lunedì 11 gennaio 2010

Finalmente qualcosa comincia a muoversi!




Non si può dire che i tempi di reazione siano stati propriamente fulminanti, ma alla fine qualcosa sembra che inizi a muoversi nella coscienza dei nostri lettori. Qualche mese fa, per la precisione nel numero di agosto dello scorso anno, ho pensato di rilanciare in Italia la campagna Not a crime promossa dalla rivista inglese British Journal of Photography a difesa della libertà di fotografare pesantemente compromessa dalle leggi vigenti in Gran Bretagna. Lo scopo era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica circa le conseguenze degli eccessi di controllo esercitati dalle forze dell’ordine, e non solo, nei confronti dei fotografi, amatori o professionisti che fossero. In tutta sincerità, memore di tanti racconti fatti negli incontri con gli appassionati di fotografia, mi aspettavo che ci sarebbe stata una reazione molto forte da parte dei lettori, credevo che avremmo ricevuto numerose testimonianze circa eventuali abusi subiti mentre si era tranquillamente in giro a fare fotografie. Mi rendo perfettamente conto che per un fotoamatore il fatto di essere costretto a subire una limitazione della propria libertà di fotografare sia un dato relativo più che altro alla sfera dell’orgoglio personale non essendoci altre implicazioni di tipo economico. Ma non dimentichiamoci che per molti professionisti l’esasperazione di simili atteggiamenti può comportare problemi anche gravi, incidendo direttamente sul reddito personale.
Al di là di queste considerazioni, comunque ritengo personalmente pericoloso che si verifichino troppi episodi di questo tipo. Il rischio di essere frainteso in questo genere di affermazioni è enorme, per cui cercherò di spiegarmi bene. A preoccuparmi non sono i singoli atteggiamenti o episodi che possono essere giustificati e giustificabili in centinaia di modi differenti. A rendermi inquieto è il fatto che episodi di questo tipo possano costituire la cartina al tornasole di un atteggiamento molto più generale, all’interno del quale il tentativo di inibizione della libertà di fotografare dove e come si vuole, non sia che un pallido riflesso di restrizioni di natura bn più ampia e poco auspicabile, quantomeno sulla base dell’esperienza storica.
Con questo non intendo certo negare che possano sussistere motivazioni valide per cui in situazioni particolari non sia opportuno che vengano effettuate riprese fotografiche, ma che ci si astenga dall’estenderle al punto da diventare regola generale. Intanto sarebbe opportuno chiedersi con i livelli attuali di tecnologia quanto abbia senso proibire di fotografare senza autorizzazione all’interno di stazioni, porti, aeroporti… A prescindere che la maggior parte delle informazioni sono assumibili da altre fonti con enorme dettaglio, è anche vero che ci vuole molto poco a fare la parte dei turisti e portarsi via tutte le fotografie che si vuole in questi luoghi dove non si può fotografare. La sicurezza mi viene difficile pensare che possa essere messa in pericolo da un appassionato di fotografia e tanto meno da un professionista.
L’altro grande cavallo di battaglia continua a essere quello della privacy, cui si delega la taumaturgica capacità di rendere impossibile fotografare chiunque-ovunque. Che ci debba essere il rispetto per la libertà individuale è sacrosanto. Nessuno vuole sostenere che si debba poter entrare nelle case altrui e sparare una flashata in faccia al primo malcapitato. Nemmeno che si debba obbligare qualcuno a essere fotografato per forza in mezzo alla strada. Ma se prendiamo gli esempi che trovate nelle pagine dedicate alla rubrica Cosa ne penso di questo mese, potete verificare che con la scusa della difesa della privacy dei soggetti si finisce per ledere pesantemente, e spesso infondatamente, la libertà dei fotografi. E non dimentichiamoci che i fotografi sono persone con gli stessi diritti civili e legali degli altri cittadini
Ci sono delle leggi (sia pure un po’ vaghe in materia) e devono assolutamente essere rispettate, esiste un diritto al rispetto dei singoli e anche questo deve essere un elemento fondante delle nostre azioni quotidiane, non una scusa per limitare in modo arbitrario la libertà altrui.
Soluzioni? Allo stato attuale mi pare che siano poche. Sicuramente indicazioni valide sono quelle fornite dai lettori che finora hanno inteso partecipare alla nostra iniziativa scrivendoci o realizzando una piccola sceneggiatura. Possiamo e dobbiamo poi controbattere puntualmente e con la dovuta calma ed educazione le richieste infondate effettuate da personale non autorizzato. In altre parole credo che l’unica soluzione praticabile sia quella di informarsi e informare gli altri quanto più possibile che la fotografia non è un crimine, che non rubiamo l’anima al prossimo per strada e che forse dovremmo tutti stare un po’ più attenti a non farci rubare altre libertà oltre a quella di fotografare. 
Preciso per concludere che non concordo in tutti i punti con quanto espresso nel testo di Luca Andrini, pur condividendone l’orientamento generale di fondo, ma proprio perché ritengo che la libertà d’espressione nel rispetto dell’opinione di tutti sia importante, ho deciso comunque di pubblicare il suo lavoro senza modifiche.
Buon anno a tutti! 
n. 213 - gennaio 2010









