domenica 18 marzo 2007

La lettura condizionata


Quanto tempo riusciamo a dedicare alla lettura dei giornali? Poco in genere in questo paese che non brilla certo per consumo di informazione. E nel poco tempo che ci concediamo, cosa assorbiamo dalle pagine sfogliate? Si tratta di una domanda che può diventare anche preoccupante se ci soffermiamo a guardare, ad esempio, come viene editata l'informazione. Prendiamo questo articolo di Mario Calabresi pubblicato su la Repubblica venerdì 16 marzo. Vorrei chiarire che non intendo entrare nel merito di quanto è stato scritto quanto piuttosto del modo in cui è stato pubblicato e non è mia intenzione in questa sede prendere una posizione giudicante rispetto a quanto emerge da una decodifica del modello di presentazione dell’impianto grafico e iconografico dell’articolo in questione. Voglio solo soffermarmi sulle modalità del processo utilizzato, modalità che sono parte di un processo di attacco costante e subdolo in quanto mediamente non decodificato dalla coscienza della maggioranza dei lettori, che al contrario sulla base di queste metodologie viene plasmata e assoggettata.
Vediamo dunque nel dettaglio come è stata presentata la notizia dell'udienza al numero tre di Al Qaeda, Khalid Sheikh Mohammed.

Una delle prime cose che si impara entrando in qualunque redazione del mondo è che è necessario prestare la massima attenzione a immagini, titoli e didascalie. Ovviamente vigendo nel giornalismo italiano il primato della parola sull'immagine l'ordine non è proprio quello esposto, ammesso che qualche volta ci si preoccupi davvero dell'immagine. Ma siccome qui ci occupiamo di immagini partiamo proprio da queste ultime che, supponendo un atteggiamento diffuso e consistente in uno sguardo veloce e distratto alle pagine del giornale, saranno le prime a lasciare una traccia più o meno cosciente nella mente del lettore.
La prima cosa che colpisce è il triangolo creato dalla grafica in alto a sinistra che precede il sommarietto, dalla fotografia delle conseguenze dell'attentato dell'11 settembre e dal ritratto del soggetto dell'articolo. La grafica che precede il sommarietto richiama direttamente l'attentato alle torri gemelle, quindi al concetto di terrorismo e al timore che questo induce in tutti noi potenziali vittime. Il concetto è rinforzato dalla fotografia a destra che mostra in essere quanto paventato dal simbolino azzurro dell'esplosione e dalla scritta allarme terrorismo.

Di fatto la ripetizione è al limite della ridondanza e gioca sull'equivoco sottile basato sulla differenza tra elemento grafico derivato dalla linea editoriale e immagine fotografica. Dal punto di vista del lettore distratto si crea immediatamente una tensione tra i due elementi che si confermano e rinforzano reciprocamente, incrementando velocemente la percezione di negatività, paura e necessità di difesa. Il triangolo si chiude poi con l'immagine di Khalid Sheikh Mohammed, richiamata alla struttura geometrica portante oltre che dalla posizione di chiusura (è infatti l’ultima immagine dell’articolo), dall'elemento grafico azzurro che si relaziona immediatamente con quello di identico colore che apre l’articolo. Riassumendo quindi il primo sguardo ci dice che qui si parla di terrorismo, quello che ha prodotto la strage di New York e che l'uomo raffigurato è direttamente implicato nella vicenda, in altre parole è un terrorista. Del resto l'aspetto bieco e assai malridotto che ricorda parecchio la poco epica rappresentazione di Saddam Hussein dopo la cattura, lo sguardo torvo e i capelli tutt'altro che curati non fanno che confermarci l'ipotesi di malvagità congenita dell'uomo rappresentato, garantendoci che sia in grado di essere responsabile di qualunque abominio. Ma c'è anche un particolare rassicurante nella curva delle spalle da vinto e sottomesso che contrasta fortemente con lo sguardo tutt'altro che rassegnato dell'uomo, che qui appare inequivocabilmente come un prigioniero sconfitto, quand'anche non pentito. Brutto, sporco e cattivo dunque, ma anche vinto e sconfitto. Con tutti i più sinceri complimenti allo staff che cura la distribuzione delle immagini per conto di chi si è fatto carico di controllare lo stato di prigionia di Khalid Sheikh Mohammed.

Secondo elemento di lettura che viene colto al volo: il titolo. "Io la mente dell'11 settembre" le confessioni di Mohammed". Ora abbiamo un altro elemento che conferma le supposizioni fatte facendo scorrere gli occhi sulle immagini. Siamo certi che si parli di terrorismo e in particolare delle attività legate alla strage delle due torri cui il losco figuro rappresentato più in basso è più che implicato. Da notare il gioco sul filo del rasoio da parte del titolista che, più o meno consapevolmente, sfrutta il cognome dell'imputato, Mohammed, per denotare ed evidenziare una sua generica appartenenza al mondo arabo, con sottintesi dalla prassi comune gli aggettivi estremista e islamico riferiti alla sua persona. Riassumiamo di nuovo aggiungendo i nuovi. L’articolo parla di un arabo, brutto, sporco e cattivo, terrorista (cioè un estremista islamico), talmente impudente da attribuirsi la paternità di un orrore di cui tutto il mondo si porta dentro le conseguenze a distanza di anni, ma nonostante tutto sconfitto dalla giustizia occidentale.

