giovedì 10 ottobre 2013

O tempora, o ribes!


È una vecchia battuta da avanspettacolo, spesso ripresa nell'ora di ricreazione nei licei, che fa il verso in modo non proprio acuto all'espressione latina O tempora, o mores, che a sua volta allude al decadimento dei costumi. Probabilmente a breve si trasformerà in una verità riportata da qualche serio quotidiano, quantomeno nella versione on-line. Quello cui  stiamo assistendo ormai da anni è il crollo verticale se non della cultura di base, quantomeno della cura con cui si assolve ai ruoli professionali. La cosa è, in parte,  comprensibile considerata la pressione esercitata dalle case editrici sulle redazioni (e posso assicurare per esperienza personale di questo periodo che non è certo questione da poco...), ma non per questo può essere giustificata. Ecco due esempi, ininfluenti in sé, ma sintomatici, tratti dalla odierna lettura, distratta, dei due maggiori quotidiani italiani in edizione on-line.
Nella Home Page di La Repubblica c'è ancora oggi un articolo sul cinquantenario della tragedia del Vajont, in cui si rimanda a un video con i filmati realizzati da «da Zoilo Da Vià e pubblicati da suo figlio Massimo sul proprio profilo Facebook». Le brevi note di presentazione proseguono con un virgolettato preso dal citato profilo Facebook. L'esordio è «La mattina presto di un 10 ottobre di 50 anni fa mio padre prese una cinepresa super8 dal negozio»... Poco sopra, nel titolo che attribuisce una collocazione spaziale e temporale alle riprese c'è scritto «Longarone, 10 ottobre 1963», data che rende improbabile che le riprese siano state effettuate con una cinepresa Super8, in quanto il formato è stato presentato quasi due anni dopo (aprile 1965) da Kodak. Senza contare che alcuni bagliori durante la visione del filmato potrebbero tranquillamente far pensare a un cambio di rullo formato 8mm o Doppio 8 che dir si voglia.
Spero sia inutile sottolineare che l'errore in sé è insignificante ai fini di quanto narrato e scompare di fronte alla tragedia che l'articolo vuole commemorare. In altre parole non cambia nulla a nessuno, ma è sintomatico di un atteggiamento (malcostume?) professionale in cui il copia-incolla da fonti non verificate e tutt'altro che certe, quali Facebook, è diventata praticamente una regola. Come se un social network non fosse per definizione un luogo in  cui il primo idiota in circolazione può spacciare per verità assolute le sue più farneticanti allucinazioni. 
Secondo esempio. Stavolta è il Corriere della Sera sempre versione on-line che ci regala uno splendido titolo, grazie al quale abbiamo la certezza che nelle scuole dell'obbligo la lingua italiana è stata finalmente abolita per manifesta inutilità. Sinceramente mi chiedo come sia possibile che su quella che si può indubbiamente considerare la testata storica del giornalismo italiano possa comparire in un titolo un accento sbagliato sulla terza persona singolare del verbo essere.
Sia chiaro che tutti possono sbagliare, lo facciamo tutti e come ricorda la saggezza popolare gli unici a non commettere errori sono quelli che non fanno nulla. Queste righe non vogliono essere un atto di accusa nei confronti di nessuno, anche perché ci sono cose davvero ben più gravi nell'aria. Ma la mancanza di cura in ciò che si fa, la superficialità, la mancata verifica dell'esattezza di ciò che si decide di pubblicare è specchio e motore della situazione storica in cui versa il nostro Paese. Dovremmo riuscire a ricordarci tutti che è necessario impegno per uscire dal pozzo in cui ci siamo cacciati e che il paese dei balocchi in cui tutto è bello e possibile senza sforzo è solo un'illusione del Lucignolo di collodiana memoria e forse di qualche imprenditore-statista. 
La fraintesa frequentazione della rete ha indotto troppi a pensare che tutto sia solo velocità e semplicità, che i contatti virtuali siano reali e che tutto questo probabilmente autorizzi a spegnere definitivamente i cervelli. Se così non fosse sarebbe inspiegabile perché gli utenti di una pagina si mettano a chiedere informazioni che sono tranquillamente deducibili solo cliccando il link sovrastante. Ottenere un qualsiasi risultato costa fatica, quasi sempre e non ci sono scorciatoie (Natura non facit saltus). Per ottenere risultati occorre impegno. Anche se a volte può essere sufficiente anche solo accendere il cervello. 
Come dicevo prima non sono parole rivolte verso (e tantomeno contro) qualcuno, ma queste righe vogliono essere solo una nota che dedico prima di tutti a me stesso prima di trovarmi anche io a scrivere da qualche parte (e stavolta seriamente): O tempora, o ribes.

