venerdì 24 agosto 2007

Paesaggio prossimo


«E questo mese di cosa o di chi si lagnerà quel rompiscatole di Iovine?» «Ma che domande: sarà andato a vedere qualche altra mostra e si sarà indignato un’altra volta!» Risposta esatta, accidenti. Si vede che invecchiando sono diventato ancor più prevedibile… O forse davvero si continuano a vedere in giro cose mal fatte? Bah, di fatto la settimana scorsa sono andato allo Spazio Oberdan di Milano a vedere Paesaggio prossimo, una mostra nata da un progetto dalla Provincia di Milano e dell’Agenzia Contrasto. Si tratta di una produzione che ha visto coinvolti ben dodici tra i più accreditati fotografi italiani a livello internazionale: Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Enrico Bossan, Lorenzo Cicconi Massi, Daniele Dainelli, Stefano De Luigi, Guido Harari, Alex Majoli, Paolo Pellegrin, Francesco Radino, Massimo Siragusa e Riccardo Venturi. A ognuno di loro è stato fatto affrontare con libera interpretazione un aspetto della Provincia di Milano, con l’intento di effettuare una ricognizione sul territorio da cui uscisse un profilo fotografico di Milano e del suo hinterland. Bell’idea, ancorché non proprio originale, ma non importa perché di iniziative del genere ce ne vorrebbero comunque molte di più. Ma il risultato? A dir poco deprecabile. Un’accozzaglia di immagini con scarsi legami fra loro, esposte tra scritte in neon magenta che cantano in numeri le lodi della Provincia di Milano, frammenti di interviste scelti con un criterio che definire di qualunquismo becero è già fargli un discreto complimento (soprattutto dopo aver letto i più pregnanti originali nel catalogo). La mostra divisa in un paio di sezioni fisiche, di cui una sembra svolgere una sorta di ruolo da sommario degli argomenti affrontati. Infatti quando non capisci cosa altro ci sia da vedere, dopo aver affrontato dodici sezioni, ti ritrovi davanti a nuove pareti che riaprono i capitoli che a quel punto pensavi chiusi. Se infatti nella prima parte della mostra i singoli autori erano contestualizzati da titoli di sezione corredati da discutibili estratti delle interviste fatte a personaggi famosi, ecco che tutto a un tratto ti ritrovavi in mezzo a una serie di corridoi dove a fronte di una parete di immagini di un autore te ne trovi un’altra con immagini di un altro autore che riprendono trattazioni che avevi suposto concluse. Ma fin qui si può anche sorvolare, ben vengano anche le sperimentazioni in fase di allestimento (magari con un criterio un po’ più fruibile). Il problema vero è la selezione e la sequenzializzazione delle immagini finalizzata unicamente ad un prono desiderio di autocelebrazione. E sorvoliamo le patetiche immagini da amatore anni settanta di Lorenzo Cicconi Massi, o la captatio benevolentiae di Enrico Bossan nelle redazioni milanesi. Uscendo ho sperato che i fotografi siamo stati pagati tanto, ma davvero tanto, perché, al loro posto, sarebbe forse l’unica motivazione a permettermi di non dare sfogo a furie socialmente assai riprovevoli. Ho l’onore e il piacere, in qualche caso, di conoscere personalmente buona parte di questi fotografi e i loro lavori. Posso quindi dire di avere ben presente quanto sia diverso lo spessore delle loro immagini. Uno spessore naufragato e umiliato in mostra nella volontà di un’autocelebrazione da burocrate passaveline. C’è da dire ad onor del vero che il catalogo rivaluta parzialmente l’iniziativa, recuperando parte del valore (dove presente) dei lavori fotografici. E mi consola l’idea che almeno il catalogo rimarrà, al contrario della mostra, da ricordare al più per il suo provincialismo, termine che mi piacerebbe non credere, in modo nominalisticamente deviante, legato al promotore principale dell’iniziativa. Mi piacerebbe… appunto…
n.185 - settembre 2007




Paesaggio Prossimo,
la Provincia di Milano nello sguardo contemporaneo di 12 fotografi

Spazio Oberdan, viale Vittorio Veneto 2 Milano
Orari: tutti i giorni, ore 10,00-19,30; martedì e giovedì fino alle 22,00; chiuso il lunedì
Info: Provincia di Milano o Spazio Oberdan, tel. 02-77406300/02; www.provincia.milano.it/cultura.