Ma ci sono ancora un paio di foto da cogliere al volo e una didascalia veloce da leggere, prima di girare pagina. Le due fotografie sono nella classica disposizione del confronto prima e dopo la cura, non differente dallo schema iconografico dell'intervista televisiva in parallelo. Nella prima immagine, a sinistra, appare il viso di un uomo dai tipici tratti medio orientali, espressione corrusca e non rassicurante, barba lunga e capo coperto in modo inconfondibilmente mediorientale. Intuiamo immediatamente che si tratta di una persona decisamente orientata verso un'ortodossia islamica che ci tiene a manifestare esteriormente, cosa che denota un profondo radicamento delle sue convinzioni politico religiose. Il volto è illuminato da uno sguardo deciso, duro, tendenzialmente gelido e sottolineato da grandi occhiali in stile anni settanta. Non è difficile credere che non esiterebbe a passarci sopra con la macchina senza alcuno scrupolo qualora dovessimo costituire per lui una qualunque forma di ostacolo.
A destra un volto che con un po' di fatica si può attribuire allo stesso uomo. Stavolta però la barba è più corta, tagliata in modo da lasciar spazio in modo simmetrico alla pelle tra il labbro inferiore e il mento. C'è un accenno di sorriso modello foto per la patente, lo sguardo è disteso, gli occhi appallati sembrano avallare l'abbozzo di sorriso delle labbra. Particolare fondamentale: dalla parte inferiore della fotografia si intuisce che il nostro uomo è vestito con giacca e cravatta all'occidentale. Dal contesto della messa in pagina è facile intuire che nonostante l'aspetto non lo suggerisca immediatamente, i tre volti che appaiono in pagina appartengono allo stesso uomo. Ma il trittico non ha certo una valenza neutra. Se il soggetto appare tre volte con aspetti così differenti, vuol dire che è un personaggio, appunto, in grado di travestirsi, quindi uno che sa e può ingannare. La terza foto è la più inquietante perché essendo l’ultima chiude il discorso e perciò viene caricata del ruolo di rivelatrice della vera natura del soggetto. Natura che, visto l'evidente richiamo alla figura di Saddam Hussein e considerata la sciatteria fastidiosa e lo sguardo torvo già sottolineati, non può che essere estremamente negativa. Di fatto il passaggio intermedio attraverso forme socialmente più rassicuranti per il lettore occidentale, non fa che sottolineare la pericolosa ambiguità del personaggio, peraltro già implicita nella durezza dello sguardo della prima immagine con quegli occhi incorniciati da un abbigliamento arabo che connota e inquieta.

Il tocco finale è poi la veloce didascalia in cui si sottolinea che Khalid Sheikh Mohammed quando compare in abiti occidentali ha barba e capelli curati. Senza contare che in tutta sincerità nella fotografia in abiti arabi i capelli non sono visibili e quindi il paragone implicito è già al cinquanta per cento velleitario e che la barba non appare affatto non curata, quanto semmai curata con un criterio e un gusto differenti.
Detto, o meglio, visto questo per la maggioranza dei lettori, cioè per tutti quelli che non nutrano uno specifico interesse per l'argomento, l'articolo è già stato letto: il colpevole è quel criminale di estremista islamico, brutto, sporco, cattivo, infido e trasformista, che anche da prigioniero sconfitto continua minacciare il mondo lanciando sguardi fiammeggianti di risentimento verso l’occidente. Un brutto personaggio da eliminare, perché talmente infido da trasformarsi in modo da apparire uno di noi, insinuandosi tra i buoni per distruggerli.
La lettura funziona e, a modo suo, pur generando preoccupazione appare anche tranquillizzante in quanto permette di focalizzare un nemico comune. E chi se ne frega della presunzione di innocenza o del contenuto dell’articolo di Mario Calabresi. Nel frattempo si forma una coscienza collettiva, che ci vede parte di una comunità in guerra contro un'altra e magari ci aiuta a prepararci a nuove crociate.
In questo specifico caso la lettura veloce sfogliando le pagine potrebbe anche corrispondere a verità... ma il problema reale è che lo stesso metodo di veicolazione dell’informazione ha un ampio spettro di applicazioni, non viene cioè utilizzato solo per raccontare la scelleratezza di qualche efferato terrorista, ma anche per creare il coinvolgimento al potere delle masse o per condizionare la propensione al consumo.
Non dico che ci si debba lanciare in improbabili e un po’ ridicole battaglie di eticizzazione della comunicazione. Per rendere tutto ciò accettabile, basterebbe che i destinatari della comunicazione fossero a conoscenza dei meccanismi che operano in loro ogni volta che sfogliano un giornale o accendono la televisione. Sarebbe sufficiente in altre parole da parte di tutti noi solo un po’ di consapevolezza e conseguente spirito critico circa la non innocenza dei modelli comunicativi.

24 commenti:

:: haku :: ha detto...

provo, a conferma della lettura,
a trascrivere le (occidentali) associazioni libere tra parole che mi son scoperta a fare in corso di lettura.
solo per due termini messi in evidenza:

Mohammed > Maometto - Corano - Infedeli - Crociate - Corano vs Bibbia - Bibbia > Cristianesimo - Occidente.
(naturalmente l'associazione è perfettamente irrazionale se analizzata, poiché la Bibbia prima si lega all'Ebraismo... e perché la Bibbia NON è un testo occidentale, bensì orientale quanto il Corano o Zoroastro...
ma essendo irrazionale è tanto più radicata inconsapevole e potente... e pericolosa,
come ci suggerisce magistralmente questo pezzo)

Personaggio > teatralità - Persona(ggio) = Maschera - l'abito (non?) fa il monaco > Islam - vigilanza - diffidenza - sorriso - falso - curato - inganno - mascheramento - abiti - travestimento > minaccia - fuori controllo - sospetto - timore - impotenza... impotenza impotenza impotenza >
potrebbe riaccadere > difesa

... Impotenza > Violenza lecita per autodifesa
= Crociate

l'anello è chiuso.

«E chi se ne frega della presunzione di innocenza o del contenuto dell’articolo».

la presunzione di pericolosità/colpa
giustifica invece
come difesa
la violenza preventiva.

rijeka ha detto...