4 commenti:

Luca L. ha detto...

Sandro, comprendo e mi associo alla tua sofferenza.

Sai una cosa? Mia moglie mi prende in giro perché impiego secoli a scrivere un semplice SMS: pensa, lo rileggo per controllare che non ci siano errori, che enorme spreco di tempo... eppure, è semplice: se cominci a prendere scorciatoie e a giustificare la superficialità anche nelle azioni più insignificanti, beh, è in quel preciso momento che stai prendendo la china sbagliata.

Ma anche aldilà dell'iperbolico aneddoto sugli SMS, mi capita sempre più spesso di sentirmi fuori dal tempo: hai voglia a spiegare a tuo figlio che non bisogna prendere scorciatoie, perché alla fine i compiti di cui ti scarichi finiscono per diventare il lavoro di qualcun altro. La "cultura" imperante, ahimé, racconta altro.

La precisione diventa "pignoleria", la professionalità sfuma in "rigidità", mentre l'italiano è già un'opinione.
Analfabetismo di ritorno, lo chiamano... il fenomeno è grave e riconosciuto, se addirittura se ne ritrovano tracce importanti persino in Wikipedia (v., ad es., la voce "analfabetismo professionale" http://it.wikipedia.org/wiki/Analfabetismo_professionale).
Ma probabilmente il problema è anche più ampio. Ricordo di aver letto qualche mese fa un post provocatorio ma lucido nel suo caustico humour, parlava della scomparsa dell'intellettuale, in quanto figura non più necessaria. Oggi tutto è marketing.

Esiste una soluzione? Pretenzioso pensarlo, ma già riconoscere l'esistenza e la gravità del fenomeno sarebbe un primo passo.

sandroiovine ha detto...

Luca hai colto perfettamente nel segno. Appena pubblicato questo post è stato affettuosamente rilanciato da Fulvio Bortolozzo in un suo spazio su Facebook. Uno dei commenti che mi hanno maggiormente colpito (scusa, ma ho provato a ricercarlo per citare con precisione, ma non l'ho ritrovato) sottolineava l'inutilità di soffermarsi a fare le pulci perdendo tempo in dettagli così irrilevanti. Io credo che sia proprio nell'atteggiamento superficiale, e forse anche un po' arrogante, di chi la pensa in questa maniera che si annidi il virus del disfacimento in cui ci troviamo. Ovvio che non sono imprecisioni prese a caso su fatti per lo più irrilevanti l'argomento del contendere. Il problema vero è che sono lo specchio di un atteggiamento diffusissimo, tanto diffuso da non essere più considerato come qualcosa che non va. Ma proviamo a fare il passo N+1, usciamo dal dettaglio e proviamo a moltiplicarlo per quante sciocchezze vengono pubblicate ogni giorno. Poi proviamo ad applicarlo su questioni di politica economica e finanziaria o internazionale e vediamo se sono ancora sciocchezze le conseguenze che si possono produrre. Il primo segnale della disfatta a mio avviso rimane proprio l'abbassare la guardia.

Dario Corso ha detto...

