giovedì 16 settembre 2010

L'etica delle foto migliori



La home page del sito dell'Agenzia Contrasto il 16 settembre 2010 alle ore 8,42.
Avete presente quel vecchio detto popolare? Ma sì, quello che recita Chi ben comincia etc... Come spesso accade la saggezza che viene dalle radici meno nobili della società trova un inquietante riscontro nella pratica dei fatti. Stamattina per esempio mi ero appena messo la cuffia per finire di ascoltare la registrazione di un incontro tenutosi il 14 settembre a Bologna presso Spazio Labò per presentare il libro di Ferdinando Scianna Etica e fotogiornalismo. Mentre continuavo a chiedermi se interpretare l'invio del file della registrazione come atto di cortesia o al contrario di estrema aggressività nei miei confronti considerati i contenuti ancor più insulsi (per usare un eufemismo) in considerazione dei nomi coinvolti (Claudio Marra, Ferdinando Scianna e Michele Smargiassi), mi sono messo a controllare la posta. 
Avrete già intuito come la giornata fosse iniziata per il meglio. Ma appunto Chi ben comincia... Infatti mentre mi ronzavano nelle orecchie megabyte di poco più che chiacchiere da bar spacciate per cultura e discorsi sull'etica, che in realtà altro non erano e non sono se non un mediocre sfoggio di conoscenza di storia della fotografia, ho aperto la prima e-mail. Nemmeno a farlo apposta era stata inviata ieri sera da un amico fotogiornalista professionista con cui avevo un appuntamento saltato per un disavventura dell'ultimo momento. Il testo coinciso e stringato va subito al cuore della questione: «Stasera ti avrei chiesto di questo: si può parlare di immagini migliori, riguardo una tragedia che ha prodotto milioni di sfollati e decine di migliaia di morti? Credo sia aberrante, come titolo. Mah». Subito sotto un allegato con la schermata della home page del sito della maggiore Agenzia fotogiornalistica italiana.
Dettaglio dela home page del sito dell'Agenzia Contrasto.
Che dicevo all'inizio? Chi ben comincia... mmm, ho quasi paura di scoprire come andrà avanti la giornata considerato che sono appena le otto e mezza.
Comunque sì, io credo che sia aberrante come titolo. Capisco perfettamente le moticazioni che possano aver spinto qualcuno a sceglierlo e utilizzarlo, ma questo non toglie nulla alla responsabilità nei confronti delle parole e delle immagini che ognuno di noi dovrebbe assumersi. Scegliendo di definire, forse sarebbe più opportuno dire pubblicizzare, le immagini che raccontano la tragedia delle alluvioni in Pakistan proponendole come una selezione delle migliori si trasforma, nemmeno troppo implicitamente ,il dramma di milioni di persone in uno spettacolo da consumare comodamente seduti sul divano con una bibita in mano e le patatine in attesa di essere mangiate posate sul tavolino. Sono le stesse maledette parole con cui vengono presentati i servizi sportivi con le migliori azioni di gioco di una partita. Ma ci rendiamo conto che tra una partita di calcio ancorché eroica e milioni di sfollati e migliaia di morti c'è ancora una certa differneza?
Io credo che questo sia uno dei tanti, veri, concreti problemi etici che ruotano intorno al fotogiornalismo. Un bel po' più conreto della discussione sull'universalità o sulla specificità fotografica del concetto di etica, con buona pace del professor Claudio Marra che, per un imbarazzante numero di minuti, è tautologicamente riuscito a disquisirci in quel di Bologna un paio di giorni fa.
Con questo non si pensi, per favore, che io sia contrario all'analisi teorica, tutt'altro. Ma se questa rimane disgiunta dalla realtà pratica e fattuale, rischia di essere solo un gesto intellettualmente onanistico in grado di riesumare e attualizzare con il proprio portato consolidate credenze sui rischi di cecità impliciti in certe pratiche solitarie. Rischi per altro metaforicamente assai concreti quanfdo si verificano casi come questo.
Voi cosa ne pensate?

37 commenti:

Fabio Forapan ha detto...

