mercoledì 28 febbraio 2007

Aiutami a trovare qualcosa di buono

«Ciao Sandro, volevo fare una riflessione insieme a te. Ho visto su internet le foto vincitrici del WWP... ma è mai possibile che ci debbano essere per forza morti squartati, sventrati, mutilati, pazzi scatenati, sguardi orribili etc. etc. che attirano l'attenzione della giuria? O semplicemente sono (quelli della giuria) persone per strada che reagiscono sull'onda emozionale con le lacrime a questa o quella immagine ed assegnano i premi solo in virtù di chi li fa emozionare di più? Io non lo capisco proprio come funziona. E poi, mi domando a questo punto le foto come le mie hanno un futuro assicurato nel mio cassetto e quelle che ho in mente non verranno mai partorite se questi sono gli insegnamenti... ti prego aiutami a trovare qualcosa di buono in tutto ciò». Spero che l’amico Mario e i lettori mi perdoneranno se prendo spunto da una lettera ricevuta privatamente nei giorni scorsi, per rispondere pubblicamente sfiorando il problema dell’estetica della sofferenza. Non posso fare a meno di notare che il nove febbraio perfino il TG2 ha dato la notizia del conferimento del premio fotogiornalistico World Press Photo inserendola addirittura fra i testi informativi che scorrono sotto al mezzo busto del giornalista durante il telegiornale che accompagna le nostre cene. Probabile sia una mia carenza, ma è la prima volta che mi capita di veder assurgere una notizia del genere agli onori della cronaca. Beh, si può pensare in prima battuta, è una cosa positiva che un’informazione riguardante la fotografia assurga agli onori delle cronache. Infatti lo è, ma in assoluto qual è il prezzo per questa cassa di risonanza. Non voglio ipotizzare dietrologiche macchinazioni di non si sa bene quale potere, ma per entrare nelle logiche di produzione dell’industria televisiva in senso lato, si deve sempre più rispondere a certi criteri. In altre parole se la televisione accetta di parlare di fotogiornalismo, non sarà che quest’ultimo si sta conformando a criteri commerciali allontanandosi sempre più da quelli informativi? Se così fosse, credo che dovremmo fermarci a riflettere sul fatto che in questi casi quella che vediamo è vera sofferenza, i morti sono veri morti e non attori più o meno credibili che recitano il copione di un soporifero reality show più o meno indecente. Spero di sbagliarmi Mario, ma forse quel qualcosa di buono, che cerchi disperatamente, non c’è già più.

Sandro Iovine

n.179 - marzo 2007


69 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie Direttore per il nuovo spunto.
Mario e' giovane, penso; vede nella fotografia un mezzo espressivo, e da quanto si capisce ha gia' alcune idee , alcuni progetti espressivi su cui lavorare fotograficamente.
molto CINICAMENTE, vedo per lui e per gli altri come lui i seguenti scenari :
1) vuole sfondare nel campo della fotografia professionale, farsi un nome e guadagnarsi da vivere con la fotografia :
-soluzione : deve cavalcare ipocritamente la tigre, fotografare nella maniera piu' mediaticamente esaltante l'orrore, la guerra, la morte, soddisfacendo la fame di sensazioni forti che pervade il pubblico. contemporaneamente produca immagini da tenere nel cassetto, ma che siano oggi antesignane del prossimo mutamento del gusto collettivo. quando il pubblico e i media saranno stufi di orrori, lui sapra' anticipare l'oscillazione del gusto esibendo di colpo "le foto della svolta epocale". continuera' quindi ad essere ipocrita ma pronto a guadagnarsi da vivere.

2) vuole fotografare per se stesso, per esprimersi e per comunicare pensieri e sensazioni personali che vanno ben aldila' dell' orrore fine a se stesso.
- soluzione : si accontenti allora di fare piccole mostre nei circoli di quartiere, di inviarle alle riviste, di discuterne con chi ha un'affinita' di linguaggio espressivo, e si rassegni a fare il fotografo della domenica, o perlomeno si rassegni ad essere sempre considerato tale.
Propongo, per completezza dissertativa, una via di mezzo, ma non mediocre : se Mario e' forte di animo puo' tentare di imporre le sue vedute, di cambiare il mondo, di guidare il gusto almeno nell'ambito della sua cerchia personale e un poco o molto piu' in la'. Scelta che tutti noi gli auguriamo di fare, perche' condividiamo le sue perplessita' e vorremmo orientare il maledetto gusto epocale per contribuire ad educare all'immagine, o semplicemente per educare.
Se Mario e' giovane, deve credere a questa terza scelta, in fotografia e in tutte le altre cose della sua vita, in contrapposizione all' imperante atteggiamento disfattista, cinico ( piu' di me! ) , ineducato ( non maleducato! spesse volte ) dell'attuale societa'.
ecco, lo spunto proposto tira in ballo si' la fotografia, ma sopratutto la maniera di vedere della societa' moderna, , vedere per il guadagno, per l'ambizione, o per il potere ecc.
potremmo discutere quindi sulla moda dell'uso distorto dei cellulari-fotocamere, sulla audience dei reality shows ecc ecc.
non basteranno frasi lapidarie di commento, bisogna che ci ragioniamo su' per sviscerare tanti aspetti che ormai sfioriamo soltanto per assuefazione. ciao

Anonimo ha detto...

ma mi viene in mente un'altra considerazione sulle perplessita' del nostro Mario, ci rimugino da poco fa, avendo come raramente mi accade una giornata libera per divagare dalla solita routine.
Riconosciamo tutti come premessa al discorso che c'e' un gioco infinito e perverso tra offerta e richiesta : si propongono certe immagini perche' si dice e si crede, o si fa in modo che, il "pubblico" voglia proprio quelle immagini : eros sfrenato, sangue violenza ecc. Si producono reality shows che tutti condanniamo perche' falsi e addomesticati per darli in pasto a un pubblico che li divora e ne richiede sempre piu'.
Telenovelas e reality forse non li seguiamo noi che ci riteniamo intellettualmente liberi, non condizionabili dal costume inteso come scelta obbligata, pero' li seguono le nostri madri, le nostre mogli e fidanzate, la vicina di casa e la portiera, il collega d'ufficio e l'amico pantofolaio, a volte scopriamo che noi stessi ne sappiamo abbastanza perche' ne parla ormai il telegiornale in mezzo alle notizie "serie", non solo quello di emiliofede ma anche il tg5, che da quando non c'e' piu' Mentana e' diventato peggio di rai 1 di democristiana memoria.
Allora mi chiedo : puo' darsi che l'essere umano abbia oggi bisogno di reportage, non obbligatoriamente di guerra con il profluvio di sangue che ne deriva, ma di reportage sulla VIta, vita umana, relazioni, situazioni, stati d'animo, ricerca.... abbia cioe' il gusto di prospettarsi dimensioni virtuali in cui ognuno sta a vedere che succede, e poi ragiona facendo il paragone con la propria esistenza?
come quando si legge un libro?
e allora perche' quelle stesse mogli fidanzate amici e colleghi, che non conoscono una mazza di tecnica fotografica, di regole di composizione, di grana, di pixels, di fotosciop, si rifiutano sempre quando ci accompagnano a mostre fotografiche, di esprimere un loro parere? perche' rispondono invariabilmente alla richiesta di un parere : ah, io non capisco niente di fotografia, non posso giudicare! perche' contrappongono nel proprio immaginario le immagini fisse a quelle in movimento del film o del grande fratello?
perche' non riusciamo a spiegargli che vedere una serie di foto omogenee per tema, per intendimenti, per scelte compositive, e' come assistere ad un reportage compiuto dall'autore dentro se stesso, e dal lettore-fruitore di quelle stesse immagini dentro i propri ricordi-interessi-passioni? proprio come leggere un libro?
Come procedere per far comprendere a tanti che questa contrapposizione ormai non c'e' piu', siamo sommersi dalle immagini, senza rendercene conto, in casa per strada e sul lavoro, e la quantita' di immagini fisse e' superiore statisticamente a quelle in movimento elargite da cinema e tv, e dovremmo educarci all'immagine affinche' domani le nuove generazioni usino la fantasia come strumento di crescita invece di documentare stronzate con i telefonini.
Rifacendoci ai precedenti spunti del blog, sarebbe in fin dei conti compito delle mostre fotografiche attuare non una mera esibizione di portfolios piu' o meno premiati, bensi' la proposta di un tema, evidenziando le diverse maniere di affrontarlo da parte di autori diversi. ( e' un esempio che a caso propongo). Non la mostra delle ultime foto di oratore, o di vattelapesca, ma la proposta di una lettura in cui ogni fruitore-visitatore intraprenda un proprio reportage di esperienze, ritornando su certe immagini o su certi particolari delle stesse come si rilegge un capitolo di un libro che ci ha fatto pensare divertire ricordare...
Per tornare alla tv, forse approssimativamente la stessa idea che ha avuto Bonolis nella sua trasmissione, in cui mette un personaggio davanti uno schermo su cui si alternano immagini, e su cui il presentatore interroga e fa parlare-riflettere il personaggio ospite di turno.
quello che prima di darsi alla tv spazzatura faceva Sgarbi, mettendo a confronto dipinti e fotografie, in quanto immagini prodotte dall'uomo e come tali suscettibili di interpretazioni , di leture, di viaggi esistenziali.

Anonimo ha detto...

Condivido lo sfogo di Mario e su questo tema mi sono spesso interrogata. Dove si trova la linea sottile che divide il cosiddetto "diritto di cronaca" dal voyerismo splatter?
Io non lo so, ma so cosa voglio fare. Ho scelto la terza via, fra quelle proposte da oratore. Seguo la mia strada, provo a realizzare i progetti che mi interessano ma mi tengo ben alla larga dalla fotografia del dolore altrui, perchè non sono capace di gestirla emotivamente.
Io vado avanti così, con l'ottimismo di pensare che ci sia posto anche per una come me nel mare magnum degli aspiranti fotografi. Un bacio...Viv

Anonimo ha detto...

Oratore, ma tu chi diavolo sei?
Ho notato che hai una proprietà di linguaggio niente male, ma qui non siamo ad un corso di scrittura creativa quindi ti chiedo di essere più semplice nei tuoi commenti che tra l'altro non condivido. Ho come l'impressione che sai tutto di tutti e hai soluioni ad ogni genere di problema. Allora melo spieghi come fai a dire che questo Signor Mario sia giovane, che ha progetti espressivi e anche alcune idee? Ma come fai a dire che vuole sfondare nel campo della fotografia? Ma tu lo conosci di persona e fai finta qui, di non conoscerlo? Fammi capire?
A me sembra uno che magari con un po di giudizio abbia voluto dire che non serve che Pellegrin (come già evidenziato nel suo editoriale il Direttore Iovine) torni sul luogo dell'esplosione per fotografare un MORTO! e non serve che WPP lo premi! almeno io sono dello stesso avviso.
Mi sembra che il vecchio Robert Capa non abbia mai esibito la violenza esasperandola sebbene abbia fotografato cinque guerre o mi sbaglio? Oratore ti prego... non mi rispondere con una valanga di parole che per me sono incomprensibili. Come si dice dalle mie parti scrivi "terra-terra". E non credere che tu abbia il diritto di giudicare su tu tutti.
Saluti.

