Anomalia all'interno dell'editoria italiana, in quanto praticamente privo di pubblicità proveniente da inserzionisti esterni, Internazionale è una rivista che pubblica settimanalmente una selezione di articoli della stampa estera tradotti in italiano.
Si tratta di un servizio ineguagliabile per chi abbia voglia di informarsi, con l'unico torto (premesso che personalmente lo trovo un pregio) di sottolineare la servile inconsistenza del giornalismo nostrano. Da molto tempo Internazionale dedica ampi e intelligenti spazi alla fotografia (altra bizzarra anomalia nel panorama italiano). Oltre ai portfoli pubblicati settimanalmente e alle pagine iniziali di fotonotizie (Internazionale immagini) a questa testata e alla sua casa editrice si devono importanti produzioni come ad esempio il servizio Violence in Colombia che ha fruttato a Francesco Zizola il secondo premio nella categoria People in the News o la pubblicazione del volume Iraq.
Da non perdere in particolare il numero in edicola da oggi con un portfolio dedicato a un libro caposaldo del fotogiornalismo contemporaneo: The Americans di Robert Frank, un volume che non può assolutamente mancare nella libreria di chiunque si occupi dell'argomento e che a distanza di cinquanta anni continua a insegnarci come si effettua una selezione e si mettono in sequenza delle immagini per mostrare il proprio pensiero su un determinato argomento.
Una particolare nota di merito infine all'estensore dell'articolo che prende spunto dalla riedizione da parte della casa editrice Steidl dell'opera di Robert Frank. Contrariamente a quanto avviene solitamente infatti si può leggere qualcosa di sensato sulla fotografia, con una chiara visione dell'importanza e della collocazione storica del lavoro del fotografo svizzero e delle conseguenze che queste fotografie e quelle raccolte in un altro libro epocale e pressocché contemporaneo (New York 1954-55 di William Klein) hanno prodotto nel raggiungimento degli attuali modelli narrativi del fotogiornalismo di approfondimento.
Si tratta di un servizio ineguagliabile per chi abbia voglia di informarsi, con l'unico torto (premesso che personalmente lo trovo un pregio) di sottolineare la servile inconsistenza del giornalismo nostrano. Da molto tempo Internazionale dedica ampi e intelligenti spazi alla fotografia (altra bizzarra anomalia nel panorama italiano). Oltre ai portfoli pubblicati settimanalmente e alle pagine iniziali di fotonotizie (Internazionale immagini) a questa testata e alla sua casa editrice si devono importanti produzioni come ad esempio il servizio Violence in Colombia che ha fruttato a Francesco Zizola il secondo premio nella categoria People in the News o la pubblicazione del volume Iraq.
Da non perdere in particolare il numero in edicola da oggi con un portfolio dedicato a un libro caposaldo del fotogiornalismo contemporaneo: The Americans di Robert Frank, un volume che non può assolutamente mancare nella libreria di chiunque si occupi dell'argomento e che a distanza di cinquanta anni continua a insegnarci come si effettua una selezione e si mettono in sequenza delle immagini per mostrare il proprio pensiero su un determinato argomento.
Una particolare nota di merito infine all'estensore dell'articolo che prende spunto dalla riedizione da parte della casa editrice Steidl dell'opera di Robert Frank. Contrariamente a quanto avviene solitamente infatti si può leggere qualcosa di sensato sulla fotografia, con una chiara visione dell'importanza e della collocazione storica del lavoro del fotografo svizzero e delle conseguenze che queste fotografie e quelle raccolte in un altro libro epocale e pressocché contemporaneo (New York 1954-55 di William Klein) hanno prodotto nel raggiungimento degli attuali modelli narrativi del fotogiornalismo di approfondimento.
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10 commenti:
veramente un ottima rivista peccato che dalle mie parti sia difficiel da trovare nelle edicole.
ciao Sandro, mi permetto di dissentire come non ho mai fatto, non per negare la verità delle tue affermazioni sempre vere, ma per ridimensionare l'entità dell'articolo.... una breve introduzione anagrafica e sull'origine e l'entità del servizio, ma niente di più.... nulla rispetto a quello che tu sei in grado di elargire sullo stesso tema..ovviamente cambiano i tempi e le dinamiche, ma introdurre un articolo in quel modo secondo me crea delle fale aspettative..
