue argomentazioni.
In un luogo come questo, dove l'unica interfaccia che ognuno di noi ha verso il prossimo sono solo le parole con cui esprime il proprio pensiero, l'unica cosa essenziale è la persona che sta dietro. Se lei, dottore ingegnere ls, ritiene più importanti i titoli, visto il carattere di cultura fotografica del blog di Sandro, li usi per esprimere le sue argomentazioni pertinenti e non cerchi di indovinare o, peggio, presumere il livello d'inorgoglimento di chi la critica.
Le avevo detto, e lo ripeto, che in un luogo dove l'unico metro di misura sono le idee espresse, trincerarsi dietro un titolo di studio che presume un certo livello d'istruzione scolastica, non certifica al pari uno stesso livello di istruzione culturale in altri settori, nè tantomeno una capacità empatica superiore rispetto, per esempio, ad un analfabeta.
Si consoli, dottore ingegnere ls, noi intellettualoidi, non abbiamo studiato tanto, abbiamo stipendi da fame, cosa che probabilmente un ingegnere non ha, e abbiamo pochi mezzi economici per produrre le nostre fotografie. Forse per questo ci costruiamo macchine fotografiche di cartone, usiamo compatte da pochi euro e ci sfoghiamo tra di noi ad estasiarci delle foto altrui.
Ci faccia una grazia, dall'alto delle sue capacità e per restare in tema sul post originale, ci indichi dove trovare le sue, di fotografie, così io, Sandro e tutti i perditempo del blog riusciranno finalmente a capire cosa ci siamo persi finora.

ezio

Anonimo ha detto...

Il mestiere del critico, ovvero la "facoltà di valutare, di giudicare, di esaminare " (dizionario on line de mauro), secondo me implica come prima cosa una profondissima conoscenza dell'ambiente in cui si opera. Conoscenza di autori, di stili, di tecniche, di storia. Credo sia molto più facile impugnare una fotocamera ed uscire ad improvvisare qualche scatto, che avere la capacità obiettiva di "criticare" il lavoro proprio e altrui.
Sono dell'avviso che saper fare è importante nella misura in cui il "fare" non interferisce con il "valutare".
Uno dei peggiori errori che sento in molte sessioni di critica fotografica, anche solo all'interno di un circolo, è racchiuso nella frase: "io questa foto l'avrei fatta così". Ecco che chi parla non è il critico, la cui valutazione si fonda su un "database valutativo" molto ampio, ma il fotografo, la cui valutazione si fonda sul proprio modo di vedere.
Basterebbe andare in uno degli innumerevoli incontri di lettura di portfolio che si tengono lungo tutta la penisola, per capire quanta diversità ci sia tra personaggi nel esprimere pareri, sentenze e consigli sullo stesso lavoro di un qualunque fotografo.
Verrebbe da dire che "chi sa fa, chi non sa insegna" (e chi non sa insegnare, insegna ginnastica - cit. da "school of rock"), ma non è affatto così. Se il critico è bravo, molto probabilmente sa anche fare, ma sicuramente non lo da a vedere, se invece il fotografo è bravo, non è detto che sappia criticare; molto probabilmente imporrà la propria visione anche sulle fotografie altrui.
Lampante l'esempio citato poco sopra da Guglielmo.
Al di la di questo, non per sviolinare il "Dott. Iovine" (Sandro per gli amici), ma le sue foto mi sono sempre piaciute e, a essere sincero fino in fondo, il suo modo di valutare i lavori altrui, il modo di consigliare gli autori, specie se giovani, il modo diretto di dire le cose è un esempio che moltissimi altri critici dovrebbero seguire nel difficile ed inflazionato universo della fotografia.

Ezio Turus

Viviana ha detto...

Che brutto mestiere quello di critico! Qualunque cosa dica c'è sempre qualcuno che lo insulta! Alla fine però è sempre solo un essere umano che esprime un parere personale su un argomento, basandosi sulle proprie conoscenze ed esperienze. Sta agli altri dare più o meno peso al suo giudizio.
Io ho molta stima di Sandro e le sue parole mi hanno spesso aiutato a crescere fotograficamente e a migliorarmi. Forse può avere il difetto di dire quello che pensa senza indorare la pillola, ma io lo considero un pregio.
Quello che non capisco è: perchè l'Ing. Salvati, che evidentemente non stima Sandro come giornalista, continua a seguirlo su questo blog e sulla rivista? E' masochista?
Se l'è presa così tanto per una sua critica che ora il suo scopo nella vita è coglierlo in fallo per vendicarsi? Oppure fa il bastian contrario per gioco per movimentare il blog? Francamente non capisco, però in base alla mia esperienza la maggior parte degli ingegneri pensa di avere sempre ragione e difficilmente si sforza di cambiare punto di vista.
Ing. Viviana Rasori

Anonimo ha detto...

oh che bello, un pò di sano flame anche sul blog di Iovine.
Mi piacerebbe sapere qual'è, secondo l'Ingsalvatiluca, la Vera Fotografia da cui questi sproloqui intellettualoidi svierebbero. Avanti! Su con gli esempi: quali fotografi, quali correnti, quali libri suggerisce Ingsalvatiluca, e soprattutto PERCHE'?