Anonimo ha detto...

aspetta che mi metto davanti allo specchio e mi interrogo e mi indago :
oratore chi sei?
chi sono?
occhi azzurri penetranti
sguardo magnetico
capelli lunghi biondocastani
fisico asciutto ( unmetroeottanta)
muscoli ben disegnati e guizzanti
fianchi snelli
incedere elegante
sempre raffinato ed elegantissimo anche con abiti acquistati al mercatino.
possiedo carisma ed emano un fascino irresistibile.
ascelle e piedi non mi puzzano mai
mani ed unghie curatissime
ricevo proposte sessuali incessantemnte, da maschi e femmine, figurati, ma quelle maschili non le tengo in considerazione pur rispettando gli omo.
ho successo nella vita e trascino le folle

so anche leggere
perche' non impari anche tu a leggere?

ma nel frattempo ti vengo incontro, d'ora in poi nei miei commenti inseriro' qualche "se sarebbi" o "se dovrei" per non metterti in imbarazzo, e la prossima foto che scattero' lo faro' pensando a te, ragionando al tuo livello, lasciando il tappo montato sull'obiettivo.
ciao beddu

:: haku :: ha detto...

... volevo scrivere quello che penso ma, chissà perché questo mi sembra meglio:

«I canali distributivi, i media, codificano il significato ultimo delle fotografie [aggiungerei... "delle immagini"]. Questa codifica si presenta come una lotta* fra l'apparato distributivo e il fotografo. Dissimulando questa lotta, la critica fotografica rende i media TOTALMENTE INVISIBILI al destinatario della fotografia. Alla luce della critica fotografica comune, le foto sono recepite in modo ACRITICO e possono di conseguenza programmare il destinatario ad assumere un comportamento» coincidente con quello previsto dai canali stessi.

* la lotta del fotografo:
«Sapendo che verranno pubblicate solo le foto che rientrano nel programma [quel modello a cui i media cercano di uni-formarci e di uniformare i nostri comportamenti e le nostre necessità], il fotografo tenterà di eludere la censura del giornale, introducendo nella sua immagine, clandestinamente e in modo discreto, elementi estetici politici e gnoseologici.»...
ma il peggio viene qui:
«Il giornale da parte sua, può benissimo rintracciare tali tentativi di raggiro e pubblicare comunque la foto, credendo di poter sfruttare gli elementi introdotti clandestinamente per arricchire il proprio programma.»

In realtà lo stesso autore fa notare che la lotta del fotografo è persino doppia, poiché egli deve dapprima già lottare contro il potere del proprio apparecchio, la fotocamera... prodotto ovviamente per contribuire al perseguimento dei programmi avviato dai canali/media per IN-formarci... che non significa distribuire informazioni innocue...

tratto da Vílem Flusser, Per una filosofia della fotografia, Bruno Mondadori Editori, 2006.

non vorrei apparire proprio stucchevole,
ma ne approfitto per ringraziare Sandro Iovine di non appartenere -con tutte le fastidiose e sconvenienti conseguenze del caso- alla «critica fotografica comune»...

Anonimo ha detto...

Volevo immediatamente entrare in medias res e dare un breve contributo alla conversazione, ma permettetemi (lo so...lo sto facendo anche senza consenso) di spezzare una lancia in difesa di oratore contro "anonimo". A parte che disconoscere il proprio nome rifiutandosi di firmarsi ed esordire con "Oratore, ma tu chi diavolo sei?" è un atto che apre a interessanti riflessioni psicologiche sulla tua urgenza di conoscenza... hai perso te stesso? ti conosci? ti riconosci? cerchi un nome, la mamma... Io non so quale sia il volto di Oratore (non so perchè ma diffido dell'autodescrizione da annuncio rosa), ma attraverso le sue parole emergono i riverberi di un'anima che è bello incontrare ogni tanto nella vita e capace di comunicare ed INSEGNARE. Molto simile a quanto accade quando leggo gli editoriali del Direttore... Tra l'altro credo fortemente nel valore e nella forza evocativa della Parola e non non penso che un termine possa essere sostituito ex abrupto dai suoi sinonimi senza perdere un pò di se e del significato che con se porta. La scelta della Parola è importante e racconta un'idea in modo unico e irripetibile. Le parole che Oratore sceglie e le costruzioni sintattiche in cui le inserisce cercano nuove vie, ci strappano dal linguaggio comodo e confortevole che sappiamo codificare quasi senza pensare e esulano dal conformisco accogliente di facili discorsi sempre uguali a se stessi, ci inviato a riflettere, per lo meno per cercare di comprendere cosa voglia dire e nessuno dica che questo non ha anche a che vedere con le immagini... quindi due consigli: Oratore non raccogliere l'invito a parlare "terra-terra" agli altri, beh esistono i dizionari e siamo sicuri che darci la possibilità di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo farà male alla nostra vita? le parole sono uno dei modi in cui raccontiamo e decodifichiamo il mondo, tra l'altro qui è gratis...
Claudia

Anonimo ha detto...

...ehm... sono sempre io, e prima di venire censurata dal grande Inquisitore del Blog, voglio riportare, senza commentarla, una notizia di attualità di cui i "media" discutono in questi giorni. In inghilterra prima ed in Spagna poi hanno ritirato dai cartelloni una pubblicità di una famosa coppia di stilisti nostrani, per rispetto della loro privacy e come atto di cortesia e suprema discrezione ne citerò solo le iniziali D&G e no, non pronuncerò i loro nomi maceratevi nella curiosità. Dunque la foto non è un'immagine di guerra, non ci sono profluvi di sangue ma racconta di un uomo muscoloso e prestante (Oratore?) che tiene bloccata a terra una splendida fanciulla(se c'è un dio è almeno stupida) riluttante alle avences, la sovrasta per postura e forza, la scena è osservata da altri baldi maschietti più o meno vestiti che circondano la coppia con sguardo indifferente e indolente. Bene in Parlamento tra una crisi e l'altra si sta discutendo se censurarla o meno anche in Italia. I due autori/stilisti/artisti hanno risposto che quella foto è un'espressione artistica (?!) che una società capace di censurarla dovrebbe coerentemente chiudere le porte di musei, gallerie e mostre (no, non si riferivano a quelle sul fotogiornalismo italiano male allestite...). Probabilmente tutta questa storia si risolverà in una grande campagna pubblicitaria per i nostri, ma per chi osserva la storia delle immagini forse può essere ulteriore motivo di riflessione...

Viviana ha detto...

Volevo solo ricordare una frase del mio amato Nanni Moretti sull'importanza della Parola, in riferimento a quanto detto da Claudia... CHI PARLA MALE, PENSA MALE E VIVE MALE!
Detto ciò, il dono della sintesi rende più efficace l'espressione delle idee, salvo poi essere sistematicamente fraintesi.

Anonimo ha detto...

Vedo e rilancio Viviana... e prometto di non aggiungere altro di mio sull'argomento. E' vero che la sintesi è un dono, capace di tramutarsi in arma se male utilizzata e citando con Kant l'abate Terrasson: "Se si misura la lunghezza del libro non dal numero delle pagine, ma dal tempo che è necessario ad intenderlo, di parecchi libri si potrebbe dire che sarebbero molto più brevi, se non fossero così brevi..."

Anonimo non devo spiegarlo vero?

Anonimo ha detto...

Anonimo... giuro ci ho provato... Dio solo sa se ci ho provato... ma più volte leggo il tuo intervento più mi girano... ma cosa vuol dire il tuo post??? no, davvero, rileggi per bene ciò che hai scritto e poi riflettici un minuto... Posso anche non apprezzare il tono degli interventi (cosa che tra l'altro non è) e il suo aulico modo di esprimersi o la sua prolissità ma non mi sembra, proprio come tu scrivi, che questo sia un circolo di scritttura allora se hai qualcosa da dire sul contenuto degli interventi bene... mi sembra che qua siano tutti benvenuti e che ognuno abbia potuto esprimere il proprio pensiero... se no lascia pure spazio a chi ha davvero voglia di mettersi in gioco...

BigG

Anonimo ha detto...

Big G .. l'hai pure riletto più di una volta ??? che pazzienza che hai :D

Quello che ha scritto Eugenio alias Oratore alias se stesso ... (altri alias non aggiungo per mantenere un apparente decoro al blog :D) ha fatto dal mio punto di vista un'apprezzabile panoramica modello Horizon sul mondo della Fotografia per lo meno in Italia.
Nella mia piccolissima esperienza, senza andare al WWP, posso testimoniare che nelle ormai maggiori manifestazioni fotografiche (le famose letture Portfolio) ci sono come "esaminatori" o "critici" o alias Mister X schiere di PhotoEditor di riviste più o meno famose che non valutano i lavori in base allo spirito a cui dovrebbe far capo determinate manifestazioni (l'AMORE per l'arte o il linguaggio fotografico) ma in base alle regole di mercato .. funziona o non funzione su un giornale, rivista, periodico .. pezzo giornalistico ... già, ormai è solo un contorno da usare.
Un'altro punto è il fotogiornalismo o il reportage che ormai, e lo si sa da molto, "gioca" sull'emozione del dolore o su quelle temetiche che orami consolidano un "successo" annunciato.

il senzanome

Anonimo ha detto...

Claudia, dammi la tua opinione : e' la mia mente contorta e cinica a farmelo pensare, oppure dietro l'interrogazione parlamentare sulla censurabilita' di quel manifesto di d&g e' lecito anche solo sospettare che ci possa essere una macchinazione ad hoc per ottenere piu' pubblicita'? non sarebbe la prima volta.
Come si suol dire, parlane male ma parlane.
Ci rendiamo conto che sulle pagine dei giornali rosa che si sfogliano dal barbiere o nella saladaspetto del dentista non si leggono mai pettegolezzi su certi personaggi? non ho mai saputo di una love story di Renato Zero, o di Battisti, sicuramente perche' certa gente a priori rifiuta l'idea di farsi pubblicita' ad ogni costo, se non solo con il loro lavoro.
D'altro canto, allargando il discorso, come si legge in qualsiasi opuscolo di storia di fotografia, il primo esempio di reportage di guerra risale alla meta' dell'800, durante la guerra di Crimea, allorche' una squadra di fotografi inglesi fu incaricata dalla Corona inglese di re-portare una documentazione sulle condizioni dei soldati inglesi al fronte, per rassicurare le mamme e le spose. Tornarono indietro non foto di feriti e di salme, ma pacifiche scenette di consigli di guerra attorno alle teiere ecc. La mistificazione e' insita nel mezzo, come medium, sta a noi usare il mezzo in buonafede e non farci plagiare.
ps: claudia, poco fa sono tornato dal lavoro, dopo la santa dose di bile, crisi ipertensive e incazzamenti vari, causati dagli utenti che se ne fregano del carisma e pensano solo a come denunziarci meglio per far soldi, e guardandomi bene nello specchio dell'ascensore ho notato su di me una panza che mi ha fatto decidere a cominciare subito una dieta drastica. Adesso batto sulla tastiera con tutte le dita e non con il solo indice, per fare anche un po' di moto.
baciolemani.

Anonimo ha detto...

