sabato 19 aprile 2008

Il velo della sposa


[...] La maggior parte di coloro che primi fecero filosofia pensarono che i principi di tutte le cose fossero solo quelli materiali. Infatti essi affermano che ciò di cui tutti gli esseri sono costituiti e ciò da cui derivano originariamente e in cui si risolvono da ultimo, è elemento ed è principio degli esseri in quanto è una realtà che permane identica pur nel trasmutarsi delle sue affezioni. E, per questa ragione, essi credono che nulla si generi e che nulla si distrugga dal momento che una tal realtà si conserva sempre. E come non diciamo che Socrate si genera in senso assoluto quando diviene bello o musico, né diciamo che perisce quando perde questi modi di essere, per il fatto che il sostrato, ossia Socrate stesso, continua ad esistere, così dobbiamo dire che non si corrompe in senso assoluto nessuna delle altre cose: infatti, deve esserci qualche realtà naturale (o una sola o più di una) dalla quale derivano tutte le altre cose, mentre essa continua ad esistere immutata.
Tuttavia, questi filosofi non sono tutti d’accordo circa il numero e la specie di un tale principio. Talete, iniziatore di questo tipo di filosofia, dice che quel principio è l’acqua (per questo afferma che anche la terra galleggia sull’acqua), desumendo indubbiamente questa sua convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido, e che perfino il caldo si genera dall’umido e vive nell’umido. Ora ciò da cui tutte le cose si generano è appunto il principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo e inoltre dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida, e l’acqua è il principio della natura delle cose umide.
Ci sono poi alcuni i quali credono che anche gli antichissimi che per primi hanno trattato degli dei, molto prima della presente generazione, abbiano avuto questa stessa concezione della realtà naturale. Infatti posero Oceano e Teti come autori della generazione delle cose, e dissero che ciò su cui gli dei giurano è l’acqua, la quale da essi vien chiamata Stige. Infatti ciò che è più antico è anche ciò che è più degno di rispetto e ciò su cui si giura è, appunto, ciò che è più degno di rispetto.
[...]
Aristotele - Metafisica (983b 6-30)
Qual è l’origine delle cose? È una domanda questa che accompagna l’Uomo da sempre, o quanto meno da quando l’evoluzione sociale e tecnologica gli ha permesso di avere tempo a sufficienza per poter rivolgere la propria mente ad altro che non fosse il mero preoccuparsi della sopravvivenza. Una questione che ha comportato sforzi enormi per costruire risposte soddisfacenti alla domanda palingenetica per eccellenza. Un interrogativo da cui, nell’antica Grecia, è nata la Filosofia, l’amore per la conoscenza, nel cui nome ancora oggi troviamo conforto di fronte al mistero imperscrutabile dell’esistenza.
Una passione che accompagna la razza umana e risulta imprescindibile, tanto quanto lo è la necessità di respirare per l’esistenza terrena.
Dove c’è ricerca della conoscenza c’è l’Uomo. Dove termina, l’idea stessa di Uomo viene meno. In questa definizione è implicito il concetto di limite, di confine. Un luogo che riusciamo a identificare fisicamente negli ultimi lembi di terra che si perdono nell’acqua del mare. Lì dove ha inizio un mondo differente, fatto di masse liquide in perenne movimento. Lì dove ha inizio un mondo che l’uomo, per come è biologicamente strutturato, non può vivere interamente se non relegandosi alla fruizione della sua superficie o affidandosi a supporti tecnologici che ne garantiscano il temporaneo supporto vitale.
La spiaggia è dunque luogo di confine tra terra, aria e acqua. Quei principi che, all’epoca dell’antica Grecia, furono accolti e diversamente riconosciuti dal pensiero filosofico e scientifico, come fondanti l’esistenza. La spiaggia è dunque luogo simbolico di incontro tra principi, pensieri, elementi differenti, al cui cospetto l’Uomo si fermò a riflettere nell’antichità, dando origine al pensiero della scuola di Mileto che duemilasettecento anni fa, alla foce del Meandro, si interrogava sull’origine delle cose e sul senso della vita. Un pensiero che si è evoluto nel corso dei secoli, assumendo nuovi dei, nuove religioni fondate sul credo cieco o sulla scienza, ma continuando nella sostanza a svolgere l’antica indagine sull’origine delle cose fatta già da Anassimandro, Anassimene, Talete.
