Mi sembra particolarmente interessante, che l'unica immagine non deturpata dai sottotitoli (così la vedo io, a me paiono molto disturbanti visivamente e sgradevoli esteticamente, nonostante la bellezza dei segni), sia l'unica immagine tradizionale del Giappone, se così si può dire (e non so se si possa dire...), l'immagine depositata negli occhi, nelle coscienze, nella memoria, l'immagine radicata e nostalgica, quella che fa pensare al Mondo Fluttuante, alla sua sofisticata ritualità, quella in cui era ed è presente anche una fortissima componente estetico-simbolica perfettamente codificata. Sembra di poter pensare due cose: che sia un'immagine da proteggere (da mantenere pura), ma che contemporaneamente sia un'immagine che non corre il rischio di essere interpretata... Per tutte le altre forse, per tutte le altre immagini che portano un messaggio con il loro contesto e la loro storia che viene raccontata e che stanno raccontando, per tutte le altre situazioni forse manca la codificazione?
È anche curioso per me notare che in Occidente sembra si punti invece proprio sulle immagini per passare dei messaggi o degli pseudovalori in modo subliminale, si punta sulle immagini e sugli slogan, ma in tv in genere gli slogan sono pronunciati più che scritti, creando uno stimolo combinato che preme due zone di attenzione, due sensi. È una differenza molto interessante, anche perché mi pare nella sua apparente contraddizione, confermare un altro aspetto per quanto riguarda il Giappone: la preminenza della vista sulla verbalità. Le parole chiave vengono scritte come se si puntasse più a quanto si vede che a quanto viene ascoltato, o come se si sapesse che culturalmente viene notato, seguito e memorizzato più quanto viene visto che quanto viene udito. Ma è solo una reazione immediata la mia, che non pretende di essere altro che una serie di sensazioni che ho cercato di coordinare.
Da quanto mi è sembrato di capire, nella tv giapponese, esiste un triplice messaggio da rielaborare cerebralmente: da vedere, da ascoltare e da vedere/leggere (e quest’ultimo pacchianamente deturpante lo schermo), il che nel suo complesso sembrerebbe essere slogan pubblicitario, purtroppo di quella categoria che vorrebbero “classificare” un’intera società. Il problema è che questa “classificazione” sta sforando i limiti e si sta adattando a una massa occidentalizzante che niente ha a che vedere con il sano progresso naturale di una cultura che non ha bisogno di altri richiami e, anzi, sembra in questa maniera ridicolarizzarsi. Oltretutto, l’unica immagine tradizionalista (senza sottotitoli, come ha così argutamente e sensibilmente commentato haku) riecheggia un conservatorismo ipocrita che per lo più “fa moda”, come icona di antichi stilemi di virtù, che vorrebbero riportare alla memoria della massa una falsa ideologia di vita e una sorta di moralismo (e poco importa se la nostra graziosa signora fosse una geisha o una figura artefatta di donna nativa: è l’idea di tradizionalismo che fa la “virtù” della specie). Non credo che ci sia una grande differenza tra questi tipi di messaggi e quelli di cui si parlava riguardo a una lettura del ruolo chiave del fotografo (delinquente, ecc… ma peggio dispensatore di notizie sciatte e inutili): da che mondo e mondo, disgraziatamente, un importante strumento di comunicazione visiva come la televisione viene utilizzato per lanciare messaggi che uniformano la massa nella superficialità delle cose futili date per scontate e nella globalizzazione del pensiero.
Guardando e ascoltando il filmato non ho potuto non pensare a cosa ne avrebbe detto Popper, trovando piena conferma della sua espressione “Con questo tipo di televisione non può esserci nessuna democrazia”. Non voglio parlare di politica o allontanarmi dal tema e pur essendo vero che la televisione italiana ne è tecnicamente lontana, se penso a certi programmi di successo, dai Reality ad alcuni quiz, mi domando se non sia animata dallo stesso obiettivo, più teso a realizzare un conformismo di massa invece che uno sviluppo dello spirito critico. Popper aveva un atteggiamento tanto negativo con la televisione, poiché la leggeva come una forme di tirannide, almeno nella dimensione in cui viene praticata persino nei momenti in cui fingeva di occuparsi di far parlare le persone, ad esempio attraverso i sondaggi che indagano cosa la gente vuole. Peccato che la scelta sia in qualche modo “obbligata” tra un ventaglio di offerte predeterminate da un centro e questo basta a falsare il contesto. Nel filmato della televisione giapponese la coercizione del pensiero è addirittura duplice, non solo agisce sull’intervistato, ma anche sui fruitori che in tempo reale vengono indotti a pensare, leggere, ricordare e fare propri i pensieri di un altro… Si tratta veramente di un potere “irresistibile” che modifica la comunicazione sociale e di conseguenza quella politica, ma soprattutto distrugge l’animo e il pensiero individuale e questo credo sia il rischio più grande e la posta in gioco.
... Comunque la buona tradizione MANGA qui non si smentisce di certo ... Anzi direi che la fa da padrona! ... Quasi, quasi mi chiedo se tutto questo non serva per far diventare ancor più "fumettistico" un pò tutto il mondo Giapponese (con Hello Kitty sembrava aver raggiunto apici mirabolanti!) ... Peccato che questo mondo si stia perdendo sempre più dietro slogan e frammenti di immagini mal interpretati ... Mi chiedo, alla fine, cosa rimarrà di tutta questa cozzaglia di roba ?! ...