Lo scenario è ancora più fosco di quanto tu lo descriva, perchè qualcuno sceglie questi critici/lettori/giudici impreparati e li invita sia a manifestazioni importanti sia in piccole realtà dove sono poche le occasioni per mostrare i propri lavori. Capita di trovarsi di fronte improvvisati pseudo-esperti che magari pochi anni o mesi prima erano alla stessa lettura,a ma con le loro foto da mostrare che dopo un "corso avanzato" o per amicizia con qualche organizzatore si dicono pronti ed esprimere giudizi e distribuire consigli. Credo che le persone in grado di pronunciare parole sensate davanti ad una sequenza di immagini siano davvero poche e poichè la competenza e la schiettezza del giudizio restano le uniche vie, nè brevi nè semplici, per migliorare non solo le foto, ma anche noi stessi e la nostra capacità di comunicare fatti ed emozioni dovremmo avere il coraggio di selezionare i posti in cui mostrare ciò che facciamo, scegliamo le manifestazioni in cui compaiono nomi di cui esista una biografia che abbia a che vedere con la FOTOGRAFIA e non con la vendita e l'acquisto di tante pellicole. Forse così rischieremo di sentirci dire che non siamo i nuovi Bresson e Frank, di sentirci dire che su 10 foto se ne salva solo una con il beneficio del dubbio e che da lì dobbiamo ripartire, ma lo direbbe chi siamo certi di lavori ne abbia visti tanti e non ci liquidi con complimenti facili che gratificano e nutrono solo il nostro narcisismo. Poichè oggi mi sento prodiga di "arroganti" consigli (vi sentite fortunati?) vi invito a inseguire e partecipare ad una lettura portfoli tenuta da Iovine, se l'esperienza vi manca inseguitelo e manifestatevi foto muniti dietro al suo tavolino... poi ne riparliamo di cosa è una lettura portfoli.

Anonimo ha detto...

Velina: il mio ultimo post era per senzanome.

Oratore, penso anche io che sia una trovata pubblicitaria, eppure che tristezza. Le immagini arrivano e sono stilettate, come ho letto di recente non sono mai "neutre le immagini, possono essere efficaci, positive, originali..." O pericolose aggiungo io.

Anonimo ha detto...

Direttore, ma almeno arrossisca! Mi vuole fare concorrenza? Col suo fisico asciutto , secco come un chiodo, tutto muscoli guizzanti e sguardi languidi, mi distribuisce prodigamente e carismaticamente avveduti giudizi alle letture portfolios?
ebbravo
ma allora non era Lei quello che mi e' sembrato di riconoscere sulla rete nel reportage di un certo evento in quel di terronia... quello era rotondetto...
shomeni rei

sandroiovine ha detto...

Se non temessi di poter essere preso sul serio Oratore ti risponderei che non posso farti concorrenza, perché se il tuo corpo è tutto un guizzare di nerboruti fasci muscolari, io ho da tempo superato la dimensione fisica grazie ad anni di ascesi fotografica e meditazione redazionale. Il che giustifica anche l'impossibilità materiale di arrossire di fronte alle ostentate istigazioni al suicidio a mezzo lettura portfolio con la mia entità protagonista della lettura stessa. Colgo per altro l'occasione per rammentare a claudia m che l'istigazione al suicidio, nonostante in molti casi auspicabile, non risulta ancora essere stata derubricata dal Codice Penale e figura tuttora tra i reati perseguibili nel nostro paese. Regolati…
Credo che a questo punto possiamo ritenerci tutti soddisfatti della ricreazione a base di battute divertenti e lazzi di livello medio-alto. Non vorrei apparire inadeguato, ma per certi versi (e nonostante sia stato il primo a divertirmi, e come vedete, a partecipare) quanto detto mi pare abbastanza italicamente sintomatico dell’incapacità di discutere intorno ai possibili stimoli forniti dal mio post o dalla sua lettura da parte di Oratore. Come spesso accade in luoghi ben più importanti siamo scivolati sulle polemiche personali perdendo completamente di vista l'argomento di partenza. Non giudico e non dico che ci sia niente di male, ma mi sembra ingiusto lamentarsi poi di una situazione generale se poi ci facciamo prendere così facilmente la mano da discussioni più simili a ripicche verbali che a tentativi di analisi. Il che nulla toglie al fatto che sia ugualmente stato tutto molto divertente. Ma proviamo ad andare oltre la personale facondia letteraria e proviamo ad analizzare i concetti che alcuni hanno espresso relativamente a questo o altri post, occupandoci di contenuti e non di forma se possibile. Concludo salutando Oratore per ricordargli che, per via della già citata questione della mia ormai raggiunta immaterialità non può avermi visto durante qualche servizio sul DigiPrintComm Expo di Taormina, perché essendo ormai puro spirito non sono visibile all'occhio umano e tanto meno a quello di telecamere o macchine fotografiche.
Adeguandomi bacio anch'io le mani a tutti.

Anonimo ha detto...

Però guardate che a volte a parlare terraterra si riesce involontariamente, come lo scatto rubato al volo, ad essere estremamente sintetici. Per cui vi invito ad associare alla seguente frase una foto di un qualche autore famoso/fumoso:
"scendi il cane che lo piscio"
Oratore-anonimo-haku-claudia-viviana-bigg
tiè!

Anonimo ha detto...

ragazzi, e' stato un piacere, sul serio, mi sono rimaste vive nella mente parecchie frasi da voi scritte, sulla fotografia, che si capiva e si capisce non scopiazzate ma sentite. Mi piace constatare che ci sono persone come voi cosi' aperte e volenterose di crescere, sopratutto rispettose del tentativo disinteressato da parte di S.Iovine di promuovere educazione e cultura dell'immagine.
Mi e' piaciuto partecipare, vi ringrazio per avermi fatto respirare aria giovane, ora ritorno nel mio bozzolo e vi saluto, perche' le volgarita' le vedo ogni giorno attorno a me e mi bastano quelle.
auguri a tutti.

Anonimo ha detto...

rimani tra noi oratore, è importante tu rimanga.
dare importanza a certe voci... è... dar loro dignità.
e qui, con gli obiettivi che ci stiamo proponendo, possiamo scegliere di non attribuire dignità alla volgarità per rispetto a noi stessi, a chi ci ospita.

Anonimo ha detto...

Ehm... scusate! Sono l'anonimo che ha esordito così tanto bruscamente con il benemerito Oratore. Bene la mia osservazione (giusto per chiarirmi con tutti i frequentatori di codesto blog) non voleva assumere l'aria di una polemica personale con il Sig. Eugenio, se così è parso desidero chiederne pubblicamente scusa. Ma rimane il fatto che secondo me, Oratore, non puoi metterti su un piedistallo e prevedere scenari, dare giudizi e peggio ancora consigli non credo che nessuno sia in grado di farlo. Tanto è vero che il nostro direttore Iovine alla mail mi pare che commenti con il suo personale punto di vista.

Saluto tutti.

sandroiovine ha detto...

Solo due osservazioni dopo il ritorno di anonimo nella discussione. La prima è che il protrarsi dell’anonimato m’impone di rispondere pubblicamente invece che privatamene come avrei preferito non trovando particolarmente pertinente rispetto al blog l’intera discussione. La seconda è che non riesco a trovare agganci logici per condividere la lettura delle parole di oratore da parte di anonimo. Non mi pare ci siano giudizi e tanto meno negativi nel primo intervento, semmai una punta di mesto paternalismo frutto di esperienze che vengono, ahimé, con il sopraggiungere di un’età matura. L’analisi della situazione fatta da oratore mi pare onesta e radicata nella realtà e non riesco a trovarvi alcuna forma di giudizio negativo nei confronti di nessuno. Sinceramente non capisco il livore della reazione iniziale le cui parole si potrebbero tranquillamente ritorcere in toto contro anonimo visto il suo esordio che non definirei tra i più concilianti che mi sia capitato di leggere. Mi auguro che nessuno si senta in dovere di allontanarsi dalla discussione che evidentemente vive dell’apporto di tutti noi anche quando il livello dell’umorismo scende in modo gratuito da un livello di garbo a quella di una palliata plautina assai mal interpretata.
Apprezzo comunque il rientro nel dibattito dell’anonimo promotore di tanto dire, pur non condividendone le ragioni, e allo stesso tempo mi auguro che oratore ritorni al più presto, pur condividendo il suo disagio di fronte a volgarità gratuite contrabbandate (... spero) per umorismo.

Anonimo ha detto...

Per anonimo però: La bocca esprime le pienezze del cuore - Lc6,43-45

Direttore scusa se ho divagato sul tema, non lo farò più.

Per gli altri utenti: mentre facevo la mia promessa a Iovine tenevo le dita incrociate dietro la schiena, se qualcuno farà la spia io lo saprò.

Cmq prima di farmi distrarre dall'apologia del Verbo. Avrei voluto riprendere il primo intervento di Haku, non ho letto Flusser, ma a questo almeno posso porre presto rimedio, trovo affascinante la sua analisi sulla lotta del fotografo da una parte contro le imposizioni dei media e dall'altra contro lo strumento. E mi domando se possiamo parlare di ancora di lotta o non piuttosto di una diffusa resa incondizionata.
Il fotografo sa cosa deve produrre per essere pubblicato, il che va benissimo quando deve presentare un lavoro per la pubblicità dell'ultimo modello di calzature sportive, ma quali sono i rischi quando anche il WPP diventa "committenza" e non indica solo a quale categoria deve partecipare un'immagine, ma anche che immagine deve essere, cosa deve raccontare e dalla parte di chi deve farlo. Solo il fotografo può opporsi a questo stato di cose ed "eludere la censura del giornale, introducendo nella sua immagine, clandestinamente e in modo discreto, elementi estetici politici e gnoseologici" è già un compromesso con se stesso, è già una resa. Consegnare l'opera del suo ingegno a chi la piegherà ad altro è di per sè aberrante, se poi perde anche la sua lotta con il Mezzo e la macchine fotografica è messa al centro del suo interesse la creazione diventa davvero una vuota riproduzione, tanto più pericolosa se ben realizzazta, poichè manipolabile.
Insomma Mario forse la domanda da porsi è fino a quanto siamo disposti a rinunciare alla nostra libertà di uomini nello sguardo che rivolgiamo al mondo.

Anonimo ha detto...

Claudia in riferimento alla tua risposta volevo dirti che concordo pienamente, infatti la mia era un'analisi dettata su un mio vissuto a cui io per primo mi sono schifato. Per quanto riguarda l'istigazione al "suicidio" preferirei aspettare il momento giusto, essendo ora in un periodo psicolabile .. rischierei l'ultimo neurone :-) ... e poi Iovine si diverte già di suo a combattere con calendari di "conigliette", fotografi pseudo professionisti, orizzonti storti, foto "belle" o "brutte" eccecc ... ehehehe:D

Per quanto concerne invece il tuo ultimo intervento, dove anche qui mi trovo in pieno accordo con la tua analisi, mi domandoe vi domando ... ma è così difficile creare un "terzo mercato" ???

il senzanome

:: haku :: ha detto...