Dall'alto:
Sport e tempo libero: Milano Luglio 2006-Domenica all¹idroscalo di una famiglia Ucraina, © Riccardo Venturi/Contrasto.
Milano settembre 2006, Piccolo Teatro Studio, © Massimo Siragusa/Contrasto.
Medicina e Scienza: Istituto Ortopedico Gaetano Pini, deviazione a colpo di vento delle dita della mano a causa di un'artrite reumatoide, © Guido Harari/Contrasto.
Architettura urbana: Milano,Via Giovanni Bensi, © Gabriele Basilico.





19 commenti:

Anonimo ha detto...

... corridoi di un inferno asettico...
un angusto inferno di numeri rosso magenta.
in pianta il progetto di un aspirante gerarca mal coltivato...
illusionismo senza grazia, rigido per cedere alla tentazione di dare i numeri.
i corridoi paralleli e obliqui (sic) disorientano,
inquadrano un numero ad entrambi gli estremi:
ti volti vedi un numero, ti volti vedi un numero;
non capisci perché ricordi più spazio per le foto nella parete precedente.
più che foto abbagli, tra il rossastro e il nero in cui ci si aggira, come in un girone, cercando un fiato.
manca l'aria.
se volevano farci sentire l'ossessione prestazionale milanese, il numero quale diabolica misura del vivere in questo rossonero (?!) preinferno, forse ci sono anche riusciti... maldestramente, involontariamente, non con le fotografie, secondaria decorazione all'allestimento.

Milano, un inferno? una volta usciti sembra persino meglio... allora ti torna in mente anche qualche immagine, così sovraesposta sulla retina, tra il magenta e il nero...

Unknown ha detto...

Premetto che non ho visto la mostra, quindi non dovrei forse neache parlarne. Tenevo solo a sottolineare una cosa. Mi domandavo se abbia senso continuare a scimmiottare gloriose iniziative del passato come la Mission Heliographyque, finanziando ricerche sul territorio della Provincia di Milano. Non era già stato fatto a suo tempo con "L'archivio dello spazio"? Daccordo che fotografare il territorio vuol dire lasciare testimonianza di un momento storico che fra qualche anno assurgerà a documento di un'epoca perduta, ma davvero la Provincia di Milano non può proprio inventarsi iniziative un po' più originali?

Anonimo ha detto...

Anche i fotografi devono mangiare, devono pagare le bollette devono combattere contro il carovita. Oggi come oggi i committenti tradizionali, parlo dei sindacati dei partiti politici, degli editori, non commissionano più niente. Almeno la Provincia di Milano ha creato un'occasione per alcuni. Nel resto d'Italia, e soprattutto nel Mezzogiorno, niente di niente. Cultura fotografica zero. Gloriose testate pubblicano squallide fotografie scattate con compattine o cellulari dai loro giornalisti in nero (I giornali tuonano sempre contro il lavoro nero, eppure sono i maggiori fruitori di questa pratica) Tutti devono "piegarsi" alla legge del mercato e realizzare immagini discutibili per i rari committenti, per pagare i conti e sopravvivere.

Unknown ha detto...

Torno sul tema, lo so che in Italia la committenza pubblica non esiste e in effetti se c'è un ente pubblico che si occupa ancora di fotografia non può essere che una cosa positiva. Però non basta, proviamo a guardare verso l'eccellenza, come in Francia, e non verso il basso, come nel resto d'Italia purtroppo. Immaginate che fine faranno quelle foto? Andranno a finire al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, che è una parodia di come dovrebbe esseree un museo fotografico, con spazi piccoli e sacrificati, senza un vero progetto di acquisizione di immagini, ma nato solo per raccogliere le collezioni che sono state ereditate, da vari enti pubblici. A volte è meglio il nulla che una cosa fatta male, anche perchè l'esempio verso il basso abbassa ancora di più il livello culturale.

Anonimo ha detto...