Concordo pienamente sul nome sbagliato. A volte credo la gente perda il senso delle cose e interpreti la fotografia più dal punto di vista tecnico che emozionale/espressivo personale. in pratica si diventa dei cinici osservatori e immortalatori di situazioni o persone; si scatta pensando alla migliore inquadratura e alla possibilità che la foto risulti vendibile o apprezzabile dimenticando il dramma che si vive di fronte. Non facciamocene comunque troppa meraviglia: in questa società, complici i media, il lato umano sembra un ricordo lontano...

Anonimo ha detto...

Caro Sandro,
penso che le discussione teoriche dovrebbero essere guida della pratica e della vita quotidiana. Ciò che facciamo ogni giorno non dovrebbe essere disgiunto dalle nostre opinione/ riflessioni/ teorie. La constatazione della realtà invece ci dice che l'unica teoria applicata è quella del guadagno. Così in nome della vendita si dimentica che quelle sono le foto della tragedia e l'unica cosa importante è vendere vendere vendere. In quest'ottica quelle sono le foto migliori.
Se si fosse davvero applicare una teoria etica nella fotografia bisognerebbe ripartire dal rispetto della persona. Ma questo non fa guadagnare! lo spettacolo "migliore" è il dolore...
Marta De Cunto

Anonimo ha detto...

Mi sento di concordare su tanto di quello che hai detto. Penso, però, che se non si arriva al nocciolo della questione attraverso una disquisizione teorica, nulla serva. Capisco la reazione del tuo amico fotogiornalista, che è stata anche la mia quando ho visto (prima di leggere il tuo commento) la foto. Veramente assurdo. capisco anche l'antipatia per il prof. Marra (non scevro da un certo logorroico narcisismo), ma l'approccio giusto è quello di teorizzare, perchè solo arrivando alla premessa, al punto fondante si possono cambiare le cose.
O almeno, provarci...
Paolo Quartapelle

sandroiovine ha detto...

Paolo, io non posso nutrire alcuna antipatia nei confronti del professor Marra, dal momento che si tratta di un sentimento che è possibile provare quando si conosce qualcuno. Invece sfortunatamente per ora non c'è mai stata occasione di incontro con il professor Marra. Mi sono solo limitato a leggere i suoi libri, peraltro condividendone spesso (anche se non sempre) le posizioni.
Ciò che ho scritto è una mera constatazione relativa allo spessore di quanto ho ascoltato: qualcosa di abbastanza banale e non certo degno delle aspettative suscitate dai nomi dei personaggi coinvolti.
Credo di aver già chiarito nel post che non sono affatto contrario alla teorizzazione, anzi! Ma, da quanto scrivi ho il sospetto di non essere stato particolarmente chiaro. Quello che penso e volevo esprimere è che se la speculazione rimane disgiunta da una ricaduta sul pratico, non riesco a considerarla particolarmente utile.

Anonimo ha detto...

migliore
[mi-glió-re]
ant. o pop. megliore
(pl. -ri)
A agg. (compar. di buòno; preceduto dall'art. determ. forma il superl. relat.)
1 Più buono, riferito a capacità, qualità o valore: è un insegnante m. di quello dell'anno scorso; è l'amico m. che io abbia mai avuto; sedersi nel posto m.; aspirare a un avvenire m.; indossare gli abiti migliori
‖ eufem. Passare a migliore vita, morire
‖ CON. peggiore
[hoepli.it]

se non migliore, quale altro aggettivo sarebbe stato più indicato?

GianB

sandroiovine ha detto...

Credo che la soluzione migliore consistesse nell'avere il buon gusto di evitare l'aggettivazione.

Monaghetti Daniele ha detto...

@GianB non credo che la domanda posta da Jovine si risolva con un copia e incolla dal dizionario online. Lo sappiamo tutti che vuol dire migliore.
@Jovine concordo con l'evitare l'aggettivo

Anonimo ha detto...