4 commenti:
Mi sembra particolarmente interessante, che l'unica immagine non deturpata dai sottotitoli (così la vedo io, a me paiono molto disturbanti visivamente e sgradevoli esteticamente, nonostante la bellezza dei segni), sia l'unica immagine tradizionale del Giappone, se così si può dire (e non so se si possa dire...), l'immagine depositata negli occhi, nelle coscienze, nella memoria, l'immagine radicata e nostalgica, quella che fa pensare al Mondo Fluttuante, alla sua sofisticata ritualità, quella in cui era ed è presente anche una fortissima componente estetico-simbolica perfettamente codificata.
Sembra di poter pensare due cose: che sia un'immagine da proteggere (da mantenere pura), ma che contemporaneamente sia un'immagine che non corre il rischio di essere interpretata...
Per tutte le altre forse, per tutte le altre immagini che portano un messaggio con il loro contesto e la loro storia che viene raccontata e che stanno raccontando, per tutte le altre situazioni forse manca la codificazione?
È anche curioso per me notare che in Occidente sembra si punti invece proprio sulle immagini per passare dei messaggi o degli pseudovalori in modo subliminale, si punta sulle immagini e sugli slogan, ma in tv in genere gli slogan sono pronunciati più che scritti, creando uno stimolo combinato che preme due zone di attenzione, due sensi.
È una differenza molto interessante, anche perché mi pare nella sua apparente contraddizione, confermare un altro aspetto per quanto riguarda il Giappone: la preminenza della vista sulla verbalità. Le parole chiave vengono scritte come se si puntasse più a quanto si vede che a quanto viene ascoltato, o come se si sapesse che culturalmente viene notato, seguito e memorizzato più quanto viene visto che quanto viene udito.
Ma è solo una reazione immediata la mia, che non pretende di essere altro che una serie di sensazioni che ho cercato di coordinare.
Da quanto mi è sembrato di capire, nella tv giapponese, esiste un triplice messaggio da rielaborare cerebralmente: da vedere, da ascoltare e da vedere/leggere (e quest’ultimo pacchianamente deturpante lo schermo), il che nel suo complesso sembrerebbe essere slogan pubblicitario, purtroppo di quella categoria che vorrebbero “classificare” un’intera società.
Il problema è che questa “classificazione” sta sforando i limiti e si sta adattando a una massa occidentalizzante che niente ha a che vedere con il sano progresso naturale di una cultura che non ha bisogno di altri richiami e, anzi, sembra in questa maniera ridicolarizzarsi. Oltretutto, l’unica immagine tradizionalista (senza sottotitoli, come ha così argutamente e sensibilmente commentato haku) riecheggia un conservatorismo ipocrita che per lo più “fa moda”, come icona di antichi stilemi di virtù, che vorrebbero riportare alla memoria della massa una falsa ideologia di vita e una sorta di moralismo (e poco importa se la nostra graziosa signora fosse una geisha o una figura artefatta di donna nativa: è l’idea di tradizionalismo che fa la “virtù” della specie).
Non credo che ci sia una grande differenza tra questi tipi di messaggi e quelli di cui si parlava riguardo a una lettura del ruolo chiave del fotografo (delinquente, ecc… ma peggio dispensatore di notizie sciatte e inutili): da che mondo e mondo, disgraziatamente, un importante strumento di comunicazione visiva come la televisione viene utilizzato per lanciare messaggi che uniformano la massa nella superficialità delle cose futili date per scontate e nella globalizzazione del pensiero.
Guardando e ascoltando il filmato non ho potuto non pensare a cosa ne avrebbe detto Popper, trovando piena conferma della sua espressione “Con questo tipo di televisione non può esserci nessuna democrazia”. Non voglio parlare di politica o allontanarmi dal tema e pur essendo vero che la televisione italiana ne è tecnicamente lontana, se penso a certi programmi di successo, dai Reality ad alcuni quiz, mi domando se non sia animata dallo stesso obiettivo, più teso a realizzare un conformismo di massa invece che uno sviluppo dello spirito critico. Popper aveva un atteggiamento tanto negativo con la televisione, poiché la leggeva come una forme di tirannide, almeno nella dimensione in cui viene praticata persino nei momenti in cui fingeva di occuparsi di far parlare le persone, ad esempio attraverso i sondaggi che indagano cosa la gente vuole. Peccato che la scelta sia in qualche modo “obbligata” tra un ventaglio di offerte predeterminate da un centro e questo basta a falsare il contesto. Nel filmato della televisione giapponese la coercizione del pensiero è addirittura duplice, non solo agisce sull’intervistato, ma anche sui fruitori che in tempo reale vengono indotti a pensare, leggere, ricordare e fare propri i pensieri di un altro… Si tratta veramente di un potere “irresistibile” che modifica la comunicazione sociale e di conseguenza quella politica, ma soprattutto distrugge l’animo e il pensiero individuale e questo credo sia il rischio più grande e la posta in gioco.
... Comunque la buona tradizione MANGA qui non si smentisce di certo ... Anzi direi che la fa da padrona! ... Quasi, quasi mi chiedo se tutto questo non serva per far diventare ancor più "fumettistico" un pò tutto il mondo Giapponese (con Hello Kitty sembrava aver raggiunto apici mirabolanti!) ...
Peccato che questo mondo si stia perdendo sempre più dietro slogan e frammenti di immagini mal interpretati ... Mi chiedo, alla fine, cosa rimarrà di tutta questa cozzaglia di roba ?! ...
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