Concordo pienamente con l’analisi fatta dal Direttore su come vengano veicolati i significati all’interno di questa pagina di Repubblica e su come sia necessaria una maggiore consapevolezza circa la “non innocenza” dei modelli comunicativi. In questo senso, vorrei presentarmi coinvolgendovi in una riflessione, nel tentativo di dare il mio primo piccolo contributo a questo interessantissimo blog. :-)
In ambienti come le facoltà di comunicazione viene insegnato proprio come ogni aspetto di un determinato medium, sia esso legato al piano dei contenuti che a quello della forma, serva a veicolare dei significati utili ormai non tanto a “raccontare il fatto”, ma a rafforzare “l’interpretazione del fatto” voluta dalla testata in questione (o chi essa “rappresenta”) cercando di costruire così il consenso intorno ad un certo modello di consumo o ad insinuare una certa interpretazione del mondo (in questo caso “mondo islamico=nemico dell’occidente”). Si studiano i modelli mediatici, si impara a svelare il barthesiano “effetto di realtà” generato dall’utilizzo di sofisticati rimandi semantici, visivi, emozionali, ecc. si cerca di arrivare al vero “messaggio di fondo” veicolato da un articolo, da un servizio tv, da una foto in un determinato contesto, si imparano i contesti di ricezione, le potenzialità espressive del mezzo, si criticano gli abusi…insomma si formano delle persone che dovrebbero essere più disincantate di altre circa l’”innocenza dei media”. Tuttavia, la maggior parte di noi “illuminati”, una volta assorbiti nel mondo del “lavoro mediatico”, non facciamo altro che perpetuare quei modelli ingannevoli (e forse inevitabili) che abbiamo imparato a codificare, ma senza porci il problema di come rendere il lettore/spettatore un po’ più di consapevole, senza una reale volontà ad insegnare una sorta di “corretta fruizione” del medium, di concedere delle chiavi di lettura aggiuntive. E ciò non tanto per una questione di eticità del mezzo, bensì per la necessità di diffondere appunto una cultura mediatica che permetta alle persone di destreggiarsi tra le mille opzioni che il mercato continuerà ad offrire.
Invece no, aderiamo passivamente al “modus operandi” che ci insegnano. Ecco…una parte del problema, secondo me, sta proprio qui. Se ciò, infatti, nel campo commerciale potrebbe sembrare irrilevante, nel contesto informativo ha, secondo me, un valore enorme. Cominciare a stimolare le persone alla “corretta” lettura di un quotidiano, come a quella di una fotografia o di un Tg, spingerebbe forse allo sviluppo di un maggior spirito critico collettivo e a lungo andare ad un miglioramento del livello qualitativo preteso dall’informazione.
Ma se non parte da noi, dalle nuove generazioni di “disincantati” dei media, la volontà di inserire pian piano piccoli elementi di cambiamento in questo sistema, dobbiamo aspettarci che venga da una società che, anche per colpa di questo modo di operare, abbiamo “istruito” a dedicare all’approfondimento delle notizie non più di 5 minuti? (con tutto quello che ne consegue..)

Rijeka

Anonimo ha detto...

Certo Vittorini fu unico, anche se sono sicuro che talvolta abbia manipolato anche lui l'impaginazione per portare acqua al proprio mulino.
Esempi come questo articolo ce ne sarebbero milioni. Basti pensare a come veniva raccontata anni fa una stessa notizia da TG1 e TG3 : bastava omettere una breve sequenza di immagini filmate, o cambiare nel testo di accompagnamento qualche aggettivo o avverbio, per cambiar volto alla notizia.
Allora il problema diventa politico, nel senso etimologico del termine, e credo che siamo arrivati ad una dicotomia nel nostro ragionare; Mi spiego:
un conto e' discutere su come si prendono le fotografie, di quali significati si vuole ricoprire la superficie bidimensionale dell'immagine;
altro conto e' l'uso che di immagini si puo' fare, qualunque esse siano, per ottenere un risultato (la vendita di un prodotto oppure l'attribuzione di particolare veridicita' ad una tesi politica ecc).
Uno puo' anche fare foto oneste, realizzare un reportage coraggioso e illuminante, ma poi basta che un redattore imposti una pagina con propositi di plagio ed ecco invalidato il lavoro creativo. Il nostro lavoro critico, come fruitori di immagini, va svolto allora su due binari paralleli : da un lato il giudizio sulle immagini intese come manufatto espressivo da parte dell'autore-dall'altro la valutazione del loro potere mediatico, sia nel caso di una esatta collocazione redazionale, museale o quant'altro, sia nel caso di un uso che si manifesti come improprio
La delusione di quel MARIO che abbiamo conosciuto puo' solo acuirsi, specie se legge quanto ora dico. Dico che e' difficile pensare ad una educazione all'immagine, e dobbiamo aggiungere educazione alla loro lettura nel contesto mediatico, che si possa effettuare come programma scolastico. Lo sapete quali sono le cifre dell'evasione scolastica. Lo sapete che alle votazioni (amministrative, politiche, ai referendum ecc) sono ammessi tutti i cittadini, pure quelli analfabeti (sia detto ed e' detto senza prevenzione ) Come pensate che l'uomo della strada sappia difendersi dal plagio, quando vede solo comportamenti indegni, liti e scambio di improperi praticamente in tutti i programmi di "approfondimento"?
e infine : ci riuscirete mai a convincere Fede a mettere alle proprie spalle come immagine di repertorio un fotoritratto di Prodi ben riuscito, al posto dei fotogrammi balordi che il Nostro riesce a scovare tra gli scarti?
e collateralmente : lo sapete che la maggior parte dei critici d'arte e degli insegnanti di storiadellarte hanno visto le opere di cui parlano agli studenti solo in fotografia, cioe' su libri illustrati?
Ah, Mario Mario, se hai capito finalmente come funziona la cosa, convinciti che ti restano solo quelle scelte che ti proponevo in altra contigua sede. Non ci vuoi credere ancora? Ti dico quest'altra :
sai quante "raccolte" si facciano per contribuire a creare pozzi d'acqua in Africa e dintorni; sicuramente opera benemerita. Ma hai mai pensato che qualora l'Africa fosse ricca di pozzi, quelle stesse donne e quegli stessi bambini che ora si caricano di pesi enormi per trasportare l'acqua dal ruscello al villaggio, poi dovranno lavorare la terra? Il problema si spostera', chi gli insegnera' a coltivare la terra, a raccogliere in tempo i frutti della terra, a venderli in seguito, superati i limiti del fabbisogno, per integrarsi nella societa' "civile" globale? e credi che sia nteresse dei potenti dare autonomia a migliaia di esseri umani che invece possono essere sfruttati altrimenti?
Non ti scoraggiare Mario, non ti dico tutto questo per instillarti pessimismo : combatti la tua battaglia, dal momento che conosci la situazione delle postazioni nemiche. L'alternativa sarebbe la RIVOLUZIONE, tu falla pacifica, fotografica ( e anche sulle rivoluzioni potrei raccontartene di belle)
ps : cercate in libreria -L'arte della guerra- di SunTzu