Claudio Marra se fosse solo mediocre cultore della materia com'e, ed estensore di libercoli scarsamente condivisibili, tra cui l'ignominioso :"L'immagine infedele" sarebbe solo l'epigono di molti intellettuali di provincia che parlano spocchiosamente di fenomeni che non conoscono causa una limitatissima visione del mondo di cui in oggetto. Purtroppo e' anche professore al DAMS e quindi formatore, mentore di altre menti. Questo si configura come un problema. Conoscendolo e non trovandolo antipatico, ma solo mediocre per analisi e scienza, non mi ha sopreso affatto il logorroico, trito e banale discorso. Parla da ignorante del problema a persone che Lui suppone essere piu' ignoranti di quanto noi sia egli stesso.
Non e' un caso che non abbia nessuna visibilita' scientifica internazionale.
Saluti

Anonimo ha detto...

Come "insulso" proffertore di un terzo delle "chiacchiere da bar" a cui Lei si riferisce, mi scuso vivamente con lei per il supplizio auricolare a cui Lei è stato vergognosamente costretto.
Sospettando però in Lei una vena di masochismo, la invito a leggerne altre sul mio libro "Un'autentica bugia" o sul mio blog Fotocrazia http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/ dove tra l'altro avrà l'opportunità di seppellirmi sotto le sue controdeduzioni, che da quel che leggo nel suo blog sono sicuramente più consistenti delle mie "mediocrità".
Un cordiale saluto,
Michele Smargiassi

sandroiovine ha detto...

Mi piacerebbe esprimere due desideri: uno serio e l'altro un po' meno.
Il primo, quello serio, è questo blog non divenisse una gogna pubblica per sfogare livori personali nei confronti del professor Claudio Marra. Non foss'altro perché non ho alcuna intenzione di dover rivestire i panni del difensore d'ufficio tutte le volte che si superano i limiti.
Il secondo, quello meno serio, è che che mi piacerebbe che qualcuno ogni tanto, per errore magari, scrivesse il mio cognome con I e non con la J.
Come nota a margine non trovo affatto ignomignoso L'immagine infedele, ma ovviamente è solo l'opinione di ha avuto la sfortuna di leggere cose ben peggiori e assai meno condivisibili.

Anonimo ha detto...

Sandro..
Io ti voglio in platea quando ci sono questi incontri. Mi piacerebbe che si innescasse un vero dibattito su cio' che e' piu' vicino a noi che la facciamo tutti i giorni sul campo la fotografia e non tra chi, seduto, teorizza. Se passerai prossimamente per quel di Bologna, spero proprio di venirti a vedere...
Mirko

sandroiovine ha detto...

Che Michele Smargiassi potesse prendere in considerazione quanto scrivo è di sicuro una sorpresa del tutto inattesa e per di più assai gradita.
Anche i suoi consigli di lettura sono altrettanto benvenuti, per quanto superflui avendo già letto il libro citato e avendovi trovato riflessioni stimolanti. Anche se devo confessare di non riuscire a condividerle in toto, come del resto credo sia statisticamente normale.
Anche di Fotocrazia, come Michele Smargiassi ben sa, essendo i commenti sottoposti a moderazione, sono da tempo lettore e talvolta umile commentatore. Giro quindi i consigli di lettura a chi ha la sfortuna di capitare su queste pagine.
In questo senso spero sinceramente nel mio piccolo, anzi piccolissimo, che la promozione realizzata con questo commento possa andare a buon fine contribuendo alla meritata diffusione del volume e all'incremento di accessi sul suo blog, che peraltro mi piace pensare che non ne abbia necessità.
Quanto a volizioni inumatorie nei confronti del suo pensiero, che mi pare di intuire mi attribuisca, credo che Michele Smargiassi possa essere più che tranquillo (non che creda che eventualmente la cosa possa turbarlo in alcun modo), in quanto non rientrano affatto nei miei progetti presenti o futuri. Un po' perché, nonostante conduca una vita grigia e priva di attrattive, forse ho ancora qualcosa di meglio di cui occuparmi. Un po' perché all'appello del lungo elenco di difetti e limiti che mi definiscono quello che manca sistematicamente è l'aprioristica presunzione di superiorità nei confronti dei miei interlocutori. E molta ce ne vorrebbe per ipotizzare la messa in atto di operazioni come quella suggerita.
Per questo la prego di interpretare, nonostante le apparenze, il mio disagio come un attestato di stima implicita nei confrnti dei relatori per ciò che so per certo si sarebbe potuto dare in quella e analoghe occasioni.

