Maurizio Cau, dalla mostra L’indifferenza & I Morti Vivi. © Maurizio Cau. |
L’immagine è un linguaggio che utilizza propri codici, ma al loro interno l’autore si può muovere con grande libertà espressiva. Tanto più quando questi hanno valore simbolico. Le bambole, che barthesianamente sono state davanti all’obiettivo, sono certo oggetti che hanno subito una violenza, esplicitata nell’immagine cui hanno dato vita, ma di sicuro il racconto di cui sono portatrici non si limita a questo. La loro materialità può ingannare, ma propone realtà multiformi e sottotesti che ci narrano ben altro.
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Se il primo livello è quello della reificazione, dell’evidenza di quanto raffigurato, al di sotto di esso possiamo trovare la metafora per cui gli oggetti non sono altro che simulacri di altre dimensioni che si incarnano certo nelle bambole, ma finiscono per aprire baratri nei territori dell’inconscio e del reale. Se per certi versi possono rappresentare una dimensione che condividiamo come esseri umani socialmente inseriti in strutture angosciosamente opprimenti, per altri risvegliano quegli incubi nascosti dell’inconscio individuale e collettivo in cui si riversa il personale portato di vita.
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D'altronde quando l’obiettivo scende in strada, i suoi incontri non sono meno inquietanti, coagulandosi intorno a fantasmatici personaggi. Simulacri di un’umanità in cui è possibile ritrovare le stesse caratteristiche che le bambole martoriate ci hanno poco prima sbattuto in faccia. La differenza è nella forma. Se nelle prime le ferite erano esposte al pubblico orrore, qui sono celate dai vestiti e dalle convenzioni. Ma la sostanza di cui ci parlano le immagini non cambia. Dove è finita la nostra umanità?
La mostra
La mostra
L'INDIFFERENZA & I MORTI VIVI di Maurizio Cau
20 - 30 settembre 2014
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