Anonimo ha detto...

Signori, mi permetto, dal basso del mio titolo di ragioniere, di fare un piccola analisi... Siete davvero certi che una persona uscita da una scuola di comunicazione sappia leggere oltre le righe di un articolo??? O che un fotografo sappia poi ordinare nel modo più giusto e coerente il proprio reportage??? E poi qual è il modo giusto. Tutti noi sappiamo, spero, che non esiste una visione oggettiva e tanto meno una visione giusta... Allora forse l'unica è informarsi su chi ci da le notizie... Siamo d'accordo che Emilio Fede sia fazioso, ma il saperlo, la sua smaccata partigianeria non è forse la migliore forma di salvaguardia nei confronti di chi guarda il suo "TG"??? Io non lo so, non ho questa capacità, so solo che spesso parlando con fotografi anche impegnati con associazioni benemerite saltano fuori discorsi sulla "vendibilità" del loro lavoro, o meglio, del loro prodotto e quindi su cosa sia meglio fotografare e come per raggiungere uno scopo, anche questo è plagio...

Anonimo ha detto...

Bene, grazie direttore, adesso mi sento davvero meglio… non che non sospettassi che qualcuno guidasse e orientasse il mio pensiero, ma seguire in modo esplicito il processo in cui viene cambiata, se non addirittura plasmata la mia visione della realtà è inquietante. Troppo spesso leggo commenti anticipati da una dichiarazione di ignoranza: scusate non ho studiato, scusate non sono preparato… Non ne sono stata immune nemmeno io dichiarando di non frequentare la macchina fotografica come i più tra voi, o non conoscendo autori citati, come Flusser. Beh ragazzi con presunzione dico: la nostra ignoranza non sia più né una scusa, né uno scudo dietro cui difenderci, se “non sappiamo” è colpa nostra, vediamo di fare qualcosa. Altrimenti siamo nei guai, perchè ci consegniamo ai mezzi di informazione senza difese qualora decidano di creare un fatto, perché vogliono che qualcosa si sappia o meno, o come questa cosa venga diffusa. L'ideale spazio pubblico democratico viene così falsificato, senza che l’uomo abbia l'opportunità, di sviluppare i propri talenti, interessi e desideri, in fondo credo nella capacità di ogni individuo di formulare giudizi su questioni politiche importanti. Ma viviamo una realtà complessa in cui questa capacità esige che si sia in grado di comprendere un quotidiano e che lo si sappia leggere realmente; è evidente che per farlo serve un tipo di istruzione che non viene erogata nelle scuole.
"Molti di noi vengono oggi influenzati più di quanto non sospettino e la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto". Questa è una frase di Packard degli anni ’50 riferita al mondo pubblicitario, bene credo che nostro malgrado anche il mondo dell’informazione abbia attinto a piene mani dalle strategie di comunicazione commerciale, trasformando in mercificazione il racconto del mondo e della storia. I media rappresentano una sorta di iniezione che addormenta gli individui in modo che possano venire condizionati, le persone che gestiscono l’informazione sono i nuovi untori di una malattia corruttrice che aggredisce la salute culturale e morale di noi fruitori. Nuovi Savonarola invece di agitare la folla per risvegliarla, i media manipolano la massa per addomesticarla, ops volevo dire addormentarla, agendo in modo subdolo ed indiretto per suggestione. Incredibile come emergano antichi ricordi di studi troppo superficiali, che forse potrebbero aiutarci a difendere le nostre coscienze da ingerenze così forti di chi controlla gli strumenti di comunicazione: per Althusser la chiesa, la scuola e i media sono baluardi in difesa dello status quo atti a perpetuare le rappresentazioni dell’ideologia imperante esercitando una sorta di violenza simbolica con il consenso stesso degli individui che vi sono sottoposti, dove per ideologia si intende un’influenza culturale aberrante e pervasiva che in modo deliberato impone una chiave di interpretazione univoca del reale e subalterna alle istituzioni.

Anonimo ha detto...

MINCULPOP
suggerisco al Direttore di inserire questa voce tra le "etichette"
Gia' alla prima pagina di google it si trovano illuminanti nozioni, utili per chi non sappia cos'e' minculpop

Anonimo ha detto...

ma perche' lo psudonimocongiunzionale, che preferisco chiamare -pero'- perche' col nick piu' lungo mi sembra di nominare qualche virus di laboratorio,
perche' dicevo non parla su questo che dovrebbe essere il suo terreno di battaglia congeniale?