Danx ha detto...

Probabilmente quando si lavora e ci sono in ballo soldi necessari per non far morire l'azienda, non ci si rende conto di questi titoli poco felici, ma è ormai risaputo che l'abbondanza di immagini drammatiche faccia sì che la tragedia sia stata ben assimilata da tempo e non faccia scalpore più di tanto, allora godiamoci lo "spettacolo" :(

G. ha detto...

Carissimo Doge-"I"ovine

meno male che non si è scelto di fare una selezione delle "migliori" foto sullo sbarco in Normandia durante il D-Day, si sarebbe corso il rischio di escludere le foto di Capa.

Giuseppe

sandroiovine ha detto...

È proprio il rischio anestesia che mi terrorizza.

Anonimo ha detto...

Carissimo Sandro
come vedo non ti ha disturbato l'ironia.
Mi risulta ancora un po' faticoso capire come si possa leggere un'attestazione di "stima implicita" dietro l'affermazione "insulse chiacchiere da bar", ma pazienza, sarò io che non ci arrivo.
Magari se tu motivassi cosa hai trovato di insulso in quel nostro dibattito forse ci arriverei meglio. Un dibattito non è un libro di filosofia ma credo che quella sera siano usciti almeno alcuni interrogativi interessanti e aperti. Per quel che mi riguarda sono solo un giornalista, dunque insultabile per definizione, ma definire insulso quel che dice Scianna, che è una persona ricca di esperienza e di riferimenti colti accuratamente nascosti dieto una maschera guascona, è proprio insensato. Io lo ascolto sempre con grande interesse e piacere.
Non condivido poi che si possa ragionare sulla fotografia solo se se ne fa anche esperienza pratica. Come dire che possono parlare di letteratura solo romanzieri e poeti.
Il tuo blog è stimolante (dunque dovrei dire che è "insulso" e pieno di "chiacchiere da bar" secondo il tuo codice cifrato...), avrei qualcosa da dire anche sul tema "le migliori foto" ma sono già troppo lungo. Forse dopo. ciao
michele smargiassi

sandroiovine ha detto...

Mi sono evidentemente spiegato male, o forse ho capito male... maledette comunicazioni a distanza. In ogni caso nel dubbio chiarisco che non penso che per parlare di fotografia se ne debba necessariamente avere una diretta esperienza pratica. Non sento in me vibrare la presunzione della superiorità come dicevo, ma nemmeno coltivo la pulsione a considerarmi completamente ottuso.
Trovo che sia inutile teorizzare se poi quello che emerge dalla speculazione non si riflette nella pratica (non la propria e personale) generale della fotografia. A dimostrazione del fatto che ritengo necessario il dibattito teorico lamento spesso che gli addetti ai lavori si soffermino troppo poco a riflettere sulle ragioni profondo del loro lavoro e che le loro conoscenze teoriche siano troppo limitate. Ma se ci si limita solo a teorizzare lasciando che pratica e teoria non subiscano processi osmetici, allora credo sia inutile pensare, ragionare e discutere.
Per quanto riguarda la prima richiesta di spiegazioni, volentieri fornirò dettagli (per quanto non mi pare che siano particolarmente inerenti il tema del post), ma in questo momeonto devo rimandare in quanto mi attendono quattro noiosissime ore di lezione (noiosissime per chi sarà costretto ad ascolrtarmi).
Anche lei vedo che sa apprezzare l'ironia comunque. Se mi è connsetita una battuta, direi che sembra l'inizio di una bella amicizia a distanza.

Anonimo ha detto...

Chi ama la fotografia è mio amico in partenza. Magari però uno "scusa mi sono espresso male quando ho detto che sei un insulso chiacchieratore da bar" potrebbe essere un'altra buona partenza. Amicus Sandro sed magis amica veritas: se invece pensi quello che hai scritto, lasciamoci così senza rancor...
Mi spiace, sono un po' permaloso.
michele

Unknown ha detto...