Ancora oggi per una mente sensibile alla metafisica trovarsi in quel luogo di confine, tra quelli che furono i principi fondanti dell’esistenza secondo gli antichi filosofi, può essere fonte di riflessione. In quella parte di mondo in cui la terra che si riduce in sabbia per farsi più vicina all’elemento aereo o a quello liquido, è possibile che si coagulino riflessioni sul perché dell’esistenza. E allora la nostra limitata prospettiva temporale ci rende superbi ricercatori che definiscono l’Eterno in funzione della propria caducità.
Mare, onde d’acqua e di sabbia mosse dal vento sono ora, ma il ricordo ci dice che appartengono a un concetto più vasto. Sono oggi come erano ieri e sempre. Sono ora, come erano quando eravamo giovani, ragazzi, bambini. I nostri genitori ci raccontano che erano così anche quando loro erano giovani, ragazzi, bambini. E lo stesso ci dicono i nostri nonni, che a loro volta avevano appreso identiche cose dai loro genitori e dai loro nonni e così via fin dove il ricordo e la trasmissione della tradizione riescono ad arrivare.
È il mito di una natura che non cambia ad accompagnarci, a tranquillizzarci, a fare da contrappeso al vorticoso trasformarsi dei nostri modelli sociali e del loro pesante indotto su quanto ci circonda. È il mito dell’uomo che riesce a fermare il tempo riportandolo nella sua mente alla gioventù, a quanto di più antico possa aver sperimentato.
Un luogo in cui non siano pesantemente visibili le conseguenze dell’antropizzazione è, oggi, un sogno agognato, un desiderio di ritorno a quello stato naturale il cui abbandono la storia dell’Uomo dimostra essere stato obiettivo primario da sempre. Il tempo è imperturbabile quando ci ritroviamo su una spiaggia. I ricordi suscitati dal confine, ci confortano permettendoci di recuperare quella condizione in cui, esordienti della vita, pensavamo ci attendesse l’infinito delle possibilità. Per un attimo il tempo è davvero il punto di congiunzione tra l’era e il sarà, l’attimo in cui il reale si concretizza, è il numero del movimento secondo il prima e il poi, è il numerato e il numerabile che ci rinviano al numerante.
Intorno c’è un’aria che quando dimostra la sua forza è capace di trasportare la terra e l’acqua, c’è un’acqua capace di comprendere in sé la terra e l’aria, c’è una terra capace di accogliere l’acqua e sostenere l’aria. E noi, Uomini, lì in mezzo, persi nei ricordi d’infanzia, continuiamo a chiederci cosa siamo e da dove veniamo. La domanda che sorge nel luogo di confine, mentre si è parte dei principi dell’esistenza, torna a essere, continua a essere sempre la stessa. Ma, intanto, qualcuno, non meno perso nel mistero delle proprie domande, tenta una magia impossibile con una piccola scatola buia. E riesce, forse, a illudersi di poter di strappare un brandello di tempo per offrirlo all’altare della memoria. Intento nel catturare ciò che non è catturabile, nemmeno si accorge di non essere solo in quella piccola, immensa spiaggia al confine delle ragioni dell’esistenza.
Tra sabbia, vento e acqua infatti con lui continuano ad aggirarsi i saggi figli di Mileto, amanti della conoscenza, nati alla foce del Meandro e padri di quanti non smettono di interrogarsi sull’origine delle cose.
E il vento scivola su sabbia e acqua carezzando tracce di passaggi persi nel tempo.
Sandro Iovine
Dall'introduzione al volume Il velo della della sposa foto di Mario Vidor, Punto Marte, 2008.


La mostra
Il velo della sposa foto di Mario Vidor
Palazzo della Loggia
Piazza Luzzati, Motta di Livenza TV
Date: dal 19 aprile al 18 maggio 2008
Orari: giovedì e venerdì dalla 17 alle 20, sabato e domenica e festivi dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 20,30
Ingresso: libero
Tel. 339-4804941
E-mail: fotografiaitaliana@tin.it




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1 commento:

MISTYLE ha detto...

sei vivo?


Guglie