Anonimo ha detto...

beh ma adesso facciamo concorrenza alla tv spazzatura e passiamo dalla fotografia alla politica...
mah...non mi va di pifferare cosi'.

Anonimo ha detto...

Beh magicopiffero la fotografia è un’attività umana, un mezzo comunicativo potente e come tale potenzialmente pericoloso proprio perché come ogni aspetto della vita è intriso di significati politici. Puoi decidere di viverlo come momento edificante, come viaggio nel sogno, nel bello e nel magico. Puoi connotarlo di significati alti e vivere nell’incanto del tuo creare e del creato, ma non puoi ignorare che uscito dal tuo bozzolo le immagini, le informazione, le idee divulgate dai mezzi di comunicazione possono essere per la maggioranza della gente la fonte principale di una coscienza collettiva alienata fino a venire a costituire una vera e propria mappa della nostra identità. Qui si richiama all’attenzione e al diffidare del primo significato che ci appare davanti agli occhi, dove la tv spazzatura obnubila i sensi, confonde e distrae, direi che può non piacerti “pifferare” così, ma non vedo come si possano sovrapporre i due livelli. Puoi scegliere di chiamarti fuori e di esistere solo nella tua bellezza e consapevolezza, puoi ignorare che l’immagine, anche il più struggente dei tramonti, possa essere adottato dalla propaganda politica, praticata deliberatamente da qualche potere al fine di modellare le opinioni, integrando la percezione diretta della realtà,trasformandoci in quella società unidimensionale che Marcuse imputava proprio all'industria della cultura. Puoi escludere il “brutto” dal tuo orizzonte, rifugiandoti al sicuro altrove, ma lasceresti il campo a nuovi famelici roditori che si nutrono delle nostre coscienze e che un altro pifferaio magico aveva deciso di contrastare facendoli annegare tutti… ma quella è un’altra storia.

Anonimo ha detto...

e allora che facciamo scendiamo in piazza per un photo-pride, sbandieriamo e zufoliamo indignati sotto la sede de la Repubblica, o gli gettiamo bottoglie molotov alle finestre. e in cambio cosa diamo in pasto alla massa degli incolti sprovveduti, la nostra verita', ma in nome di quale autorita' e autorevolezza.
beato il buon selvaggio di una volta, allorche' si zufolava nella foresta o nella prateria, e al piu' si leggevano i segnali di fumo provenienti dai villaggi vicini. fin quando un disgraziato penso' bene di dipingere bufali sulle pareti di una caverna, e di imprimere il cliche' della sua mano come segno nascente di boria e potere.
Ah come godo di questa "dotta disputa, che mette a confronto si' alti ingegni!"
Sono d'accordo con te Claudia, le analisi che facciamo grazie a questo blog ci strappano dalla ipnotica routine in cui ci acquietiamo passivamente cullati dai mezzibusti televisivi e dalle primepagine dei giornali, ma qual'e' secondo te l'alternativa pratica al sistema che ci sorveglia da bravo grandefratello, e da ben prima che dal 1984 : continuare a piangerci addosso e a limitare le nostre uggie da zufoli sbeccati su queste pagine di blog invisibili nel gran mare della rete? Dammi una risposta, non riesco piu' a suonare con allegria il mio piffero

Anonimo ha detto...

Caro Sandro,
ho letto con attenzione il tuo nuovo articolo e non posso che essere pienamente d’accordo con te.
Invidio il tuo metodo d’analisi di una pagina di giornale, una freddezza e soprattutto una lucidità che un divoratore di quotidiani come me non può che ammirare.
Leggo tutto di tutto, e spesso colto quasi nella frenesia lavorativa quotidiana deduco attraverso le immagini e la disposizione di esse in relazione con un furbesco titolo una mia “verità” che spesso non corrisponde al relativo articolo che magari evito di leggere. Una deduzione soltanto mia e certamente viziata dalle mie posizioni ideologiche o dalla mia momentanea predisposizione ad acquisire informazioni in un certo modo.

Dalle tue riflessioni deduco che io devo senz’altro limitare l’acquisto del numero di quotidiani per poter dedicare maggior attenzione al significato di certe “pagine”.
Oggi siamo in effetti sommersi da immagini, parole, titoli, notizie, siamo bombardati costantemente da tv, radio, sms, slogan, manifesti, ecc ecc. Inevitabilmente e soprattutto inconsciamente siamo costretti a scegliere l’informazione da acquisire e far nostra, e lo si fa il più delle volte inconsciamente grazie ad una frenesia che è propria di chi vive in zone metropolitane come Milano dove tutto deve essere veloce. Manca sempre il tempo per riflettere, per fermarsi un momento per osservare e godere di quelle piccole cose che ci circondano e che sempre più spesso abbiamo imparato ad ignorare.
Dalle tue parole e dalla riflessione che riguarda il modo di presentarci le notizie, oggi mi sono soffermato ad osservare il teatrino che sembra organizzato proprio per noi , fruitori inconsapevoli di notizie per immagini, relativo al rilascio dell’italiano rapito nei giorni scorsi. Il giornalista è riapparso come se facesse parte di un copione, il tutto non so perché, mi è sembrato preparato come fosse uno spettacolo , una replica.
L’abbigliamento da martire con il quale è apparso alle telecamere mi è sembrato come fosse studiato apposta per la fotografia di rito da passare alla storia di questa maledetta storia di sangue e guerra.
Concludo soffermandomi anche sulla triste scelta redazionale che spesso ci viene imposta e che rigorosamente deve rispettare i veri interessi dei fruitori. Credo che gli editori di quotidiani debbano necessariamente fare i conti con il calo evidente di interesse verso il tema MAFIA e le inchieste sulle irrisolte e forse irrisolvibili stragi di Piazza Fontana, Ustica, Stazione di Bologna ecc, e debbano ora anche fare i conti su quelle notizie di morte di guerra in Iraq che si susseguono come gli attentati kamikaze in medio oriente e che oggi sono più numerosi dei tamponamenti sulla A4.
Tutto ciò prosegue nell’indifferenza generale ed i giornali non possono che rilegare pian piano queste gravissime notizie in piccoli ritagli .
Scusami se mi sono dilungato, ma il tuo articolo è davvero stimolante ed apre automaticamente ad un’infinità di considerazioni infinite.
Con grande stima

Alberto M.

