Attraverso Lo Specchio, Omaggio a Alexandra Boulat (1962-2007) è il titolo della mostra a cura di Deanna Richardson e Francesco Zizola che dall'8 maggio al 5 giugno è ospitata presso lo spazio 10b Photography Gallery in via San Lorenzo da Brindisi 10b a Roma. Si tratta di un omaggio, fortemente voluto da Francesco Zizola, alla fotografa francese Alexandra Boulat, scomparsa il 5 Ottobre del 2007, all'età di 45 anni. Alexandra Boulat era nata a Parigi nel 1962 e aveva studiato grafica e storia dell'arte all'Ecole de Beaux Arts a Parigi, dedicandosi, a partire dal 1989, al fotogiornalismo sulle orme del padre, Pierre Boulat che per 25 anni era stato fotografo per Life magazine. È stata rappresentata da Sipa Press per 10 anni fino al 2000. Nel 2001, era stata tra co-fondatori dell'agenzia fotografica VII, distribuita in Italia dall'Agenzia Grazia Neri. I suoi servizi, strettamente inerenti all’attualità politica e sociale, sono stati regolarmente pubblicati su riviste internazionali, tra le quali National Geographic, Time e Paris-Match. Per la qualità del suo lavoro, Alexandra Boulat aveva ricevuto diversi importanti premi internazionali molti dei quali per i suoi reportage in Kosovo negli anni Novanta, fino al Premio come Migliore donna fotografa in Italia nel 2006. Alexandra Boulat aveva inoltre documentato guerre e tematiche di ordine sociale e realizzato estesi reportage sulla guerra nella ex-Yugoslavia, la caduta dei Talebani in Afghanistan, la guerra in Iraq e attualmente il conflitto israelo-palestinese. Tra i lavori più recenti ricordo quello sul mondo femminile in medioriente e un servizio su Gaza, pubblicato su Time Magazine il 16 ottobre 2006 e il libro: Eclats de Guerre, 10 years of wars in former Yugoslavia (National Geographic Books, SYL, Paris, 2002).
Alexandra credeva fortemente che ogni storia avesse mille sfaccettature e che non esistesse un unico modo per raccontarla. Il suo profondo sentire femminile coniugato con una grande sensibilità personale le avevano permesso di innalzare le sue immagini al di sopra del livello medio del fotoreportage. Personalmente ho di lei un ricordo legato all'incontro avuto a Verona nel corso della cerimonia di inaugurazione di una mostra dell'agenzia VII. In quell'occasione nonostante l'urgenza di rispondere alle mille sollecitazioni che le arrivano dai presenti, si fermò a parlare a lungo dimostrando grande disponibilità e voglia di raccontare e raccontarsi. Me ne è rimasta l'impressione forte di una donna in grado di non dissociare la decisione nell'azione da una gentilezza innata nei modi, frutto di spontanea e sincera attenzione verso chi aveva di fronte.
Il percorso espositivo all'interno dello dello spazio, fortemente voluto da Francesco Zizola nel cuore del quartiere romano della Garbatella, intende nelle intenzioni dei curatori ricostruire il lavoro di Alexandra Boulat attraverso una ricerca su molti materiali anche inediti riproposti prevalentemente attraverso trittici. Nel corso della mostra, si terrà anche un'asta delle fotografie esposte, i cui profitti saranno devoluti alla fondazione Boulat.
Alexandra credeva fortemente che ogni storia avesse mille sfaccettature e che non esistesse un unico modo per raccontarla. Il suo profondo sentire femminile coniugato con una grande sensibilità personale le avevano permesso di innalzare le sue immagini al di sopra del livello medio del fotoreportage. Personalmente ho di lei un ricordo legato all'incontro avuto a Verona nel corso della cerimonia di inaugurazione di una mostra dell'agenzia VII. In quell'occasione nonostante l'urgenza di rispondere alle mille sollecitazioni che le arrivano dai presenti, si fermò a parlare a lungo dimostrando grande disponibilità e voglia di raccontare e raccontarsi. Me ne è rimasta l'impressione forte di una donna in grado di non dissociare la decisione nell'azione da una gentilezza innata nei modi, frutto di spontanea e sincera attenzione verso chi aveva di fronte.
Il percorso espositivo all'interno dello dello spazio, fortemente voluto da Francesco Zizola nel cuore del quartiere romano della Garbatella, intende nelle intenzioni dei curatori ricostruire il lavoro di Alexandra Boulat attraverso una ricerca su molti materiali anche inediti riproposti prevalentemente attraverso trittici. Nel corso della mostra, si terrà anche un'asta delle fotografie esposte, i cui profitti saranno devoluti alla fondazione Boulat.