@Claudia...
«E mi domando se possiamo parlare di ancora di lotta o non piuttosto di una diffusa resa incondizionata.»
credo dipenda esattamente da noi, non solo dai fotografi riconosciuti come tali. e se possiamo credere alla potenza di un elettrone carico, o all'influsso del Verbo, possiamo anche credere alla particella di riflessione che introduciamo qui, dis-velando la struttura che falsifica la comunicazione contemporanea, acquisendo noi così lucidità per opporci ad essa lentamente e sistematicamente, cominciando da un blog come questo ad esempio. :)

se cominciamo a non crederci,
non aggiungiamo energia al moto dell'elettrone...

e

«... è già un compromesso con se stesso, è già una resa.»
è faticoso arrivare ad accettarlo, anche per me, ma credo che:
il compromesso non sia una resa.
e sia uno strumento.
e so che pare un'eresia, mentre è una porta che si apre su uno scenario di disincanto.
il compromesso costringe al PROGETTO, spesso.
per questo è molto complesso da gestire.
ma è la via, credo, ora e qui e in questo mondo.

e la difficoltà mi pare proprio nell'accettare il disincanto e insieme non sterilizzare la propria visione.

progettare la lotta è duro e complesso,
progettare la sfida a chi cerca la manipolazione, fa sentire orribili quanto i manipolatori, ma...
ma è indispensabile conoscere i meccanismi della manipolazione per riuscire almeno ad intuirla quando incombe.

riuscire a introdurre nelle immagini elementi subliminali utili alla lotta contro la manipolazione è una conquista, non una resa. è una straordinaria conquista.
e il sistema di manipolazione che cercherà di sfruttare anche questo elemento diverrà più vulnerabile e scoperto.

la conclusione di Flusser è che sia proprio necessario guardare fisso in faccia il potere programmante dei media e degli apparecchi su di noi, accettarlo e provare ad utilizzare entrambi anziché esserne in balìa.
questo richiede, credo, una specie di arrovesciamento della coscienza e dello sguardo, una specie di eclissi temporanea da cui recuperare una luce altra, una buia sconfortante confusione da attraversare per riordinare la nostra visione con criteri che finalmente possiamo provare a costruirci noi, utilizzando gli strumenti che il sistema stesso ci mette a disposizione.
è difficile... ma noi qui vogliamo sia possibile.
e cominciare a costruire quel "qualcosa di buono" che cerca Mario... che non è solo.


... scusate la lunghezza del post... chiedo scusa a tutti...

Anonimo ha detto...

Ripeto non conosco Flusser, ma temo alcuni aspetti del discorso, non voglio ergermi a paladina dell'integrità etica e rifiutare a priori l'idea dei compromessi, utili per raggiungere accordi e accorciare le distanze, ma rischiosi quando coinvolgono gli aspetti più intimi della vita umana, soprattutto perchè è opportuno capire fin dove spingersi senza diventare complici del sistema. Dunque V.F. ci suggerisce di aggredire il "nemico" dall'interno e approfittare dei suoi strumenti, farli nostri utilizzandoli per sovvertire il sistema stesso. Affascinante e triste, perché la risposta che stiamo dando a Mario è: metti da parte quello che ameresti fare, guarda quali sono i prodotti che l’industria culturale propone e promuove, piegati alla riproducibilità stereotipata che annienta le capacità creative della ragione, ma nascondici il tuo "particulare" in modo che non sia immediatamente codificato, sii anche tu un mistificatore per le masse che accoglieranno il tuo messaggio, la tua giustificazione sta nel tuo stesso proposito: hai sì barattato il rigore argomentativo e l’amore incondizionato per il vero esercitando una forza di seduzione tanto cara al pubblico inerme, ma lo fai per risvegliarlo da un altro torpore…e se poi ti trasformi tu in nuovo “dittatore”? Forse è l’unico modo per opporsi al reale stato di cose, ma non deve per forza piacermi vero? Questo blog è un luogo privilegiato dove ci si confronta e pur a distanza è possibile comunicare, ma i media sono straordinari centri di emissioni di messaggi che si rivolgono a milioni di riceventi che assorbono e non hanno la possibilità di rispondere, di elaborare, di pensare per dirla con Adorno (scusate la citazione non corretta, la mia memoria non mi aiuta): “E’ questa una condizione di alienazione in cui l’uomo massa vive e si conserva, senza per altro averne l’esatta percezione”, una condizione in cui la comunicazione non è possibile.

:: haku :: ha detto...

credo tu abbia ragione, Claudia,
credo Adorno avesse e abbia ragione, tanto da far intirizzire dai brividi.
e non posso comunicarti qui, con questo mezzo esiguo e senza sangue (ma soprattutto senza occhi per riconoscersi) quanto senta sulla mia pelle questa affermazione che riporti e che mi piace leggere.
forse vedo un potere non affrontabile di petto con le forze del singolo. vedo che la purezza viene infranta e schiantata.
ho finito per credere che la purezza per essere preservata abbia bisogno di una mediazione sottile.
e questo rende ancora più complesso perseguire il nostro desiderio.
la lucidità che ci viene chiesta pare spesso superiore alle nostre forze...
credo sia maledettamente vero quello che affermi, Claudia: la pericolosità dell'utilizzo dei mezzi con cui veniamo pilotati, l'alto rischio di seduzione.
credo sia difficilissimo non essere sedotti dalle ambiguità del sistema.
e credo che il nostro rigore dovrebbe applicarsi a questo, più che a prese di posizione quasi utopistiche, che non permettono oggi, temo, di sopravvivere.

e credo che il buono che non c'è,
abbiamo quasi il dovere di inventarcelo seminandone almeno il desiderio e che dobbiamo coltivarlo con una pertinacia che ci consumi. perché senza questa forse non abbiamo nemmeno il diritto di dire che il buono non esiste.
grazie di questo scambio, Claudia.
p.s.
anche avrei voluto chiedere molte cose a Flusser...

:: haku :: ha detto...

è tutto troppo astratto forse.
tenterei un esempio, chiedendo a Sandro Iovine di interevenire come crede se lo riterrà scorretto.

questi editoriali a me paiono un esempio
di come collocare un elemento forte ma sottile, in posizione discreta, all'interno di uno strumento di comunicazione, che forzatamente non può essere lo specchio esatto del rigore di chi questi articoli amaramente stende.

qui personalmente vedo la chiave per decodificare ed incrinare il sistema indebolendolo, proprio utilizzandone gli strumenti e i linguaggi, ma senza farsene corrompere.

Anonimo ha detto...

Haku, sono d'accordo questi editoriali e gli spunti che sollevano sono segno e parte della terza via a cui accennava "senzanome". E aggiungo che la forza non sta tanto nell'utilizzo degli strumenti dei sistemi dei "media", ma nel recupero originario del linguaggio della "CRITICA" fotografia, in senso quasi kantiano. Il tentativo di realizzare una nuova rivoluzione copernicana. Lo so che siamo pochi, uno sparuto gruppo di persone che però almeno cerca un'alternativa. La sfida può sembrare spaventosa, ma possiamo fare la differenza, in fondo la nostra statura come essere umani sta nella capacità che abbiamo di saperci mettere in discussione e imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. Non preoccupiamoci di diffondere una nuova novella, accontentiamoci di instillare il dubbio, in fondo Copernico e Galileo l'hanno spuntata e avevano contro tutto l'ordine costituito.

Viviana ha detto...

Veramente Galileo ha dovuto abiurare per scampare al carcere a vita... tuttavia concordo sul metodo suggerito da Claudia e cerco di applicarlo nel mio piccolo.
Io non credo di poter fare la differenza e non cerco di rivoluzionare il sistema dei media. Mi rendo conto, almeno spero, che la maggior parte delle notizie e delle immagini che mi piovono addosso sono usate in modo strumentale, ma nel momento in cui io lo percepisco sto già combattendo l'alienazione.
Il motivo per cui partecipo a questo blog è perchè offre spunti di riflessione molto interessanti e il confronto con tutti voi è una occasione di crescita personale. Non penso che cambieremo il sistema ma di sicuro amplieremo i nostri punti di vista. Grazie

Anonimo ha detto...

Beh uno dei nodi fondamentali della questione è che con te Viviana, con Haku, con Oratore (dove sei????) e qualcun altro il "sistema" ha perso e so bene che Galileo ha abiurato, ma il suo discorso intorno ai due massimi sistemi è ancora in libreria ad urlare la verità, ci sono voluti quattrocento anni perchè i suoi inquisitori facessero un passo indietro, ma questo non rende meno vero il suo metodo, in fondo a Bruno è andata anche peggio. Ma la loro eredità rifulge ed erano una minoranza anche rispetto a noi. Basta una crepa a volte per distruggere una grande opera, credo che questo luogo possa essere una crepa, una soglia verso un altro luogo. Lo confesso ho una gran fiducia nell'Uomo, ingenua e illusa? non c'è dubbio. Insomma qualcuno che si interroga su quanto ci mettono davanti agli occhi tutti i giorni c'è, basta saper ascoltarne la voce. Penso a Iovine (adesso rientro subito in argomento altrimenti mi sospende dal blog lo so, quello è cattivo...) e penso anche a Paul Krugman, (famoso?!) editorialista del NYT. In un suo pezzo dal titolo In medias res (confesso, giocato anche io sul termine latino nel mio primo intervento attribuendogli un doppio significato prendendo spunto proprio da luida lui)P.K. denuncia la situazione americana domandandosi retoricamente se gli interessi economici dei media possano minare alla base l'oggettività dell'informazione. E racconta come il sistema di comunicazione Usa sia stato miseramente distrutto e violentato negli ultimi anni, per cedere il posto al pensiero unico veicolato dalle 5 major attualmente dominanti...

sandroiovine ha detto...

I rapporti che condizionano in modo esplicito o sotterraneo le scelte dell'informazione subordinandole a seconda dei casi al potere economico o politico, quando non ad entrambi coincidenti, credo siano stati freddamente analizzati da Francesco Zizola in un'intervista che ho avuto il piacere e l'onore di fargli un po' più di un paio di anni fa. Visto l'andamento della discussione ve ne propongo la lettura, o rilettura, alla luce delle considerazioni fatte negli ultimi interventi.

Anonimo ha detto...