:: haku :: ha detto...

leggendo Jean Baudrillard...

«Questo sistema è stato frantumato [...].
Siamo in una situazione in cui PENSARE significa ESSERE radicalmente in UN ALTRO SPAZIO, in una sorta di IPERSPAZIO. Si può "fiutare", presentire, ma da ciò non si può neppure trarre una regola precisa...»
potrebbe essere l'inizio di una nuova coscienza...

Ezio Turus ha detto...

>Dammi una risposta, non riesco piu' a suonare con allegria il mio piffero

Allegria? C'è ben poco da stare allegri.
E' molto curioso, nonchè rivelatore, risentire gli interventi di Sandro nel settembre 2001 su radio 3 http://www.sandroiovine.com/radioindex.html
Praticamente dice le stesse identiche cose di questo stimolante articolo.
"magicopiffero" chiede cosa fare concretamente?
APRIRE GLI OCCHI E GUARDARE OLTRE QUELLO CHE SI VEDE. In tutte le cose. Diffidare da ciò che si guarda da una finestra e cercare oltre. Le finestre sono le limitazioni, le interpretazioni, le manipolazioni che ALTRI fanno dandoci in pasto le loro verità.
Come le fotografie, o la tv, o le parole scritte. Chiediamoci cosa c'è oltre il bordo della foto.
"Alberto" dice di leggere meno giornali .... forse è meglio fare il contrario, leggerne di più per cercare diversi punti di vista, oppure non leggerli affatto e ricercare le informazioni nei tanti luoghi in rete, a volte più obiettivi ma comunque non immuni dagli stessi difetti paventati da Sandro.
La storia si ripete: non possiamo permetterci di abbassare la guardia, di dormire in poltrona. Il cervello critico deve sempre stare acceso, dubitare comunque di tutto quanto ci venga servito premasticato e spesso predigerito. Questo è quanto "concretamente" mi sento di suggerire.
Buona primavera a tutti.
ezio

Anonimo ha detto...

MagicoPiffero ti devo una risposta.

Io non mi piango addosso, mai, semmai mi irrito. Non mi arrendo all’invisibilità, i fantasmi sono invisibili, noi ci siamo e comunichiamo, nel senso che ci scambiamo messaggi sapendo che l’altro potrà ribadire e non come vittime passive di un in-dottrinamento univoco. La passione e il divertimento del tuo zufolare non possono essere disgiunti dalla consapevolezza che nel momento in cui ciò che produci sarà mostrato toccherà l’anima di chi ha di fronte, l’altro, il prossimo chiamalo come vuoi, ma verso cui abbiamo delle responsabilità. Quando riconosciamo un inganno possiamo decidere che atteggiamento assumere: gloriarci nel nostro sapere e abbandonare quanti ancora preferiscono fruire di immagini, programmi televisivi, sedicenti giornali che oppongono ai valori umani della creatività e della vitalità solo la volgarità commerciale di trame prevedibili, personaggi stereotipati e linguaggio convenzionale, che nella sua riproducibilità determina l’annientamento di ogni differenza qualitativa, quando non è foriero di messaggi velati e subdoli. Beh l’indifferenza mi fa orrore, preferisco la critica e la polemica, nel senso etimologico del termine, rispetto a questo modo di presentare l’Informazione. Riguardiamo l’articolo come Iovine lo racconta, la chiave di lettura che ci offre solleva il sospetto che siamo tutti destinatari di una strategia che tende ad insegnare cosa pensare, cosa dire, come vivere, cosa essere. Non propongo di organizzare photo-pride, o lanciare bottiglie molotov (mmmh… anche se…), solo di esserci e testimoniare, non mi interessano i gesti plateali, mi basta sollevare il dubbio in chi incrocia il mio cammino, come hanno fatto per me haku, Bigg, Oratore, Eturus… e soprattutto Iovine e non solo dalle parole di questo blog. La differenza come sempre la fa l’individuo, il singolo, che ha in se la scintilla dell’eternità e di quella consapevolezza del bene e del male che ci ha dannati… o salvati, ma a cui non intendo rinunciare.

Anonimo ha detto...