Tempo fa ricevetti dal mio amministratore di condominio una lettera che mi comunicava che "ad un'animità l'assemblea aveva approvato dei lavori ..... ".
Quando feci notare al "Marchionne" del mio condominio che la comunicazione conteneva sia obbrobri giuridici (i lavori non erano all'ordine del giorno) che letterari, la sua unica difesa fu quella di accusarmi di essere puntiglioso e pignolo [come se fossero difetti] e poi concluse "siamo una grande famiglia e facciamo le cose alla buona". Fermo restando che io non li ho mai inseriti nel mio stato di famiglia e preferisco la sola compagnia di mia moglie, mio figlio e del mio cane ma sempre più noto questo atteggiamento da "bozza continua". Una vita perennemente provvisoria dove ogni richiamo ad uno certo rispetto delle regole (grammaticali, sociali, civiche) rischia di essere visto come pignolerie e atteggiamento da bacchettone.
Questo laissez faire però porta anche a non premiare la professionalità di chi riesce a fare tutto bene, magari nello stesso tempo o qualche attimo dopo di chi lo fa male, e soprattuto non si è accorto di aver sbagliato

Sonja Franceschetti ha detto...

Caro Direttore,
per diverse ragioni manco da tempo nel mondo virtuale e solo ieri ho letto il Suo ultimo scritto nel blog "Fotografia Parliamone"
I suoi scritti sono sempre talmente arguti che non riesco a non trasmetterLe le mie considerazioni, che inevitabilmente si innestano lungo il Suo tracciato.
Le riflessioni riportate nel suo testo, applicate nell'ambito di provenienza foto - giornalistica si estendono con estrema semplicita' in ambiti sociali , culturali e perche' no politici della nostra societa' , come a dire che dall'osservazione di un aspetto " Micro " se ne coglie un analisi riportata in "Macro " . Mi spiego meglio :
- Il suo scritto ha evidenziato quanto accade nel settore dell'informazione oggi .Notizie che viaggiano dall'inesattezza all'ignoranza in un percorso di confusione generale. Vero , verissimo . Il punto di analisi a mio parere andrebbe ragguagliato , nel senso che nella fattispecie giornalistica, oggi non c'è piu' la credibilita' dell'emittente fin dall'origine e il ricevente dubita a prescindere dalla fonte della notizia e della notizia stessa . Mentre un tempo erano paradigmi ed assiomi difficilmente messi in discussione, in quanto veri alla "nascita" e fonti universali di verita', ed era possibile applicare il metodo scientifico della logica,in una sequenza assodata - ipotesi - enunciato - dimostrazione - conclusione vera o falsa , ma mai vera e falsa insieme , oggi come oggi c'è lo slittamento verso un meccanismo che salta la logica classica e si sposta in altri campi , ovvero : l'ipotesi puo' essere sia vera che falsa e la dimostrazione porta a una conclusione " Falsvero " o " Verfalsa " , dove il confine tra vero e falso non esiste piu'. La nostra ragione non ha ancora trovato l'ambito di assestamento su questo nuovo piano di confronto e la confusione che si respira nell'aria in ambito culturale ne e' un esempio evidentissimo.
Tutti ci riteniamo in grado con estrema presunzione , di poter conoscere tutto, nel solo momento in cui lo si voglia , utilizzando pillole di informazione rubate un po' qui un po' la , come se l'informazione fosse solo una fonte d 'uso per l'uso e non una necessita' , un bisogno sostanziale. E' chiaro che non e' sufficiente avere la disposizione dell'informazione , quanto piuttosto avere la possibilita' di passare ad un livello superiore , poter coordinare l'informazione se non addirittura progettare l'informazione stessa per convogliarla in conoscenza,su ampia scala . In un epoca storica nella quale manca cronicamente il tempo di pensare , alimentato dalla pesante crisi economica , va da se' che si annida nelle coscienze l'idea che l'informazione sia rapida , bruciabile, consumabile , rigettandola ad un ruolo di oggetto-bene di consumo, anziché ricondurla al suo ruolo di valore morale e culturale e anche , me so si conceda , democratico.
La conclusione volge ora rapida : mi pare che il collante di tutto questo sia lo slittamento della nostra societa' verso un assunto controverso della nostra storia e cioe' che " il fine giustifica i mezzi " (lascio a Lei decidere quali siano i fini e quali i mezzi .. se ne aprirebbe un altro capitolo) , cosa possibile qualora venga a mancare il senso della Coscienza , del confronto , della solidarieta' umana a garanzia di un confronto vero e costruttivo in qualsiasi ambito si operi.
Con stima,
Sonja Franceschetti