Scomodare il rancore non è un po’ eccessivo? Alla nostra veneranda età poi… per quel che mi riguarda ricordo di averlo frequentato con assiduità quotidiana tra infanzia e adolescenza. E confesso di aver avuto rapporti di forte promiscuità anche con la permalosità. Liberarmene è stata dura, ma riuscirci ha migliorato la qualità della mia e, spero, altrui vita.
Ricordo quali... furori possa suscitare la permalosità quindi se le mie parole rivolte alla generalità della situazione sono state interpretate come un attacco personale, è di un’evidenza incontestabile che abbia sbagliato a esprimermi. Come del resto conferma lo spostamento di attenzione su un argomento del tutto marginale nell’economia del post da cui siamo partiti. L’esprimere approvazione incondizionata per quanto ascoltato però è altra cosa. Non mi piace essere ipocrita. E considero amico chi valuto meritevole di stima. Nel contempo mi piacerebbe poter condividere una possibile amicizia, al di là di infantili schermaglie retoriche, sulla base della reciprocità e non aprioristicamente su una presunta comunanza di interessi. Detto questo pensare qualcosa di offensivo nei confronti delle persone di Michele Smargiassi, Claudio Marra e Ferdinando Scianna francamente mi è alieno e non costituisce davvero un centro di interesse cui tendere. Vorrei avere il tempo di occuparmi non di questa, ma di cose altrettanto piacevolmente inutili, ma purtroppo non lo ho. Inoltre ciò che da questi uomini ho appreso leggendo quanto hanno scritto e osservando quanto hanno fatto, mi da la certezza di poter pretendere da loro molto di più di quanto non abbia potuto ascoltare. E questo per quanto soggettivo è il più grande attestato di stima che possa formulare nei confronti di qualcuno. Non so se le mie scuse relative alla forma utilizzata possano essere considerate sufficienti, come spero, ma mi auguro di cuore che questo possa comunque porre termine alla deriva generata da questa discussione.

gfbpublez ha detto...

le foto migliori.....il teatralizzare/spettacolarizzare le tragedie è una facile chiave di vendita delle immagini. Più fanno il botto le immagini ed urlano, più perdono il significato di denuncia (magari...) che dovrebbero avere nella mente del fotografo, ormai cacciatore di esplosioni emotive; più fanno rumore più durano un tempo minore e il risultato è che dopo 10 secondi me le sono già dimenticate perchè altre alzano il volume all'inverosimile...diventa un'onda piatta oltre certi Hz. A me sembra che questo marketing(perchè è innegabile che è proprio questo) abbia portato lo spettatore ad allontanarsi dal contenuto dell'immagine per godere voluttuosamente delle tragedie "lontane".....mi sembra che queste immagini allontanino davvero chi le guarda da quello che relamente riportano all'attenzione e facciano adagiare lo spettatore, che cose così spettacolari non succedono tutti i giorni e soprattutto vicino a casa. Personalmente credo che questo titolo sia solo più esplicito di altri, ma in molte riviste (e mi dispiace dirlo anche l'Internazionale) la piega che ha preso l'editoria fotografica è questa..a me sembra a partire dall'Afganistan con molta più spudoratezza.
Succede quando invece di parlare di quello che succede si mettono solo immagini e didascalie come se fossimo stupidi e non si scrivono articoli approfonditi (se ne va la capacità critica senza un testo serio). Così facendo concentriamo sull'immagine la totalità del racconto e tralasciamo la sua storia.
Questo è solo un mio personale parere.
In quel di Bologna mi sono annoiato attirato da nomi altisonanti (per carità meritati) e anzi mi sono sentito quasi stupido dopo un pò. L'ho reputato pesante e ricorsivo, ma magari sono io che manco di cultura.

Anonimo ha detto...