Penso abbiate letto l'intervista : era quella cui mi riferivo in un recente post sul caso Pellegrin.
Proprio essendo sicuro che l'abbiate letta o riletta tutti, dopo essere stato un po' nel mio cantuccio a vedere come si metteva la situazione, e notando che la discussione e' ricca di originali e interessanti apporti, sento la necessita' di chiedere una cosa : chi e’ il piu’ cinico : sono io oratore, e' Zizola, o il Direttore che gia’ nell’editoriale aveva spiattellato all’incantato fantomatico Mario : tutto il bene che cerchi se ne e’ gia’ andato .
E’ la realta’ dei fatti, c’e’ poco da fare, quindi spalle al muro e occhio alla strada.
Perche’ non e’ solo l’informazione a manipolare le immagini, o le multinazionali a ricorrere sistematicamente al plagio a fini di lucro e potere. Il fatto e’ che non si pratica nelle scuole educazione all’immagine - o meglio educazione allo sguardo e alla visione. L’immagine mal raccontata, proditoriamente trasmessa, mitizzata fino a diventare totem, svilisce, nella coscienza prima e poi nel costume, quella capacita’ critica che come esseri razionali abbiamo tutti.
Rivediamo piu’ volte al rallenty o moviola l’azione sportiva, per capire una volta per tutte se l’arbitro aveva visto bene o no: ottenuto il fotogramma che assolve o incrimina, siamo soddisfatti di avere trovato la Verita’. Non lo stesso succede nell’interpretazione delle fotografie, immagini fisse, perche’ la massa non sa che il linguaggio fotografico (scelta del punto di ripresa,focale della lente, tempo di posa ecc) condiziona il significato apparente. L’uomo della strada non conosce la differenza tra connotazione e denotazione, tra documento e monumento, e non e’ una colpa, per carita’, ma le conseguenze sono quelle di cui ci lagnamo.
Pero’ l’uomo della strada sa bene che se si presenta ad un incontro di lavoro in abiti casual, in gins e senza cravatta, pur essendo plurilaureato e piu’ preparato di tantissimi altri colleghi, sicuramente non sara’ scelto dal direttore o capufficio per una mansione piu’ importante e meglio retribuita. Cosi’ il coglione iincapace e pericoloso, ignorante e di conseguenza borioso, ma in ogni caso piu’ appariscente, fara’ carriera. Questo e’ cosi’ da sempre.
Voglio dire che se le giurie o i “lettoridiportfoli” o i neocritici esaltano le foto orrorifiche, quelle di reportage introspettivo, quelle di reportage sociale che indaga sulla mafiosita’ innata dei Siciliani, o sul razzismo dei Settentrionali, una cosa certa e’ che non bisogna andare da questa gente per capire cosa sia la Fotografia. So che lo sapete .
In certi ambienti acculturati fotograficamente di Palermo, c’e’ chi fotografa solo facce, visi umani, se tu non fai questo tipo di foto sei e resterai un dilettante che fa cartoline illustrate. Sono loro, pedanti acculturati, che producono falsa cultura.
Un esempio di fotografia aberrante , a mio avviso , e’ quello della pubblicita’ Benetton. Schiaffare su cartelloni enormi le donne siciliane ammantate di nero che piangono il morto ammazzato immerso in una pozza di sangue – i clandestini ammucchiati pronti a sbarcare – il malato di sida agli ultimi rantoli – o 4-5 profilattici srotolati e belli colorati – equivale solo a dare uno schiaffo all’automobilista che passa, farlo incuriosire e fargli ricordare il marchio reclamizzato: da gettare nel cesso tutti i discorsi di OlivieroToscani sulla funzione della fotografia che svela i drammi….buttarli con lui e poi tirare la catena ( che per farmi capire da tutti e’ lo sciacquone).
Ma…ci sentiamo di andare a raccontare queste cose sagge alla nostra portiera? All’edicolante? Allo scopino? Al vigile urbano? A nostra zia, ai cuginetti, ai nostri prof. di liceo o di universita’? al magnifico rettore, al provveditore agli studi?
Di contro… se avete capito qualche cosa di voi stessi e della fotografia come espressione e comunicazione, ricordate che incontrerete sempre qualcuno che vi dira’ : che te ne frega di educare le masse, pensa per te che hai capito e basta. Vedo invece che molti di voi hanno a cuore sinceramente il cambiamento della societa’, e mi piace.
Per tornare alla fotografia e lasciando la sociologia : penso che il fotogiornalismo in fin dei conti non debba essere a tutti i costi LA FOTOGRAFIA fatta Verbo, in sembianze di sali d’argento o pixels. E’ solo uno dei tanti stili che un fotografo ha a disposizione per cercare le sue verita’.
Esistono tanti altri tipi di fotografia, tanti quanti sono i modi congeniali a ciascuno per esprimersi.
Esprimersi; quanto a comunicare, beh, e’ difficile che un tipo di fotografia che non sia fatta di tramontini-campidigirasoli-gondoledivenezia possa essere esplicata alle masse.
Se qualche spunto vi sembra interessante, datemi e datevi qualche risposta.
ps : haku, ti dovevo una risposta sulle pola e te la ho scritta altrove sul blog. os

Anonimo ha detto...

Però mi spiace che per la mia sciocca battuta,(si Direttore voleva essere “umorismo”, ognuno ha il suo e non sempre piace a tutti) si sia scomodato il Verbo che ritengo degno di un utilizzo più alto. Da claudia m, vista la qualità dei suoi scritti mi sarei aspettato qualcosa di più personale e non una citazione di una autorevolezza senza paragoni. Magari una citazione più bassa, chessò di wilde, più consona al mio infimo livello.
Mi spiace anche che oratore si sia allontanato. Però poi è tornato, meno male.

Riguardo a Mario, alle sue ugge e al vs sconforto per il mondo della fotografia. Benvenuti nel mondo reale. A me sembra però che nella fotografia sia ancora in corso una evoluzione, una crescita che porta a differenziare sempre più stili e generi anche all’interno del fotogiornalismo, del reportage. La committenza non è unica, non è un monoblocco per cui si pubblicano solo foto sanguinolente. Sarò banale ma non mi sembra che sul nescional geografic siano mai state pubblicate foto “sanguinolente”, lo stesso per l’europeo e tante altre riviste.
Il wpp. E’ un premio, non “il” premio. Quanti altri ce ne sono di premi per il mondo? Il pulitzer? Esiste ancora ? Non può essere che il wpp rappresenti solo una categoria, anzi una sottocategoria, della comunicazione visiva? Si è vero, ha una audience notevole. Ne parlano giornali e televisioni che forse fanno parte loro stessi della giuria e del commercio poi delle foto.
Mi sembra un qualcosa tipo i premi eisa (ne sai qualcosa direttore?): i direttori delle riviste (di “alcune” riviste) di fotografia si riuniscono per dare un premio alle ditte produttrici di materiale fotografico che acquistano spazi pubblicitari sulle riviste dei direttori che le giudicano. O no?
E per il wpp? Cosa c’è di diverso? Secondo me lo stiamo sopravvalutando. Certo “esprime molto”, però sicuramente non tutto.
Ma che veramente oggi sei bravo e campi di foto solo se fotografi, “male”, la sofferenza?

Però.....

Anonimo ha detto...

Però: cercavo qualcosa che non ammettesse repliche e poi vedo che l’esorcismo collettivo ha prodotto i suoi frutti, sei decisamente più gradevole nella versione homo sapiens et cogens che in quella di minus habens.

Oratore se penso al mio percorso personale ed educativo le tue parole rifulgono, ho preso molto tardi coscienza del potere devastante di un’immagine, certo in modo superficiale avrei anche potuto argomentarlo prima, ma nessuno in tutti i gradi di scuola si è preoccupato di insegnarmi a leggere le immagini veramente, così sono entrata nell’età adulta sapendo riconoscere gli stili dei capitelli, e una basilica romanica da una cattedrale gotica, a descrivere un affresco magari, ma senza capirlo in profondità. Il primo risveglio lo ricordo ed è stato proprio davanti ad un cartellone di Benetton di quella meravigliosa persona che deve essere Toscani: due binbi sorridenti, uno con mordidi riccioli biondi, occhi azzurro cielo e bianco vestito da candido angioletto, l’altro un paffutello coetaneo di colore che interpretava un “simpatico” divoletto con tanto di corna rosse… non era una foto sanguinolenta e strappava un iniziale sorriso , ma a me faceva rabbrividire, perché nessuno è mai riuscito a convincermi che fosse un caso che il diavolo fosse nero e l’angelo bianco.

Opporci a stanchi stereotipi è almeno un inizio, e può essere segno per chi ci sta intorno. Io ho cominciato a pormi domande quando ho incontrato qualcuno che mi ha mostrato che potevano esserci altre vie, e continuo a farmene in questi giorni attraverso quanto scrivete tu Oratore, Haku, Viviana e Però naturalmente. A cui dico certo che c’è chi vive di fotografia senza lucrare sul dolore, Iovine ci permesso di rileggere un’intervista di Zizola che il problema l’ha ben presente per esempio, ci sono poi alcune foto del National struggenti, ma attenzione ci sono immagini piacevoli pericolose quanto quelle di guerra. In fondo le pubblicità che passano in televisione all’ora di cena, quelle rassicuranti per i bambini, descrivono l’amicizia come un piatto di lasagne o un bicchiere di amaro e provano a convincerci che la famiglia sia un viaggio in macchina o il cornetto caldo al mattino.

Forse Oratore non è vero che non si faccia educazione all’immagine, forse il problema è a cosa ci stanno educando ed in che modo.

Anonimo ha detto...

Scusa l'ultimo post è mio!!! Non mi sono firmata... sob
Claudia

:: haku :: ha detto...

@oratore: «tutti i discorsi di OlivieroToscani sulla funzione della fotografia che svela i drammi….buttarli con lui e poi tirare la catena...»
eh beh... come darti torto...
ehm... scusate, ma... perché Toscani lo avete mai sentito infilare quattro parole sensate di seguito? No, dico, un discorso Toscani non ha sufficienti sinapsi per combinare la nozione di cosa sia...
naturalmente è solo un modo eccessivo per darti ragione, oratore.


@Claudia... sei inconfondibile anche senza firma... ;)
ed efficacissima anche senza Kant... (vorrei fosse preso come un complimento):
«descrivono l’amicizia come un piatto di lasagne» è spettacolare e più efficace di qualunque fotogramma, ce la fa tornare tutta intera in mente la pubblicità, con tanto di accento...

dici che il problema potrebbe essere a quale immagine ci stiano/stiamo educando?
questo risponderebbe a però (la nostra congiunzione... v.sotto) spiegando che far scorrere durante il tg quell'informazione di quel premio, con quegli esiti, è un modo di indirizzare (l'attenzione), portare verso, cioè esattamente di e-ducare ad un certo genere di immagini e non ad un altro.


@però... puoi illuminarci circa le disposizioni del governo su una recentemente riconosciuta dignità dell'essere congiunzione... ?
che tu sia con valore recisamente avversativo [Dizionario Garzanti] ci è piuttosto chiaro... ma... però... a che pro?
nell'editoriale sta scritto che la notizia del WPP è stata data «fra i testi informativi che scorrono sotto al mezzo busto», non che noi la abbiamo messa sotto il mezzobusto. Ci si limita a constatare cosa venga scelto di pubblicare, dando accessibilità e visibilità in una ben precisa fascia oraria. Il Pulitzer non scorre sotto il mezzobusto, in Italia perlomeno, dove per fare simpatia scriviamo "nescional geografic" e paragoniamo il premio ad una persona (al suo lavoro) al premio ad un apparecchio...
(per quanto tu possa aver ragione nel sollevare la questione, però dei premi,
non puoi chiedere «Che cosa c'è di diverso?», perché ci arrivi da solo, se scoli per un istante la bile che ti illividisce).

perdonami, ma è fin troppo facile la polemica sterile, però... però, cosa volevo dire? bah... non so più se ho scritto una congiunzione o lo pseudonimocongiunzionale (scusate ma mi si costringe al neologismo).

forse, però, posso intuire volessi suggerirci le parole di un nominato al Premio Pulitzer di qualche anno fa:
«[...] Quanto ogni momento straordinario sia necessariamente avvolto dall’ordinario, come la voce della Storia urli altrettanto forte in istanti piccolissimi di quanto faccia nei momenti cruciali. Allo stesso modo, in un momento di pace, anche l’azione più silenziosa può essere eloquente. Quando una signora anziana esce con noncuranza da una pozza ghiacciata, è come se leggessi pagine di Tolstoj sull’animo dei russi. Sento che la fotografia di guerra è più accidentale che decisiva [nel senso che si oppone a "accidentale"]. Ci sono momenti in cui il volto pubblico di una persona viene svelato e si vede l’altra faccia, quella che normalmente è nell’ombra, che ci sta guardando e che racconta una storia che è molto più profonda e personale. A Beslan un mucchio di sigarette su una sedia può gridarmi l’orrore esattamente con la stessa intensità di un’immagine cruenta di attualità. A Mazar-i-Sharif, durante la prima inaspettata nevicata dell’inverno, un rifugiato in solitudine guarda fuori, incapace di credere che il destino possa essere così crudele.» James Hill.