Io invece preferisco anche una cosa fatta male al nulla. alla prima c'è sempre la possibilità di mettere rimedio, al nulla no. Quante collezioni stipate per anni in polverosi scantinati hanno poi trovato una contenitore adatto a valorizzarle. Il museo di Cinisello Balsamo, non lo conosco, ma lo rispetto. Almeno li le foto hanno trovato una casa. In mancanza di questi spazi quanto materiale iconografico di associazioni ed enti sono stati letteralmente gettati nella spazzatura? Io stesso ne ho visto passare un'intera collezione davanti agli occhi senza che potessi far niente per evitargli questa fine.

Anonimo ha detto...

Ma se il Museo di Cinisello non lo hai mai visto si può sapere di cosa sentenzi? Ringraziamo quelli che la pensano come te, quelli che si accontentano delle cose arraffazzonate perché meglio di niente, Eh si caro RAWNEF grazie per darci qualche altro buon motivo per continiuare a piangerci addosso

Anonimo ha detto...

Le sentenze le emette il giudice, non io. Ho semplicemente fatto un ragionamento, che evidentemente non è stato capito. Ma non importa, io sono uno che si accontenta.

Anonimo ha detto...

qui se c'è qualcuno che non ha capito quello sei tu... continua ad accontentarti vedrai che bello

Unknown ha detto...

Rawnef, rispetto le tue idee ma davvero non concordo, se passi da Cinisello a vedere il Museo di fotografia contemporanea, che già dal nome pomposo che ha ti da un'idea di cosa ci trovi. Oltretutto con tutto il rispetto per Cinisello, trovo che la sede del primo e unico museo pubblico fotografico italiano l'avrebbero dovuta trovare in un posto meno decentrato, infatti anche se ci vai al sabato pomeriggio non c'è quasi mai nessuno. Inoltre credo che un museo dovrebbe nascere con un piano di acquisizioni e, ripeto, con degli spazi pensati per esporre, non raccattando collezioni con foto di tutti i tipi e utilizzando un'ala di una dimora storica. Oltretutto il avori per adattarlo sono durati anni e anni ti lascio immaginare i costi. Poi vai a vedere chi lo presiede e troverai sempre gli stessi nomi che a Milano si occupano di fotografia e fanno il bello e cattivo tempo.

Anonimo ha detto...

Non ho visto la mostra e adesso che leggo il commento del mio maestro Sandro, credo che ogni residuo desiderio di vederla sia stato fugato definitivamente. Non mi unisco al coro di quelli che dicono "iniziativa comunque lodevole" o "ce ne vorrebbero di più". Credo che sia più produttivo criticare - anche aspramente - una iniziativa del genere piuttosto che collocarsi comodamente tra quelli del "meglio di niente". E poi... che palle!! Ma c'è qualcuno che un minimo di intraprendenza e di coraggio e riesce a organizzare una mostra che non contempli i soliti "grandi" nomi sotto contratto con la Contrasto?
Ciao Sandro!
Nicola

Nencio ha detto...

che la mostra abbia creato molto scontento, non v'è dubbio. che la provincia di milano sia una realtà molto diversa rispetto a quella della mostra, lo vediamo tutti i giorni.
che i fotografi esposti siano sempre i soliti, ce lo diciamo da tanto tempo.
così voglio lanciare a sandro e a tutti voi una proposta: perchè non organizziamo il controcampo di Paesaggio Prossimo ?
lo dico perchè questa città la fotografo personalmente da qualche anno e perchè conosco tanti altri fotografi che fanno altrettanto e sono disposti a mettersi in discussione sull'argomento.
con la direzione lavori di sandro e la buona volontà e i contatti che ognuno di noi saprà offrire per trovare spazi, sponsor e tutto quello che rende valida ed importante una mostra, a cominciare dal suo contenuto.
se l'idea trova adepti, io ospito volentieri un brainstorming nel mio studio.
francesco nencini.

sandroiovine ha detto...