Ciao gfbpublez,
parli di tragedia lontane e mi fai venire in mente questo:
"Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate,tornando a sera,
cibo caldo e visi amici.
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato" (Primo Levi, Se questo è un uomo.)
Purtroppo il grido di Levi è caduto nel vuoto e oggi noi dai nostri comodi divani godiamo di questo indegno spettacolo, in cui il dolore è urlato ma non ascoltato.
In cui il dolore divente uno spettacolo ed esistono spettacoli migliori di altri...

Marta DC

Dario Dusio ha detto...

Usiamole queste parole per stigmatizzare queste scelte allucinanti, anzi aberranti.

Si poteva scrivere: Alluvione: il dramma della tragedia.

Pazzesco.

Anonimo ha detto...

Bene Sandro,
caso chiuso "senza rancor". Ci rivediamo nei commenti incrociati ai nostri blog.
michele smargiassi

Anonimo ha detto...

Ma "migliore", che significa? Derv'esserci un termine di riferimento. Certo si può leggere come sembrare una definizione estetica, ma non p l'unico significato possibile. E visto che appare su un sito che vende fotografie di fotogiornalisti ai giornali, è abbastanza facile capire che il criterio del "meglio" si riferisce a una scala di valori di tipo giornalistico, ed equivale a "questa è una selezione delle le foto più narrative, più efficaci su questa notizia". Del resto nelle redazioni è normale definire "una buona storia" anche una notizia drammatica, quando richiede un approfondimento e promette sviluppi e solleva molto interesse.
m.s.

Raffaele ha detto...

Che fosse doveroso segnalare il cattivo gusto e l’insensibilità di una sorta di apparato istituzionale quale è la Reuters, era doveroso. Ma non scandalizziamoci davanti all’ultimo tassello posto là perché ci si abitui alle forme immorali, fino al punto di rendersi ridicoli davanti a chi tesse le trame e con spavalda e innocente semplicità ci etichetterà come Moralisti, Integralisti o Conservatori (noi).
Segnalare è doveroso, criticare pare voglia illuderci della possibilità di poter cambiare le cose. Alla fine tutto ciò riguarda solo indirettamente la Fotografia. Nessuno dei fotografi che è stato in Pakistan, credo, sottoscriverebbe mai quel modo di presentare le loro foto. I problemi della Fotografia sono altri. E non sarà mica uno “strillone” a distrarci. Connaturato al linguaggio fotografico è la continua lotta tra etica ed estetica, tra estetica e sensibilità. L’orrore più grande è trovarsi di fronte a scelte del genere in situazioni drammatiche. Perciò ci si rifugia in studio, a fotografare concerti, feste di compleanno e parate in piazza; perché qui il rispetto dell’armonia e delle forme non offende nessuno. Mi offendono alcune foto di Salgado, invece (ma poi risolvo la cosa credendo che la mia sia solo invidia).
Titoli del genere accompagniamoli con una smorfia, con una bella offesa rivolta ad alta voce alla tv, al monitor, alla pagina di giornale che abbiamo tra le mani. Non è nulla di più che la musica mielosa che i Tg mettono in sottofondo a drammi privati. Tutto questo lo possiamo attaccare; da tutto questo però ci possiamo anche semplicemente difendere.

Dario ha detto...

Difficile aggiungere un commento serio a quelli che già sono stati espressi e alla "faida" che si è innescata.
Ma volendo tornare al tema, che non erano principalemte i contenuti del tanto discusso seminario, ci muoviamo sul confine tra informazione, divulgazione e aspetti commerciali.
Tutte le foto che ritraggono i post di qualche sciagura hanno un forte impatto emotivo, ma anche, una forte valenza commerciale. Se poi sono fotografie nel senso orginale del termine, e non semplicemente immagini catturate da un sensore o da un pellicola, aggiungono all'emozione un senso di profondo interesse. Non sono un teorico della fotografia, non sono un semiologo, ma ormai nel nostro mondo è sempre più difficile trovare il confine tra etica e business, e soprattutto nel mondo della comunicazione trovare il giusto confine tra etica e censura.