OK su Frank , va bene l'assenza di inserzionisti, ma sull'obbiettività dell'internazionale io qualche paletto lo pianterei....
Non vorrei arrivare al punto di dire che R.frank serve a dirottare i "neo" acquirenti della rivista sul vero tema... l'ultimo imperatore... se realmente fosse così allora anche Frank non avrebbe senso di esistere, oppure potrebbe fare un ottimo servizio chiamandolo "the Italians".......
Hai scritto più tu, caro direttore, per recensire l'articolo che l'articolo per parlare di Frank...
Signori tutto si può dire sulla editoria italiana, ma su Robert Frank bisogna solamente star zitti.... C'è solo da imparare, ho acquistato the americans qualche tempo fa e ogni volta che lo guardo rimango sempre sbalordito dalle foto che ha fatto, magari riuscissi a fare un lavoro simile. Comunque proverò a comprare la rivista per vedere comè.
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Ottimo articolo, bene che se ne parli. A voler essere velenosi, si potrebbe dire che ci abbiamo messo cinquant'anni, ma finalmente anche in Italia, e su una rivista non specialistica, si parla di The Americans..... Ma non lo dirò. L'articolo non dice nulla che un avido studioso del libro di Frank non conosca, ma di queste notizie, di questi pezzi divulgativi, nell'Italia tutta BressonAdamsOlivieroToscaniBasilico, non ce n'è mai abbastanza.
Dott. Cush
Non esistono intoccabili su cui stare zitti. Paolo permette di dire tutto sull'editoria italiana ma chiede di stare zitto su Frank. Sul fatto che la stampa italiana srrivi con cinquanta anni di ritardo avrei i miei dubbi, ma sul fatto che anche i "mostri sacri" debbano essere oggetto di riflessioni, dubbi non ne ho. L'autore di the Americans strinse amicizia con Jack Kerouac e collaborò con gli altri protagonisti della stagione della Beat Generation, sicuramente una corrente feconda di idee e di novità. Ma anche di comportamenti negativi che hanno, purtroppo influenzato tanti giovani. William Burroughs,l'autore de Il Pasto Nudo è uno di questi. Uccise la moglie con un colpo di pistola sotto l'effetto di droga e alcol e suo figlio morì giovanissimo per gli effetti deleterei dell'alcol sul fegato. Fu anche "studioso" insieme al Dottor Leary degli effetti dell'LSD sugli studenti. Sospesero questo studio dopo che molti di questi andarono definitivamente fuori di testa. Tutto il movimento propugnava l'omosessualità, sulla quale personalmente non ho niente da dire, e l'uso creativo delle droghe e dell'alcol, sulle quali ho molto da dire. Per finire, mentre la stampa italiana è sempre attenta a tutto quello che arriva da oltreoceano, quella statunitense ha quasi sempre ignorato i fotografi italiani.
Rawnef, però la tua, più che una critica a "The americans" o al suo autore, sembra una critica (legittima, ovviamente) al movimento beat.
Dott. Cush
Cush, ti ringrazio per la tua osservazione che mi permette di spiegare meglio il mio pensiero. Con il mio commento volevo soprattutto mettere in risalto il fatto che nessuno, a mio parere, deve essere immune da riflessioni. Le mie "critiche" al movimento Beat Generation, del quale peraltro sono stato un'attento lettore, volevano proprio sottolineare questo. E' chiaro che su Frank come fotografo non ho niete da dire. Mi sento di dire che comunque anche in Italia ci sono fotografi che hanno fatto cose egregie forse anche simili a The Americans. Cito ad esempio i lavori degli anni cinquanta e sessanta di Luciano D'Alessandro.
Ovviamente nessuno è esente da critica :-)
Credo comunque che l'importanza del lavoro di Frank sia nelle nuove vie espressive che ha aperto per la fotografia di reportage. Oltre, ovviamente, all'avere mostrato un'america del tutto diversa da come veniva presentata dagli stereotipi. In questo senso, il lavoro di Frank è ancora freschissimo (perchè spesso ci si illude che "Americans" siano solo dei colti intellettuali cresciuti tra Harvard e il MIT, e invece sono anche - e, forse, soprattutto - bifolchi dalle convinzioni grantiche e dallo sguardo bovino).
Dott. Cush
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