La mostra
Attraverso Lo Specchio, Omaggio a Alexandra Boulat (1962-2007) foto di Alexandra Boulat
10b Photography Gallery
via San Lorenzo da Brindisi 10b, Roma
Curatori: Deanna Richardson e Francesco Zizola
Date: dall'8 maggio al 5 giugno 2008
Orari: dalle 10,00 alle 13,30 - dalle 15 alle 18: dal martedì al sabato, lunedì chiuso
Ingresso: libero
Tel. 06-97848038
E-mail: info@10bphotography.com
Il giorno 8 maggio, a partire dalle ore 17,30 circa, sarà possibile assistere via webcam all'inaugurazione della mostra, collegandosi al sito di 10b e cllicando sul pulsante LIVE
Dall'alto:
Alexandra Boulat in un ritratto realizzato dal padre. © Pierre Boulat.
Alcune immagini utilizzate da Deana Richardson e Francesco Zizola come studio preliminare per l'allestimento dalla mostra Attraverso Lo Specchio, Omaggio a Alexandra Boulat (1962-2007).
La mostra Attraverso Lo Specchio, Omaggio a Alexandra Boulat (1962-2007) durante le ultime fasi di allestimento presso lo spazio 10b Photography Gallery. © Claudio Palmisano.
Un momento dell'inaugurazione della mostra Attraverso Lo Specchio, Omaggio a Alexandra Boulat (1962-2007) visto attraverso le webcam predisposte per mostrare in diretta l'evento.
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3 commenti:
Non voglio fare della polemica ma vorrei essere aiutato su questa cosa...
Alexandra Boulat i morti li fotografava ; Bruce Davidson dice io non fotografo i morti... Chi ha ragione??dove sta la giusta misura?
Mi ricordo di aver visto una foto della Boulat con una mano (chiaramente di cadavere ) in mezzo a delle foglie che mi ha immediatamente ricordato la poesia di Ungaretti"Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie".
Personalmente non credo la risposta sia una, né sia, a seconda dei casi, facile darla. Quello che forse conta molto è il ragionare sulla domanda.
Si è citata più volte Susan Sontag in questo blog e non solo in questo blog. Dopo aver riletto varie volte i post che riguardano più o meno direttamente questo tema cui si riferisce GIOGGI, quello che mi viene da ricordare delle parole di Susan Sontag è una distinzione che non dà risposte, ma credo che possa aiutare a ripensare di nuovo questo tema cominciando non dalle immagini ma dalla dinamica interna alla loro genesi:
«La fotografia è il modello di un nesso intrinsecamente equivoco tra l'io e il mondo, e la sua versione dell'ideologia realistica richiede a volte un annullamento dell'io di fronte al mondo, mentre autorizza in altre occasioni un rapporto aggressivo con il mondo a celebrazione dell'io. Entrambi gli aspetti di questo nesso vengono a turno, continuamente riscoperti ed esaltati.»
Apparentemente possono essere parole riferite ad altro, ma come si può dedurre dall'accorato commento di Ugo Borga ad un precedente post, questa equivocità comporta anche momenti in cui si decide di scattare o di non scattare e persino momenti in cui si decide di scattare per se stessi e non per il mondo.
Forse ciò che fa distinguere la necessità di far prevalere l'io o il mondo, lo suggerì Robert Frank in un frase così semplice da sorprendere ogni volta che la si rilegge: «C'è una cosa che la fotografia deve contenere, l'umanità del momento».
Con colpevole ritardo cerco di rispondere a Gioggi esponendo il mio punto di vista. Innanzitutto ti rimando alle osservazioni di Ugo Borga che chiariscono una posizione personale interessante. Secondariamente la risposta di Bruce Davidson è nata da una mia sollecitazione relativa a una discussione etica nata sulla base di questo post della successiva, e un po'... autolesionista, rettifica richiesta da persone professionalmente vicine al fotografo interessato. Concordo con Ugo Borga quando dice che il problema non è cosa si fotografa, ma perché, Sono convinto che oggi fotografare l'orrore o la morte non servirà a fermarli, ma sono altrettanto convinto che si debba farlo. Di lì poi a portare in una galleria per vendere le stampe a suon di migliaia di dollari, mi spiace ma non riesco ad accettarlo quale che sia la motivazione la trovo una attività aberrante. Inoltre mi chiedo cosa accada se e quando una fotografia nata per fornire informazioni su una tragedia finisca per essere venduta in una galleria cambiando completamete destinazione d'uso. Mi chiedo quanto il fotografo, essendo a conoscenza della possibilità di guadagnare molto di più dalla vendita del pezzo artistico non sia stato influenzato al momento della ripresa. Mi chiedo insomma quanto, almeno nel breve periodo, non sia facile tradire la propria professione e professionalità di giornalista quando si utilizzano in questo modo immagini nate per fare informazione, Spero di essere riuscito a fornirti qualche considerazione utile a farti mettere in moto le riflessioni personali che ti condurranno a raggiungere un tuo punto di vista sull'argomento.
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