Ezio Turus ha detto...

Vorrei riprendere le parole di Eugenio "oratore":

"Un esempio di fotografia aberrante , a mio avviso , e’ quello della pubblicita’ Benetton....[CUT] ...
equivale solo a dare uno schiaffo all’automobilista che passa, farlo incuriosire e fargli ricordare il marchio reclamizzato:...

Ecco, qui dici tutto. La pubblicità, a tutti i livelli, richiede questo: dare uno schiaffo a chi guarda per farsi notare. La televisione (oramai da anni è diventato il mio capro espiatorio) fa questo. Vendere, vendere più possibile, non importa se maglie, automobili o credibilità. Importante dire, anzi URLARE qualcosa in modo che la massa ignorante riesca ad introiettarla il più profondo possibile e a ricordarla al momento opportuno.
D&G ne è un altro lampante esempio (per lo meno quello nella memoria di questi giorni).
Educare significa anche questo: far capire che non basta vedere una fotografia, ma contestualizzarla per il fine destinato, capire perchè viene urlata, o censurata, o nascosta o chissà cosa l'autore (o meglio, il pubblicitario) di turno ha in mente.
Una delle ragioni che ultimamente mi hanno portato verso le minuscole polaroid è anche questa: basta urla dai cartelloni da 10 metri di lato, ma obbligare chi guarda a ritagliarsi una silenziosa e angusta nicchia di pochi centimetri e li dentro restare in contatto stretto, fisico, con l'immagine.
Siamo su un altro pianeta, dove i media di massa non arriveranno mai.
Ezio

Anonimo ha detto...

infatti. Galimberti ha fatto tante campagne pubblicitarie con Polaroid e Fuji,ma le sue immagini (finora e spero sempre) non vogliono plagiare, mai : sono la traduzione di una visione in cui lui si cala interpretando la realta' che gli si offre.
polaoratore

Anonimo ha detto...

Ma perche' , simpaticissime caludia e haku, infierite sullo psudonimo dell'utente "pero'"
Possiamo non essere tutti d'accordo su quello che esterna chiunque di noi, ma il nickname e' spesso casuale. Certo, nella scelta dello stesso, spesso interviene una scelta freudianamente incoscia o palesemente consapevole, ma in fondo non e' tanto importante saperlo. Io mi firmo oratore non per evidenziare una qualche propensione a sputare sentenze, ma perche', una volta, trattai male una persona, e quella, invece di reagire con cattiveria, solo sarcasticamente mi defini' oratore per i miei discorsi. Quando poi, passato tempo, mi resi conto di averla trattato veramente male, per una sorta di autopunizione, al momento di creare la mia prima casella di posta, scelsi oratore, e tale mi chiamo sempre.
D'altro canto, un atteggiamento avversativo , come di uno che voglia sempre cercare il pelo nell'uovo, non cedere al plagio, non accettare ciecamente le verita' propalate, ma verificarne un'altra faccia, non e' cosa che mi dispiaccia.
Come, nelle fotografie, la scena o il soggetto rappresentato si prestano a varie interpretazioni in base al veicolo di diffusione, all'uso o alla strumentalizzazione, cosi' in tutte le cose c'e' sempre un pero'.

Anonimo ha detto...

A proposito di immagini e loro veicolazione :
chi ha visto ieri sera annozero di Michele Santoro?
e' stato proposto un reportage sul gaypride di Roma, in sala parecchie coppie gay, argomento della serata la controversia sui dico.
Io non capisco il motivo della scelta da parte del Santoro di accomunare la schifosa performance dei partecipanti al gaypride suddetto con la realta' esistenziale e sociale degli omosessuali: Agli occhi dei telespettatori, in prima serata, e' stata messa in risalto una falsa identita' tra la porcaggine di gentaglia che slinguettava davanti alle telecamere, si strusciava vicendevolmente e faceva altre amenita' , e tutti quei gay che sono persone normali, svolgono una funzione nella societa' ecc.
Ma che stupidaggine e' questa : difendere i diritti gay, come sostiene Santoro, offrendo in pasto uno spettacolo che e' si' provocatorio, ma come risultato fa vomitare gli stessi gay per bene.
Forse il cretino di Santoro si immagina che se noi eterosessuali volessimo fare un corteo contro gli omo, ci esibiremmo nelle stesse porcate ma fra uomo e donna
Ne parlo perche' ritengo il fatto un esempio di uso di immagini non aderente allo scopo che ci si prefigge.
Uso improprio, come, sempre sotto la direzione di Santoro, abbiamo visto tante volte in tv : spiegatemi che senso ha girare con la telecamera per i mercati di Palermo, o per le strade di Corleone, paesino ad altissima percentuale mafiosa, e chiedere ai passanti se sono contenti dell' ultimo arresto di un latitante di alto rango: Tutti in genere rispondono evasivamente, non possono certo dire che, si', sono contenti, altrimenti dopo neanche 3 secondi gli va a fuoco la casa per autocombustione, se gli va bene. Pero' ( vedi che serve il pero') Santoro e' contento perche' ha fatto vedere a tutti gli italiani che i siciliani sono omertosi. Lui si che sa manipolare le immagini, ma ieri sera ha toppato, ha fatto autogol.

Anonimo ha detto...

PERO' Oratore che riflessioni corrette e profonde... PERO' mi tocca farti un appunto... Il “cretino di Santoro” è purtroppo tutt'altro che un cretino... Magari!!! Sarebbe così meno pericoloso e meno dannoso... Per quanto poi riguarda il discorso che stavate affrontando sui media vorrei che stessimo tutti attenti a non depersonalizzare il nemico questo potrebbe solo rafforzarlo... i Media sono cattivi PERO' i media sono fatti da persone, cretini o meno, malpensanti o meno, malevoli o meno... PERO' tutto questo potrebbe essere una mia sciocchezza... PERO'...
Onorevolmente
BigG

Anonimo ha detto...

altro che sciocchezze, e' una sacrosanta verita':
ma i singoli individui che abbiano un interesse comune, pure quando non lo sanno di avere qualcosa in comune con gli altri, diventano una "categoria", che inconsapevolmente si muove all'unisono. Se a spronarli e rappresentarli e guidarli e irreggimentarli c'e' un cretino come santoro, fanno danni.
dire che santoro sia cretino e' un eufemismo, perche' l'esatta definizione e' quella di ... beep..., uno ...beep... intelligente, che guadagna milioni su milioni in tv facendo il comunista .
Allora il vero comunista sono io, fascistone anacronistico, che non tollero le raccomandazioni e piu diseredati siano gli utenti piu' gli erogo gratis le prestazioni relative alla mia funzione .

Ezio Turus ha detto...

>i Media sono cattivi PERO' i media sono fatti da persone, cretini o meno, malpensanti o meno, malevoli o meno...

Certo che sono fatti da persone. Si sottolineava proprio l'uso che tante persone fanno dei media (a partire proprio dalla fotografia) per veicolare o, peggio, plasmare idee.
Non saprei discutere sulla televisione, non la guardo, non la posseggo proprio, ma da quel poco che intravedo è aberrante pensare cosa viene vomitato da quello schermo dentro i "raffinati" palati degli spettatori italiani. Della fotografia, ci piace pensare, ci dovremmo fidare abbastanza, ma la perversione pubblicitaria, come racconta Zizola, ovviamente non la risparmia (Grazie mediaset e tutti voi che vi nascondete dietro, grazie "uomo più ricco d'Italia" che hai saputo tappare bocca occhi e orecchie a tutte le "casalinghe di Voghera" e a tutti gli elettori, "coglioni" o no). Non ho la fortuna (o sfortuna, dipende) di essere abbastanza anziano da ricordare i "giornali di una volta" ma, quando sulla tv di casa c'era solo una levetta che, alzandosi dalla sedia, cambiava il canale tra 1 e 2 (e su entrambi, grossa innovazione tecnologica, compariva un triangolino quando, sull'altro iniziava qualcosa di importante) mi sembrava che non ci fosse tutta questa censura (o meglio, "scelta editoriale" sulle priorità).
Ripeto, non ho sufficiente anzianità per avere la lucidità di giudizio di quei anni 60, mi piacerebbe che qualcuno qui, che ha vissuto in prima persona i beatles e il 68 e riesce a farci un paragone, ci racconti com'erano i giornali allora.
Parlando con persone del calibro di Gianni Berengo Gardin, tanto per fare un nome universalmente noto, non è difficile capire come, a poco a poco, i nobili ideali della libera informazione, siano stati affogati dentro litri di particelle di sodio in crisi esistenziale, veterinari alcolizzati, ammorbidenti degni di Ed Wood e party di medici da pronto soccorso che si portano appresso la cantina di casa. Ti credo che mio padre c'è morto, al pronto soccorso, se la sera prima il George di turno si filava la biondona sotto gli influssi alcolici.
Mi viene da chiedere (e lo faccio qui): ma noi, massa (in qualche modo) pensante, abbiamo proprio la dicitura "deficiente" scritta in fronte? Non ci prende un minimo senso di dignità da capire quanto distante sia la nostra vera identità da queste plateali manovre consumistiche? Non ci viene rabbia nel vedere i servizi sul grande fratello mentre ci sono soprusi di ogni genere, anche sotto gli occhi quotidiani delle nostre città?
Panem et circenses era una teoria di qualche millennio fa, ma sembra che le coscienze, in questi secoli non si siano proprio svegliate.
Spegniamo il cervello, quindi, risparmiamo la costosa energia che il suo funzionamento richiede, lasciamo che l'ingrato compito di direzionare le nostra scelte di vita, le nostre idee e, perchè no, le nostre foto (e quindi anche la mostra memoria storica) sia lasciato ad altri; che magari, visto che ci sono, guidandoci per la "giusta strada" sapranno anche darci i loro preziosi "consigli per gli acquisti".

Ezio Turus

Anonimo ha detto...

Non millenni fa, panem et circenses lo applicavano nell'800 i borboni , ed elargivano feste popolari complice lo stato di ignoranza ed apatia dei meridionali, oppressi da un pugno di baroni ignoranti e pusillanimi.Quegli stessi baroni che, fiutato il cambiamento di cui era foriera la rivoluzione garibaldina, cambiarono fede ma non vizi, trasformando gradatamente il loro potere, dal livello dell'egemonia locale a quello della politica nazionale.
Come continua ancora oggi.
Gia' l'avevo scritto, niente di nuovo sotto il sole, non ce ne accorgiamo ora, solo ci scopriamo ad essere in tanti ad accorgercene.
E allora al diavolo, parliamo di fotografia, concretamente.

Ezio Turus ha detto...

>E allora al diavolo, parliamo di fotografia, concretamente.

Questo è parlare di fotografia. Del suo ruolo nella nostra società dell'informazione, del significato che ha ed ha avuto la fotografia nella nostra storia. Di cosa noi dobbiamo sapere per "leggere" bene una fotografia. Tutto il resto è tecnica e lo lasciamo alle riviste (non tutte Sandro, non tutte per fortuna) e ai loro superficiali lettori.
Ezio

P.S. (panem et circenses si riferisce all'antica roma, per tenere a bada il popolo)

Anonimo ha detto...

