martedì 17 maggio 2011

Lodi: inizia il festival!


War is personal. © Eugene Richards.Ex Chiesa dell’Angelo, Via Fanfulla, 22 Lodi. 19 maggio – 17:00-20:30; 20, 21, 22 maggio – 10:00-20:30.
 
Visita con l’autore e book signing 22 maggio-11,00.
Ci siamo: il grande momento sta per arrivare mentre scrivo mezza Lodi è già in fermento. L’impegno per un gruppo di amatori che decide di realizzare un festival della fotografia su una base professionale è enorme. Forse chi è venuto lo scorso anno o verrà quest’anno non se ne rende/rà nemmeno conto, ma per poter mettere insieme l'edizione 2011 si lavora esattamente da un anno. So che può sembrare una battuta o un’esagerazione, ma lo scorso anno esattamente il lunedì seguente la domenica di chiusura della prima edizione (ovvero giusto il giorno dopo) è stata fatta la prima riunione operativa per presentare il preventivo di bilancio per l’edizione di quest’anno e provare a ricevere un contributo dagli enti locali. Questo giusto per dare la misura del sacrificio cui i membri del Gruppo Fotografico Progetto Immagine hanno deciso di sottoporsi per praticamente tutto l’anno. Il dettaglio della manifestazione potete trovarlo in questo numero accompagnato da una selezione di alcune delle immagini più interessanti che chi verrà a Lodi potrà vedere dal vivo incontrando gli autori che saranno disponibili ad illustrare in prima persona il proprio lavoro. L’occasione è rara perché stiamo parlando dell’eccellenza della fotografia giornalistica declinata sulla base di quei principi etici sempre meno considerati nello svolgimento della professione.
Il festival cade poi in un periodo particolare della nostra storia. Fin troppo vicino ai nostri confini nazionali sono in corso operazioni di guerra che vedono coinvolta anche la nostra Aviazione Militare e proprio in quel teatro di guerra, nella città di Misurata, hanno perso la vita pochi giorni fa due fotogiornalisti, l’inglese Tim Hetherington e l’americano Chris Hondros. Anche di questo sarà possibile parlare e discutere nel corso dei dibattiti che si terranno a Lodi, dove tra l’altro saranno presenti (domenica 22) i giornalisti del collettivo Shabel che un paio di settimane prima erano finiti sotto il fuoco delle truppe libiche a Bengasi dove per altro erano al fianco dei due fotografi scomparsi che hanno tragicamente allungato la striscia di sangue che accompagna questa professione.
Certo gli argomenti non sono dei più divertenti e in tempi in cui la parola d’ordine sembra essere alleggerimento e superficialità l’impegno che sosteniamo come testata media partner della manifestazione non è indifferente, ma proprio per questo motivo ci sembra importante. È necessario fermarsi a riflettere su cosa sta accadendo proprio perché sempre meno persone sembrano disposte a farlo. Le giornate di Lodi in questo senso appaiono come una boccata di ossigeno che cerca di riportare in vita la riflessione sulla fotografia, soprattutto quella votata a fornire informazioni giornalistiche a livello visivo. Un’operazione che vorrebbe arginare il diffondersi della tecnica dello struzzo. Quella che porta la maggior parte delle persone che si occupano di fotografia e che ho modo di incontrare in occasione di corsi, convegni e scambi di opinioni vari, ad affermare che non si ha voglia di vedere certe cose, perché la vita è già tanto complessa che almeno le fotografie dovrebbero essere dedicate ad argomenti più piacevoli.
Il fatto che oggi possiamo permettercelo perché la situazione magari non ci tocca direttamente non giustifica comunque un atteggiamento di colpevole distrazione nei confronti di ciò che accade intorno a noi. È ovvio che non dobbiamo indossare il cilicio e assumere sulle nostre spalle tutti i mali del mondo, ma nemmeno chiudere sistematicamente gli occhi porta a niente di buono. Non metterci in condizioni di comprendere può favorire solo interessi che non sono certo della maggioranza della popolazione. Sfruttiamo quindi l’occasione per provare a riprendere possesso delle conoscenze che ci mettono al riparo dalla beata ignoranza.
Mi-Re-l-La. © Fausto Podavini.Chiostro del Museo Paolo Gorini, Piazza Ospitale Lodi. 19 maggio – 17:00-20:30; 20, 21, 22 maggio – 10:00-20:30.
Attenzione però a non confondere la capacità di affrontare temi scottanti e/o dolorosi con lo scempio che alcuni fanno in modo sistematico della sofferenza altrui, sfruttandola per stupire sul momento con immagini che pochi istanti dopo aver scatenato l’orrore dello spettatore vengono da queste messe nel dimenticatoio in quanto vivono solo dell’effetto shock e fin troppo frequentemente di nessun contenuto. Né tantomeno deve essere confuso con l’impegno da parte dei fotogiornalisti a recarsi solo in zone di guerra o di catastrofe naturale. Le buone storie si trovano anche dietro casa come dimostra il lavoro con cui Fausto Podavini ha vinto la prima edizione del World.Report Award raccontando con estrema delicatezza come in una famiglia qualunque viene vissuto nella quotidianità il morbo di Alzheimer. Le immagini sono profonde, raccontano da dentro una malattia terribile, ma senza concedere alla spettacolarizzazione della sofferenza, ma semplicemente raccontando una serie di giornate che si ripetono sempre uguali da anni nella cura di un uomo ammalatosi e nella costanza, nella forza e nella dedizione di una donna che continua ad accudire il marito circondandolo di un affetto che probabilmente non è nemmeno più in grado di comprendere.
Per concludere e alleggerire (ebbene sì ho ceduto anche io all’alleggerimento) un po’ la tensione vi consiglio di visitare la pagina relativa al World.Report Award. Qui troverete infatti oltre alle consuete informazioni relative al premio e al vincitore la registrazione della telefonata fatta dagli organizzatori del premio al vincitore per comunicargli l’esito del concorso.



2 commenti:

Giancarlo Parisi ha detto...

La distanza, ma soprattutto gli impegni che assorbono gran parte delle mie energie in questo periodo, mi impediscono di salire su un treno alla volta di Lodi e partecipare al Festival. Mi consola la certezza che molte, moltissime persone, profondono sforzi ingenti in nome della Fotografia. E' importantissimo, infatti, che oggi si parli e si agisca nel modo più concreto possibile per riaffermare dei principi legati all'immagine ed al suo uso a scopo narrativo, che sembrano ormai perduti da tempo.
La cosa che più mi spaventa, e che nel piccolo della mia attività divulgativa cerco sempre di evitare, è che le nuove generazioni, e di fotografi e di semplici consumatori di immagini, rischiano di crescere senza una guida, formando le proprie idee sulla base di uno sterile sostrato di concetti.

Bene dunque, un grande grazie a tutti coloro che sono impegnati in questa "battaglia" e che ce la mettono tutta in nome della Fotografia.

francesco peluso ha detto...

Vedendo, anzi ammirando queste immagini, la loro potenza dirompente, il loro impatto sociale e mediatico mi sento un po in colpa per tutti i miei trastulli di (e da) fotoamatore.

La Fotografia in questo caso riprende il suo scopo primario, la documentazione della storia.

Per non farci dimenticare.