Anonimo ha detto...

mi vengono in mente mille motivazioni, una peggiore dell'altra, per cui si arrivi a pubblicare un titolo del genere, che certamente non perdo tempo a discutere in quanto abbastanza ovvie.
Quanto al professor Marra, mi piacerebbe aprofondire in separata sede la questione, essendo anche io un lettore dei suoi testi... ed essendo lei IL mio professore, LA mia Guida, per Eccellenza.

A.P.

Unknown ha detto...

Credo di essere mortalmente noiso perché mi ripeto spesso su un concetto che mi ostino a ritenere fondamentale. Bisogna scandalizzarsi e continuare a farlo. Non fosse altro perché questo mantiene viva la soglia di allerta. Certo che lo sappiamo tutti come vanno le cose, ma il primo passo per non rendercene più conto temo sia proprio quello di affermare che non c'è da scandalizzarsi, che è normale che le cose vadano in un certo modo. So e sappiamo che chi possiede gli strumenti critici di base è in grado di attribuire la giusta collocazione a cose e avvenimenti, ma è un errore pensare che a tutti sia stato permesso di accedere a strumenti che a molti di noi possono apparire scontati. Per questo, da stupido idealista, rimango convinto che abbiamo tutti il dovere di continuare a scandalizzarci quando è necessario farlo, anche se questo non servirà a far cambiare le cose.

Raffaele ha detto...

Effettivamente non pensavo a chi viene quotidianamente abbindolato e narcotizzato da questo modo di fare. La stragrande maggioranza che avrebbe la possibilità di cambiare qualcosa al momento del voto, che sia un voto politico o un semplice voto aziendale per scegliere chi non pesa bene le parole. O ci si pensa, ma ci si sente talmente isolati e scoraggiati dalla cecità collettiva davanti a logiche così evidenti, che si diventa un po' egoisti e presuntuosi. Finché qualcuno non ti fa fare i conti con te stesso.
D'altronde parlarne serve a questo!

Claudia M. ha detto...

“Migliori”, le foto migliori... nel piccolo paese dove sono cresciuta il parroco ogni anno indiceva una concorso fotografico e le immagini vincitrici sarebbero campeggiate per tutta la durata della festa patronale di inizio settembre su un’ampia parete sotto la scritta appunto “Le foto migliori”. Indovinate un po’? Erano le immagini delle vacanze di solito, dei giochi dell’oratorio estivo, dei compleanni... così anche adesso che sono cresciuta e che davvero non ho bisogno di un dizionario per conoscere l’etimologia dell’aggettivo migliore, è ancora il senso più quotidiano, più immediato, temo più condiviso il primo significato che riesco ad attribuirgli e questo mi provoca uno straniamento se associato ad immagini di immani tragedie, di guerre, di morte.

Quando abbiamo rinunciato a dare un senso alle parole che contano davvero, abbiamo spostato così avanti la nostro senso del limite da accettare qualsiasi abominio? Siamo così frastornati, distratti, confusi da indignarci e urlare al tabù infranto di fronte ad un corpo di donna mostrato liberamente e liquidiamo con una alzata di spalle la spettacolarizzazione e conseguente mercificazione del dolore dell’uomo.

Perché di questo stiamo parlando, chi segue le evoluzioni delle immagini fotogiornalistiche di questi anni o semplicemente ha seguito un po’ questo blog sa che alcune delle “migliori” finiranno in qualche galleria e da lì sul camino di qualche collezionista, perché lo meritano certo, sono le “migliori”, e questo è un possibile destino della loro estetica.

Scusate forse sono un po’ ossessiva, ma io mi voglio scandalizzare per questo, perché da un sito che presenta questo tipo di immagini per i giornali pretendo attenzione, cura, rispetto.

Le parole, ogni parola rappresenta una soglia oltre la quale non si può tornare indietro, non tutto si può relativizzare, e non possiamo farci andare bene tutto, non dobbiamo abituarci, illuderci che se noi sappiamo comprendere e leggere i significati è così per tutti, perché questo è un grande inganno, non è così per nessuno in realtà, siamo tutti compresi in questo sistema e se non ci richiamiamo continuamente al nostro “imperativo categorico”, al nostro essere uomini diventeremo complici di questa orribile strategia disumanizzante.