Ah, gia', dicevi i Beatles e il '68. Non so cosa dicevano i giornali d allora, dovrei andare a cercare fra le riviste del tempo che ho in collezione. Ma non mi interessa tanto, perche' la storia secondo me non e' quela che si scrive mentre avvengono i fatti, ma quella che si scrive dopo, a distanza, guardando come dalla luna alla terra a sangue freddo e considerando le concatenazioni trasversali e longitudinali dei fatti.
In questo contesto le immagini, divenute strumento importantissimo in mano agli storiografi, sono quanto mai ingannevoli.
Per esempio, cercate se non la conoscete la fotografia di Stieglitz intitolata :
Paula, Berlino, del 1889, e spiegatemi che secondo voi e' Paula.
Mi interessa , mi piacerebbe un vostro parere.

Anonimo ha detto...

Pero'!
grazie Oratore per la difesa, Haku non sopporta i congiunzionati (si dice cosi' haku? se sbaglio corigimi), per certi versi mi ricorda me stesso da giovane quando ero certo delle mie idee ed avevo in fondo molto poco rispetto per quelle degli altri, per il loro modo di esprimersi,di vestire, in generale di "essere". Lei e' palesemente piu' dotta di me adesso ed allora.
Non c'e' paragone, si vede dalle citazioni che ha studiato, non come me che al massimo guardoqualche foto (oltretutto non sempre conveniente....).
Pero'...
Per tornare al premio eisa ed al paragone con il WPP. So che le mie basse capacita'espressive nulla possono di fronte alla tua devastante cultura pero'tentavo di dire perche' ne hanno parlato al tg, pardon era sotto al busto,ops!Perche' forse chi veicola in tv queste informazioni fa o ha fatto parte della giuria del premio.
Pero' magari perche' c'e' anche il business (haku leggi business come me e non bisniss come vorresti) delle mostre itineranti in giro per l'Italia. O sono gratuite? No davvero,non ricordo se l'ultima che ho visto fosse a pagamento o gratis.
Pero'(con valore recisamente avversativo )...
Pero'sul nescional del vupipi non ne parlano.
Pero'(pseudonimocongiunzionale)

Anonimo ha detto...

Per tornare a Mario.
La tv ha parlato del wpp semplicemnte perche' risponde-corrisponde esattamente ai criteri commerciali informativi della televisione. Pero', forse (che casino che faccio eh?) la cosa e' piu' semplice. La notizia e' passata perche' chi l'ha selezionata si riconosce in pieno nello stile del WPP, a lui piacciono veramente quelle foto e pensa che siano il top del top. In fondo chi ha conferito quel premio? Il direttore del MOMA o un giornalista come lui?
P.S. Pero' ho il massimo rispetto per i giornalisti, sia chiaro. pseudonimocongiunzionale

Anonimo ha detto...

Pero', non riesco a capire se sei sincero o ci prendi per i fondelli, in quanto non ti vedo negl occhi, ma in ogni caso sei provocatorio e quindi utile ( ma continuo a non capire quel fatto di scendere il gatto, cosi' solo per curiosita', ma non importa). Altra cosa che mi rubi e' l'italianizzazione degli acronimi e delle parole straniere, cosa che non mi da' fastidio perche' io sono italiano e parlo italiano, e ti diro' di piu', io pronunzio "media" (nel senso di mezzi di informazione) con la vocale e, perche' e' una parola latina, un plurale neutro, e non con la i, come tutti fanno, alla anglosassone, pur sapendo che la prima volta che la parola latina e' stata usata nel senso di mezzi di comunicazione lo fu dagli anglosassoni.
Detto questo, collego i tuoi pensieri sui premi con quanto chiedeva Eturus, cioe' come andava la cosa negli anni 60 e 70. Ricordo solo che, nel 1972, la grande rivista Life, culla e trampolino di lancio di famosi fotografi, dovette chiudere i battenti, ad onta del gran numero di copie vendute.
Le cause : la diminuzione progressiva delle inserzioni pubblicitarie, via via piu' frequenti sulla tv, l'enormita' delle spese postali per la distribuzione, l'aumento dei costi di produzione.
Questo passaggio dalle immagini fisse a quelle televisive e dei cinegiornali corrispondeva ad una stagnazione del livello culturale medio degli utenti, che non avevano tempo e voglia di integrare l'informazione scritta con la documentazione iconografica. La fruizione di commenti parlati corredati da immagini di supporto creava la civilta' dei consumi veloci .
Oggi, come dici tu nel tuo secondo ultimo intervento, c'e' addirittura una concatenazione merceologica tra messaggio scritto e quello parlato : parli in tv di fotogiornalismo, seguira' una mostra itinerante che spillera' soldi agli sponsor, si stamperanno fotolibri che sganghereranno gli scaffali delle librerie a Natale in quanto idee regalo per chi li esporra' senza averli mai sfogliati, con nonscialanz, nella stanza da bagno, cosi' gli ospiti della domenica che vanno a fare pipi' diranno ammazza questo quanto e' acculturato, legge cose importanti persino al cesso.
dimmi Pero' se la mia nonscialanz non ti ha dato una sensazione di pruriginosa goduria.
Quindi mi sono scocciato di piangermi addosso perche' il mondo mi vuole plagiare, mi basta di averlo spiegato con successo a persone a cui tengo, vorrei che il discorso sulla fotografia si facesse concretamente.
chi mi spiega il significato della fotografia di Stiegliz :
Paula, Berlino, 1889?
grazie.

:: haku :: ha detto...

... Paula, piccina, qui si vede... per chi, come me, non avesse un libro sotto mano.

Anonimo ha detto...

Oratore. scendi il cane etc etc e' una frase che ho sentito dire da un insegnante alla moglie affacciata alla finestra. sintetizzando diceva alla moglie di portare il cane in strada che gli avrebbe fatto fare i suoi bisogni (forse non era necessaria questa spiegazione ma vabbe'..)l'ho messa li' per sdrammatizzare. qualcuno attaccava qualcun'altro per il linguaggio utilizzato, ne faceva un fatto personale senza controbattere sui contenuti. Un po' come quando a scuola venivi ripreso dalla compagna secchiona perche' sbagliavi accento, provavi a ribattere e quella ti tirava fuori la definizione a memoria con in piu', se era particolarmente secchiona, l'etimo latino o greco.
Gli anglosassoni usano spesso parole e frasi latine. quelli istruiti in latino, quelli terra terra, come me, dicono midia e non media.
La noscialanz mi ha dato piu' di un brivido di piacere....grazie!!!
Questo e' vero savuarfer!! Per finire:le mie idee sulla fotografia sono sincere. Io non attacco nessuno per quello che dice, al massimo provo a contestare i contenuti delle sue argomentazioni. non mi sognerei mai di dare dell'ignorante a qualcuno per le sue idee, per semplici che possano essere, affogandolo con frasi e citazioni di altri. cerco di farlo con ironia che come ben sai e' l'arma piu' potente con certe persone.

pseudonimocongiunzionale

Anonimo ha detto...

per tornare a mario. nel wpp non c'e' piu' qualcosa di buono. e' un premio, che si evolve nel tempo. forse tornera' ad essere migliore (dal ns punto di vista) forse no.
la foto di Paula non l'ho capita.
pseudonimocongiunzionale

Anonimo ha detto...

la foto intitolata Paula di Stieglietz è la prima volta che la vedo.
non ho idea del significato, e dalla riproduzione fatico a coglierne i dettagli.
a pelle, da quel che posso osservare, mi comunica forte il senso di un commiato, un addio.
un aspetto più luttoso emerge se la foto la si considero scattata di sera ( l'ombra che avviluppa il soggetto).
fosse mattina, sembrerebbe più il congedo di un'amante (quel cappellino vezzoso...).
comunque ha una struttra narrativa forte e intensa e mi ha raccontato tutta una storia, che ho solo accennato.
altro non mi riesce di individuare, al momento.
e se avessi liberamente interpretato e quanto ho scritto non c'entra niente con la foto, perdonatemi, ma l'immagine è suggestiva e induce a cercare nessi e temi.

(da quando mi è stato segnalato questo blog vi leggo sempre con attenzione, ma fatico a intervenire perché temo che i miei commenti naif siano inadeguati al tenore della conversazione. sono una dilettante e come tale mi avvicino all'arte fotografica. vi ringrazio però tutti degli spunti interessanti che offfrite.).

Anonimo ha detto...

tt, che cacchio dici, nessuno si sogna, almeno io no, di essere ampolloso per ben figurare, ci vuol altro, quindi esprimi quello che ti viene da dire, sara' un bene per tutti. Un mio maestro, non di fotografia, ma di mestiere, mi disse che per progredire e non scoraggiarsi mai bisogna considerare che non si e' inferiori a nessuno, e superiore a molti, cioe' ai cialtroni e perditempo, quindi se blogghiamo per capirci non sara' mai tempo perso.
pero' congiunzione ecc :
se avessi capito prima la storia del cane mi sarei fatto mille risate gia' da una settimana, e' una battuta troppo forte, la inseriro' nel mio repertorio di barzellette e di modi di dire, sul serio, prima di scrivere ora ho dovuto asciugarmi gli occhi piu' volte dalle risate, troppo forte.

per quanto riguarda Paula :
vi raccomando di cercare dovunque una riproduzione piu' grande, su google e' troppo piccola per notare i particolari che io ho notato e che mi hanno fatto venire dei dubbi, che non vi dico perche' non voglio influenzare .
sabbenedica

Anonimo ha detto...

se accenni a dubbi, a me paiono strane le righe delle ombre (sulla tovaglia sembrano troppo dritte e con un'inclinazione diversa rispetto alla parete, ma anche sul muro non c'è l'ombra del telaio dell'anta della finestra, forse è dovuto dall'inquadratura, non so. bisognerebbe provare).

Anonimo ha detto...

oratore
ho cercato a lungo inutilmente una riproduzione migliore di "Sunrays and shadows-Paula, Berlin 1889" di Stieglitz. Qualcuno ne parla (ho perso il link, scusate) come un riuscita fotografia di S. sulle possibilita' tecniche di riprodurre luci ed ombre e della validita' artistica delle foto "straight", in questo caso un ritratto "cosi' com'e'" a differenza di quelli con sfocature, morbidezze e pose artificiali. Mi e' embrato di capire che con quella foto ( e non solo, ovvio) S. determina l'indipendenza sancendo la autorevolezza artistica della foto mantenendone peraltro i legami e le connessioni con la pittura. A.Pieroni (http://www.fototensioni.net/riscald.html)la porta come un perfetto esempio di come la foto pur essendo un media a se stante, mantenga interconnessioni/legami con le altre arti come la pittura ed il ritratto in particolare. Di piu' non sono riuscito a capire. ringrazio peraltro per lo spunto
Pero' c'e' qualcos'altro vero?
pero'

Anonimo ha detto...