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15 commenti:

guidonardacci ha detto...

Ciao Sandro, come sai già da una mia mail sono molto sensibile all'argomento essendo stato molto spesso "vittima" di atteggiamenti intimitidatori da parte di metronotte e sedicenti guardiani notturni; Ho accolto sin da subito il tuo invito a questa causa! e l'ho fatto con tutte le armi a mia disposizione: mi sono iscritto al gruppo su flickr, ne ho parlato abbondantemente nel mio blog ( http://avalon1973lamiafotografia.blogspot.com/ ) e ho partecipato a tutte le discussioni sull'argomento nelle quali mi sono imbattuto! sto lavorando ad un progetto fotografico sull'argomento e ad un articolo che chiarisca quanto più possibile i diritti di chi fotografa!
Attualmente sembra che la fotografia venga attaccata da più parti, dalle critiche all'uso del fotoritocco nelle fotografie pubblicitarie, ai divieti assurdi Sino all' assurdità di dover inserire una didascalia sotto le foto nella quale si dovrebbe spiegare se è ritoccata e quali ritocchi sono stati fatti! E' mai possibile che una scatola con un obiettivo faccia così paura?

La cosa assurda è che una volta, all'aeroporto di monaco di baviera , tenendo la macchina poggiata sul grembo sono riuscito a fare foto ad aerei , persone ed edifici! Poco dopo al controllo di polizia , ben chiusa nello zainetto è stata aperta e controllata(facendomi togliere l'obiettivo) come se nascondesse chissà quale arma pericolosa, nessuno però ha controllato se avessi scattato foto !
continuerò ad appoggiare l'iniziativa!

danilogiuso ha detto...

Ebbene si'. Sono un quasi terrorista miracolato. Ieri mattina, domenica 10 gennaio, mi trovavo esattamente in mezzo ad una rotatoria cittadina, crocevia di linee tramviarie. Mia intenzione fotografare verso il cielo la ragnatela di cavi e tiranti. Nel bel mezzo del mio persoalissimo workshop mi avvicinano due poliziotti. Intuibile la loro domanda: "Cosa sta' facendo ?" Io, con la D 80 in mano ed il 12-24 mm rispondo come un cretino: Fotografo i fili del tram. Nuova domanda: "Sara' un fotografo di al Quaeda ? " Rispondo con una altra domanda : "Ma da' i numeri ?" Qui' scatta il miracolo. Non vengo arrestato ed iniziamo a parlare di fotografia. Faccio vedere gli scatti ma anche la crta di identita', perche' non si sa mai. Mi spiegano che nel vicino grattacielo ha sede una azienda israeliana. In effetti con il mio 12-24 facevo fatica a decontestualizzarla. Mi hanno fatto i complimenti per le foto ma mi hanno chiesto di andarmene. Basta paesaggi urbani, meglio fotografare i neri presi a sprangate. Piu' facile. Ciao Danilo Giuso

guidonardacci ha detto...

Caro danilo, a quanto pare qui a genova si stanno impegnando per impedirci di fotografare (qui leggi delle mie esperienze http://avalon1973lamiafotografia.blogspot.com/2009/12/scatti-proibiti-not-crime.html );
Quando vuoi essere arrestato fammelo sapere che lo facciamo insieme!

eugeniosinatrapalermo ha detto...