Francesco, io purtroppo temo che la tua lettura dello scontento relativamente alla mostra sia un po’ ottimistica. E detto questo ti confesso che vorrei davvero che tu riuscissi a dimostrarmi che sbaglio e di grosso. Certo qualche addetto ai lavori o qualche fotografo per motivi oggettivi o personali si sarà senz'altro lamentato, ma purtroppo a livello di massa la cosiddetta gente comune è soddisfatta. A questo è abituata e questo ha imparato ad aspettarsi e a gradire. Prova a farti un giro nei forum et similia nella rete. Vedrai quanti plausi, gli basta leggere i nomi che conoscono per andare in brodo di giuggiole. Tu puoi insegnarmi che quando un Ente Pubblico o un'azienda investono denaro, non lo fanno per amore della cultura, ma perché intravedono la possibilità di ricavare voti per chi in quel momento ne espleta le funzioni o vendere i propri prodotti. E bada bene che come ho chiarito nel post non me la prendo certo con i fotografi che, tranne qualche caso non hanno certo fatto un cattivo lavoro, ma con chi ha selezionato le immagini da far vedere e con chi ha deciso come esporle, fregandosene della progettualità che c’era dietro (buona o cattiva che fosse) Se prendi in mano il libro-catalogo esce fuori tutto un altro lavoro, discutibile probabilmente, ma almeno con una spina dorsale che è impossibile riscontrare nello spazio espositivo. La tua proposta è bella e sincera, ma (e non voglio gettare la spugna prima ancora di combattere) quel po’ di esperienza che ho nel settore mi induce a credere che per funzionare un progetto del genere ha bisogno comunque di sostegno e finanziamenti. E questi si ottengono solo se si marcia paralleli e prostrati al potere politico ed economico assecondandone i fini. Quello che tu proponi e con cui mi trovi pienamente d’accordo, è esattamente il contrario, per questo ho difficoltà a crede che si possa andare realmente al di là delle belle intenzioni. E credo che il silenzio generale alla tua proposta qualcosa, purtroppo, significhi.

Anonimo ha detto...

Io non sono di Milano ma l'idea di Francesco Nencini la trovo molto stimolante.
Nel mio ingenuo ottimismo sono anche convinta che qualcosa si possa ottenere ...
Insomma, se vi va io ci sono !
Ciao Sophia

Anonimo ha detto...

Non sono esperto di blog, ma ci tengo a dire la mia sulle sollecitazioni di Sandro (ciao!). Non voglio pensare alle divagazioni, che pure avrebbero senso anche se non sono pertinenti, ma concentrarmi sulla mostra e sulle immagini.
Contesto innanzitutto il titolo: Paesaggio? Prossimo? Dovremmo, o dovrebbero, rileggersi lo Zingarelli. Da quando in qua i ritratti sono diventati paesaggi? Mi sa che la confusione inizia da qui. Concordo con tutte le valutazioni di Sandro sull'allestimento e sul fatto che il catalogo (almeno quello) è un pò più illumunante sull'operato dei fotografi, perchè di Fotografia si tratta, o no?
Ecco in tutto questo mega progetto, quello che soprattutto mi manca è proprio il Progetto dei Fotografi. Scelto o assegnato il tema, cosa e come si sono prefissi di fotografare? Mi rifiuto di pensare che nomi così illustri abbiano fatto degli scatti a caso, magari solo per compiacere la committenza. Avranno ben ragionato sul loro compito, diamine, perchè non c'è nemmeno una riga, un accenno a questo. Mi piacerebbe capire, per esempio, il perchè del ritratto sul volantino promozionale. Paesaggio? Riesce difficile pensare che sia rappresentativo "dei luoghi e delle situazioni che fanno Milano celebre e al centro delle tendenze". Magari si pensa che le fotografie scelte indichino da sole il percorso seguito.
Mi occupo attivamente del tema "Paesaggio" in fotografia, ma questa mostra stravolge tutto ciò che credevo di sapere.
Se ci fosse dietro solo la Provincia e la sua auto-celebrazione, mi adeguo (anche se non capisco e pago!), ma Contrasto si occupa di Fotografia... o la vende soltanto?
Devo, dobbiamo, aver capito male, non si tratta di una mostra fotografica, bensì di una mostra politica e quindi ci può stare davvero tutto!

NicPic ha detto...

Ma guarda chi si rivede! Ciao Beppe! Sono Nicola Scardi, ti ricordi di me? Abbiamo lavorato qualche anno insieme alla cara vecchia estinta Polaroid...

Unknown ha detto...