Così sì, Direttore io mi scandalizzo ancora come lei, e che sollievo il suo ultimo intervento, appassionato e vibrante e vero, mi sono un po’ spaventata nel leggere le schermaglie francamente un po’ sterili tra Iovine e Smargiassi, per carità comprendo l’esigenza di voi “maschi alfa” di scontrarvi in una giostra medievale ogni tanto, ma che spreco, perché entrambi potete dare ben altro contributo a questa discussione e signori avete il dovere di farlo, perché questo è ciò di cui avete scelto di occuparvi, e ciò che sapete fare “meglio”. Ops, mi è scappato.

sandroiovine ha detto...

E sì, caro Smargiassi ce la siamo proprio meritata, non c'è che dire... non foss'altro per aver impestato di off topic la discussione.
E non oso pensare cosa uscirebbe fuori se sollevassimo il velo di quell'eufemistico schermaglie francamente un po' sterili...
Del resto come da torto a Claudia M. che sgrida i due bambini che litigano nel cortile della scuola? Abbiamo torto noi: Smargiassi per aver iniziato e io per averlo seguito.

Anonimo ha detto...

No! Signora maestra! Non è colpa mia! Ha iniziato Sandro! E' stato lui a maltrattare me nel suo post, io ho solo reagito!
m.s

S ha detto...

Salve, mi sono accorto di aver scritto un articolo sul mio blog in sintonia con le riflessioni sull'etica nella fotografia che leggo qui, solo adesso.
Una foto (per me troppo dura) pubblicata sulla prima pagina del Guardian e su altri quotidiani di mezzo mondo è l'occasione perfetta dalla quale si evince più chiaramente la profonda trasformazione del "ruolo" di alcune immagini.
Rischio indifferenza (più che "anestesia") e un interessamento solo di facciata.
Non voglio farmi pubblicità, è solo uno spunto per ampliare la discussione ;-)
Il testo qui: "Non c'è ma si vede".
Sandro Rafanelli

Claudia M. ha detto...

Smargiassi! Ancora una parola estranea all’argomento del post e dovrà ripresentarsi accompagnato dai genitori prima di approcciarsi di nuovo ad una tastiera. E lei Iovine, non osi ribadire, rispondere, anche solo pensare di aprire bocca o la prossima cosa su cui poserà lo sguardo sarà il retro della lavagna.

Voglio i vostri diari sulla cattedra. Adesso. E già che venite qui vi interrogo, tutti e due.

sandroiovine ha detto...

Urca!!! E io che volevo scrivere una cosa qualsiasi per costringere Michele Smargiassi ad intervenire un'altra volta per avere l'ultima parola...
Battute idiote a parte mi piacerebbe davvero cedere l'ultima parola a Michele Smargiassi, ma per conoscere qual'è la sua opinione nei confronti di casi come quello da cui prende spunto questo post. Ovvero mi piacerebbe che ci raccontasse cosa pensa dell'utilizzo di certe aggettivazioni per descrivere e/o pubblicizzare quei servizi fotografici (o giornalistici in senso più generico e omnicomprensivo) che abbiano per oggetto grandi tragedie umanitarie come quella pakistana.
Signora maestra... volevo dirle che Smargiassi e io abbiamo dimenticato il diario a casa...

Anonimo ha detto...

sarà l'abitudine al gergo della redazione ma quel migliore mi è parso proprio come quel "una buona storia" riferito a mille altre storie moralmente aberranti ma giornalisticamente degne di approfondimento: migliore non come aggettivazione estetica ma semplicemente come applicazione di una scala forse troppo di nicchia.
hanno ragione quindi sia michele smargiassi che claudia m., perché claudia fa riferimento ad un significato più immediato, più condiviso.
ma condiviso da chi? sicura che la condivisione sia nazionale, e non magari limitata ad il solo suo circondario, come peraltro nel paese dei dialetti è plausibile ancorché assolutamente probabile?

GianB

Anonimo ha detto...

Condivido pienamente il suo punto di vista. Credo che sia una buona idea. Sono d'accordo con te.
Assolutamente d'accordo con lei. Penso che questo sia una buona idea.