domenica 17 luglio 2011

Chris Marker: il lato reale del surreale


Arles. Il suo nome lo abbiamo almeno letto quasi tutti, o  per lo meno quelli che hanno avuto la sfortuna di vedere Twelve monkyes (L'esercito delle 12 scimmie). Infatti, dopo un paio d'ore in cui al ruvido Bruce Willis ne capitano di ogni come solo in un copione hollywoodiano può accadere, proprio mentre scorrono i titoli di coda e tutti sono già in piedi per andarsene, ecco che sullo schermo viene ricordato il debito che Janet e David Webb Peoples (gli sceneggiatori) hanno contratto nei confronti di Chris Marker e del suo celeberrimo  La jetée*. È probabile però che in pochi si ricordino il nome di Chris Marker, a meno di non nutrire interessi specifici o di non essere stati tanto sfortunati da incappare in uno dei corsi di Comunicazione visiva tenuti dal sottoscritto.
Dalla serie Passangers, 2088-2010. © Chris Marker.
Bene, in ogni caso l'edizione 2011 dei Rencontres d'Arles, la quarantaduesima, ha dedicato una delle mostre più importanti proprio a una retrospettiva sul lavoro di questo poliedrico autore. Oltre trecento opere, realizzate tra il 1957 e il 2010, sono esposte infatti al Palais l'Archévêché, nella centralissima Place de la République. Entrando nelle sale espositive si è accolti da Coréennes , una serie di immagini realizzate nel 1957 in Corea del Nord da Marker, uno dei pochissimi giornalisti autorizzati a esplorare il paese. Lo spaccato che emerge dalle immagini è quello di una quotidianità scarsamente conosciuta all'occhio occidentale dell'epoca, all'interno della quale è a volte difficile intuire la durezza del regime. La straordinarietà delle immagini non consiste certo nel loro portato estetico, sostanzialmente mediocre a mio personale giudizio, quanto piuttosto nella difficoltà implicita nella realizzazione di un lavoro di questo tipo all'interno di un paese governato da una dittatura estremamente rigida, anche nei confronti dell'impiego delle immagini. Per certi versi può risultare divertente il fatto che questo lavoro riuscì in qualche modo a mettere d'accordo nell'unanime critica tanto la Corea del Nord quanto quella del Sud. Da una parte perché le immagini non contenevano il dovuto omaggio al dittatore Kim Il-Sung, dall'altra in quanto rappresentavano la realtà del Nord, condizione ritenuta già di per sé sufficiente a renderle censurabili. 
Dalla retrospettiva dedicata a Chris Marker
© Chris Marker.
Particolarmente ampia la sezione dedicata a Passengers, 2008-2010, sei pareti colme di fotografie riprese all'interno della metropolitana di Parigi il cui allestimento, tendenzialmente claustrofobico, riesce a richiamare, con modalità che sfuggono alla sfera razionale per affondare direttamente in quella emotiva, lo scorrere della vita all'interno e all'esterno dei vagoni. Come nella realtà di uno spostamento in metropolitana, stando all'interno della sala si è infatti circondati di volti sconosciuti, che ci sfilano di davanti e che non riusciamo a identificare se non per una precisa scelta in questo senso. Riecheggiando una frase di Cocteau, secondo il quale durante la notte le statue scappano dai musei per andare passeggiare nelle strade, Marker afferma di ritrovare talvolta nei volti dei passeggeri della metropolitana parigina i modelli dei grandi maestri della pittura. 

Dalla retrospettiva dedicata a Chris Marker
© Chris Marker.
Nascono così le serie After Dürer, Silent Movie e Les hommes creux in cui Marker affronta l'universo sensibile attraverso la  ricostruzione di un suo percepito all'interno del quale avvendono una sorta di rincasellamento dei codici visivi e una catalogazione dei volti in cui si esperisce e metabolizza, rideclinandola al presente la storia dell'arte occidentale con tutto il suo portato. Grazie anche al già citato allestimento la sensazione è quella di poter magicamente penetrare all'interno del solitario universo visivo e visionario dell'autore, con un effetto full immersion in cui si colgono le forti istanze interrogative nei confronti del valore del tempo. Proprio per questo se si visita la sala dove ha luogo la proiezione de La jetée dopo aver camminato tra i volti di Passengers, si riesce a cogliere ancor più forte del solito la grande domanda sul valore del tempo che sembra legare buona parte del lavoro di Marker.
Qui sotto come al solito ormai in questi veloci report da Arles, il video con le immagini della mostra.




* La jetée, è un cortometraggio di Chris Marker interamente realizzato, nel 1962, con immagini fotografiche in bianconero (e un brevissimo spezzone di girato cinematografico)Interamente realizzato in bianconero ha una  durata di circa 26 minuti. Di seguito i link alle tre parti in cui è possibile reperire il cortometraggio su Youtube: parte primaparte secondaparte terza. In tutto sono solo 26 minuti.  


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1 commento:

Soulmau ha detto...

Ho appena terminato di leggere "Sulla Fotografia - Realtà e immagine nella nostra società" di Susan Sontag del 1978, un libro molto interessante che fà il punto della fotografia in america negli anni '70 con una retrospettiva che si estende sino ai primi del novecento. Personalmente l'ho trovato molto formativo e lì vi ho trovato citato Crhis Marker e il suo "La jetée" oltre a tanti altri spunti di approfondimento. Mi permetto di consigliarlo a chiunque voglia sapere qualcosa in più sull' immagine per ciò che è stata e capirla meglio per ciò che è.


17 lugli