Pensavo di aver esaurito il dibattito ma Beppe Bolchi mi offre un altro spunto interessante per proseguire. Mi ricordo benissimo che quando pubblicarono l'Archivio dello Spazio ci si stupiva della mancanza quasi totale dell'elemento umano nelle fotografie dei paesi della Provincia di Milano, come se fosse un paesaggio lunare disabitato e adesso invece non va più bene se qualcuno osa mettere delle persone. Sentire Beppe Bolchi che ci fa la lezioncina su cosa è un ritratto e cosa non è un paesaggio mi fa pensare che siamo fermi all'autorefenzieralità ed all'integralismo, anche in fotografia.
Basterebbe riguardarsi qualche immagine di Viaggio in Italia e qualche figura umana salta fuori o sbaglio? O ancora, tante foto di Sarah Moon non acquistano forse un'incredibile forza dall'unione delle due componenenti umana ed ambientale? le vogliamo qualificare fuor tema e magari politiche anche quelle? Per quanto ancora vogliamo circondarci di paletti per circoscrivere con le solite definizioni la fotografia? Proviamo ad aprire la mente ogni tanto invece di usare lo Zingarelli, non guasterebbe davvero.

:: haku :: ha detto...

Un giorno un ragazzo che sta cercando di vivere facendo il fotografo, mi scrisse, senza preamboli: "contrasto è il male". Non gli chiesi mai le sue motivazioni e forse feci male, ma mi pareva di intuire fossero troppo amare per essere raccontate, e mi dissi che lo avrei capito un poco alla volta. Dopo aver visto la mostra, dopo aver letto qualcosa e fatto mente locale su altro, mi dico che se il male è originariamente quello che si diceva il diabolico, senza riferimenti necessariamente religiosi, qualcosa comincio a capire. Dia-bolico è ciò che divide quello che dovrebbe essere unito, ciò che getta (mi correggano i grecisti) in direzioni separate, e per questo strazia allontana e soprattutto confonde quanto dovrebbe per natura essere limpido, evidente cristallino e integro. Ad esempio la forma e il contenuto...
Potremmo dire che il male confonde le pertinenze, i nomi, i linguaggi. Oggi soprattutto i linguaggi, forse; e ricordiamo di averne avuto un esempio l'anno scorso al PAC con Off Broadway.
Due diversissime operazioni con in comune forse uno stesso tentativo di ammiccare al pubblico con forme estemporanee di contaminazione, con strumenti impropri che portano via attenzione alla fotografia per darne alla forma espositiva, eclissando il messaggio fotografico, tranne nei casi in cui invece rischiano proprio di trasmetterlo arbitrariamente enfatizzato se non distorto dalla forma stessa in cui è inserito.
Pare davvero uno spettacolo poco rassicurante e poco edificante, per nulla legato alla ricerca di un'autentica comunicazione, ma certamente a caccia di un'audience più ampia, sterile o supina; una strategia per guadagnare pubblico insomma)... rendendo la fruizione delle immagini un momento accattivante (e traditrice forse ne è la foto scelta per i manifesti di Paesaggio Prossimo, senza essere in grado di procurare o rappresentare nemmeno un'esperienza estetica. Un'esperienza estetica porterebbe al disvelamento di qualcosa come ogni forma di conoscenza, qui invece pare di esser messi di fronte e dentro ad una babelica quanto diabolica (va da sé) confusione che fa leva sull'impatto, sull'impressione immediata... sistema efficace per ottundere la poca capacità di ragionamento autonomo che ormai ci rimane.
Se penso che alla mostra due innocui signori riuscivano a dissertare senza la minima cognizione di causa sul fatto che quel bianco e nero non poteva esser da digitale perché non sarebbe potuto venire un nero così... penso anche che se davanti a delle foto ci si riesce a distrarre in questo modo vuol dire che lì il messaggio dell'autore non sta passando... e che forse è proprio questo pubblico che si vuole attirare, quello verso cui si possono far passare altri messaggi, forse quelli dei numeri milanesi, dei nomi noti, i messaggi dell'apparenza, del collezionismo di dati, del solito consumismo che si manifesta in mostra in una fruizione senza soffermarsi, in un fagocitare indistintamente senza discernimento quanto il centro commerciale della cultura ci propone/propina.