Questo e' fare politica, Claudia, e sono in sintonia con te, vera politica, non quella televisiva ma vera politica, della vita quotidiana, della responsabilita' personale come studenti, lavoratori, professionisti, cittadini, se vuoi anche intellettuali, anche intellettuali di sinistra con la Repubblica sotto l'ascella o poggiata sul cruscotto della Mercedes o della Porshe. Perche' la Repubblica ha sempre sostenuto cose come : dopo anni di Guantanamo chiunque oggi confesserebbe pure di essere stato uno dei pugnalatori di Giulio Cesare, percio' qual'e' il controsenso per cui ora ci vuole imporre la vera responsabilita' di questo mohammed sui fatti dell'11 settembre, plagiandoci con na pagina confezionata su un tavolino di menzogne?
Certo qualcuno ogni tanto si fa saltare e fa saltare altri innocenti, e non sono io o tu.
Comunque : lo stiamo capendo meglio tutti, e cosa faciamo: continuiamo a ripetere gli stessi concetti con parole e citazioni diverse, e allora vogliamo continuare a fare politica, che fatta cosi' e' una bella cosa, ma di fotografia non ce ne frega niente a quanto pare.
Se deve restare un blog politico ditemelo subito.
Qualcuno di voi chiese giorni fa ad oratore perche' si arrogasse il diritto di avere soluzioni per tutto e tutti, ma io soluzioni concrete, a livello programmatico, comportamentale e fotografico, non ne trovo ancora.
Solo presa di coscienza attonita e indignata per cose che si sanno da sempre, non dirmi Claudia che, intelligente aperta e studiosa come sei, anche se le spiegazioni di s iovine sono eccezionalmente limpide e rivelatrici di un modo di fare, non dirmi che finora ti bevevi tutto senza pensarci su un pochino, senza il minimo dubbio.
oratore, anche tu te ne esci ogni tanto con trovate tali che mi verrebbe se ti avessi davanti di zufolarti dentro le orecchie per sfregio : mi spieghi che cos'e' questa cosa dell'arte della guerra che ci suggerisci, vuoi fomentare la nascita di un nuovo nucleo rivoluzionario?
cordialmente, capite io sono sereno perche' mi sono gia' indignato tempo fa, ora niente mi sorprende, sara' che ne ho viste di tutti i colori nella mia breve esistenza, ma l'esperienza e' questa, e' la somma delle cose che ti capitano e che riesci a capire, alla lunga piu' cose torte ti capitano piu' acquisisci esperienza.Se vivi per tua fortuna nella bambagia e da piccolo non ti spiegano niente, poi le sorprese sono amare
ciao Claudia, uno smak per te.

Anonimo ha detto...

ho dimenticato nella foga di scrivere una cosa : in fin dei conti il plagio perpetrato dai mezzi di informazione non e' poi cosi' plateale : mi capita ogni giorno di constatare che anche gente poco istruita, che di scienza della comunicazione non sa niente, diffida dell' "aspetto esteriore" delle notizie, e invece si fa una sua idea precisa. Se chiedete in giro, pure i cretini hanno il sospetto per esempio che la morte di Calipari doveva essere la morte "per sbaglio" della Sgrena, pure gli analfabeti, che pero' non sono perditempo, ubriaconi o maniaci o assassini, pure loro sospettano che l'11 settembre qualche cosa a livello di sevizi sefreti deviati ecc sia successo.
Quanto poi cio' si traduca in coscienza politica, con i dovuti risvolti elettorali, non lo vedo mai.
arrismak

:: haku :: ha detto...

io sono la massa degli incolti sprovveduti
io sono l'illuminato
io sono l'industria della cultura
io sono la piazza
io sono il dittatore
io sono la massa
io sono la via
io sono il pifferaio
io sono il famelico roditore
io sono il piffero
io sono il selciato
io sono il buon selvaggio
io sono Rousseau
io sono il doganiere
io sono la parete di Cueva de Altamira
io sono la terra rossa
io sono l'impronta della mano
io sono l'uomo di Cro-Magnon
io sono il cyberspazio
io sono l'Architetto
io sono il pubblico
io sono il manipolatore
io sono il mondo
io sono la rappresentazione del mondo
io sono il volto
io sono la maschera
io sono lo spirito critico collettivo
io sono la sola ragione

io sono quello che mangio
io sono quello che vedo

io sono. dunque modifico la percezione della realtà.

Ezio Turus ha detto...

>e allora vogliamo continuare a fare politica, che fatta cosi' e' una bella cosa, ma di fotografia non ce ne frega niente a quanto pare.
>Se deve restare un blog politico ditemelo subito.

Ripeto quanto ho già detto qualche giorno fa.....
Questa è fotografia. E' forse più importante farla che leggerla? Forse sapendola leggere meglio, sapremo anche farla meglio.
Ho apprezzato subito questo Blog (così come la rivista del nostro direttore) perchè non ci si ammazza di noia con discorsi legati ad attrezzature, stili di ripresa e quant'altro (chissa poi se nei convegni letterali ci si misura sul tipo di penne usate, o se meglio word o openoffice)... perchè è questo che "normalmente" si fa in certi circoli e certi forum.
Noi, spero, siamo un po' oltre.
Ciao
Ezio

Anonimo ha detto...

giusta considerazione, si impara la potenzialita' dirompente che puo' avere l'immagine, non solo fotografica, ma mi dipiace dissentire su una sfumatura di pensiero : in questa pagina di Repubblica, non c'e' niente di cattivo nelle foto prese a se', mohammed in abiti arabi e poi vstito all'occidentale (due fototessere), le due torri che ormai sappiamo a memoria, mohammed discinto, ripreso da chissa' quanti reporter perche' offerto al pubblico. Non c'e' come farle meglio queste foto, Ma esse entrano nell'immaginario collettivo, ed e' questo immaginario cui attingono talvolta i media piu' cinici, rivestendolo di pregiudizi e/o di colore politico, in sostanza orientandolo nelle scelte.
In passato le classi dominanti arricchivano i loro palazzi commissionando opere d'arte, imponevano agli artisti i soggetti delle opere stesse, perche' rispecchiassero di volta in volta la discendenza da eroi, da imperatori, da casate illustri ecc ecc. In tal modo si offrivano alle masse autorappresentandosi con un immaginario plagiante. Adesso lo si fa piu' comodamente con le immagini sui rotocalchi e in tv. Il problema e' l'educazione civica dei popoli e dei singoli individui, l'educazione a ragionare, la critica tout-court.
la fotografia c'entra di sghiscio, e nei discorsi interessantissimi che stiamo facendo non c'entra per niente.
comunque ok, ma mi pare che ormai si sia detto tutto.