Condivido le preoccupazioni di Sandro e di tutti, approvo ogni iniziativa a difesa della fotografia. Pero' di una cosa si deve tener conto : dal momento che tante volte le riprese statiche e dinamiche sono state usate, ahime', per scopi poco nobili ( vedi tutti i casini coinvolgenti Corona, Sircana, marrazzo ecc ), mi pare ovvio che tante amministrazioni e singoli "tutori" dell'ordine abbiano sviluppato un istinto di ripulsa verso chi fotografa. Lo stesso per quanto riguarda la gente comune, che non sa perche' certe foto vengano scattate da un fotoamatore, e se ne allarma li' per li'.
Se giustifico l'allarme delle "istituzioni" , d'altro canto voglio sottolineare un altro aspetto del problema, forse esistente sotto tutte le latitudini tuttavia sicuramente esistente dalle mie parti, nel profondo sud: io che vado a fotografare per es. il centro storico di Palermo non posso conoscere l'identita' di tutte le persone, e tanto meno le attivita' illecite che in certi luoghi si nascondono, pertanto fotografando genero il sospetto di essere quantomeno uno sbirro in incognito...e capite le eventuali conseguenze.
Ricordo che l'ultimo grosso latitante catturato a Palermo risiedeva nascostamente a pochi passi da casa mia, in pieno centro, in una strada dove sempre passo a piedi e dove spesso, quando la luce e' quella giusta, mi piace fotografare i palazzi antichi e i rettangoli di cielo che racchiudono: Certo chi di dovere, messo a sentinella nei pressi della abitazione di un boss latitante, puo' facilmente venire a scoprire che nel mio caso si tratta di un fesso che cammina con la macchina fotografica, di uno che fa tutt'altro mestiere che lo sbirro, ma la cosa che voglio far capire e' la seguente : fin quando l'illegalita', l'abusivismo edilizio, le discariche a cielo aperto, gli allacciamenti elettrici abusivi e visibilissimi e tutto il resto saranno presenti nelle nostre citta', fare fotografie sara' pericoloso. Non e' solo questione della presenza di una ambasciata israeliana, qui molti hanno moltissimo da nascondere , pretendono e presumono che tutti si facciano i fatti propri, di conseguenza il semplice atto di fotografare inconsapevolmente un obiettivo che nasconde illegalita' espone come minimo a domande tipo : "Ma perche' queste fotografie?...." mentre le parole sono accompagnate da espressione di schifo e di minaccia. Un esempio per finire : se una domenica un esercizio commerciale e' aperto nonostante il divieto comunale di apertura al pubblico, uno che passi e decida di fotografare le vetrine, o la facciata del palazzo perche' suggestiva , in pratica incorre negli improperi del titolare, che sapendo di essere in difetto non vuole fotografi tra i piedi. Prima di far capire ai poliziotti e metronotte che cosa sia l'hobby o professione di fotografo, bisognerebbe cambiare la societa'. Chiaro il concetto?

Luca Napoli ha detto...

Fotografo quitidianamente su treni e tram. Fotografo di nascosto o in maniera diretta.Talvolta sorrido, faccio domande cerco di instaurare un rapporto con il mio possibile interlocutore e soggetto, talvolta scatto istintivamente per non mistificare la realtà della situazione che mi si presenta. Probabilmente ogni foto che ho fatto sarebbe "perseguibile". Probabilmente no. Non mi importa. Io non riuscirei a concepire la fotografia in maniera alternativa. Il comune denominatoredei miei scatti è e sarà sempre il rispetto verso il soggetto e la totale buona fede con cui lo si ritrae. Il resto è fuffa.
http://www.flickr.com/photos/luca_napoli/sets/72157619449254086/

Saluti.

Fabio Sirna ha detto...

Il mio piccolo contributo:

http://www.flickr.com/photos/fabiosirna/4282353619/

Ho fotografato diverse volte in metropolitana a Torino, ma fortunamente non ho mai avuto nessun problema :) Alcuni lavori qui:

http://www.fabiosirna.com/prossima-stazione/index.html

e qui:

http://www.flickr.com/photos/fabiosirna/sets/72157618372420464/

andy ha detto...