In fede,
Dott. Cush

:: haku :: ha detto...

Mi viene da chiedermi quanto la mancanza di consapevolezza della funzione di un critico sia correlata allo stato dell'editoria di cui Ernesto Bazan parla apertamente nell'intervista del post successivo. E quanto questo influisca eventualmente sulla qualità della fotografia diffusa, e se infine abbia anche a che fare con la tendenza nel fotogiornalismo all'accentramento dell'attenzione su chi sta dietro anziché davanti la macchina fotografica, come si diceva in altre pagine del blog.
In questi giorni ho riaperto un libro: IMPERO, Impressioni dalla Cina, di James Whitlow Delano (scoperto grazie alla rivista di Iovine e alla mostra milanese), in cui Colin Jacobson (responsabile dei corsi di laurea in Fotografia del Falmouth College of Arts in Cornovaglia, già membro della giuria e due volte presidente del World Press Photo), iniziando il suo breve testo introduttivo fa una constatazione: «Nell'attuale clima culturale non vanno di moda i fotografi che abbiano qualcosa da dire sul mondo. Il sé è tutto [...]. I fotografi che tentano di aprirsi un varco nella realtà sociale sono sollecitati, incalzati addirittura, a trovare altre strade.»
Forse la mancanza di un'editoria che ospiti critici e fotografi, concorre sensibilmente alla mancanza di occasioni di confronto e collaborazione tra le due professioni che finiscono per incontrarsi in situazioni molto più effimere della strutturazione di un libro.

Anonimo ha detto...

In risposta al "Dott. Cush" (e vorrei sapere se quel titolo è millantato a mio scherno o reale) elencherò qui quali posso considerare i fotografi che stimo e che posso consigliare come punti di riferimento. Sicuramente Gianni Berengo Gardin, Fulvio Roiter e Cartier Bresson (soprattutto nei lavori più recenti). Anche Franco Fontana e Mario Giacomelli hanno ricevuto ottime critiche e, seppur trovandoli un po' difficili e alle volte eccessivi, non possono non apprezzarli. In fin dei conti faccio riferimento soprattutto a fotografi italiani, gente con cui condivido passato e cultura anche perché ritengo che sia ora di finirla con questa esterofilia ad oltranza con fotografi che parlano di cose che non conosciamo e di cui non riusciamo neanche a pronunciare i nomi.
Per quanto riguarda la possibilità di vedere le mie foto se non foste ancora riusciti durante i numerosi concorsi a cui ho partecipato (ammetto con ottimi risultati) sto approntando una pagina sul sito www.flickr.com e presto lì potrete vedere alcune delle mie foto anche se sono certo che a questo punto per partito preso non potrete che parlarne male senza neanche guardarle come credo alle volte faccia il vostro vate Dot. Iovine.

In fede
Ing. Salvati Luca

Anonimo ha detto...

Non ha detto perchè, caro Ingsalvatiluca. Ha fatto qualche banale richiamo all'italianità (certo, più italiano di Bresson....) e al non conoscere certe cose di cui parlano certi fotografi stranieri (e prendo atto che Smith, Frank e Salgado - tra i tanti - parlino di cose che lei non conosce....). Più l'ovvio hanno ricevuto ottime critiche, che in risposta alla domanda "perchè i fotografi che dice lei sono i migliori, e perchè sono oltraggiati dallo pseudointellettualismo del blog di Iovine" vale come il due a briscola, o come il dire di avere vinto concorsi senza mostrare le foto.
Ah: Iovine non è un vate. E' uno che scrive. Finchè scriverà e dirà cose giuste, io lo leggerò. Quando inizierà a fare il troll sui blog e sui giornali degli altri, smetterò di seguirlo.

Dott. Cush

Anonimo ha detto...

L'errore che troppo spesso si compie nel campo dell'arte e conseguentemente nella fotografia, è quello di confondere i ruoli. Tale confusione nasce da una errata conoscenza di quelle che sono le leggi che governano un mondo totalmente estraneo ai normali meccanismi di ogni altro aspetto della realtà. Tre sono i personaggi che entrano in gioco nel momento stesso in cui nasce arte : il creatore dell'opera, il fruitore, ed il critico. Viene quasi spontaneo, rifacendosi al senso comune, annullare i confini che li distinguono, ma è altrettanto facile, tenendo presente che si parla di arte, rendersi conto che in realtà ognuno di questi personaggi si occupa di un aspetto diverso dell'opera.

Anonimo ha detto...
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