:: haku :: ha detto...

scusa magicopiffero,
ma
credo che nessuno di noi che non sia stato sotto o vicino alle Torri Gemelle abbia il diritto di dire che le conosciamo a memoria.
credo che ci siano state propinate troppe immagini di quel giorno (e forse troppo poche immagini "degne" delle conseguenze).
siamo forse al punto di utilizzarle come logo, nemmeno più come simbolo...
e questo è un piccolo invisibile e tutto occidentale attentato all'umanità.

nonostante questo, nonostante possiamo ricordare perfettamente o forse morbosamente alcune immagini,
credo che se le parole hanno ancora un valore,
non possiamo permetterci di dire e tantomeno di credere «le due torri che ormai sappiamo a memoria». dovrebbero venirci i brividi leggendo questa frase.


«Non c'e' come farle meglio queste foto, Ma esse entrano nell'immaginario collettivo, ed e' questo immaginario cui attingono talvolta i media piu' cinici, rivestendolo di pregiudizi e/o di colore politico, in sostanza orientandolo nelle scelte.»
> fammi capire, magicopiffero:
le foto entrano prima che quei cinici dei media più cinici "le mettano" nell'immaginario collettivo o ci entrano non si sa come e senza controllo e solo successivamente i furbi media attingono e fanno il resto dei loro comodi?


«In passato le classi dominanti arricchivano i loro palazzi commissionando opere d'arte, imponevano agli artisti i soggetti delle opere stesse, perche' rispecchiassero di volta in volta la discendenza da eroi, da imperatori, da casate illustri ecc ecc. In tal modo si offrivano alle masse autorappresentandosi con un immaginario plagiante.»
> non è per cattiveria, ma temo che le masse non entrassero nei Palazzi cui mi pare tu possa riferirti...
se proprio... ci entravano i pari stranieri ospiti a palazzo, che dalle opere cui ti riferisci dovevano rimanere impressionati.
e la differenza sostanziale sta proprio nella parità di classe, nell'utilizzo di un codice, di un linguaggio comune: una forma di comunicazione sottile e sottaciuta, ma basata su principi noti ad entrambe le parti.

Anonimo ha detto...

Pero',
non ho partecipato finora perche' impegnato per lavoro. Solo ora riesco a leggere gli ultimi due post di SAR il Direttore. Appena mi libero scrivero' qui cosa ne penso delle foto del terrorista REO CONFESSO e della grafica. per ora solo una notazione: compro un quotidiano per leggere le notizie, per le foto compro un rotocalco. Se leggeste l'articolo e quello che ha combinato l'individuo in questione (per il quale "la morte dei bambini fanno parte del linguaggio della guerra")si potrebbe dire che quelle sono le giuste foto a supporto di quanto scritto. In altre parole, provate prima a leggere l'articolo e poi a guardare le foto.
Pero'
per gli ingenui non c'e' nulla da fare.
Pseudonimocongiunzionale

Anonimo ha detto...

sorry, non sono d'accordo con haku.
primo :
l'immagine delle torri in fiamme e' ( E' ) un logo, significa il dramma umano cui tu ti tiferisci, le migliaia di vittime. la parte per il tutto, una sintesi tra concetto e immagine. e proprio in quell'articolo, come conferma il parere di Iovine, le torri in fiamme sono messe in evidenza proprio per ricordare il dramma umano, la catastrofe di migliaia di morti, causate da quell'individuo.
Secondo :
per "palazzi" devi ntendere, se conosci la storia e la storia dell'arte, non solo le dimore private da cui il volgo pezzente era escluso, ma le CHIESE, decorate sempre a spese e secondo volonta' dei potenti, proprio perche' il volgo, entrando ad assistere alle funzioni, confrontasse la ricchezza decorativa del luogo adibito al culto con quella delle dimore nobili, traendone stupore, ammirazione e devozione (sacra e profana).
questo dice la storia e la storia dell'arte.
L' immagine era sfruttata anche in tempi lontani dai nostri, non lo sapevi ancora? te ne accorgi solo ora che ti hanno spiegato come funziona la disposizione di testo e foto sulle pagine di un giornale?
come zuflo contento!

Anonimo ha detto...

Premetto che non ho parole per l'ignoranza di chi ha scritto qui sopra.

Ho visto citare FRANCO VACCARI da un paio di nomi diversi in questo blog. Mi permetto di aggiungere alcune sue parole che immagino possano inserirsi qui come altrove su queste pagine.

Fino a pochissimi anni fa ciò che sapeva di fotografia non era mai immune da un'ombra di discredito.
[...]
Dopo quanto si è detto circa l'intrinseco valore politico dell'immagine fotografica sono legittimi i sospetti che questa improvvisa promozione sociale di quello che è sempre stato un nascosto e vergognoso amore ancillare. Accettando la tesi ampiamente articolata di Jean Baudrillard [1974] che la logica di classe non si definisce più mediante la proprietà dei mezzi di produzione, bensì mediante il controllo del processo di significazione, non si può non vedere nella nascita del mercato della fotografia e nell'accettazione di questa come compiuta espressione d'arte, una manifestazione della tendenza al controllo totale dei segni.
Se accettiamo questa ottica dobbiamo immediatamente dedurne:
1. che il controllo dei segni tradizionali non è più avvertito come sufficiente;
2. che la fotografia, nella sua specificità, rappresenta un'area di segni non ancora irreggimentati e potenzialmente pericolosi.
[...]


Mercato della fotografia e controllo del segno, 1979, 1994, 2006.

Anonimo ha detto...

UN COLPO AL GIORNO, ECCO COME CI S RIDUCE, INCAPACI DI RAGIONARE CON LA PROPRIA TESTA RINCITRULLITA DAI COLPI, E SI PUO' SOLO COPIARE PAGINE INTERE DI LIBRI.
BELLE PAROLE, MA LE CAPISCI?