Sono daccordo che il potere cerca di ostacolare la possibilità di fotografare quasi qualunque spazio pubblico o privata che sia, ed al contempo sorveglia tutto quello che facciamo con le telecamere. Ma ormai è la società che asseconda le logiche del potere, è la mentalità comune che vede il fotografo da strada, turista o professionista che sia, come fumo negli occhi. Solo un paio di esempi: qualche anno fà con un gruppo di amici siamo andati a fotografare una vecchia stazione ferroviaria di Milano che sarebbe stata presto dismessa, dopo 5 minuti il capostazione si mette letteralmente a gridare che se non la smettavamo subito avrebbe chiamato i carabinieri; mi domando che reato stavamo commettendo, per avere ripreso due binari e una scala di ferro arrugginita. Un'altra volta c'era una manifestazione organizzata dal Leoncavallo ed ho osato fare due foto al corteo, in mezzo a diversi altri fotografi. Subito si avvicina un ragazzo del servizio d'ordine del corteo e mi dice che senza la loro autorizzazione non potevo fotografarli. Quale autorizzazione serve per fotografare una manifestazione di un centro sociale? chiedo stupefatto. Mi risponde che solo chi fosse conosciuto da loro e che fosse passato a farsi dare l'apposito nastrino rosso poteva fare foto. A quel punto lascio perdere, non era evidentemente il caso di insistere. Mi rimase solo un grande scoramento e la netta senzazione che se anche i leoncavallini si comportano come chi vogliono contestare non resta più molto spazio neanche per la fotografia di reportage.

gianni attalmi ha detto...

ciao sandro, io sono tra quei fortunati cha fotografa per professione, che fa il fotogiornalista, con la tessera dell'amato ordine che ogni tanto serve. serve infatti ad esibirla a tutti coloro che (solo se forze dell'ordine) ti bloccano come ti vedono fotografare una vetrina. capita spesso di essere avvicinati dalla volante di turno che chiede spiegazioni, vero è come dice danilo che spesso si finisce con due chiacchere e un caffè. ben più pericolosi sono i normali cittadini i quali facendosi scudo della "privaci" (tanto non la conoscono e allora la scrivo così)urlano e sbraitano minacciando botte e denunce, e tra questi cittadini metto pure le guardie private e i dipendenti pubblici. a queste persone non interessano spiegazioni, io spesso ho dovuto chiamare o accettato che venissero chiamate le forze dell'ordine per poter esercitare il mio lavoro, le quali dandomi ragione finiscono con lo scoraggiare l'aggressore che ora sarebbe nelle mie mani. ma si può mai andare avanti così? di chi è la colpa? forse delle leggi stesse poco chiare e dell'ignoranza dei cittadini, troppo approsimativi nell'applicare il cervello per comprendere una legge.e allora che facciamo? se lo facciamo per diletto cerchiamo di mediare con un sorriso una spiegazione o due permessi in più, e se lo facciamo per lavoro conoscendo i nostri doveri e diritti, pretendere che siano applicati e non vergognarsi a chiamare la polizia o minacciare cause.....ma guarda un pò te che si deve fare per divertirsi in maniera sana.......

AntonioPrincipe ha detto...

@ Andy:
C'è un motivo a tutto: fotografare in stazione, e credo pure sui treni, è proibito da una legge antiterrorismo dello stato, “giusta” o “ingiusta” che sia. Comunque ho sempre fotografato senza problemi, anche davanti alle telecamere... sarà fortuna.
I centri sociali non si lasciano fotografare, né riprendere, se non sanno chi sei, perché hanno paura di un uso strumentale delle foto: i giornalisti sono pronti a scrivere di tutto, anche che un cassonetto divelto è un grave atto di insurrezione anarchica.
Un fotografo, prima di rubare compulsivamente immagini a destra e a manca, dovrebbe comprendere la realtà in cui si trova ad operare, questo è fare -reportage-, raccontare per capire, il resto è scattare come i giapponesi.

Sono d'accordo con l'intervento precedente di eugeniosinatra: bisogna comprendere il perché di questa avversione/paura nei confronti di una macchina fotografica, prima di lamentarci perché lo sbirro non comprende i nostri gesti. Io credo che le foto, volenti o nolenti, siano comunque un mezzo invasivo ed inoltre i tempi sono quelli che sono, di incertezza, di paura sociale, instabilità, oltre all'assenza di cultura fotografica. Sta al fotografo catturare i soggetti e le cose in modo etico, dando l'impressione di voler scattare per curiosità e conoscenza ed accertandosi dell'ambiente in cui si trova.