Qualcos'altro forse c'e', qualcuno dice che c'e', pero' mi piacerebbe discuterne.
E' impossibile trovare una riproduzione bella grande di Paula, speravo che in continente qualcuno l'avesse vista o sapesse dove trovarla. quindi cercate e leggete : Teoria e storia della fotografia di Rosalind Krauss. Bruno Mondadori ed. Vi trovate la sua teoria su Paula, anche se la riproduzione della foto non e' eccelsa. Di primo acchitto quel capitolo e tutto il libro sembrano un eccessivo e rumoreggiante filosofeggiare, PERO' la spiegazione di Paula ha molto a che vedere, secondo me, con i temi che stiamo trattando.
Certo che dire o sentirsi dire "pero'" incrina le certezze, crea un formicolio attorno all'ombelico, e ci fa dia-logare. Dire pero' non e' come dire un banale "tuttavia", e' piu' duro e crudele ma incisivo. ( ma come mi vengono..)
su Stieglitz e' interessante anche
www.artsmia.org/get-the-picture/ oltre a www.fototensioni.net da te citato
Con calma bebis

Anonimo ha detto...

uomini e donne del giorno e della notte, vi seguo da un po',
mi vien voglia stasera di portarvi via con me zufolando per le strade e ubriacandovi
di vita
di sguardi
di scatti
di emozioni
facendovi respirare a pieni polmoni l'acre odore della citta' di notte
e farvi fotografare
invece di parlare.
ma voi la possedete una macchinafotografica?
sapete come si usa?
se si, usatela e divertitevi
non state sempre a piangervi addosso sulle foto degli altri
alzate gli occhi dai vostri libri
chiudeteli per guardare dentro a voi stessi
riapriteli sulla realta' che vi circonda.
zufolero' per voi stanotte
catturero' nei vicoli un po' di amore ,
di gatti e di ratti,
perche' negli umani c'e' solo noia rabbia e ancora boria
e domani tornero' a leggervi
sperando di sentirvi piu' incantati dalla vita.

:: haku :: ha detto...

grazie magicopiffero...
c'è qualcosa di dolorosamente flagrante in quello che rilevi. il momento dell'incrinatura pare arrivare quando le foto non basta più farle, ma si desidera mostrarle... scioccamente forse... sbattendo l'anima squadernata su una pagina o su della carta. o presumendo di avere qualcosa da dire.
è irresistibile talvolta...
e questo dice quanto abbiamo necessità di comunicare, nonostante tutto. nonstante tutti i mezzi con cui crediamo di farlo. e quanto la fotografia SIA un linguaggio... come si diceva altrove in questo blog. e quanto questo linguaggio sia differente dalle parole, quanto più possa urgere delle parole e avvolgere e trasportare...

grazie anche a tt, che vorremmo ritrovare presto, con altrettanta trasparenza.

Anonimo ha detto...

grazie, haku. continuerò a tentare di vincere la mia innata ritrosia al dire.

a magicopiffero vorrei dire che la gioia di fotografare c'è, ma che si arriva a un punto dove ci si pongono delle domande sul "vedere" che diventano ineluttabili.
e, senza accantonare l'amore per la fotografia, ci si trova coinvolti in "altro", e diventano importanti anche le riflessioni sui contenuti. un passaggio dall'ingenuità alla consapevolezza, e, di conseguenza, alla responsabilità.

Anonimo ha detto...

sentir parlare di gioia di fotografare mi rallegra, e' cme avere tra le mani uno zufolo nuovo di zecca e provare a zufolarne le intonazioni.
io ho suonato il mio piffero e ho trovato quel libro suggerito da oratore. ho letto il capitolo, guardato bene la foto di paula, ho zufolato un po' in sua memoria perche' sara' morta da tempo. le persone raffigurate su antiche foto sono foto di morti, anche quelle. Ma il racconto che su esse si costruisce puo' travalicare la soglia temporale, materiale, per trasmetterci di piu'.
Non so dove oratore voglia andare a parare, ma l'analisi della Krauss mi ha svelato sistemi di lettura nuovi, sullo specifico fotografico, per usare una espressione dotta,che ancora devo digerire.
lo faro' suonando il mio piffero, pronto a suonarlo anche per voi. Credo che si possano trovare veramente tanti accordi, assonanze, con quello che avete tutti detto sui temi in questione.

:: haku :: ha detto...

... un poco più grande QUI, cliccando sull'immagine che troverete potete vederla in una nuova pagina ad una discreta dimensione, non sarà eccellente forse ma spero la vediate tutti... chi?
ancora Paula naturalmente...
il cui titolo completo è:
Sunlight and Shadows: Paula/Berlin.

Anonimo ha detto...

non si vede niente dei particolari, ma ve li rivelo io se gia' non avete trovato altrove :
la donna e' seduta al tavolo, su cui e' posata una cormice che racchiude un ritratto di donna con cappellaccio. Alla parete sono appese due fotografie che raffigurano quasi sicuramente la stessa donna, il cappello e' lo stesso,la posa cambia, non solo, queste due foto alla parete sono stampate invertite, cioe' dallo stesso negativo furono ricavate due stampe invertite di posizione tra di loro. Secondo la Krauss Stieglitz vuole riferirsi simbolicamente alle potenzialita' della Fotografia, alla sua capacita' di modificare la realta' ripresa inizialmente dalla fotocamera. In questo senso l'alternanza di luci ed ombre sulla scena, donde il titolo, simboleggia l'attitudine dell'otturatore fotografico ad impressionare la pellicola. Per ulteriori implicazioni teoriche mi piacerebbe sentire il parere di altri.

:: haku :: ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
:: haku :: ha detto...

grazie della collaborazione magicopiffero.
spero di aver migliorato la situazione :)
ho cercato di venire incontro all'esigenza imposta dalla tua descrizione, aggiungendo anche un paio di particolari... la qualità è quella che è...
L'insistena sulle ripetizioni e sull'osservazione attraverso qualcosa è piuttosto evidente.
La gabbietta dialoga in modo interessante con i tagli di luce, e la paglia di Vienna della sedia ripete il concetto di schermatura, filtro, velo, materia ordinata che la luce attraversa.

Trovo particolarmente consapevole nel titolo l'uso del singolare per Luce e del plurale per Ombre, che pare una banalità, ma forse non lo è...
Una la sorgente per molte proiezioni della realtà materiale. Proverò a leggermi anche io la Krauss...
a presto a tutti

Anonimo ha detto...

Possiamo concludere:
i due ritratti invertiti sulla parete rappresentano la possibilita' di stravolgere, di piegare la traccia rappresentata dal referente reale, estratto ed isolato dal suo contesto naturale e contingente, in base alle nostre esigenze espressive. Una cento mille aspetti della realta', sempre con un solo fine, quello di affidare alla memoria la traccia cui diamo importanza di volta in volta. Segni ( semioticamente parlando) come impronta, di un percorso razionale ed emotivo.
Allora ogni fotografia va letta riferendoci al contesto in cui e' nata, al tutto originario da cui fu estratta quell'impronta che rimane sulla pellicola e ancor piu' sulla carta da stampa.
La lettura poi ha un senso se lascia nella memoria la coscienza di un fatto, di una storia, di mille storie.
Quindi anche le fotografia di un morto ammazzato, di un cadavere immerso nel suo sangue, o di altre apparenti brutture, andrebbero considerate , nel bene e nel male,non dal punto di vista esclusivamente estetico, cioe' di aderenza ad un gusto imperante nella societa', che si voglia condannare o esaltare : bensi' solo nella loro valenza di traccia per la memoria. Non e' la foto che merita il premio, ma il dialogo con se stessi che ha spinto a scattare , come se si fosse voluto dare un colpo di timbro sulla superficie della propria memoria.
Da questo punto di vista la rivincita sul malcostume dei premi e delle mostre non e' solo la condanna di un sistema capitalistico che funziona tramite le immagini nella maniera che e' stata gia' sviscerata : non e', questo, avere le soluzioni per tutto, come e' stato scritto a proposito dei miei suggerimenti per il ns. beneamato MARIO : che la cosa sia cosi' lo leggete in S. Sonntag, in J. Berger ecc . Il sistema si stravolge dall'interno, leggendo le foto in altra maniera da come ce le vogliono imporre, non cercando di imporre un altro mercato per foto che nessuno capirebbe tranne una cerchia ristretta di addetti -seri- ai lavori-seri.

Ok >Haku per il tuo occhio, piu' occhio della mente che organo visivo, bene la notazione sul singolare e il plurale nel titolo.

Ti diro' di piu' :
il fatto che Paula stia scrivendo, mentre e' ripresa da Stieglitz, forse riporta ad un ulteriore richiamo allo specifico della fotografia che piace citare a magicopiffero : non il banale riferimento etimologico alla fotografia come scrittura con la luce, bensi' la volonta' di ribadire che l'ultima parola , l'ultima azione di cui siamo padroni dopo lo scatto, e' proprio la forma con cui l'affidiamo alla memoria, nostra o altrui, con cui " scriviamo" la foto sulla carta da stampa, originando quei "segni" che la denotano e connotano.

:: haku :: ha detto...

e se ci stesse portando per mano dentro una...
camera obscura?

:: haku :: ha detto...

voglio dire...
lo schema compositivo ripete piuttosto fedelmente quello del ritratto pittorico dal Quattrocento in qua, genere in cui si riconosce facilmente da parte di esperti liberi da preconcetti, l'utilizzo di camere ottiche e camere lucide, tuttora strumenti preziosi per artisti come David Hockney [suo un libro discutibile ma illuminante in proposito: pessimamente tradotto, Il segreto svelato, Electa 2001].
Stieglitz però introduce un elemento di disturbo, per così dire: della persona non si vede il volto, se non per una porzione, e in ogni caso se la donna non ci dà esattamente le spalle poco ci manca. la donna viene colta dal nostro sguardo, ma non se ne accorge, e viene ad esso svelata nel suo volto dal proprio "riflesso fotografico", dalle foto insomma che invece guardano verso di noi.
Stieglitz in effetti scattando una fotografia che somiglia ad una ritratto classico riaddomesticato, non può che impostare una riflessione sul mezzo ottico anziché mascherarla, poiché dichiaratamente utilizza lo strumento ottico. e con interesse forse “artistico“ ... se così si può dire.
ed essendo un "moderno", mette l'attenzione anche su colui che sta producendo l'opera e sul suo mezzo, a differenza di un artista del Cinquecento che semmai avrebbe impostato un elemento autoreferenziale visibile dentro all'opera, ma che non avrebbe modificato il punto di vista dell'opera stessa per raccontare se stesso e il suo lavoro.
e ci invita, così, Stieglitz, ad entrare in una scena che apparentemente è di intima quotidianità, ma che propone già nella sua struttura un disassamento di senso ed un'incrinatura all'apparente tradizionalità. per poter vedere questa scena così come ci appare, noi, come nei quadri di Vermeer, abbiamo l'impressione di stare a guardare da un "aldilà", da uno spazio in ombra, da cui possiamo osservare il quotidiano di qualcun altro. ma questo quotidiano è a sua volta uno spazio chiuso, quasi una scatola, una camera appunto, che noi possiamo osservare DA un'altra "camera" (a questo punto in entrambi i sensi), e solo grazie alla presenza della Luce. la stessa luce che nasconde noi, ma rivela la scena. la stessa luce che permette certamente anche -come fanno notare Oratore e magicopiffero- di fissare/grafare la memoria su un supporto materiale.

personalmente, però, non trovo che la fotografia di questo tipo ABBIA una funzione di supporto per la memoria, ma bensì che SIA un linguaggio che aspira all'acquisizione di una consapevolezza.
e che la fotografia sia un luogo dove costruire una scena di senso più che di realtà ri-costruita.