Anonimo ha detto...

scusatemi, ma quando leggo cose come quelle scritte dal bolchi mi prudono le mani.
premetto che non posso visitare la mostra, parlo solo dal punto di vista teorico sulle lamentele teoriche del suddetto: che c'entra il dizionario, il termine paesaggio oggi e ieri in vari campi, non solo in fotografia, non corrisponde necessariamente alla cartolina con spiaggia mare orizzonte e cielo. puo' benissimo, in linea teorica, includere gli elementi umani che quel paesaggio animano, quindi l'osservazione e' inutile sul piano semantico e pratico.
per quanto poi riguarda i concetti espressi dal suddetto bb sulla mercificazione della mostra, voglio obiettargli che anche la pubblicita'al materiale a sviluppo istantaneo, che bb ha "condotto" diligentemente su riviste di fotografia, tra le quali anche il fotografo di Sandro, non aveva nulla a che fare con la fotografia, ma era solo un pola-aborto senza "progetto".

senza offesa, perxche' non conosco tutta l' "opera" di bb, non so se il tale bb abbia mai evidenziato "progetti" fotografici seri oltre alle gocce commerciali della pubblicita' ( ben poco educative in termini di stimolazione verso la fotografia alternativa, e per niente dimostrative delle possibilita' del mezzo ).

senza astio, perche' io a bb non lo conosco e non lo voglio conoscere, ma quelle brutte e insulse pagine di pubblicita' al marchio polaroid ancora non gliele perdono.

Quindi tutti siete d'accordo che questa mostra sia un fatto commerciale e politico? ci credo da quello che leggo, ma non mi sorprende.
aggiungo pero' : la cultura uno se la fa in altri modi, poi i soldi del biglietto d'ingresso ad una mostra servono per evidenziare il termine di paragone negativo, e possibilmente per spiegare a chi e' ancora sprovveduto come stanno le cose; solo in questi termini forse una cattiva mostra serve a qualcosa.

Anonimo ha detto...

... per dire quanto sia d'accordo con andrea, vorrei aggiungere che quando saranno terminati i lavori per la "ferrotranvia" (cito i cartelloni) per collegare Milano a Cinisello Balsamo c'è solo da augurarsi che la fotografia non sarà passata di moda, che il Museo non sarà già sprofondato in uno di quei fenomeni carsici della "cultura" italiana, o ancora che non sarà già ridotto ad un fatiscente fantasma di se stesso grazie alla nota incuria in ogni forma di manutenzione che rende proverbialmente pigre e squattrinate le istituzioni di questo piccolo paese...
in secondo luogo, con la cura che si richiede ai pedanti me la prenderò un po' con Nicola, niente di personale, Nicola, ma non so starmene in silenzio: non credo che abbia molto senso non andare a vedere la mostra e tanto meno mi pare averne sostenere che l'editoriale ti ha fatto passare la poca voglia che già avevi. trovo sia pure in contrasto con la lusinga a Iovine "il mio maestro Sandro", per quanto affettuosa... abbastanza contraddittorio pensare di non andare ad una mostra per seguire senza ragionare la riflessione di chi mi pare cerchi costantemente di portare a pensare con la propria testa, contribuendo a costruire gli strumenti per farlo... a me la mostra vien voglia di rivederla un'altra volta piuttosto, a freddo. se sei stato allievo di Iovine possiamo indovinare che ti occupi di fotografia e se ti occupi di fotografia alla mostra ci sarebbero delle foto da vedere... delle foto messe in sequenza... e vedere una cattiva "sequenzializzazione" è quanto mai utile per non ripeterne gli errori, almeno secondo il mio parere... peraltro con questo atteggiamento finisci pure per falsare parte del giudizio espresso nel post (ma forse in questo sei solo), dal momento che il tuo stesso maestro distingue tra allestimento, progetto, parte delle foto esposte: "Posso quindi dire di avere ben presente quanto sia diverso lo spessore delle loro immagini. Uno spessore naufragato e umiliato in mostra nella volontà di un’autocelebrazione da burocrate passaveline." ulteriormente chiarito da: "E bada bene che come ho chiarito nel post non me la prendo certo con i fotografi che, tranne qualche caso non hanno certo fatto un cattivo lavoro".
insomma, mi verrebbe da concludere, alla luce dei precedenti post del blog, che è tanto bello farsi prendere per mano anche per noi come per i giapponesi davanti alle parole chiave della tv... qualcuno sceglie di farsi prendere per mano da contrasto, qualcun altro tenta di farsi prendere per mano da Iovine... e sebbene non sia nemmeno lontanamente la stessa cosa, l'atteggiamento passivo è lo stesso, ed è ugualmente comodo. stiamoci attenti.