Questa è una “battaglia” culturale al di là dei “diritti”; si tratta di spiegare e diffondere ciò che stiamo facendo: perché fotografare in tram, autobus, pendolari? Perché fotografare persone al lavoro, paesaggi urbani, scene di strada? Perché lo fate, perché lo facciamo?
Una volta ero ad una fermata di un autobus piuttosto affollata e me ne stavo lì seduto a riprendere i volti stanchi delle persone che rientravano a casa: una donna mi vede, mi chiede cosa stessi facendo e se l'avessi fotografata: spiego le mie motivazioni, raccontare quella particolare ora del giorno in cui una umanità cittadina stanca torna verso casa...
… mi dice, con un sorriso, che la prossima volta avrei potuto fotografare anche lei, ma che ora era veramente “troppo” stanca. Naturalmente non ho più rincontrato quella donna, ma credo che comunque abbia capito o almeno abbia minimamente riflettuto sul fatto che c'è strana gente, i fotografi, che hanno piacere e trovano sia utile e necessario raccontare ciò che ci circonda. Una persona in meno, forse, che pensa che i fotografi non siano pericolosi terroristi.

AntonioPrincipe ha detto...

Vedete, un bel "lapis"...:
una persona in più, forse, che pensa che i fotografi non siano pericolosi terroristi.

Saluti.

gianni attalmi ha detto...

qui si parla molto del riprendere foto....del fatto che fa paura e fa arrabbiare alcune volte i soggeti. io credo che la loro paura, il loro timore sia più che nella ripresa nel dopo....dove vanno le immagini??? (pedofilia, annunci truffa, pubblicità, scherzi, articoli di giornali, diffamazioni) non c'è legge che vieta di riprendere in luoghi pubblici, ma c'è in riguardo all'uso che della foto si fa. faccio la foto e la metto nel cassetto....vabbè...la faccio e poi la pubblico, magari poi ne ricavo anche qualcosa....ganzo, ma lì è il problema. il soggetto la vede e : A) ne è lusingato viene alla mostra mi fa i complimenti, o si compra il catalogo, il libro, la cartolina, magari mi chiede pure la dedica; B) si incavola come una scimmia, io gli ho fatto una foto in strada, mentre passava in un taglio di luce....è la foto simbolo della mostra e mi arriva il simbolo di una raccomandata con cui si intima la rimozione e si chiedono danni....le cose sono cambiate, 20 anni fa si fotografava, si faceva mostre e si vendevano le immagini senza grossi problemi. puoi spiegare i tuoi progetti a 100 persone la 101esima sente odore di risarcimento e ti querela..e anche la liberatoria è un pagliativo....tanto si può revocare in qualsiasi momento!! organizziamo della photo geurilla...

rawnef ha detto...

"I centri sociali non si lasciano fotografare, né riprendere, se non sanno chi sei, perché hanno paura di un uso strumentale delle foto: i giornalisti sono pronti a scrivere di tutto, anche che un cassonetto divelto è un grave atto di insurrezione anarchica."
Scusami, caro, fammi capire io per fotografare le manifestazioni dei centri sociali devo chiedere l'autorizzazione a loro. E il diritto di cronaca, lo mandiamo a qual paese? e poi smettiamola di fare finta di niente. Se delle persone hanno un attegiamento del genere è perchè hanno qualcosa da nascondere, come le loro facce infilate nei caschi o rese irriconoscibili da sciarpe o quant'altro.

Anonimo ha detto...

leggo oggi il commento precedente di rawnef. sono d'accorso, l'illegalita' esce da tutti i pori delle nostre citta' come schiuma da barba, nessuno fa nulla, e poi si pretende da un professionista o da un dilettante il rispetto...ma di che cosa, di quale legalita'?
Ilproblema non e' la fotografia, e' la societa'.

Anonimo ha detto...

ma quale anonimo, non si capisce mai come firmarsi. eugeniosinatrapalermo

Unknown ha detto...

Antonio Principe: ho letto la tua puntualizzazione; che per fotografare in stazione ci vogliamo i permessi lo sapevo, ma qui sta il punto. Ormai ci vuole il permesso per tutto, anche per respirare, figuriamoci per fotografare. Ci siamo abituati al fatto che ci sia sempre qualcosa di potenzialmente proibito ed illegale in qualsisi cosa si faccia e si pensi e quindi anche fotografare per strada diventa sovversivo e al limite della legalità. Pensi che Cartier-Bresson o Capa o Weegee avessero gli stessi problemi? Eppure quando loro fotografavano le guerre o i delitti avvenuti era molto più pericoloso farlo, ma divieti motivati solo dalla stramaledetta privacy non ce n'erano . Si è perso lo spirito non solo della fotografia di reportage pura di una volta, ma anche dell'innocenza del soggetto, che non vedeva nella fotografia una minaccia.